PNRR e potere sostitutivo statale: nuovo accentramento statale e governance multilivello
PNRR e potere sostitutivo statale: nuovo accentramento statale e governance multilivello
Indice
2) Il piano di RRF ed i principi di sussidiarietà e proporzionalità
3) La base giuridica del piano di RRF
4) IL potere sostitutivo delineato dall’articolo 12 del decreto-legge 77/2021.
5) I limiti del potere sostitutivo nel quadro Regolamentare del RFF
6) ll Recovery fund e le implicite modifiche ordinamentali
7) Conclusioni
Abstract
Le sfide poste dalla situazione pandemica hanno portato alla necessità di affrontare un nuovo contesto che imponga non la ripetizione di vecchi schemi ma la capacità di innovazione e integrazione anche di strumenti come il potere sostitutivo. L’attuazione del PNRR è quindi subordinata all’individuazione di meccanismi di semplificazione delle attività degli enti territoriali considerati nel loro complesso e alla contestuale necessità di individuare misure specifiche per risolvere le difficili situazioni dei singoli territori. Monitorando le esperienze dei Fondi Strutturali, ad esempio, è possibile individuare i contesti territoriali in cui l’andamento della spesa è tradizionalmente più lento per focalizzarsi immediatamente su possibili interventi per monitorare il proprio intervento e individuare strumenti per favorire l’uso efficace e tempestivo delle risorse. L’analisi dei Fondi strutturali mostra che all’interno delle stesse regioni vi sono cluster in cui l’andamento della spesa è stato più avanzato rispetto alle situazioni in cui il ritardo è preoccupante. Per questo motivo, non sembra possibile replicare vecchi modelli di esercizio del potere sostitutivo statale ma è necessario individuare soluzioni che trovino gli strumenti normativi più adatti nell’approccio sussidiario e multilivello basato sull’azione dell’Unione Europea.
Abstract
The challenges posed by the pandemic situation has led to the need to deal with a new context that imposes not the repetition of old patterns but the capacity for innovation and integration also of tools such as substitute power. The implementation of the PNRR is therefore subject to the identification of mechanisms for simplifying the activities of the territorial authorities considered as a whole and to the simultaneous need to identify specific measures to resolve the difficult situations of individual territories. By monitoring the experiences of the Structural Funds, for example, it is possible to identify the territorial contexts in which the progress of expenditure is traditionally slower in order to focus immediately on possible interventions to monitor their intervention and identify tools to promote the effective and timely use of resources. The analysis of the Structural Funds shows that within the same regions there are clusters in which the progress of expenditure was more advanced than in situations where the delay is worrying. For this reason, it does not seem possible to replicate old models of exercise of state substitutive power but it is necessary to identify solutions that find the most suitable regulatory solutions in the subsidiary and multilevel approach based on the action of the European Union.
1. Premessa
L’Unione Europea ha affrontato l’emergenza pandemica attraverso il ricorso a mezzi ordinari e straordinari ma sempre nell’ambito del quadro normativo delineato nei trattati.
A fronte di un’emergenza globale, il tessuto normativo dell’Unione non solo ha tenuto ma ha dimostrato una capacità di resistenza e adattamento particolari in virtù dei principi in cui si articola la distribuzione dei poteri della comunità.
Il programma Next Generation EU (NGEU), di cui fanno parte il Recovery and Resilience Facility (RRF) e altri dispositivi nuovi o già esistenti (ReactEU, InvestEU e Just Transition Fund), ha rappresentato l’intervento più ingente e innovativo sotto il profilo delle risorse coinvolte, delle condizionalità di accesso e delle modalità di finanziamento. Next Generation è quindi un programma di finanziamenti finalizzati al sostegno della ripresa economica nei paesi dell’Unione, con una dotazione di risorse, garantite dall’Unione europea, per un importo complessivo di 806,9 miliardi a prezzi correnti (750 miliardi a prezzi del 2018) da utilizzare nel periodo 2021-2026.
L’accesso alle risorse è, tuttavia, subordinato al rispetto di precise condizionalità articolate su tre livelli:
- il perseguimento di obiettivi comuni a livello europeo in termini di sostenibilità ambientale e transizione digitale,
- l’adozione di riforme volte a corrispondere alle raccomandazioni del Consiglio specifiche per paese e
- la programmazione e rendicontazione delle risorse secondo obiettivi di performance oltre che di spesa.
La finalità del RRF è quello di "promuovere l’obiettivo economico, sociale e territoriale dell’Unione coesione’ rafforzandone la resilienza, la preparazione alle crisi e la capacità di aggiustamento, promuovendo le pari opportunità, in particolare tra uomini e donne, nonché sostenendo le transizioni verde e digitale – la cosiddetta "transizione gemella". L’obiettivo è fornire agli Stati membri opportunità e finanziamenti per elaborare e promuovere un nuovo modello di sviluppo più sostenibile per il futuro delle nuove Generazioni.
