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Nuova disciplina delle dimissioni volontarie “on-line”: il punto della situazione

Normativa, prassi e rimedi avverso le dimissioni presentate in forma irrituale

Fonti normative :

- legge 17 ottobre 2007, n. 188;

- decreto Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 21 gennaio 2008;

Fonti interpretative :

- lettera circolare Ministero del lavoro del 4 marzo 2008, Prot. 1692

- lettera circolare Ministero del lavoro del 25 marzo 2008, Prot. 15/SEGR/0005130

- circolare n. 3/2008 Fondazione Studi Consulenti del Lavoro;

- circolare n. 4/2008 Fondazione Studi Consulenti del Lavoro;

- circolare n. 5/2008 Centro Studi Ordine Consulenti del Lavoro di Milano;

- circolare n. 6/2008 Centro Studi Ordine Consulenti del Lavoro di Milano;

- Faq Ministero del Lavoro (http://www.lavoro.gov.it/MDV/RM/FAQ/).

 

Premessa

La Legge 17 ottobre 2007, n. 188, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 260 del 8 novembre 2007, così come attuata dal decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, 21 gennaio 2008 (1), cambia radicalmente le modalità di rassegnazione delle dimissioni volontarie ovvero di recesso da alcune tipologie contrattuali.  La ratio della norma la chiarisce il Ministero del lavoro nelle lettera circolare del 4 marzo 2008 : “Il provvedimento ha lo scopo di introdurre un unico modello "informatico" valido su tutto il territorio nazionale, dotato delle caratteristiche di non contraffabilità e non falsificabilità. In tal modo, da un lato, si evita il fenomeno delle c.d. "lettere di dimissioni in bianco" che alcuni datori di lavoro hanno imposto di firmare al lavoratore all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro o in corso dello stesso, lasciando in bianco la data, e, dall’altro, si rendono nulle le dimissioni presentate con modalità diverse da quelle previste nel decreto medesimo”. In particolare, il comma 1 della legge 188/2007 stabilisce che, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 2118 c.c. (2), per recedere dal contratto di lavoro, le dimissioni volontarie devono essere presentate dal lavoratore (o prestatore d’opera) pena nullità, compilando appositi moduli predisposti e resi disponibili da specifici soggetti. Dal 5 marzo 2008, data di entrata in vigore del decreto ministeriale, le dimissioni rilasciate in qualsivoglia altra forma  non producono efficacia con la conseguenza che il rapporto di lavoro rimane giuridicamente in essere.

Campo di applicazione e casi di esclusione

Rientrano nel campo di applicazione  delle disposizioni in esame :

- tutti i contratti di lavoro subordinato (tempo determinato e indeterminato, tempo parziale e tempo pieno ecc.). Sono compresi anche le qualifica di elevata professionalità come i dirigenti del settore privato e pubblico e ogni altro rapporto di lavoro subordinato anche di dirigenza generale del pubblico impiego;

- contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto;

- contratti di collaborazione di natura occasionale (mini .co.co.co) ex art. 61 D.lgs 276/2003;

- contratti di associazione in partecipazione (art. 2549 c.c.) ove l’associato apporti prestazioni lavorative ed i redditi sono qualificati come da lavoro autonomo (sono escluse, invece, le altre forme di associazioni in partecipazione da cui derivano redditi che non sono di lavoro autonomo).

- contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci.

Al contrario, sono esclusi dal campo di applicazione della predetta norma:

• accordi di risoluzione consensuale bilaterali;

• recesso unilaterale del lavoratore durante il periodo di prova;

• rapporti di lavoro marittimo;

• dimissioni rese da amministratori di società;

• “dimissioni incentivate”, qualora derivino da un accordo fra datore di lavoro e lavoratore, configurando una risoluzione consensuale del rapporto;

• collocamento in quiescenza e collocamento in pensione;

• cessione di contratto, in quanto la cessazione del rapporto non avviene con atto unilaterale, ma con accordo trilaterale;

• stages e tirocini;

• prestazioni di lavoro accessorio (ex art. 70 D.lgs. n. 276/2003);

• prestazioni di lavoro occasionale svolte in regime di piena autonomia (ex art. 2222 c.c.);

• dimissioni da parte dei membri degli organi di amministrazione e di controllo di società e partecipanti a collegi e commissioni, purché si configurino come rapporti di lavoro autonomo e non come collaborazioni coordinate e continuative;

• rapporti di agenzia (ex art. 1742 e ss. c.c.);

• rapporti di pubblico impiego che, ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 165/2001, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti, in quanto non privatizzati e contrattualizzati e cioè:

            - magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

            - avvocati e procuratori dello Stato;

            - personale militare e delle forze di polizia;

            - personale della carriera diplomatica e prefettizia;

            - dipendenti della Banca d’Italia (D.Lgs. c.p.s. 691/1947);

            - dipendenti della CONSOB (Legge 281/1985);

            - dipendenti dell’ISVAP;

            - dipendenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Legge 287/1990);

            - dipendenti dell’Autorità per i servizi di pubblica utilità (Legge 481/1995);

            - dipendenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Legge 249/1997);

            - personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

            - personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

Soggetti abilitati, composizione e modalità di compilazione del modulo

Il modello telematico per le dimissioni volontarie, che inizialmente poteva essere compilato ed inviato dai soggetti interessati solo con la necessaria assistenza degli Enti abilitati (direzioni provinciali del lavoro, direzione regionale Aosta, ispettorati del lavoro delle Province Autonome di Trento e Bolzano, nonché della Regione Sicilia, comuni, centri per l’impiego, organizzazione sindacali e patronati (3)) ora può essere compilato e trasmesso dal solo lavoratore.

Infatti, ferma restando la possibilità di farsi assistere dai suddetti Enti, il lavoratore può compilare direttamente il modello, previa autenticazione (rilascio di user id e password), direttamente dal sito del Ministero del lavoro e della previdenza sociale www.lavoro.gov.it/mdv. Al termine della compilazione, che deve avvenire necessariamente per via telematica, il sistema rilascia un codice alfanumerico di identificazione che rende "univoco" il modello e, pertanto, non contraffabile, e un codice identificativo del modulo, con validazione temporale, attestante il giorno in cui il modulo è stato compilato e dal quale decorrono i 15 giorni entro i quali il lavoratore può consegnare la domanda di dimissioni.  Utilizzando la modalità telematica, ha precisato il Ministero, anche il lavoratore distaccato all’estero può rassegnare le proprie dimissioni.

Il modulo si compone di 5 sezioni concernenti i dati identificativi del:

1. lavoratore;

2. datore di lavoro;

3. rapporto di lavoro dal quale si intende recedere;

4. dimissioni, specificando la data di decorrenza e il motivo delle stesse;

5. soggetto delegato, nonché una serie di dati rilasciati dal sistema (numero di protocollo; codice alfanumerico progressivo di identificazione attribuito dal sistema informatico MDV) (4)

Dimissioni per causa di matrimonio oppure nel periodo coperto dalla maternità

Per ciò che concerne le dimissioni rassegnate durante alcuni periodi, alle quali le norme vigenti attribuiscono una particolare tutela,  ovvero nei casi di: 

Matrimonio, se le dimissioni sono presentate dalla lavoratrice nel periodo compreso tra la richiesta di pubblicazione del matrimonio ed un anno dopo la celebrazione delle nozze, devono essere confermate, a pena di nullità, entro un mese all’Ufficio provinciale del lavoro (articolo 1, comma 4 della legge n. 7/1963)

Maternità, se le dimissioni sono presentate dalla lavoratrice madre o dal lavoratore padre durante il periodo in cui sussiste il divieto di licenziamento (dall’inizio del periodo di gestazione fino al compimento di un anno di età del bambino), occorre la convalida, a pena di nullità, del servizio ispettivo territoriale del ministero del lavoro (articolo 55, comma 4 del D.Lgs. 151/2001)

la lavoratrice (o il lavoratore) dovrà recarsi alla Direzione Provinciale del Lavoro compilando il modulo e confermando la volontà con le “forme usuali”.

Validità del modulo, decorrenza ed efficacia delle dimissioni

Poiché, per espressa previsione dell’articolo 1, comma 3 della legge 188/2007 “i moduli hanno validità di quindici giorni dalla data di emissione”, di particolare importanza è la data di validazione temporale che attesta il giorno da cui decorrono i 15 giorni per la consegna al datore di lavoro. Infatti, il lavoratore dovrà “obbligatoriamente consegnare la ricevuta (che contiene tutti i dati presenti nel modulo) non oltre il 15esimo giorno successivo alla data riportata nel documento medesimo (data di emissione). Decorso questo termine, il modello non è considerato più valido e quindi rende inefficace le dimissioni. Questo implica che l’azienda non dovrà limitarsi solo a verificare che le dimissioni vengano comunicate attraverso il nuovo modello autenticato e validato dai soggetti abilitati, ma dovrà altresì accertarsi che non siano trascorsi più di 15 giorni dopo la sua emissione” (5).

