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Risse su appuntamento online

La zona d’ombra tra radunata sediziosa e rissa premeditata
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Abstract

Sempre più di frequente, taluni luoghi pubblici diventano teatro di raduni e scontri violenti, dettagliatamente organizzati attraverso piattaforme online. Le minacce così diffuse mediante le “piazze virtuali” si concretizzano nelle piazze e strade delle nostre città, ponendo in serio pericolo i beni giuridici tanto dell’incolumità personale quanto dell’ordine e sicurezza pubblica.

I partecipanti a tali maxi-risse preordinate sono soprattutto soggetti minorenni i quali, molto spesso, sfruttano le maglie larghe dell’imputabilità penale e della giustizia minorile.

Orbene, soprattutto in tali occasioni, emerge lampante l’assenza di strumenti penalistici idonei a dissuadere e a reprimere siffatti moderni nonché peculiari fenomeni violenti. Sussiste, pertanto, una “zona d’ombra” tra determinate fattispecie criminose, la quale osta ad una più adeguata risposta nei confronti di queste spedizioni punitive premeditate.

 

Maxi rissa: appuntamenti violenti in piazza

“In fondo non è successo nulla e le uniche denunce sono arrivate perché i ragazzi identificati erano privi della mascherina” (Corriere della Sera, 12.02.2022).

Proprio questo è il risvolto critico della paradossale situazione che attanaglia numerose città del nostro Paese.

Complice l’anomala condizione venutasi a creare nel corso della pandemia, migliaia di ragazzi (la maggior parte dei quali minorenni), organizzati in gruppi, sempre più aggressivi e spregiudicati, hanno intensificato la manifestazione di violente condotte premeditate.

Anche volendo dar credito agli osservatori che minimizzano il problema, alla stregua di un temporaneo sfogo dovuto alle restrizioni degli ultimi due anni, non si può però negare come tali fatti si rivelino sempre più abituali, brutali, complessi, nonché coinvolgenti centinaia di soggetti riuniti simultaneamente, e quindi estremamente pericolosi (oltre che per la loro incolumità individuale) per la sicurezza e l’ordine pubblico.

Purtroppo, come infatti taluni sostengono, non si tratta di fenomeni momentanei, poiché attualmente “stiamo pagando gli esiti di una deriva educativa in atto ormai da tempo e che ha coinvolto troppi ragazzi cresciuti senza regole, senza un senso dell’altro e del limite… molti di questi giovani, uniti e strutturati in branco (c.d. “baby gang”), agiscono in modo violento prendendo di mira persone e tutto ciò che li circonda. Comportamenti sempre più cruenti che richiamano l’efferatezza delle gang latine. Essi, non avendo limiti, distruggono, ledono e uccidono per divertimento. Questi non sono bulli, sono criminali” (Dott.ssa Maura Manca, blog AdoleScienza.it).

Non è un caso che, attraverso lo smodato utilizzo di piattaforme social online, le piazze e le strade di Milano, Napoli, Padova, Roma, Torino ecc. siano puntualmente teatro di autentiche spedizioni punitive tra bande rivali, sovente armate di mazze, bastoni, coltelli e altri oggetti contundenti.

Al netto della questione covid, come tali violenze avvenivano già prima, magari diversificate in molteplici ambienti (tra cui stadi, discoteche e altri luoghi di aggregazione), così, per i motivi di cui sopra, perdureranno altresì nel post-pandemia. E a quel punto, con la fine dello stato d’emergenza, non vi saranno nemmeno più denunce per “mancato utilizzo della mascherina”.

Le minacce veicolate mediante le “piazze virtuali” dei social networks si tramutano, con maggiore frequenza e intensità, in copiose radunate (spesso armate) finalizzate alla rissa, nel bel mezzo dei più frequentati luoghi pubblici delle nostre città.

È evidente, pertanto, che si debba riflettere seriamente su come affrontare tale pericolosa minaccia all’ordine e alla sicurezza pubblica, affiancando a più efficienti sistemi educativi e incisive misure di prevenzione anche un efficace impianto repressivo-sanzionatorio penalistico, l’unico strumento in grado di preservare i beni giuridici primari costituzionalmente garantiti (oltre ad essere la sola vera forma di deterrente).

Indubbiamente, un aspetto critico attiene alla minore età della gran parte degli “aspiranti corrissanti” (i partecipanti alla rissa), molti dei quali sfuggono all’imputabilità penale ex articoli 97-98 Codice Penale ovvero sfruttano l’estrema generosità del “perdono giudiziale” ex articolo 169 Codice Penale. Tale questione, però, lungi dal poter essere approfondita in questa sede, non deve risolversi in una comoda scorciatoia per evitare di affrontare la realtà dei fatti e lasciare, quindi, impunite molteplici fattispecie criminose.

 

Maxi rissa: quali fattispecie criminose? La radunata sediziosa

Gli elementi assolutamente peculiari, che contraddistinguono la stragrande maggioranza dei casi, sono:

l’ampiezza del numero di soggetti contemporaneamente coinvolti,

la finalità di perpetrare condotte verbalmente e fisicamente violente tra le due contrapposte fazioni, nonché

la dettagliata programmazione con cui vengono organizzate tali “riunioni bellicose”, per le quali vi è addirittura la necessità di un “invito” trasmesso mediante le chat online. 