Dal punto di vista procedurale il Regolamento definitivo del RRF è stato approvato dal Parlamento europeo il 10 febbraio 2021, ed è stato adottato dal Consiglio europeo due giorni dopo e, successivamente, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 18 febbraio come Regolamento (UE) 2021/241. Seguendo le disposizioni del regolamento citato e le linee guida della Commissione[1] il legislatore italiano ha previsto un sistema di governance del PNNR[2] in cui la responsabilità di indirizzo è attribuita alla Presidenza del Consiglio dei ministri (PCM), mentre quella di controllo e rendicontazione è affidata al Ministero dell’economia e delle finanze. Infine, in tale articolazione multilivello l’attuazione degli interventi è affidata alle Amministrazioni centrali e locali e agli altri enti preposti.
2. Il piano di RRF ed i principi di sussidiarietà e proporzionalità
I principi di attribuzione, proporzionalità e sussidiarietà hanno fornito la base giuridica necessaria per introdurre risposte efficaci e adeguate al fine di supportare i paesi membri nell’affrontare gli aspetti emergenziali della pandemia.
Durante la pandemia il ricorso ai fondi strutturali delineato per fornire risposte di lungo periodo ha permesso di fornire risposte in tempi brevi e coperture finanziarie importanti per i provvedimenti di emergenza. La tempestività dell’azione è stata garantita comunque dal ricorso ai poteri (anche impliciti) secondo quanto delineato nell’articolo 5 del trattato sui principi della comunità.
Gli stessi scostamenti di bilancio in deficit a cui hanno fatto ricorso molti paesi trovano fondamento proprio nelle disposizioni dei trattati. La rimodulazione degli articoli 81 e 97 della costituzione operata con la legge 243/2021 e con la legge costituzione l. 1 n 2012 ha permesso di ricorrere al deficit proprio perché la possibilità di scostamenti di bilancio era prevista nel Fiscal Compact. In quei casi eccezionali contemplati dal Fiscal Compact – e recepiti dall’art. 81 Cost. e dalla l. n. 243/2012[3] il sistema di rigido controllo sui conti pubblici può tranquillamente allentarsi ed ammettere scostamenti. La stessa Commissione, nella sua risposta all’Italia del 6 marzo, ha infatti dichiarato che “il quadro delle regole di bilancio contiene gli elementi di flessibilità necessari ad affrontare gli eventi eccezionali al di fuori del controllo del governo, pur nell’ambito del mantenimento delle condizioni di sostenibilità della finanza pubblica.”.
La tenuta del sistema trae le sue giustificazioni da un impianto ordinamentale basato sul principio di sussidiarietà che si presta a modulare l’azione della comunità a seconda delle esigenze permettendo una flessibilità d’azione e l’attivazione un coinvolgimento dei livelli di governo più idonei a rispondere ad una precisa entità e minaccia.
Non è pertanto un caso che il parlamento spagnolo[4] a fronte dell’emergente necessità di un’azione diretta della comunità anche in ambiti di competenza statale si sia espresso sulla compatibilità della proposta di regolamento sul Recovery Fund con il principio di sussidiarietà[5]. Il protocollo addizionale[6] sul principio di sussidiarietà ha, infatti, stabilito un procedimento di controllo da parte dei parlamenti nazionali sul rispetto del principio da parte delle iniziative legislative europee.
Tale procedura prevede che ogni il parlamento nazionale può entro otto settimane dalla ricezione della proposta legislativa della Commissione, inviare ai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione un parere motivato che espone le ragioni per le quali ritiene che il progetto in causa non sia conforme al principio di sussidiarietà. Nel caso di specie l’intervento spagnolo sembra aver avuto la funzione di riaffermare e avvallare la scelta della Commissione circa la compatibilità del principio con l’intervento europeo. Il meccanismo adottabile per evidenziare lesioni del principio di sussidiarietà è stato in qualche modo utilizzato per ribadire la compatibilità dell’intervento con il principio stesso.
Nella deliberazione parlamentare testualmente si precisa che “l’esame del rispetto del principio di sussidiarietà da parte della presente proposta deve limitarsi a valutare se gli obiettivi possono essere raggiunti dagli Stati membri. In particolare, se gli Stati membri possano conseguire l’obiettivo di accompagnare i territori hanno subito un profondo impatto sanitario, economico e sociale dopo la crisi. La crisi del Covid-19 ha dimostrato che la crisi viene prima di tutto e che avrà un impatto sui cittadini, sulle economie e sulle società nel loro complesso nell’Unione Europeo. Oggi le economie sono interconnesse, dipendono l’una dall’altra, e quindi non è realistico pensare che questo compito, quello di ricostruire i paesi separatamente, è possibile realizzarlo senza coordinamento e una chiara azione di dimensione comune europeo. Indubbiamente, quindi, l’obiettivo della proposta, che è fondamentalmente la riattivazione dell’economia europea nel suo insieme, ha logicamente una dimensione comune nella risposta che non può che essere di natura europea, congiunta, coordinata, e che consentire una soluzione comune alla crisi attuata nel tempo da tutti i paesi. Una risposta nazionale sarebbe una sciocchezza oggi, dal momento che questa crisi non ha precedenti, a causa dell’effetto sull’insieme e allo stesso tempo perché ha toccato, direttamente o indirettamente, a tutti i paesi dell’Unione del Covid-19, una situazione senza precedenti nella storia europea”.
Pertanto, alla fine di questo percorso motivazionale il parere spagnolo si conclude riaffermando che “la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza è conforme al principio di sussidiarietà sancita dall’attuale trattato sull’Unione europea[7]”.