Ad esempio: se il modulo riporta la data di protocollo del 10 maggio 2008, esso è valido se consegnato all’azienda entro il 25 maggio 2008.  In caso di ritardata consegna del modulo si rende necessaria una nuova procedura telematica di compilazione del modello, annullando nel contempo la precedente comunicazione.

Per ciò che concerne la decorrenza delle dimissioni, un primo profilo problematico è stato rappresentato dal significato della “data decorrenza dimissioni” presente nella sezione 4. In un primo momento era stato ritenuto dal Ministero che essa  corrispondesse al primo giorno in cui non “viene prestata più l’attività”, ovvero il primo giorno di non lavoro e che la data andasse individuata sulla base del periodo di preavviso previsto dal contratto collettivo applicato. 

In seguito, lo stesso Ministero del Lavoro con lettera circolare 25 marzo 2008, nonché con le Faq apparse sul sito ministeriale, ha precisato che “la data che deve essere indicata è il primo giorno da cui decorre il preavviso, ove previsto dal contratto di lavoro”.  In questo modo viene resa più agevole “l’operazione dimissioni” al dipendente e ai datori di lavoro.  Al riguardo, si ritiene che in tutti i casi in cui il recesso unilaterale non presuppone il rilascio del preavviso, il lavoratore deve indicare il primo giorno di non lavoro. Inoltre, “va fatto presente che indipendentemente da quando indicato dal lavoratore nel modulo trasmesso telematicamente, il preavviso decorre da quando il modulo medesimo viene portato a conoscenza del datore di lavoro” (6).

E’ opportuno, inoltre, che il lavoratore accompagni alla consegna del modulo una lettera in carta libera da cui possa ricavarsi l’informazione relativa all’intenzione di rispettare o meno il periodo di preavviso. Nella lettera, ad  esempio, il lavoratore potrà fare richiesta di essere esonerato in tutto od in parte dallo svolgimento del periodo ed eventualmente di non subire la trattenuta.

In seguito, la cessazione del rapporto di lavoro dovrà comunque essere comunicata al Centro per L’impiego con le consuete modalità (entro 5 giorni) ovvero compilando ed il modello Unificato Lav – Cessazione. Un altro profilo problematico è rappresentato dalla possibile revoca delle dimissioni. Al riguardo il Ministero con una Faq ha precisato che “ E’ possibile annullare le dimissioni ai sensi dell’art. 1, comma 1, della L. n. 188/2007, entro i 15 gg. di validità delle stesse, purché non siano già state consegnate al datore di lavoro. In tal caso, infatti, poiché le dimissioni costituiscono un atto unilaterale recettizio si perfezionano al momento in cui vengono a conoscenza del datore di lavoro”.  In quest’ultimo caso le dimissioni possono essere revocate solo col consenso del datore di lavoro.

Dimissioni non valide e possibili soluzioni

La considerazione preliminare che va fatta è che non è stata prevista alcuna sanzione a carico di chi non rispetta la procedura sopra descritta. Per questo motivo vi potrebbero essere inadempienze da parte dei lavoratori. Pertanto, la domanda che ci siamo posti tutti è : che cosa succede nel caso in cui i lavoratori non rassegnino le  dimissioni utilizzando il modulo ministeriale, ma bensì, ad esempio, in carta libera, si astengano dal lavorare e si rendano irreperibili? E’ possibile cessare ugualmente il rapporto di lavoro?

Come specificato dalla legge 17 ottobre 2007, n. 188, le dimissioni devono essere presentate sul modulo “pena nullità”. Ciò vuol dire che le dimissioni presentate in altre forme sono nulle, improduttive di effetti  e che, in caso di dimissioni presentate in maniera “irrituale”, il lavoratore può chiedere di essere riammesso in servizio.

Inoltre, “secondo un prevalente orientamento giurisprudenziale, non sarebbe applicabile il termine di decadenza per l’impugnazione previsto dall’art.6, della L. n.604/66 (60 giorni), con la conseguenza che le dimissioni prive del requisito di forma prescritto dalla nuova disciplina potrebbero essere impugnate anche a distanza di molto tempo rispetto al momento in cui sono state presentate” (7).

Fatte queste considerazioni appare evidente che, al fine di prevenire un eventuale contenzioso, per prima cosa il datore di lavoro dovrà invitare il dipendente a presentare le dimissioni “in forma rituale”.

E se il dipendente non accetta l’invito del datore di lavoro?

