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Mantenimento dei figli e del coniuge e sospensione delle attività produttive da coronavirus

riflesso
Ph. Anuar Arebi / riflesso

Indice:

1. Le disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento Covid-19

2. Applicabilità all’obbligo di pagamento di assegni di mantenimento o alimenti

3. L’introduzione di procedimenti di modifica delle condizioni per ragioni di urgenza


La frequentazione fra figli e genitore non convivente è stato il primo quesito che si è posto all’attenzione dei giuristi dopo l’adozione delle limitazioni alla circolazione delle persone estese a tutta Italia dal DPCM 8.3.2020. [Sul punto si vedano su questa Rivista: Vezzosi, Misure di prevenzione Covid 19 e rapporti fra genitori e figli; Basini, Genitori e figli nella coppia in crisi, ai tempi del covid-19, Nota di Redazione].

Il secondo quesito che si sta ponendo e che si porrà per i mesi a venire è se la sospensione di tutte le attività produttive industriali e commerciali disposta dal DPCM 22.3.2020 e seguenti, dalle ordinanze regionali, dai decreti dei sindaci, possa giustificare il mancato o ritardato adempimento delle obbligazioni secondo gli articoli 156 Codice Civile, 5 Legge 898/1970, 337 ter Codice Civile, 433 Codice Civile, fissate in un provvedimento giudiziale.

 

1. Le disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento Covid19

Per far fronte alle difficoltà economiche e di liquidità generate dal blocco delle attività dei cittadini ed aziende, il Governo ha emanato, d’urgenza, tra gli altri, il Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020, “Cura Italia”,  il cui articolo  91 (rubricato come “Disposizioni in materia ritardi o  inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e  di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici”) reca una previsione di particolare interesse per i rapporti contrattuali in materia di contratti pubblici: “All’articolo 3 del Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: "6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 Codice Civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.” 

Norme rilevanti ai fini dell’integrazione della fattispecie dell’articolo 91 sono solo quelle “di contenimento” adottate dal Presidente del Consiglio e dalle autorità competenti.

Questa norma speciale rende giustificabile e scusabile il ritardato o il mancato pagamento a condizione che questo sia diretta conseguenza delle misure autoritative per il contenimento del contagio cosicché se, ad esempio, il DPCM 23.3.2020 impone ad un soggetto la chiusura della propria attività lavorativa, ciò rileva al fine di giustificare l’inadempimento o il ritardato adempimento di obbligazione contrattuale.

Lo scopo della norma speciale introdotta è evitare che la crisi di liquidità dovuta alla sospensione forzata imposta alle imprese determini per effetto domino il blocco dell’intero sistema economico. Non sono compresi nella fattispecie, tuttavia, i casi in cui l’impossibilità sia derivata dalla crisi pandemica in sé (es. dall’inadempimento di un mio debitore o fornitore connessi alla pandemia).

L’articolo 91 è però dedicato espressamente alle obbligazioni nascenti da contratto.

 

2. Applicabilità all’obbligo di pagamento di assegni di mantenimento o alimenti

L’obbligo di pagamento di assegni di mantenimento od alimenti non ha natura contrattuale ma si fonda su specifiche norme, volte a garantire l’assistenza economica al soggetto debole economicamente, anche in caso di disgregazione familiare. Pertanto l’articolo 91 non trova applicazione ad obbligazioni di pagamento nascenti da rapporti di tipo familiare, neppure in via analogica, in quanto norma speciale.

La causa di tali obbligazioni non è infatti di natura contrattuale ma si basa su norme civilistiche che danno attuazione ai diritti costituzionalmente garantiti, articolo 29 e 30 Costituzione.

Nondimeno la chiusura della maggior parte delle attività disposta con il DPCM 23.3.2020 e la repentina crisi economica e del lavoro che ne è conseguita, e che la annunciata progressiva riapertura delle aziende non farà rientrare con altrettanta rapidità, ha grande impatto anche sugli obblighi di mantenimento di figli, coniuge od uniti civilmente, familiari.

È evidente che se il soggetto onerato a causa delle limitazioni poste dai DPCM non ha potuto svolgere al solito la propria attività lavorativa, commerciale o professionale che sia, o dipendente abbia visto contrarre le proprie entrate stipendiali mensili per la richiesta fatta dal datore di lavoro della cassa integrazione ordinaria, di ciò deve tenersi conto anche in ordine all’obbligo di pagamento di assegni di mantenimento e alimenti.

