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L’impero della carta: una cosa breve che so sulla burocrazia

Burocrazia
Burocrazia

È davvero interessante quanto il dibattito sulla burocrazia sia ricorrente. E non mi riferisco solo agli ultimissimi sviluppi nel corso della Covid-dipendenza nell’era di Conte-Vid.

Se poniamo attenzione e non ci facciamo prendere dalla pigrizia scopriremo che il tema pervade da sempre tutte le civiltà e le epoche, non solo nelle fasi di disgregazione e decadenza. Tanto che decidere se sia sintomo o effetto è come dibattere sull’anzianità dell’uovo e della gallina.

Sul piano storico ne ha scritto succintamente su Italia Oggi Roberto Motta: La burocrazia continua a crescere (30 maggio 2020), ricordandoci anche la burocrazia militare della dinastia dei Severi.

Sul piano tecnico-giuridico – venendo all’oggi della nostra comatosa repubblica (da monarchico dico che è nata così e non si può fargliene neanche una colpa) – ho la fortuna di poter fare riferimento al contributo del Professor Luciano Maria Delfino che con Un sogno liberale: evellere il funzionarismo della burocrazia ci ricorda nel dettaglio in cosa consista il potere burocratico, suggerendo una via d’uscita concreta.

Soprattutto Delfino evidenzia un tratto paradigmatico della logica – possiamo spingerci a parlare di filosofia – che regge la burocrazia: l’ostilità alle partite iva e all’imprenditoria in genere. Si tratta in fondo della stessa ostilità verso i mercanti e i borghesi che ha riempito pagine di letteratura e poesia, ben più alta dei fondi polemici dei quotidiani di oggi (dobbiamo scontare molti peccati).

Queste sono cose note, forse meno noto – e di questo vorrei parlare – è il contributo che i consulenti danno al sistema-regime burocratico, con zelante abnegazione, da puri giacobini. Mi riferisco alla religione dei protocolli, alla chiesa delle procedure, alla setta delle autodichiarazioni.

La considerazione mi è venuta spontanea constatando quanto di nostro mettiamo alle già allucinanti previsioni normative in questo periodo emergenziale. Mi sono trovato spesso a dover convincere imprenditori che le prescrizioni di legge non imponevano determinate misure/adempimenti (in specie, autodichiarazioni) che invece altri consulenti caldeggiavano in forza delle leggendarie autogiustificazioni: “non si sa mai”, “per scrupolo”.

Alla burocrazia pubblica si aggiunge allora quella privata, tanto più grave perché proviene da chi all’imprenditore dovrebbe fornire un supporto, mirando all’essenziale. Tanto la pubblica quanto la privata sono figlie di quella vecchia prostituta che si chiama incapacità di assumersi le proprie responsabilità.

Sì è vero siamo vittime di un sistema, ma quanto lo alimentiamo quotidianamente, diventando carnefici per dabbenaggine, vigliaccheria e accidia?

Forza, onore e coraggio, anche nell’assumersi la responsabilità di dire all’imprenditore “no questo pezzo di carta non serve”.