Retribuzione: mezzo stipendio per il dipendente no vax

L’art. 36 della Costituzione: il diritto alla retribuzione
Rischio a lavoro
Rischio a lavoro

Il Tar Lazio riconosce la metà della retribuzione al dipendente sospeso.

La V sezione del TAR Lazio con l’ordinanza n. 1234 del 2022 ha disposto l’erogazione del 50% della retribuzione in favore di un dipendente pubblico che non aveva voluto effettuare il vaccino. La pronuncia del giudice amministrativo è volta a «sopperire alle esigenze essenziali di vita» del lavoratore, in attesa dell’udienza pubblica di trattazione nel merito. L’importanza del diritto alla retribuzione è posta alla base della pronuncia.
 

Il dipendente sospeso dal servizio con il 50% dello stipendio

Un assistente capo della polizia penitenziaria, dipendente del ministero della Giustizia, ha presentato al Tar Lazio istanza cautelare, impugnando un provvedimento sospensivo dal servizio emanato dal dipartimento per la giustizia minorile e di comunità. Il Tar ha disposto in favore del richiedente l’erogazione di un assegno alimentare il cui importo corrisponde alla metà della retribuzione ordinaria.

Il soggetto richiedente è stato il destinatario del provvedimento di sospensione dal servizio, in quanto ha presentato il rifiuto nel sottoporsi al vaccino anti covid 19.

Appare evidente la necessità di valutare un bilanciamento dei diritti costituzionali. In particolar modo, il confronto è tra il diritto alla salute, riconosciuto e tutelato dall’art. 32 della Costituzione, e il diritto alla retribuzione, riconosciuto e tutelato dall’art. 36 della Costituzione.

“Considerato che il ricorso richiede approfondimento di merito, in relazione ai profili di doveroso bilanciamento di valori costituzionali, tra la tutela della salute come interesse collettivo, cui è funzionalizzato l’obbligo vaccinale, e l’assicurazione di un sostegno economico vitale, idoneo a sopperire alle esigenze essenziali di vita, nel caso di sospensione dell’attività di servizio per mancata sottoposizione alla somministrazione delle dosi e successivi richiami, cd. Booster”.

È doveroso ricordare che il provvedimento di sospensione emanato dall’Amministrazione ha natura non disciplinare e dispone la privazione totale della retribuzione.

Il soggetto lavoratore, poste diverse questioni di legittimità costituzionale sull’obbligo di vaccinazione, ha ottenuto con la misura cautelare il provvedimento che dispone l’erogazione  del 50 %  della retribuzione, come fonte di sostegno. La metà della retribuzione sarà erogata fino al 6 maggio, data dell’udienza di merito.
 

Diritti a confronto: retribuzione, salute e libertà

Sin dal sorgere dell’emergenza da covid 19 sono sorti numerosi dibattiti sia in dottrina sia in giurisprudenza. I temi dibattuti sono vari: il contrasto tra il diritto alla  salute, ex art. 32 Costituzione, e il diritto alla  libertà personale, ex art. 13 della Costituzione. 

Altro dibattito sorto è quello relativo la relazione tra il diritto alla salute e il diritto allo stipendio, ex art. 36 della Costituzione.

In giurisprudenza ci sono state diverse pronunce nei mesi passati. In particolar modo, è stata confermata la legittimità della sospensione dei medici, degli infermieri e dei professori contrari al vaccino.

Ancora, il Tar Lazio mediante il decreto n. 919 del 2022 ha accolto il ricorso presentato da oltre venti soldati, che avevano impugnato il provvedimento di sospensione dal servizio emanato dal comando di appartenenza, in quanto ritenuti privi della relativa vaccinazione anti covid 19.

È evidente che la V sezione del Tar Lazio con l’ordinanza n. 1234 del 2022 ha disposto l’erogazione della metà della retribuzione, in quanto i lavoratori non possono attendere l’udienza di merito essendo privi della retribuzione.

Diverso l’orientamento del giudice del lavoro sui rapporti con il datore di lavoro privato, ove con l’ordinanza n. 2467 del 2021 il tribunale di Modena ha ritenuto legittimo sospendere il lavoratore no vax, ritenendo che “la perdita dello stipendio non è di per sé «irreparabile» ma è un danno risarcibile ex post come tutte le lesioni dei diritti che derivano da rapporti obbligatori”.
 

L’art. 36 della Costituzione :il diritto alla retribuzione del lavoratore

“Il  lavoratore  ha  diritto  ad una retribuzione proporzionata alla quantità  e  qualità  del  suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

La  durata  massima  della  giornata  lavorativa e' stabilita dalla legge.

Il  lavoratore  ha  diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Il lavoratore è la parte debole del rapporto contrattuale, per tale motivo l’Assemblea Costituente ha introdotto garanzie inderogabili in favore del prestatore di lavoro. Tali garanzie sono espressione dei valori fondamentali dello stato sociale di diritto.

 Tale disposizione è posta nel titolo III della Costituzione, che disciplina i rapporti economici.     L’art. 36 sancisce il principio della giusta retribuzione. La retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Tale elemento evidenzia la presenza del principio di proporzionalità della retribuzione, posto in una logica di mercato.

Ma la caratteristica essenziale della retribuzione è individuabile nel telos, ossia la retribuzione deve essere sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Tale telos coincide con il principio di sufficienza.

Questo  elemento permette di individuare il lavoratore non come ingranaggio della produzione ma come “uomo”. Infatti, i richiami alla famiglia e all’esistenza libera e dignitosa del lavoratore permettono di evidenziare la retribuzione come quell’elemento necessario per garantire al lavoratore e ai suoi cari di vivere in modo dignitoso.

Possiamo, dunque, dire che il diritto alla retribuzione è dato da due principi: sufficienza e proporzionalità. Questi due principi sono volti a garantire all’Uomo-lavoratore una retribuzione proporzionata e necessaria a garantirgli l’esistenza libera e dignitosa.