Siffatti sono, indubbiamente, indicatori di una vera e propria premeditazione; per cui non ci troviamo più di fronte a sporadici accidenti ma, bensì, a preordinate riunioni (“qualunque raggruppamento di più persone non stabile e, tuttavia, non occasionale, ravvisabile quando più persone convergono nello stesso luogo previo accordo fra di loro o su invito dei promotori, al fine di soddisfare un determinato interesse”), molto spesso armate, volte allo scontro violento, alla sopraffazione del nemico e all’inevitabile destabilizzazione dell’ordine pubblico.

È evidente, invero, che non si tratti di una semplice riunione di persone (che infatti, per definizione, dev’essere pacifica e senz’armi), ma di una riunione strategica, con sfumature paramilitari, preordinata ad un’aggressione e al conseguente compimento di atti, de facto, di natura sediziosa; in altri termini, una “riunione di più persone nello stesso luogo avente lo scopo di porre in essere condotte violente, creando pubblico disordine e, dunque, mettendo in serio pericolo la sicurezza pubblica” (Dott. L. Tamborini, La radunata non è una riunione: osservazioni sul reato di “radunata sediziosa” articolo 655 Codice Penale, Penale.it).

In questa prospettiva, pertanto, risulta davvero difficile camuffare tali fatti sotto il mantello del diritto costituzionalmente garantito ex articolo 17 Costituzione (“diritto di riunione”) e, di conseguenza, appare molto più confacente il termine radunata, derivante dal gergo militaresco, quale “schieramento strategico delle unità militari dopo la mobilitazione, con cui si dia inizio a delle operazioni belliche”.

Così intesa, tale fattispecie potrebbe astrattamente assimilarsi al reato contravvenzionale di cui all’articolo 655 Codice Penaleradunata sediziosa; se non fosse per la criticità derivante dal generico concetto di “sediziosità”, implicante un insieme di “comportamenti di ribellione e di ostilità nei confronti di chi rappresenta l’autorità e la forza della legge, con conseguente pericolo di creazione o di protrazione di uno stato di turbamento per l’ordine pubblico” (Cass. Pen., n. 6347/2013).

Alla luce di tale definizione, appare evidente che l’obiettivo principale a cui aspirano i partecipanti ad una radunata sediziosa sia quello non già di muovere violenza ad una qualsivoglia fazione contrapposta (come invece accade nelle maxi-risse organizzate), ma di creare eccitazione al sovvertimento delle pubbliche istituzioni, manifestando ostilità in primis nei confronti di chi, in quel momento, rappresenti l’Autorità e la forza della legge (Cass. Pen., n. 6347/2013).

In parziale soccorso, però, potrebbe giungere la norma ex articolo 20 TULPS, la quale, sempre in materia di riunioni e assembramenti in luoghi pubblici, ne prevede il discioglimento non solo per “manifestazioni o grida sediziose o lesive del prestigio dell’autorità” ma, altresì, laddove questi “possano mettere in pericolo l’ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, ovvero quando vi siano commessi delitti”.

Il bene giuridico tutelato, in sostanza, non si risolve solamente nel prestigio dell’autorità o delle istituzioni democratiche, ma nel più ampio concetto di sicurezza pubblica, quale “bene di rilievo costituzionale, comprensivo dell’ordine pubblico, dell’ordinata convivenza civile nella comunità nazionale e nelle comunità locali, della tranquillità delle persone e del pacifico godimento dei loro beni” (A. Iannuzzi, Manuale breve di Pubblica Sicurezza, Dike, 2020).

Ciò posto, alla luce delle effettive modalità con cui si svolgono tali spedizioni punitive nei più disparati luoghi pubblici, risulta assai difficile scinderle dal contesto reale in cui avvengono e dalle immediate conseguenze, in primis, proprio nei confronti dell’ordine pubblico e della sicurezza di tutti i cittadini che, loro malgrado, vi finiscono coinvolti (molto spesso subendo lesioni alla propria integrità fisica ovvero al proprio patrimonio).

Senza dubbio, non ogni disordine creato da una folla è qualificabile come “radunata sediziosa” ma, specularmente, una “riunione” di persone, magari armata, predisposta e preordinata al compimento di atti violenti può certo definirsi una radunata, che nulla c’entra con il sacrosanto diritto di riunione ex articolo 17 Costituzione (Dott. L. Tamborini, La radunata non è una riunione: osservazioni sul reato di “radunata sediziosa” articolo 655 Codice Penale, Penale.it).

 

Maxi rissa: quali fattispecie criminose? La rissa premeditata

Ad ogni buon conto, anche riconoscendo la forzatura esegetica in relazione alla fattispecie di cui all’articolo 655 Codice Penale, non si può certo contestare la sussistenza del più concreto delitto di rissa ex articolo 588 Codice Penale.