Del resto ai genitori incombe l’obbligo o di mantenere i figli in proporzione delle rispettive sostanze e secondo la capacità di lavoro, professionale o casalingo (articolo 316 bis 2° Codice Civile); l’entità del mantenimento del coniuge debole è determinata in relazione anche ai redditi dell’obbligato (articolo 156 2° Codice Civile); l’assegno divorzile è determinato anche in ragione del reddito dell’onerato (articolo 5 6° comma Legge 898/1970); la misura degli alimenti è assegnata in proporzione anche delle condizioni economiche di chi deve somministrarla (articolo 433 2° Codice Civile).

Quindi se la capacità reddituale ed economica dell’onerato è mutata in ragione delle restrizioni alle attività imposte delle misure emergenziali, ciò produce inevitabili ripercussioni sulla determinazione del quantum dell’importo dovuto.

 

3. L’introduzione di procedimenti di modifica delle condizioni per ragioni di urgenza

Ove l’obbligo di pagamento di assegni di mantenimento o alimentari sia disposto da un provvedimento giudiziario, l’onerato non può tuttavia limitarsi a sospendere il pagamento o ridurne l’entità. Occorre che egli ricorra al Giudice per chiedere la riduzione dell’obbligo impostogli, dando prova che la normativa emergenziale ha determinato la contrazione dei suoi redditi cui è conseguita l’impossibilità totale o parziale di assolvere all’obbligo di mantenimento.

Incombe quindi uno specifico onere della prova, non essendo sufficiente invocare le limitazioni poste dalla normativa emergenziale alle attività produttive o alla libertà di circolazione delle persone.

Ovviamente deve valutarsi se le misure Covid hanno ridotto la capacità economica anche dell’altro genitore riguardo agli assegni ex articolo 337 ter Codice Civile, del beneficiario di assegno di mantenimento o divorzile, del familiare beneficiario di assegno alimentare.

Dovrà anche aversi riguardo alle sostanze dell’onerato, degli eventuali coobbligati, e del beneficiario, intese come liquidità disponibili.

La solidarietà familiare su cui si fondano questi obblighi impone, in questo momento più che mai, di valutare la complessiva e reale capacità patrimoniale concreta di tutti i soggetti.

La riduzione e la sospensione dell’obbligo potrà essere disposta solo a fronte della comprovata incolpevole impossibilità per l’onerato ad adempiere in tutto o in parte l’obbligo posto a suo carico.

A differenza dei rapporti contrattuali per i quali solo il rispetto delle misure DPCM 23.3.2020 consente l’applicazione dell’articolo 91 Decreto Legge 18/2020, per l’onerato da obbligo di mantenimento rileverà la mancanza di liquidità conseguita all’inadempimento subito causa la crisi economica innescata dalla chiusura delle attività, ove dimostrata, o causa la messa in cassa integrazione.

La questione potrà essere trattata dai Tribunali nonostante la rinnovata sospensione delle udienze civili fino all’11 maggio 2020, disposta con DL n.23 8.4.2020, in quanto materia esclusa dalla sospensione già disposta ex articolo 83 3° DL n.18 17.3.2020, cui la norma più recente fa riferimento.

Si segnala che i Tribunali hanno variamente interpretato il concetto di cause relative ad alimenti od obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, contenuto nell’articolo 83 3° comma Decreto Legge 18/2020, taluni in senso restrittivo limitato alle questioni meramente alimentari, altri facendo proprio il concetto di obbligazione alimentare delineato dal Considerando 11 del Regolamento (CE) 4/2009 del 18 dicembre 2008 a norma del quale “L’ambito di applicazione del regolamento dovrebbe estendersi a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, al fine di garantire la parità di trattamento tra tutti i creditori di alimenti. Ai fini del presente regolamento, la nozione di «obbligazione alimentare» dovrebbe essere interpretata in maniera autonoma”.

Peraltro, qualora il Tribunale competente territorialmente acceda alla tesi restrittiva, considerato che il mancato pagamento di assegni di mantenimento consente al beneficiario l’apprensione diretta dell’assegno ex articolo 156, 6° comma, Codice Civile ed ex articolo 8, 3° comma, Legge 898/1970  con semplice intimazione al datore di lavoro dell’onerato, e in quanto condotta penalmente rilevante ai sensi degli articoli 388 e  570 bis Codice Penale espone l’onerato al rischio di subire un procedimento penale, se ne potrà chiedere la trattazione immediata, nonostante la sospensione delle udienze anche da ultimo disposta, poiché il ritardo può produrre pregiudizio alle parti.