Al di là della valenza politica del parere del parlamento spagnolo risulta chiaro come il principio di sussidiarietà non solo legittimi a monte l’intervento comunitario ma che ne condizioni necessariamente la successiva implementazione. La motivazione del Parlamento spagnolo è poi conforme alla giurisprudenza della corte di giustizia europea che in merito al principio di sussidiarietà “nelle sue sentenze relative alle cause C-84/94 e C-233/94, ha stabilito che il rispetto del principio figura tra le circostanze soggette all’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296 TFUE. Tale obbligo è già soddisfatto quando il rispetto del principio si evince dall’insieme dei considerando. In una sentenza più recente (causa C-547/14, Philipp Morris, punto 218), la Corte ha ribadito che essa deve verificare "se il legislatore dell’Unione poteva ritenere, sulla base di elementi circostanziati, che l’obiettivo perseguito dall’azione considerata potesse essere meglio realizzato a livello dell’Unione". Per quanto riguarda le garanzie procedurali e, in particolare, l’obbligo di motivazione in ordine alla sussidiarietà, la Corte ha ricordato che il rispetto di tale obbligo "deve essere valutato non soltanto con riferimento alla lettera dell’atto contestato, ma anche del suo contesto e delle circostanze del caso di specie"[8].
Pertanto, diventa premessa ineludibile la previsione di un livello di condivisione ampio per identificare le strategie da intraprendere nell’ambito della riposta alla pandemia attraversa trasversalmente tutti i sistemi di Governance introdotti dai paesi europei anche se con diverse modalità. Tuttavia, così come già avvenuto per quanto riguarda gli obblighi intrapresi dagli stati membri nell’ambito del fiscal compact la precisa individuazione dei livelli di compartecipazione e delle conseguenti responsabilità legata all’implementazione del PNRR è oggetto di dibattito in considerazione dei diversi apporti e dei diversi soggetti chiamati a concorrervi.
Tuttavia, la base giuridica del RFF non legittima la sola fase ascendente di programmazione del regolamento 241/2021 ma necessariamente deve interessare anche le modalità di gestione e monitoraggio del PNRR e le vare interrelazioni tra amministrazioni centrali e locali chiamate all’implementazione.
A questo proposito appare fondamentale ricercare i fondamenti del RFF a livello comunitario per poi verificare il livello di coerenza che il sistema ha mantenuto per quanto riguarda l’effettiva implementazione dei piani nazioni nazionali.
3. La base giuridica del Recovery and Resilience facility
Nella proposta di regolamento effettuata dalla Commissione al Parlamento Europeo per disciplinare l’intervento del “Recovery and Resilience Facility” le basi giuridiche del progetto vengono identificate nell’articolo 175, terzo paragrafo del TFUE e nei principi di sussidiarietà e proporzionalità. L’articolo citato prevede che nell’ambito della politica economica dell’unione “le azioni specifiche necessarie al di fuori dei Fondi, fatte salve le misure decise nell’ambito delle altre politiche dell’Unione, possano essere adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio, che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni”.
Nello specifico lo strumento regolatorio del RRF (Recovery Resilience Facility) viene considerato in linea con l’articolo 175 in ragione dell’intrinseca finalità diretta a rafforzare la coesione attraverso misure che permettono agli stati membri di avviare un processo di ricostruzione resilienza dopo la crisi legata alla pandemia. La previsione dell’impiego dei fondi del RFF è a giudizio della Commissione e come si legge nell’explanatory memorandum[9] rispettosa del principio di sussidiarietà e del principio del valore aggiunto/addizionale del valore a giudizio della Commissione giacché i finanziamenti previsti vengono a concentrarsi su attività i cui obiettivi non possono esser sufficientemente raggiunti dagli stati membri e dove si ritiene che l’intervento dell’unione porti un valore aggiuntivo/addizionale rispetto a quanto potrebbe essere realizzato dal singolo stato membro.
La logica del RRF si basa su un’attivazione volontaria da parte dei singoli membri che possono decidere se l’azione dell’unione è necessaria alla luce delle possibili disponibilità a livello regionale nazionale o locale. L’azione dell’unione è quindi necessaria per coordinare una forte risposta alla pandemia e per mitigare gli effetti della crisi economica conseguente.
Per quanto riguarda il principio di proporzionalità la Commissione ha sottolineato come l’azione del Recovery europea non vada oltre il minimo richiesto per raggiungere gli obbiettivi previsti a livello europeo implementando solo quello che è necessario per raggiungere le finalità dell’intervento. Inoltre, proprio il carattere volontario dell’intervento e la natura consensuale e cooperativa dello stesso caratterizzando l’intera procedura costituiscono un addizionale garanzia per il rispetto del principio di proporzionalità e diventano modalità per accrescere la fiducia tra Commissione e stati membri. Per quanto riguarda la scelta dei mezzi di intervento la Commissione ha chiarito come l’obiettivo non possa essere raggiunto attraverso lo strumento dell’armonizzazione o attraverso un’azione del singolo stato membro non coordinata.