In questo caso tre soluzioni appaiono possibili:

- avvalersi, ove previste dai contratti collettivi, delle clausole che chiameremo di “dimissioni per comportamento concludente”;

- il licenziamento disciplinare ex articolo 7, legge 300/1970;

- il mantenimento del rapporto di lavoro senza diritto alla retribuzione (8).

Quanto alla prima soluzione prospettata lo stesso Ministero del Lavoro già nella lettera circolare del 4 marzo 2008 ha precisato che:

- nei casi in cui il lavoratore receda dal rapporto di lavoro in modo informale e non sia rintracciabile, resta ferma la possibilità, da parte dei CCNL, di ritenere tale comportamento un fatto concludente dal quale possa presumersi la volontà di dimettersi;

- anche in assenza di esplicita previsione nella contrattazione collettiva, appare possibile, sia pure in casi del tutto residuali, che la prolungata assenza ingiustificata del lavoratore dal luogo di lavoro assuma valore di fatto concludente, dal quale possa presumersi la volontà di dimettersi, senza pertanto l’attivazione della procedura dettata dal citato Decreto interministeriale.  Al riguardo, il Ministero del lavoro cita la sentenza della Cassazione 10/5/1998, 5776.

Quanto alla seconda soluzione prospettata, non resterebbe che ricondurre il motivo di licenziamento alle assenze ingiustificate. Ad esempio l’articolo 217 del contratto collettivo commercio siglato in data 2 luglio 2004 stabilisce che la sanzione del licenziamento senza preavviso è applicabile nel caso di assenze ingiustificate per oltre tre giorni nell’anno solare. Tuttavia, il lavoratore potrebbe comunque decidere di impugnare il licenziamento con tutte le conseguenze che ne deriverebbero.

Per ciò che concerne l’ipotesi che attiene il mantenimento del rapporto di lavoro senza diritto alla retribuzione, sicuramente in questo caso il lavoratore sarebbe più propenso a tornare sui suoi passi e rilasciare le dimissioni su modulo ministeriale in quanto, in caso contrario, non riceverebbe le competenze di fine rapporto. In questo caso si dovrebbe, però, continuare a computare nell’organico aziendale il lavoratore.

Infine, al fine di prevenire le eventuali inadempienze da parte dei lavoratori, si potrebbe verificare la  possibilità dell’inserimento di una clausola penale nel contratto individuale di lavoro. A norma dell’art. 1382 c.c. le parti possono inserire nel contratto una clausola  penale, con cui si stabilisce preventivamente l’entità del risarcimento del danno in  caso di inadempimento. Detta penale non è clausola vessatoria ex art. 1341 c.c.  (Cass. 4068/77) e può essere prevista sia per il ritardo sia per  ’inadempimento” (Cass. 63/63). E’ possibile anche  stabilire una penale per il  ritardo ed il risarcimento dei danni per l’inadempimento (Cass. 1859/76; Cass.  95/72).  Tale disposizione contrattuale potrebbe fungere da deterrente.

Perché la legge rischia di essere inefficace

Infine, capire perché la legge può essere aggirata tranquillamente e rivelarsi inefficace è semplice. “Il rischio, in concreto, è pertanto che alle "dimissioni in bianco" possa sostituirsi "la risoluzione consensuale in bianco". L’intervento normativo, allo stato dell’arte e a meno di future eventuali correzioni, pare dunque idoneo a realizzare un effetto di "normalizzazione" per il passato, cioè per i rapporti in corso e le dimissioni in bianco già rese, ma si rivela un’arma spuntata per il futuro” (9).



Note

(1) pubblicato sulla GU n. 42 del 19 febbraio 2008

(2) Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle norme corporative], dagli usi o secondo equità

(3) Trattasi di soggetti, questi ultimi due, al momento non operativi, in quanto sono in attesa di stipulare apposita convenzione;

(4)  Non è necessaria la compilazione di quest’ultimo campo nel caso in cui il lavoratore provveda a compilare direttamente il modulo dal sito  In questo caso  il sistema gli prospetterà i seguenti dati, volti ad identificarlo: a) tipo di documento; b) numero di documento; c) rilasciato da; d) il (data di rilascio).

