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Part-time - Cassazione Lavoro: il diritto del lavoratore di svolgere un’altra attività

Part-time - Cassazione Lavoro: il diritto del lavoratore di svolgere un’altra attività
Part-time - Cassazione Lavoro: il diritto del lavoratore di svolgere un’altra attività

Il datore di lavoro non può “disporre della facoltà del proprio dipendente di reperire un’occupazione diversa in orario compatibile con la prestazione di lavoro parziale”. Ciò anche in presenza, come nel caso di specie, di un Regolamento del personale  che prevede una incompatibilità fra la qualità di dipendente e qualunque altro impiego o attività.

Difatti nemmeno il carattere assoluto del divieto può escludere una valutazione in concreto della incompatibilità da parte del datore di lavoro. «L’unica lettura interpretativa coerente con il dettato costituzionale di cui agli articoli 4 e 35 Cost. è quella che legittima la verifica della incompatibilità in concreto della diversa attività, svolta al di fuori dell’orario di lavoro, con le finalità istituzionali e con i doveri connessi alla prestazione, ai sensi degli articoli 2104 e 2105 del Codice civile».

Si rende dunque necessaria una valutazione in concreto e caso per caso dei fatti che sarebbero contrari agli interessi datoriali o incidenti sul corretto svolgimento della prestazione lavorativa piuttosto che sull’affidabilità del dipendente; ciò risulta indispensabile per poter formulare circostanziati addebiti di responsabilità al lavoratore (attività concorrenziale, sviamento di clientela, assenze da lavoro per svolgimento di altra attività lavorativa…).

Difatti, secondo la sentenza della Cassazione: “sarebbe nulla  una previsione regolamentare che riconoscesse ad datore di lavoro un potere incondizionato di incidere unilateralmente sul diritto del lavoratore in regime di part-time di svolgere un’altra attività lavorativa”.

Inoltre, continuano i giudici, “ammettere che il datore di lavoro abbia una facoltà incondizionata di negare l’autorizzazione o di sanzionare in sede disciplinare il fatto in sé dell’esercizio di un’altra attività lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro sarebbe in contrasto con il principio del controllo giudiziale di tutti i poteri che il contratto di lavoro attribuisce al datore di lavoro”.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza del 25 maggio 2017, n. 13196)

Il datore di lavoro non può “disporre della facoltà del proprio dipendente di reperire un’occupazione diversa in orario compatibile con la prestazione di lavoro parziale”. Ciò anche in presenza, come nel caso di specie, di un Regolamento del personale  che prevede una incompatibilità fra la qualità di dipendente e qualunque altro impiego o attività.

Difatti nemmeno il carattere assoluto del divieto può escludere una valutazione in concreto della incompatibilità da parte del datore di lavoro. «L’unica lettura interpretativa coerente con il dettato costituzionale di cui agli articoli 4 e 35 Cost. è quella che legittima la verifica della incompatibilità in concreto della diversa attività, svolta al di fuori dell’orario di lavoro, con le finalità istituzionali e con i doveri connessi alla prestazione, ai sensi degli articoli 2104 e 2105 del Codice civile».

Si rende dunque necessaria una valutazione in concreto e caso per caso dei fatti che sarebbero contrari agli interessi datoriali o incidenti sul corretto svolgimento della prestazione lavorativa piuttosto che sull’affidabilità del dipendente; ciò risulta indispensabile per poter formulare circostanziati addebiti di responsabilità al lavoratore (attività concorrenziale, sviamento di clientela, assenze da lavoro per svolgimento di altra attività lavorativa…).

Difatti, secondo la sentenza della Cassazione: “sarebbe nulla  una previsione regolamentare che riconoscesse ad datore di lavoro un potere incondizionato di incidere unilateralmente sul diritto del lavoratore in regime di part-time di svolgere un’altra attività lavorativa”.

Inoltre, continuano i giudici, “ammettere che il datore di lavoro abbia una facoltà incondizionata di negare l’autorizzazione o di sanzionare in sede disciplinare il fatto in sé dell’esercizio di un’altra attività lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro sarebbe in contrasto con il principio del controllo giudiziale di tutti i poteri che il contratto di lavoro attribuisce al datore di lavoro”.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza del 25 maggio 2017, n. 13196)