Solo lo strumento regolamentare si presta ad una distribuzione dei fondi. In altri termini nell’illustrare la proposta di regolamento la Commissione fa riferimento al test di necessità ed al [10]principio del valore addizionale dell’intervento dell’Unione per provare la compatibilità del regolamento con il principio di sussidiarietà. Tuttavia, nel corso dell’illustrazione del rapporto il ricorso al principio d’attribuzione ed al principio dei poteri impliciti come elementi costitutivi dell’intervento sembra essere sottinteso. La Commissione esplicitamente cita il principio di sussidiarietà e quello di proporzionalità come elementi legittimanti l’intervento e l’articolo 175 TFUE, invece, viene menzionato per qualificare la natura degli interessi che giustificano un determinato intervento di politica economica.
La compatibilità dell’intervento con il principio di sussidiarietà è comunque stato oggetto anche di una pronuncia specifica del parlamento spagnolo che si è pronunciato sulla compatibilità dell’intervento con l’articolo 5. La già citata pronuncia è tanto più importante qualora si consideri che la motivazione sulla compatibilità del principio con l’emanando regolamento è stata oggetto non di preventive ordinarie consultazioni ma motivata contestualmente alla sua presentazione in applicazione dell’articolo 2 del Protocollo addizionale (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità[11].
In un contesto emergenziale, la pronuncia del Parlamento spagnolo[12] ha in pratica contribuito a legittimare e riconoscere il tipo di intervento adottato dalla Commissione anche alla luce di quanto stabilito dall’articolo 6 del Protocollo[13]. Per questo motivo nell’ambito della procedura di approvazione del Regolamento il pronunciamento spagnolo acquista particolare valore e rilevanza perché rappresenta il contributo specifico sul punto nell’ambito degli interventi che hanno visto i parlamenti degli stati nazionali pronunciarsi sulla proposta del meccanismo del RRF.
Si può tuttavia rilevare come nell’ambito di un quadro ordinamentale europeo definito l’attuazione del principio nell’ambito della fase applicativa del regolamento è stata rimessa ai singoli stati. Proprio in considerazione di tale necessaria conseguenza della natura e del significato del principio non sembra essere un caso che in sede consultiva il Comitato delle regioni[14], abbia lamentato un differente grado di coinvolgimento[15] delle varie autorità locali nei diversi stati membri e proposto alcuni emendamenti correttivi per rendere più efficiente e rispettosa delle prerogative degli enti i locali la realizzazione del PNRR.
Tra questi emendamenti proposti dal Comitato delle regioni si può segnalare la proposta in cui si sottolinea che[16] “al fine di garantire la corretta attuazione del piano e quindi un adeguato utilizzo dei fondi del RRF, gli Stati membri, in stretta cooperazione con gli enti locali e regionali, ove applicabile, possono facilitare la creazione e/o l’estensione della capacità amministrativa degli enti locali e regionali al fine di conseguire un uso efficiente dei fondi pubblici sviluppando e sostenendo congiuntamente meccanismi di coordinamento delle politiche di cooperazione, trasferimento di informazioni e programmi di formazione specifici e continui”.
Tale posizione però nell’ambito dell’ordinamento italiano trova conferma nel documento della Conferenza delle Regioni del 28 maggio in cui a proposito del decreto legge 77/2021 si afferma che il testo presenta criticità in ordina alla compatibilità costituzionale delle norme introdotte. Non può non ritenersi che lo sviluppo economico e sociale dei territori sia in maniera indiscutibile attribuito alla competenza delle regioni e delle province autonome e in questo testo esse sono di fatto escluse da tutti i meccanismi decisionali e dalle sedi più rilevanti, peraltro in assoluto contrasto con quanto precisato dall’ Unione Europea che ha rilevato la necessità di una governance multilivello dei piani nazionali. [17]
Pertanto, già nella definizione del processo ascendente si auspicava in sede europea un esercizio dei poteri di allocazione delle risorse e di scelta dei progetti che coinvolgesse in modo diretto le autonomie. Ad un anno dall’approvazione del regolamento 241/21 nella mozione del parlamento europeo REPORT on the implementation of the Recovery and Resilience Facility (2021/2251(INI)) [18] si esprime rammarico riguardo al fatto che in tutti gli Stati membri, le autorità locali e regionali, le organizzazioni della società civile, le parti sociali, il mondo accademico o altre parti interessate non siano state sufficientemente coinvolte nell’elaborazione e nell’attuazione dei NRRP, conformemente al quadro giuridico nazionale, e chiede il loro coinvolgimento, sulla base di principi chiari e trasparenti, nell’attuazione dei NRRP nella massima misura possibile ai sensi della legislazione nazionale. “
Nell’ambito della medesima iniziativa, in attesa di discussione, nella propria opinione[19] il comitato per gli affari costituzionali del Comitato delle ha sottolineato “la necessità di coinvolgere in maniera efficiente nel processo di attuazione e monitoraggio del RRF la più ampia gamma di parti interessate, comprese le organizzazioni locali e regionali, le parti sociali e le ONG”.