(5) cfr. Massara Barbara, Guida al Lavoro del 14 marzo 2008, n. 11, Edizioni Il Sole 24 ore

(6) cfr. Enzo de Fusco, Guida al Lavoro del 4 aprile 2008, n. 14, Edizioni Il Sole 24 ore

(7) Roberto Camera Circolare Lavoro e Previdenza n. 13/2008

(8) citato Bartolomeo Porta, Consulente del lavoro in Novara

(9) cfr. Pellacani Giuseppe Guida al Lavoro del 7 marzo 2008, n. 10, Edizioni Il Sole 24 ore

Fonti normative :

- legge 17 ottobre 2007, n. 188;

- decreto Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 21 gennaio 2008;

Fonti interpretative :

- lettera circolare Ministero del lavoro del 4 marzo 2008, Prot. 1692

- lettera circolare Ministero del lavoro del 25 marzo 2008, Prot. 15/SEGR/0005130

- circolare n. 3/2008 Fondazione Studi Consulenti del Lavoro;

- circolare n. 4/2008 Fondazione Studi Consulenti del Lavoro;

- circolare n. 5/2008 Centro Studi Ordine Consulenti del Lavoro di Milano;

- circolare n. 6/2008 Centro Studi Ordine Consulenti del Lavoro di Milano;

- Faq Ministero del Lavoro (http://www.lavoro.gov.it/MDV/RM/FAQ/).

 

Premessa

La Legge 17 ottobre 2007, n. 188, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 260 del 8 novembre 2007, così come attuata dal decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, 21 gennaio 2008 (1), cambia radicalmente le modalità di rassegnazione delle dimissioni volontarie ovvero di recesso da alcune tipologie contrattuali.  La ratio della norma la chiarisce il Ministero del lavoro nelle lettera circolare del 4 marzo 2008 : “Il provvedimento ha lo scopo di introdurre un unico modello "informatico" valido su tutto il territorio nazionale, dotato delle caratteristiche di non contraffabilità e non falsificabilità. In tal modo, da un lato, si evita il fenomeno delle c.d. "lettere di dimissioni in bianco" che alcuni datori di lavoro hanno imposto di firmare al lavoratore all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro o in corso dello stesso, lasciando in bianco la data, e, dall’altro, si rendono nulle le dimissioni presentate con modalità diverse da quelle previste nel decreto medesimo”. In particolare, il comma 1 della legge 188/2007 stabilisce che, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 2118 c.c. (2), per recedere dal contratto di lavoro, le dimissioni volontarie devono essere presentate dal lavoratore (o prestatore d’opera) pena nullità, compilando appositi moduli predisposti e resi disponibili da specifici soggetti. Dal 5 marzo 2008, data di entrata in vigore del decreto ministeriale, le dimissioni rilasciate in qualsivoglia altra forma  non producono efficacia con la conseguenza che il rapporto di lavoro rimane giuridicamente in essere.

Campo di applicazione e casi di esclusione

Rientrano nel campo di applicazione  delle disposizioni in esame :

- tutti i contratti di lavoro subordinato (tempo determinato e indeterminato, tempo parziale e tempo pieno ecc.). Sono compresi anche le qualifica di elevata professionalità come i dirigenti del settore privato e pubblico e ogni altro rapporto di lavoro subordinato anche di dirigenza generale del pubblico impiego;

- contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto;

- contratti di collaborazione di natura occasionale (mini .co.co.co) ex art. 61 D.lgs 276/2003;

- contratti di associazione in partecipazione (art. 2549 c.c.) ove l’associato apporti prestazioni lavorative ed i redditi sono qualificati come da lavoro autonomo (sono escluse, invece, le altre forme di associazioni in partecipazione da cui derivano redditi che non sono di lavoro autonomo).

- contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci.

Al contrario, sono esclusi dal campo di applicazione della predetta norma:

• accordi di risoluzione consensuale bilaterali;

• recesso unilaterale del lavoratore durante il periodo di prova;

• rapporti di lavoro marittimo;

• dimissioni rese da amministratori di società;

• “dimissioni incentivate”, qualora derivino da un accordo fra datore di lavoro e lavoratore, configurando una risoluzione consensuale del rapporto;

• collocamento in quiescenza e collocamento in pensione;

• cessione di contratto, in quanto la cessazione del rapporto non avviene con atto unilaterale, ma con accordo trilaterale;

• stages e tirocini;

• prestazioni di lavoro accessorio (ex art. 70 D.lgs. n. 276/2003);

• prestazioni di lavoro occasionale svolte in regime di piena autonomia (ex art. 2222 c.c.);

• dimissioni da parte dei membri degli organi di amministrazione e di controllo di società e partecipanti a collegi e commissioni, purché si configurino come rapporti di lavoro autonomo e non come collaborazioni coordinate e continuative;

• rapporti di agenzia (ex art. 1742 e ss. c.c.);

• rapporti di pubblico impiego che, ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 165/2001, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti, in quanto non privatizzati e contrattualizzati e cioè:

            - magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

            - avvocati e procuratori dello Stato;

