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Massimo Adriatici: perché a nessuno è venuto in mente di togliergli il porto d'armi?

Il criterio dell’affidabilità e la vicenda Massimo Adriatici. Dove erano Questore e Prefetto di Pavia?
autumn leaves
Ph. Luca Martini / autumn leaves

La vicenda è nota: Massimo Adriatici è un signore di mezza età che gira abitualmente per la sua città con la pistola in tasca e il colpo in canna.

 

Massimo Adriatici, assessore alla sicurezza di Voghera, riteneva normale avere il colpo in canna per poter “sparare senza stress

Massimo Adriatici, secondo il suo avvocato Gabrielle Pipicelli: “come in altre circostanze, ha girato con quest’arma nella propria tasca perché aveva fatto richiesta di porto d’armi per delle situazioni di pericolo della persona che erano state rappresentate alle autorità competenti e che le autorità aveva ritenuto sussistenti, tant’è che gli era appena stato rinnovato il porto d’armi. Aveva sempre il colpo in canna perché, quando uno è sottoposto a un addestramento da poliziotto e si porta dietro un’arma, sa che se si trova in una situazione di pericolo e stress, può andare in panico. Se togli la sicura invece si può sparare senza stress e non fare ulteriori attività che ti portino via del tempo”.

 

Massimo Adriatici e l’abitudine del colpo in canna

Di questa sua “abitudine” erano tutti a conoscenza e nessuno ha mai fatti nulla per rivalutare la sussistenza del criterio dell’affidabilità previsto dall’art. 39 Tulps. (link articolo Armi di Riccardo Radi del 20 luglio 2021)

 

Massimo Adriatici perché a nessuno è venuto in mente di togliergli il porto d’armi

Rimane uno dei punti da chiarire, dopo la conclusione della prima fase dell’inchiesta (sotto la pressione di indicibili pressioni politiche). Perché a nessuno fosse venuto in mente di togliergli il porto d'armi e perché le forze dell'ordine non hanno utilizzato lo strumento dell’art. 39 Tulps per “fermare” l’invadente assessore-sceriffo.

 

Massimo Adriatici e l’art. 39 Tulps

L’art. 39 Tulps prevede: Il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne.

Nei casi d'urgenza gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all'immediato ritiro cautelare dei materiali di cui al primo comma, dandone immediata comunicazione al prefetto. Quando sussistono le condizioni di cui al primo comma, con il provvedimento di divieto il prefetto assegna all'interessato un termine di 150 giorni per l'eventuale cessione a terzi dei materiali di cui al medesimo comma. Nello stesso termine l'interessato comunica al prefetto l'avvenuta cessione. Il provvedimento di divieto dispone, in caso di mancata cessione, la confisca dei materiali ai sensi dell'articolo 6, quinto comma, della legge 22 maggio 1975, n. 152”.

Massimo Adriatici e la vigilanza del Prefetto e del Questore

Il Prefetto ha un potere di valutare l’idoneità di una persona al possesso di un’arma con una “discrezionalità ad ampio spettro”. L’esercizio di tale potere culmina nell’espressione di un giudizio probabilistico ed ex ante sulla idoneità o meno del detentore a relazionarsi correttamente con le armi.

Nella circolare numero  557/PAS/U/013490/10171(1) DEL 25 NOVEMBRE 2020 il Ministero dell’Interno ha indicato a tutti i Prefetti i criteri applicativi dell’art. 39 Tulps.

Nella circolare si legge che il divieto irrogato dal Prefetto al singolo soggetto di detenere armi o munizioni “è una misura cautelare finalizzata a prevenire abusi nell’uso delle armi a tutela dell’incolumità privata e pubblica”.

 

Massimo Adriatici e l’affidamento di non abusare dell’arma

Muovendo da questo presupposto, si segnala la sentenza del Consiglio di Stato, sezione I, n. 943 dell’11 aprile 2018 che ha rimarcato: “ai fini dell’adozione del divieto ex art. 39 Tulps, non è necessario che sia stato accertato un effettivo abuso delle armi, essendo sufficiente la sussistenza di circostanze che dimostrino come l’interessato non sia del tutto affidabile quanto all’uso delle armi stesse”.

Sulla stessa falsariga il Tar Lombardia che evidenzia “l’art. 43 comma 2, del regio decreto n. 773/1931 attribuisce al Questore” il potere discrezionale di ricusare il porto d’armi a quei soggetti “che non diano affidamento di non abusarne” in base all’accertamento di circostanze atipiche, diverse dalla responsabilità penale.

Secondo il Tar lombardo il Questore è legittimato a decidere di revocare il porto di armi quando ritenga che in base al principio del “più probabile che non” il soggetto detentore della licenza non sia affidabile. Non è necessario che lo stesso indichi dettagliatamente nel provvedimento di revoca le regioni per le quali dispone in tal senso. E’ sufficiente che lo stesso indichi i presupposti di fatto idonei a farlo dubitare del soggetto e del modo in cui costui utilizza le armi.

Utilizzare l’arma sempre con il colpo in canna per “poter sparare senza stress” mentre si passeggia sulla pubblica via senza rientrare tra le categorie a rischio (portavalori e similia) non è un sintomo di inaffidabilità?

Tutti sapevano dell’abitudine del colpo in canna dell’ex poliziotto Massimo Adriatici, ma a nessuno è venuto in mente di togliergli il porto d’armi per prevenire il rischio che ne abusasse.

 “Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava. Tu scavi”.

(Dal film Il buono, il brutto, il cattivo)