Quest’ultimo, posto a presidio dell’incolumità personale, della vita dei corrissanti nonché dei terzi estranei, è ovviamente un reato plurisoggettivo, richiedendo invero la necessaria partecipazione di più soggetti (almeno 3 persone).

È necessario, ai fini della sua integrazione, che più persone o gruppi di persone, guidati da coscienza e volontà di partecipare alla contesa con animo offensivo, realizzino una violenta contesa con il proposito di ledersi reciprocamente e con modalità che pongano in pericolo l’incolumità dei corrissanti; ancorché i partecipanti non siano stati coinvolti tutti contemporaneamente nella colluttazione e l’azione si sia sviluppata in varie fasi, pur sempre concatenate fra loro (Cass. Pen., n. 1729/1988; Cass. Pen., n. 7013/2011).

In relazione al reato in esame, la nostra Giurisprudenza ammette altresì il c.d. “concorso esterno” ex articolo 110 Codice Penale, attraverso la realizzazione di condotte atipiche, come l’istigazione ed il rafforzamento della volontà dell’effettivo partecipe alla rissa, purché ovviamente queste si traducano in un effettivo e concreto contributo alla sua consumazione (Cass. Pen., n. 51103/2019).

Altrettanto non si può dire, però, per quanto riguarda la fattispecie in forma tentata ex articolo 56 Codice Penale. L’opinione prevalente, invero, nega la possibile configurazione del tentativo di rissa, in quanto, da un lato, qualora non si verifichi l’incontro delle singole condotte, non si può parlare di rissa e, dall’altro, una singola condotta in sé considerata non può rilevare ai sensi dell’articolo 588 Codice Penale.

Più nello specifico, la criticità risiede nella pressoché impossibile individuazione del discrimen tra il compimento di atti idonei e diretti in modo non equivoco (quantomeno) alla messa in pericolo del bene giuridico protetto e un qualificato inizio di esecuzione che, di conseguenza, verrebbe già ricondotto nell’area della consumazione.

Un siffatto vuoto normativo assume rilevanza proprio con riferimento alle nuove peculiari modalità delle suddette spedizioni punitive le quali, pur essendo palesemente premeditate, sovente armate, dotate di un’enorme carica offensiva e coinvolgenti anche centinaia di persone animate da un reciproco intento di aggredirsi, talvolta (fortunatamente) vengono stroncate sul nascere dalle forze dell’ordine, impedendone quindi la consumazione. In tal caso, pertanto, il risultato è quello di un’impossibile contestazione sia della fattispecie consumata ex articolo 588 Codice Penale sia della sua forma tentata ex articolo 56 Codice Penale.

Si badi beni, il “tradizionale” concetto di rissa, almeno nell’immaginario comune, è circoscritto ad una colluttazione violenta, tra un gruppo (più o meno) ristretto di persone, spesso alterate dall’effetto di sostanze alcoliche/stupefacenti, che esplode in circostanze casuali e del tutto improvvisate, guidata verosimilmente da un c.d. “dolo d’impeto”.

Per quanto attiene, invece, al peculiare fenomeno violento analizzato in questa sede, si è constatato come esso attraversi tutte le diverse fasi dell’iter criminis (ideazione, preparazione, esecuzione, perfezionamento e consumazione), sempre sorretto da un ferreo “dolo di proposito”, altrimenti detto “premeditazione”.

A ben vedere, forse, la norma di cui all’articolo 588 Codice Penale risulta decisamente più confacente alla “tradizionale” forma di rissa, in cui la portata offensiva e l’elemento psicologico risultano, in linea teorica, più contenuti (anche se, purtroppo, non sempre è così).

Viceversa, l’incompatibilità tra la fattispecie ex articolo 588 Codice Penale e il tentativo ex articolo 56 Codice Penale rischia di non inquadrare, adeguatamente, le suddette nuove manifestazioni di rissa preordinata; lasciando così impunite tutte le condotte che, sebbene caratterizzate da atti idonei e diretti in modo non equivoco a mettere in pericolo l’incolumità personale, siano interrotte in maniera provvidenziale dall’intervento della polizia.

 

Maxi rissa: conclusioni

Alla luce di tutto ciò, la conseguenza paradossale risulta essere quella di una “zona d’ombra”, per non dire di impunibilità, venutasi a creare proprio tra il momento in cui le fazioni rivali (anche armate) abbiano ultimato la radunata nel luogo pubblico prestabilito e quello in cui si commetta un’effettiva lesione (o quantomeno pericolo concreto) del bene giuridico dell’incolumità personale.

Dunque, de iure condito, le moderne spedizioni punitive organizzate in chat online, laddove non siano espressamente dirette al sovvertimento delle pubbliche istituzioni ovvero alla ribellione verso i pubblici poteri, non potranno essere perseguite per il reato di “radunata sediziosa” ex articolo 655 Codice Penale; le stesse non potranno essere punite nemmeno a titolo di “rissa” ex articolo 588 Codice Penale, fintanto che non sfocino in un’effettiva aggressione, in atto, reciprocamente confliggente tra i diversi corrissanti.