            - personale militare e delle forze di polizia;

            - personale della carriera diplomatica e prefettizia;

            - dipendenti della Banca d’Italia (D.Lgs. c.p.s. 691/1947);

            - dipendenti della CONSOB (Legge 281/1985);

            - dipendenti dell’ISVAP;

            - dipendenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Legge 287/1990);

            - dipendenti dell’Autorità per i servizi di pubblica utilità (Legge 481/1995);

            - dipendenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Legge 249/1997);

            - personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

            - personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

Soggetti abilitati, composizione e modalità di compilazione del modulo

Il modello telematico per le dimissioni volontarie, che inizialmente poteva essere compilato ed inviato dai soggetti interessati solo con la necessaria assistenza degli Enti abilitati (direzioni provinciali del lavoro, direzione regionale Aosta, ispettorati del lavoro delle Province Autonome di Trento e Bolzano, nonché della Regione Sicilia, comuni, centri per l’impiego, organizzazione sindacali e patronati (3)) ora può essere compilato e trasmesso dal solo lavoratore.

Infatti, ferma restando la possibilità di farsi assistere dai suddetti Enti, il lavoratore può compilare direttamente il modello, previa autenticazione (rilascio di user id e password), direttamente dal sito del Ministero del lavoro e della previdenza sociale www.lavoro.gov.it/mdv. Al termine della compilazione, che deve avvenire necessariamente per via telematica, il sistema rilascia un codice alfanumerico di identificazione che rende "univoco" il modello e, pertanto, non contraffabile, e un codice identificativo del modulo, con validazione temporale, attestante il giorno in cui il modulo è stato compilato e dal quale decorrono i 15 giorni entro i quali il lavoratore può consegnare la domanda di dimissioni.  Utilizzando la modalità telematica, ha precisato il Ministero, anche il lavoratore distaccato all’estero può rassegnare le proprie dimissioni.

Il modulo si compone di 5 sezioni concernenti i dati identificativi del:

1. lavoratore;

2. datore di lavoro;

3. rapporto di lavoro dal quale si intende recedere;

4. dimissioni, specificando la data di decorrenza e il motivo delle stesse;

5. soggetto delegato, nonché una serie di dati rilasciati dal sistema (numero di protocollo; codice alfanumerico progressivo di identificazione attribuito dal sistema informatico MDV) (4)

Dimissioni per causa di matrimonio oppure nel periodo coperto dalla maternità

Per ciò che concerne le dimissioni rassegnate durante alcuni periodi, alle quali le norme vigenti attribuiscono una particolare tutela,  ovvero nei casi di: 

Matrimonio, se le dimissioni sono presentate dalla lavoratrice nel periodo compreso tra la richiesta di pubblicazione del matrimonio ed un anno dopo la celebrazione delle nozze, devono essere confermate, a pena di nullità, entro un mese all’Ufficio provinciale del lavoro (articolo 1, comma 4 della legge n. 7/1963)

Maternità, se le dimissioni sono presentate dalla lavoratrice madre o dal lavoratore padre durante il periodo in cui sussiste il divieto di licenziamento (dall’inizio del periodo di gestazione fino al compimento di un anno di età del bambino), occorre la convalida, a pena di nullità, del servizio ispettivo territoriale del ministero del lavoro (articolo 55, comma 4 del D.Lgs. 151/2001)

la lavoratrice (o il lavoratore) dovrà recarsi alla Direzione Provinciale del Lavoro compilando il modulo e confermando la volontà con le “forme usuali”.

Validità del modulo, decorrenza ed efficacia delle dimissioni

Poiché, per espressa previsione dell’articolo 1, comma 3 della legge 188/2007 “i moduli hanno validità di quindici giorni dalla data di emissione”, di particolare importanza è la data di validazione temporale che attesta il giorno da cui decorrono i 15 giorni per la consegna al datore di lavoro. Infatti, il lavoratore dovrà “obbligatoriamente consegnare la ricevuta (che contiene tutti i dati presenti nel modulo) non oltre il 15esimo giorno successivo alla data riportata nel documento medesimo (data di emissione). Decorso questo termine, il modello non è considerato più valido e quindi rende inefficace le dimissioni. Questo implica che l’azienda non dovrà limitarsi solo a verificare che le dimissioni vengano comunicate attraverso il nuovo modello autenticato e validato dai soggetti abilitati, ma dovrà altresì accertarsi che non siano trascorsi più di 15 giorni dopo la sua emissione” (5).