L’auspicato coinvolgimento[20] del sistema delle autonomie[21] nell’attività di monitoraggio del RFF’ non avrebbe senso qualora gli enti locali non potessero partecipare all’individuazione delle soluzioni ai problemi e ai ritardi riscontrati con l’attività di controllo. Per questa via risulta chiaro come l’esercizio del potere sostitutivo come esclusiva prerogativa statale pare di fatto perdere centralità acquistando sempre di più le caratteristiche di una potestà condivisa. Tanto più che il sistema procedurale seguito per il RRF è modellato sullo schema d’azione dei fondi strutturali che come segnalato più volte nei vari documenti e degli emendamenti del comitato invece è basato sul coinvolgimento effettivo del sistema delle autonomie nello svolgimento delle attività di monitoraggio.
4. Il potere sostitutivo delineato dall’articolo 12 del decreto-legge 77/2021
L’articolo 12 del decreto 77/21 [22] disciplina le modalità dell’intervento sostitutivo statale qualora l’ente attuatore risulti inadempiente.
La procedura è diretta a identificare le omissioni e i ritardi e a delineare un procedimento di messa in mora dell’ente locale con il conseguente automatico intervento statale in causa di perdurante inerzia della questione che blocca l’intervento proposto dal PNRR. L’intervento è adottato dal presidente del Consiglio dei ministri su proposta della cabina di regia o del Ministro competente. L’esercizio del potere è subordinato ad un vero e proprio atto di diffida ad eseguire gli atti di propria competenza entro 30 giorni allo scadere dei quali si prevede la nomina dei commissari ad acta al fine di rispettare i target e milestone previsti dal RFF.
L’ampiezza di tale potere sostitutivo è stato criticato in dottrina in quanto ritenuto lesivo del riparto di competenze legislativamente e amministrativamente previsto. Vien messa in discussione l’indeterminatezza dei casi in cui il meccanismo possa essere attivato temendo probabilmente che la mancata indicazione tassativa delle condizioni abilitanti l’esercizio possa autorizzare un abnorme uso della prerogativa statale[23].
Strumento utilizzabile sia in un’ottica di progressivo accentramento statale che, come elemento di garanzia per rispettare il principio di collaborazione tra stato e regioni, il potere sostitutivo può essere ascrivibile all’una o l’altra finalità a seconda delle modalità procedurali con cui viene concretamente designato.
È chiaro però che l’attuale situazione depone per un meccanismo diretto a garantire l’effettiva realizzazione della politica economica europea in una condivisa dimensione comunitaria. Nell’attuale contesto il meccanismo non sembrerebbe essere ascrivibile immediatamente all’interesse nazionale ma ad un interesse comunitario condiviso che al massimo deve rispondere alla logica di una governance multilivello completa che interessi tutte le componenti dell’unione secondo il principio di sussidiarietà. Tutto ciò perché a prescindere dai riferimenti dell’ordinamento nazionale al preminente interesse nazionale l’attuazione del RRF comporta di fatto una partecipazione e responsabilità condivisa nella realizzazione degli obiettivi di tutte le componenti dell’Unione.
5. I limiti del potere sostitutivo nel quadro Regolamentare del RFF
Come già accennato sopra, il decreto 77/2021 individua nell’esercizio del potere sostituivo il mezzo per superare le difficoltà applicative del RRF. Tuttavia, seppur ad una sommaria ed iniziale valutazione la previsione dell’articolo 12 sembrerebbe affidarsi ad una visione del potere sostitutivo non conforme alla base giuridica che caratterizza l’ordinamento europeo né alle evidenze fattuali ed alle reali esigenze del RFF.
Dal punto di vista giuridico il RRF come visto sopra, si basa sul principio dell’effetto utile addizionale e sul principio di sussidiarietà. Su queste basi un intervento sostitutivo non può non tener conto di tali principi. È nota la questione relativa alla diversa portata del principio di sussidiarietà nell’ambito delle fonti europee e di quelle del singolo stato membro. Tuttavia, il regolamento comunitario influenza il procedimento italiano conformandolo tanto da costituire una sorta di trasposizione delle procedure europee dei fondi strutturali in una procedura “interna che delineata sulla falsariga di quella utilizzata per i fondi strutturai rientra a pieno titolo nell’ordinamento italiano”.
La stessa attuazione del regolamento non vede il singolo stato membro come unico destinatario delle regolamentazioni giacché per fare un esempio la stessa ripartizione dei progetti a titolarità e di quelli a regia implica che alcuni interventi disciplinati dal regolamento 241/21 rientrano nella competenza esclusiva delle autorità centrali, mentre quelli a regia richiedono l’azione condivisa degli enti centrali e territoriali. Nell’ambito di tale rapporto tra enti disciplinato dal regolamento che si rifà espressamente al principio di sussidiarietà l’attuazione de meccanismi di coordinamento tra gli attori coinvolti non può che avere come fonte e criterio il principio del valore utile e quello già richiamato dell’articolo 5 terzo paragrafo del trattato sull’unione europea. Pertanto, il potere sostitutivo prefigurato sembrerebbe dover essere interpretato, tarato e attuato secondo i principi comunitari di cui in ultima analisi è strumento per renderne effettiva l’attuazione.
