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Omesso versamento dei contributi INPS: reato anche se c’è crisi e si è preferito pagare gli stipendi

CONTRIBUTI INPS
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Con la sentenza n. 35819 del 15 dicembre 2020 la Cassazione torna a pronunciarsi sul tema del dolo nel reato di omesso versamento dei contributi INPS sulle retribuzioni dei dipendenti previsto all’articolo 2 co. 1 bis d.l. 463/83 convertito nella legge 638/83. La disposizione punisce l’omesso versamento con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032 quando si tratta di un importo superiore a euro 10 mila annui, mentre, se inferiore, con la sanzione amministrativa da 10 mila a 50 mila euro.

Nel caso esaminato, dopo che la Corte di Appello di Milano aveva riformato parzialmente la sentenza di condanna emessa dal tribunale di Lecco il 5 novembre 2018, la ricorrente deduceva in Cassazione cinque motivi di impugnazione, uno dei quali fondato sulla causa di forza maggiore che avrebbe determinato la condotta omissiva.

In particolare, secondo le argomentazioni della difesa, la ricorrente aveva omesso il versamento dei tributi sopramenzionati per mancanza di liquidità dovuta ad incolpevole crisi economica scegliendo, ai fini della continuità aziendale, di pagare gli stipendi dei dipendenti e di omettere i versamenti previdenziali. Il motivo così articolato veniva ritenuto, insieme agli altri dedotti, inammissibile per mancanza di presupposti di fatto e diritto.

Secondo la terza sezione della Cassazione, infatti, in caso di crisi aziendale, le risorse disponibili vanno ripartite in modo da soddisfare gli obblighi contributivi verso l’INPS. L’imprenditore, affermano i giudici, è chiamato a ripartire le risorse disponibili in modo da poter assolvere al proprio obbligo di versamento dei contributi quale sostituto di imposta, anche se ciò comporta l’impossibilità di corrispondere integralmente le retribuzioni.

La sentenza, confermando l’orientamento maggioritario della Corte[1], considera il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali una fattispecie a dolo generico, pertanto ravvisabile ogni qual volta l’imprenditore, «in presenza di una situazione di crisi economica, decida di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario». Da ciò consegue che il fatto che la condotta sia stata necessitata da esigenze di continuità aziendale sia irrilevante per escludere la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, come anche, insufficiente per lo stesso fine è la disciplina civilistica dell’articolo 2777 Codice Civile che impone il pagamento in via prioritaria dei crediti da lavoro dipendente rispetto a quelli erariali e contributivi.

L’impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità, diversamente da quanto affermato in significative ma ancora rare pronunce della stessa Corte[2], non può fungere da scriminante dell’omissione del versamento delle ritenute previdenziali, sotto il profilo dell’assenza di adesione volitiva al fatto delittuoso, in termini di inesigibilità[3] della condotta doverosa omessa quale clausola di esclusione della colpevolezza non positivizzata[4]. Inoltre, altrettanto inidonea ad escludere la colpevolezza sarebbe la particolare ricorrenza di un “conflitto di doveri”[5], nel caso di specie regolato appunto dal Codice Civile che dà preferenza, in termini temporali, al pagamento delle retribuzioni su altri crediti anche erariali o contributivi, ma la norma – l’articolo 2777 Codice Civile – sembra «destinata a rilevare solo nell’ambito delle procedure esecutive e fallimentari, ma non può essere richiamata in contesti nei quali non opera il principio della par condicio creditorum»[6].

Sul punto, diverse pronunce hanno ribadito che «proprio per effetto della previsione di una sanzione penale, l’imprenditore, che per effetto della previsione di tale sanzione ha anche un interesse personale al pagamento delle somme dovute quali contributi previdenziali, non può limitarsi a prendere atto della esistenza di crediti aventi privilegio anteriore e della insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione, ma deve, ove non dichiarato fallito personalmente, provvedere al pagamento delle ritenute con le proprie personali risorse finanziarie»[7]. Invero, a parere della difesa, non solo l’impresa aveva appunto «adottato misure sfavorevoli per il proprio patrimonio personale»[8], ma, «si è trovata nella impossibilità di disporre dei fondi per i pagamenti in questione»[9].

Inoltre, come provata nel giudizio di primo grado, la corresponsione delle retribuzioni era stata, proprio per motivi economici, parziale e tardiva[10], aspetto anch’esso tuttavia ritenuto in appello non idoneo ad escludere il dolo, ma erroneamente, giacché ciò rendeva manifesto, insieme agli altri elementi fattuali dedotti, come l’impresa si era trovata in una condizione di “illiquidità”[11] tale da renderla, pur se inadempiente nel pagamento delle ritenute, non perseguibile penalmente, versando in una condizione di illiquidità incolpevole idonea ad escludere la colpevolezza tipica[12].

Si ripropone, sul punto, una questione ampiamente dibattuta in materia di omesso versamento IVA[13], risultando difficilmente sostenibile, anche in questo caso, una fattispecie che, ignorando il reinvestimento delle somme non versate nell’attività di impresa, per garantire la continuità aziendale, finisca per ritenere necessario e sufficiente l’omesso versamento, senza che sia necessario dimostrare il fine di evadere.

Anche in quest’ambito, come già denunciato con riguardo al delitto di omesso versamento IVA[14], appare non più procrastinabile una modifica normativa tesa a valorizzare come elemento integrativo della fattispecie di reato il deliberato fine dell’elusione erariale contributiva.

 

[1]     Di recente chiaramente espresso anche in Cass. Pen., Sez. IV, sentenza del 13.10.2020 n. 30626.

[2]     Cass. Pen., Sez. III, sentenza 16 ottobre 2019 n. 42522.

[3]     G. Fiandaca – E. Musco, Diritto Penale - Parte generale, Zanichelli Editore, Settima Edizione, pp. 422-427.

[4]     Si veda: https://www.filodiritto.com/omesso-versamento-iva-esimente-della-crisi-di-liquidita-e-assenza-del-fine-di-evadere#_ftn35

[5]     G. Fiandaca – E. Musco, Ibidem.

[6]     S. Schlitzer, https://www.osservatorioreatitributari.it/2020/12/22/crisi-finanziaria-dellimprenditore-le-risorse-disponibili-vanno-ripartite-in-modo-da-soddisfare-gli-obblighi-contributivi-verso-linps-anche-a-costo-di-non-pagare-integralmente-le-re/ .

[7]     Cass. Pen., Sez. III, sentenza del 14 giugno 2011 n. 29616, Cass. Pen., Sez. III, sentenza del 14 aprile 2015 n. 26712.

[8]     Pag. 3 della sentenza in argomento.

[9]     Ibidem.

[10]   Ibidem.

[11]   A. Carotenuto, Illiquidità dell’impresa e dolo nell’articolo 10- bis del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, in Il fisco, n. 33/2005, 5197.

[12]   Tema affrontato in tema della omogena materia dell’omesso versamento IVA in A. Carotenuto, Ibidem.

[13]   Si veda qui: https://www.filodiritto.com/omesso-versamento-iva-esimente-della-crisi-di-liquidita-e-assenza-del-fine-di-evadere

[14]   Ibidem.