Ad esempio: se il modulo riporta la data di protocollo del 10 maggio 2008, esso è valido se consegnato all’azienda entro il 25 maggio 2008.  In caso di ritardata consegna del modulo si rende necessaria una nuova procedura telematica di compilazione del modello, annullando nel contempo la precedente comunicazione.

Per ciò che concerne la decorrenza delle dimissioni, un primo profilo problematico è stato rappresentato dal significato della “data decorrenza dimissioni” presente nella sezione 4. In un primo momento era stato ritenuto dal Ministero che essa  corrispondesse al primo giorno in cui non “viene prestata più l’attività”, ovvero il primo giorno di non lavoro e che la data andasse individuata sulla base del periodo di preavviso previsto dal contratto collettivo applicato. 

In seguito, lo stesso Ministero del Lavoro con lettera circolare 25 marzo 2008, nonché con le Faq apparse sul sito ministeriale, ha precisato che “la data che deve essere indicata è il primo giorno da cui decorre il preavviso, ove previsto dal contratto di lavoro”.  In questo modo viene resa più agevole “l’operazione dimissioni” al dipendente e ai datori di lavoro.  Al riguardo, si ritiene che in tutti i casi in cui il recesso unilaterale non presuppone il rilascio del preavviso, il lavoratore deve indicare il primo giorno di non lavoro. Inoltre, “va fatto presente che indipendentemente da quando indicato dal lavoratore nel modulo trasmesso telematicamente, il preavviso decorre da quando il modulo medesimo viene portato a conoscenza del datore di lavoro” (6).

E’ opportuno, inoltre, che il lavoratore accompagni alla consegna del modulo una lettera in carta libera da cui possa ricavarsi l’informazione relativa all’intenzione di rispettare o meno il periodo di preavviso. Nella lettera, ad  esempio, il lavoratore potrà fare richiesta di essere esonerato in tutto od in parte dallo svolgimento del periodo ed eventualmente di non subire la trattenuta.

In seguito, la cessazione del rapporto di lavoro dovrà comunque essere comunicata al Centro per L’impiego con le consuete modalità (entro 5 giorni) ovvero compilando ed il modello Unificato Lav – Cessazione. Un altro profilo problematico è rappresentato dalla possibile revoca delle dimissioni. Al riguardo il Ministero con una Faq ha precisato che “ E’ possibile annullare le dimissioni ai sensi dell’art. 1, comma 1, della L. n. 188/2007, entro i 15 gg. di validità delle stesse, purché non siano già state consegnate al datore di lavoro. In tal caso, infatti, poiché le dimissioni costituiscono un atto unilaterale recettizio si perfezionano al momento in cui vengono a conoscenza del datore di lavoro”.  In quest’ultimo caso le dimissioni possono essere revocate solo col consenso del datore di lavoro.

Dimissioni non valide e possibili soluzioni

La considerazione preliminare che va fatta è che non è stata prevista alcuna sanzione a carico di chi non rispetta la procedura sopra descritta. Per questo motivo vi potrebbero essere inadempienze da parte dei lavoratori. Pertanto, la domanda che ci siamo posti tutti è : che cosa succede nel caso in cui i lavoratori non rassegnino le  dimissioni utilizzando il modulo ministeriale, ma bensì, ad esempio, in carta libera, si astengano dal lavorare e si rendano irreperibili? E’ possibile cessare ugualmente il rapporto di lavoro?

Come specificato dalla legge 17 ottobre 2007, n. 188, le dimissioni devono essere presentate sul modulo “pena nullità”. Ciò vuol dire che le dimissioni presentate in altre forme sono nulle, improduttive di effetti  e che, in caso di dimissioni presentate in maniera “irrituale”, il lavoratore può chiedere di essere riammesso in servizio.

Inoltre, “secondo un prevalente orientamento giurisprudenziale, non sarebbe applicabile il termine di decadenza per l’impugnazione previsto dall’art.6, della L. n.604/66 (60 giorni), con la conseguenza che le dimissioni prive del requisito di forma prescritto dalla nuova disciplina potrebbero essere impugnate anche a distanza di molto tempo rispetto al momento in cui sono state presentate” (7).

Fatte queste considerazioni appare evidente che, al fine di prevenire un eventuale contenzioso, per prima cosa il datore di lavoro dovrà invitare il dipendente a presentare le dimissioni “in forma rituale”.

E se il dipendente non accetta l’invito del datore di lavoro?

In questo caso tre soluzioni appaiono possibili:

- avvalersi, ove previste dai contratti collettivi, delle clausole che chiameremo di “dimissioni per comportamento concludente”;

- il licenziamento disciplinare ex articolo 7, legge 300/1970;

- il mantenimento del rapporto di lavoro senza diritto alla retribuzione (8).

