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Mance: arrivano le tasse!

Per la Cassazione vanno tassate
Parigi
Ph. Simona Balestra / Parigi

Mance: arrivano le tasse

Con sentenza n. 26510 del 30 settembre 2021, la Corte Suprema di Cassazione si è espressa a favore della tassazione delle mance, in quanto reddito da lavoro dipendente.
 

Mance: il fatto

Nel caso di specie, si discute circa la tassabilità di circa 70 mila euro di mance percepite (e poi versate in banca) da parte di un capo ricevimento.

La Commissione tributaria provinciale di Sassari rigettò il ricorso del capo ricevimento avverso l’avviso di accertamento, emesso nei suoi confronti da parte dell’Agenzia delle entrate e inerente il recupero a tassazione per l’anno 2005 della suddetta somma, in quanto redditi da lavoro dipendente non dichiarati e percepiti a titolo di mance.

L’Agenzia delle Entrate ha successivamente proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 65/8/14, pubblicata il 20 febbraio 2014, della Commissione tributaria regionale della Sardegna, con la quale veniva accolto l’appello proposto dal capo ricevimento.


Mance tassate: ecco cosa ha deciso la Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate fondato! La decisione della Corte trova il suo fondamento giuridico nel principio generale della “onnicomprensività”, che informa la disciplina del reddito di lavoro dipendente e che è stato introdotto a seguito del d.lgs. 314/1997.
 

Tasse sulle mance: la base giuridica

L’art. 51, primo comma, del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi) stabilisce che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”; in perfetta coerenza con l’art. 49 dello stesso TUIR, che, invece, recita: “sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro”.

Ricostruito così il quadro normativo, la Cassazione ha condiviso la posizione dell’Amministrazione finanziaria, in quanto, sulla base del predetto principio di onnicomprensività, è vero che le mance non sono ricevute direttamente dal datore, ma sulla loro percezione il dipendente può fare “ragionevole, se non certo affidamento” e, inoltre, esse trovano una loro causa nel rapporto di lavoro.
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Mance: possibili esenzioni?

La Corte ha ritenuto non estensibile in via analogica la disciplina agevolativa spettante ai croupiers, in quanto trattasi di un’esenzione parziale per una specifica categoria di lavoratori (cfr. Cass. Sez. lav., 21 marzo 2006, n. 6238).

Non agevola, dunque, la contestazione della natura retributiva delle mance, prestandosi il concetto di retribuzione ad un significato diverso e più ristretto di quello di “derivazione dal rapporto di lavoro”, individuando, quest’ultimo, “non solo tutto quanto può essere concettualmente inquadrato nella nozione di retribuzione, ma anche tutti quegli introiti del lavoratore subordinato, in denaro o natura, che si legano causalmente con il rapporto di lavoro (e cioè derivano da esso), nel senso che l’esistenza del rapporto di lavoro costituisce il necessario presupposto per la loro percezione da parte del lavoratore subordinato”. E, di certo, le mance costituiscono uno di quegli introiti.