Dall’applicazione in questi termini del principio scaturirebbero almeno due effetti. Il potere sostitutivo di competenza statale non dovrebbe essere automatico ma solo eventuale esercitabile cioè dopo che sia stata effettuata un’attenta verifica dell’effettivo valore aggiunto di una effettiva sostituzione del potere statale a quello locale. Il carattere non automatico ed ineluttabile dell’esercizio del potere sostitutivo presuppone in alternativa di disegnare l’esercizio di tale attività attraverso nuovi moduli concertativi con il coinvolgimento diretto del sistema degli enti locali che potrebbe cioè intervenire in sostituzione dell’ente locale inadempiente nel caso di ritardi del PNRR. In assenza di prova certa riguardo alla reale efficacia dell’intervento statale solo tale tipo di soluzione sembrerebbe in linea con il principio di sussidiarietà.
A questo proposito si rileva come Il Comitato delle Regioni abbia espressamente proposto un emendamento[24] “in cui si invitava la Commissione europea a consultare regolarmente gli Stati membri e le regioni e a garantire che tutti i requisiti e i principi, in particolare i principi di sussidiarietà e di governance multilivello, siano rispettati il più fedelmente possibile nell’attuazione dei PNRRP e fungano da punto di riferimento nelle discussioni sulle relazioni semestrali sui progressi compiuti.”.
Inoltre, nel rapporto realizzato dalla Commissione per la politica economica del comitato delle regioni avente ad oggetto l’analisi comparativa dei vari piani nazionali è stato sottolineato come la mancanza di coinvolgimento del sistema delle autonomie locali nella definizione dei piani abbia rappresentato un arretramento nel processo di decentralizzazione iniziato da più di trent’anni[25]. In linea generale, il rapporto evidenzia come in maniera paradossale la mancanza di effettivo coinvolgimento del sistema delle autonomie locali abbia interessato i paesi con un certo grado decentralizzazione come “Germania Spagna e Italia “mentre in paesi come la Romania la Polonia si sia invece registrato un reale intervento concertato con gli enti territoriali. Pertanto, il mancato coinvolgimento del sistema delle autonomie non sembra dipendere dall’assetto istituzionale ma piuttosto da motivazioni più politiche e temporanee che sembrano disconoscere i progressi in tema di decentramento effettuati dagli ordinamenti citati. Sempre secondo il rapporto il rischio[26] è quello di un riaccentramento dei poteri nella definizione e implementazione dei PNRR con una violazione o mancata applicazione del principio di sussidiarietà.
Inoltre, anche da un punto di vista meramente fattuale si può rilevare come all’accentramento dell’organo decisionale non corrisponde la necessaria riunificazione in capo ad unico soggetto di tutte le funzioni e competenze necessarie allo svolgimento degli interventi del PNRR. Il ricorso automatico a tale tipo di potere non sembra perciò rispondere al principio del valore addizionale/ aggiunto in merito alla qualità dell’intervento statale e al principio di sussidiarietà non paiono essere soddisfacenti. La deliberazione n. 18 ottobre del 2021 n 172021/G della Corte dei conti avente “ad oggetto gli interventi delle amministrazioni statali per la mitigazione del rischio idrogeologico ha messo in evidenza come le numerose strutture di indirizzo gestione e coordinamento, nel corso del tempo istituite non abbiano contribuito finora in maniera determinate ad effettuare il necessario cambio di passo verso una gestione ordinaria ed efficace del contrasto al dissesto”.
La Corte individua una delle cause della situazione nel cattivo funzionamento delle gestioni commissariali specificando che “tra le molte cause dell’inefficacia del sistema si aggiunge la complessità delle procedure e più in particolare i tempi di progettazione e approvazione dei progetti in capo ai Commissari straordinari/Presidenti delle Regioni. Dal punto di vista della governance, l’attribuzione della responsabilità dell’attuazione degli interventi ai Commissari straordinari/Presidenti delle Regioni non sembra aver consentito di raggiungere i risultati auspicati, anche a causa della carenza di strutture tecniche dedicate all’attuazione degli interventi”[27].
Per quanto riguarda la soluzione di tali problematiche la deliberazione della corte specifica “che sul fronte della Governance, occorre semplificare le strutture e i processi decisionali, riducendo i tempi concertativi e attribuendo compiti e responsabilità specifiche alle strutture coinvolte, siano esse di coordinamento che di attuazione. La governance adottata fino ad oggi per contrastare il dissesto idrogeologico ha mostrato tutte le debolezze esposte nel capitolo ad essa dedicato, evidenziando che il numero di strutture nazionali e locali coinvolte non ha prodotto l’accelerazione né della spesa né degli interventi e ha frammentato i processi decisionali e le relative responsabilità. L’introduzione del nuovo assetto organizzativo di governo del PNRR dovrà contribuire a superare tale criticità, semplificando le strutture e le procedure di attuazione”.
In una tale situazione il ricorso ad un potere sostitutivo delineato per un diverso contesto storico e per lo più diretto ad essere una sorta di clausola di salvaguardia a fronte di possibili frizioni tra stato centrale e sistema delle autonomie non può prestarsi a risolvere problemi per lo più attuativi legati alla tempestiva progettazione e realizzazione di opere su cui almeno formalmente esiste l’accordo di tutte le componenti della Repubblica realizzatosi con l’approvazione del PNNR.