Quanto alla prima soluzione prospettata lo stesso Ministero del Lavoro già nella lettera circolare del 4 marzo 2008 ha precisato che:

- nei casi in cui il lavoratore receda dal rapporto di lavoro in modo informale e non sia rintracciabile, resta ferma la possibilità, da parte dei CCNL, di ritenere tale comportamento un fatto concludente dal quale possa presumersi la volontà di dimettersi;

- anche in assenza di esplicita previsione nella contrattazione collettiva, appare possibile, sia pure in casi del tutto residuali, che la prolungata assenza ingiustificata del lavoratore dal luogo di lavoro assuma valore di fatto concludente, dal quale possa presumersi la volontà di dimettersi, senza pertanto l’attivazione della procedura dettata dal citato Decreto interministeriale.  Al riguardo, il Ministero del lavoro cita la sentenza della Cassazione 10/5/1998, 5776.

Quanto alla seconda soluzione prospettata, non resterebbe che ricondurre il motivo di licenziamento alle assenze ingiustificate. Ad esempio l’articolo 217 del contratto collettivo commercio siglato in data 2 luglio 2004 stabilisce che la sanzione del licenziamento senza preavviso è applicabile nel caso di assenze ingiustificate per oltre tre giorni nell’anno solare. Tuttavia, il lavoratore potrebbe comunque decidere di impugnare il licenziamento con tutte le conseguenze che ne deriverebbero.

Per ciò che concerne l’ipotesi che attiene il mantenimento del rapporto di lavoro senza diritto alla retribuzione, sicuramente in questo caso il lavoratore sarebbe più propenso a tornare sui suoi passi e rilasciare le dimissioni su modulo ministeriale in quanto, in caso contrario, non riceverebbe le competenze di fine rapporto. In questo caso si dovrebbe, però, continuare a computare nell’organico aziendale il lavoratore.

Infine, al fine di prevenire le eventuali inadempienze da parte dei lavoratori, si potrebbe verificare la  possibilità dell’inserimento di una clausola penale nel contratto individuale di lavoro. A norma dell’art. 1382 c.c. le parti possono inserire nel contratto una clausola  penale, con cui si stabilisce preventivamente l’entità del risarcimento del danno in  caso di inadempimento. Detta penale non è clausola vessatoria ex art. 1341 c.c.  (Cass. 4068/77) e può essere prevista sia per il ritardo sia per  ’inadempimento” (Cass. 63/63). E’ possibile anche  stabilire una penale per il  ritardo ed il risarcimento dei danni per l’inadempimento (Cass. 1859/76; Cass.  95/72).  Tale disposizione contrattuale potrebbe fungere da deterrente.

Perché la legge rischia di essere inefficace

Infine, capire perché la legge può essere aggirata tranquillamente e rivelarsi inefficace è semplice. “Il rischio, in concreto, è pertanto che alle "dimissioni in bianco" possa sostituirsi "la risoluzione consensuale in bianco". L’intervento normativo, allo stato dell’arte e a meno di future eventuali correzioni, pare dunque idoneo a realizzare un effetto di "normalizzazione" per il passato, cioè per i rapporti in corso e le dimissioni in bianco già rese, ma si rivela un’arma spuntata per il futuro” (9).



Note

(1) pubblicato sulla GU n. 42 del 19 febbraio 2008

(2) Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle norme corporative], dagli usi o secondo equità

(3) Trattasi di soggetti, questi ultimi due, al momento non operativi, in quanto sono in attesa di stipulare apposita convenzione;

(4)  Non è necessaria la compilazione di quest’ultimo campo nel caso in cui il lavoratore provveda a compilare direttamente il modulo dal sito  In questo caso  il sistema gli prospetterà i seguenti dati, volti ad identificarlo: a) tipo di documento; b) numero di documento; c) rilasciato da; d) il (data di rilascio).

(5) cfr. Massara Barbara, Guida al Lavoro del 14 marzo 2008, n. 11, Edizioni Il Sole 24 ore

(6) cfr. Enzo de Fusco, Guida al Lavoro del 4 aprile 2008, n. 14, Edizioni Il Sole 24 ore

(7) Roberto Camera Circolare Lavoro e Previdenza n. 13/2008

(8) citato Bartolomeo Porta, Consulente del lavoro in Novara

(9) cfr. Pellacani Giuseppe Guida al Lavoro del 7 marzo 2008, n. 10, Edizioni Il Sole 24 ore