La previsione del potere sostitutivo nei termini “tralatizi” del decreto 77/2021 sembra allo stato rientrare più tra gli elementi svolgenti una funzione general preventiva di ammonizione che una reale strumento per superare i problemi concreti legati all’attuazione degli interventi. Altro aspetto rilevante sotteso alla rappresentazione del ricorso al potere sostitutivo nei termini sopra descritti è la generale sottovalutazione del contesto. In altri termini richiamare il potere sostitutivo nei confronti del singolo ente impedisce, invece di considerare i problemi di realizzazione sistema che non riguardano il singolo ente ma piuttosto riguardano una particolare area territoriale o una particolare tematica.
Tutto ciò comporta non la rinuncia al potere sostitutivo ma la ricerca di modalità diverse semplificate ed efficaci in cui semplicemente all’inerzia/impotenza del singolo ente nella realizzazione di un intervento non si sostituisca semplicemente l’inerzia/impotenza di un organo sovraordinato. In questo senso la posizione del comitato delle regioni circa la necessità di creare nell’ambito di una efficiente implementazione del RFF meccanismi per il coordinamento delle politiche la cooperazione e il trasferimento delle informazioni tra stati membri e regioni non sembra non solo attuale ma necessaria[28]. In fine si può segnalare come le difficolta di individuare un innovativo ed efficace meccanismo di sostituzione che sia realmente efficace e non avvertito/considerato dal sistema delle autonomie come oppressivo delle proprie prerogative costituzionale sembra in qualche modo “preconizzato” dallo stesso rapporto sull’attuazione del PNRR[29] quando si osservava che “poiché i principi della governance multilivello e del partenariato non erano intrinseci elementi della preparazione NRRP, c’era un interesse limitato per la condivisione soluzioni di gestione tra i livelli di governo”.
6. Il Recovery fund e le implicite modifiche ordinamentali
Delineato sinteticamente il contesto e rappresentate le motivazioni formali e sostanziali che giustificano una possibile reinterpretazione del potere sostitutivo occorre accennare agli effetti impliciti che l’approvazione del regolamento 241/2021 ha su alcuni aspetti procedimentali dell’ordinamento italiano.
Originatosi come trasposizione dei regolamenti adottati dall’Unione per la gestione dei fondi strutturali il 241/2021 si innesta nell’ambito dei procedimenti amministrativi italiani conformandoli sulle modalità operative proprie della comunità. A fronte di tale tendenza restano alcuni riferimenti alla capacità dei singoli stati di determinare le modalità di attuazione di alcuni aspetti del Recovery. Tuttavia, tale linea di tendenza sembrerebbe poter essere necessariamente assorbita dalla prima in virtù delle necessita di attuare il programma il più tempestivamente possibile. Per quanto riguarda il sistema dei controlli l’articolo 22 del regolamento Ue 2021/241, rubricato tutela degli interessi finanziari dell’Unione prevede che gli stati membri si dotino di un sistema di controllo interno efficace ed efficiente anche facendo affidamento sui loro normali sistemi nazionali di gestione del bilancio anche facendo affidamento sui loro normali sistemi nazionali di gestione del bilancio[30].
Ai fini della presente trattazione però la rimodulazione dei controlli testimonia con l’attuazione del Regolamento 241/2021 comporti modifiche all’ordinamento non sistematiche e comunque implicite la cui portata ed effetti in futuro non sono chiari. Quello che sembra apparire è comunque un’interpretazione unitaria degli istituti che comporta un maggiore livello di interconnessione tra ordinamento italiano ed europeo tanto da omogenizzazione dei contenuti e criteri d’applicazione.
In questo senso anche la l’interpretazione che legittimi l’applicazione del principio di sussidiarietà e dell’effetto addizionale utile solo nella fase ascendente della recovery e solo nei rapporti tra unione estati meriterebbe si essere riconsiderata. Nel regolamento che istituisce il dispositivo per la ripresa e resilienza si afferma[31] “che le autorità regionali e locali o essere partner importanti nell’attuazione delle riforme e degli investimenti. A tale riguardo esse dovrebbero essere adeguatamente consultate e coinvolte conformemente al quadro giuridico nazionale”. Tuttavia, il quadro giuridico nazionale è fortemente conformato dal regolamento stesso anzi dalla gestione delle risorse ai meccanismi di progettazione e monitoraggio finanche all’individuazione e gerarchia delle fonti per cui non può interpretarsi il secondo senza far riferimento al primo. Conseguentemente, qualsiasi applicazione del potere sostitutivo sembra doversi necessariamente adattare all’interno del quadro comunitario con l’applicazione, per esempio, del principio dell’effetto utile o addizionale come corollario del principio di sussidiarietà.
Questo processo d’osmosi se non di stretta integrazione tra gli ordinamenti sembra essere testimoniato anche dall’inserimento di altri istituti propri dei fondi strutturali nelle modalità di attività a cui è chiamata l’amministrazione nella realizzazione del recovery plan. Infatti, ai sensi di quanto disposto dall’art. 8 del decreto legge n. 77/2021, convertito con legge n. 108/2021, “ciascuna Amministrazione centrale titolare di interventi previsti nel PNRR è tenuta a provvedere al coordinamento delle relative attività di gestione, nonché al monitoraggio, rendicontazione e controllo degli investimenti e riforme di pertinenza, in tale ottica, dovrà quindi dotarsi di un adeguato sistema di gestione e controllo, con l’inclusione di misure finalizzate alla prevenzione, l’individuazione e la rettifica delle frodi, dei casi di corruzione e dei conflitti di interessi e della duplicazione dei finanziamenti[32]”
Il sistema di controllo e gestione deve quindi descrivere i procedimenti e le attività il tipo di monitoraggio che l’amministrazione nell’ambito dell’esercizio della propria discrezionalità intende attuare per implementare la recovery. Tuttavia, mentre nell’ambito dei fondi strutturali il sistema di controllo e gestione trovava fondamento diretto nei regolamenti relativi la trasposizione di tale modello attraverso la norma italiana citata implicherà necessariamente la necessità di definirne la qualificazione nell’ambito delle fonti proprio per valutare gli effetti di una incompleta attuazione o di una violazione delle prescrizioni del sistema stesso. L’inserimento di tale istituto, quindi, comporta necessariamente l’inquadramento dello stesso nell’ambito dell’ordinamento e dovrà comunque avvenire alla luce dei principi comunitari indipendentemente dal fatto che allo stato è previsto per la recovery da una normativa italiana completando quel processo di osmosi che non può non interessare anche le modalità di elaborazione dell’esercizio del potere sostitutivo.
7. Conclusioni
Affrontare le sfide poste dalla situazione pandemica ha comportato la necessità di confrontarsi con un nuovo contesto che impone non la ripetizione di vecchi schemi ma la capacità di innovazione ed integrazione anche di strumenti come il potere sostitutivo.
L’attuazione del PNRR è quindi subordinata all’individuazione di meccanismi di semplificazione dell’attività degli enti territoriali complessivamente considerati ed alla contestuale necessità di individuare specifiche misure per risolvere le situazioni di difficoltà dei territori singoli. Dal monitoraggio delle esperienze dei fondi strutturali, per esempio, è possibile individuare i contesti territoriali in cui l’avanzamento della spesa è tradizionalmente più lento per focalizzarsi da subito sugli interventi possibili per monitorarne l’intervento e individuare strumenti per promuover l’effettivo e tempestivo utilizzo delle risorse.
Nell’ambito dell’analisi dei fondi strutturali emerge che all’interno delle stesse regioni esistono cluster in cui l’avanzamento della spesa era più avanzato rispetto a situazioni in cui invece il ritardo è preoccupante.
Qualsiasi intervento deve basarsi sull’analisi e valutazione di questa situazione del loro contesto amministrativo e gestionale al fine di ricercare le modalità per intervenire tempestivamente. Il ricorso a forme di concertazione e collaborazione tra enti locali anche nell’implementazione e definizione delle procedure del PNRR potrebbe essere utile.
La stessa realizzazione del meccanismo di sostituzione prefigurato nell’articolo 12 del DL 77/21 sembrerebbe avere la necessità di ulteriori specifiche al fine di garantire la tempestività dell’azione sostitutiva. La sostituzione dell’ente territoriale è prefigurata come strumento in casi di ritardi ma tuttavia non è specificato come in pratica l’intervento dovrebbe essere realizzato. Probabilmente l’individuazione di enti virtuosi che possano “sostituirsi” o meglio “affiancare” nella progettazione o esecuzione degli interventi potrebbe essere opportuna. La prefigurazione di situazione in cui l’ente locale sprovvisto di specifiche competenze si avvalga dell’apparato amministrativo dell’ente che per lo stesso PNRR si trova in una situazione migliore potrebbe essere possibile. Inoltre, la definizione di un albo di enti che possano essere individuati come attuatori del PNRR in funzione sussidiaria e ausiliaria potrebbe essere più efficace di un intervento spot che identifichi volta per volta una struttura commissariale che si dovrebbe confrontare con un progetto dalle caratteristiche e funzionalità non perfettamente definite. In tal modo gli interventi sostitutivi perderebbero il loro carattere episodico ed estemporaneo ma avrebbero carattere sistemico e generale, rinviando all’intervento statale solo situazioni episodiche ed eccezionali in cui l’intervento centrale può essere utile e appropriato. Tale soluzione operativa, tra l’altro sembrerebbe trovare riscontro anche nelle considerazioni del Comitato delle regioni che nell’ Opinion sull’Implementation of the Recovery and Resilience Facility[33] documento 147th plenary session, 1-2 December 2021[34] invita testualmente l’Unione Europea “a supportare attivamente le autorità regionali e locali aventi esperienza sui problemi relativi all’assorbimento dei fondi europei che in passato hanno risolto questi problemi cosi che il RRF potrà essere implementato nell’ambito dell’unione europea”. Con tale meccanismo il monitoraggio e l’esercizio del potere sostitutivo non sarebbe avvertito come un’intrusione statale nell’ambito dei profili d’autonomia del sistema delle autonome ma verrebbe a configurarsi come esercizio di una potestà condivisa nell’ambito di un sistema di competenze multilivello. Inoltre, il coordinamento e l’esercizio congiunto di tale potere sostitutivo sembrerebbe essere conforme al principio di sussidiarietà così come implementato attraverso il principio dell’effetto utile e del principio di proporzionalità limitando l’intervento statale di ultima istanza solo nel caso in cui l’intervento congiunto con il sistema delle autonomie risultasse non risolutivo. |