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Scelta di rito abbreviato: tempi della giustizia accelerati con effetti sanatori in termini di nullità

Rito abbreviato
Rito abbreviato

La Corte di Cassazione ha ribadito che la nullità derivante dall’omissione dell’avviso in merito alle garanzie difensive è da ritenersi di ordine generale a regime intermedio e dunque sanabile in caso di richiesta del rito abbreviato da parte dell’imputato.

 

Scelta di rito abbreviato: il fatto

Modificando parzialmente la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello ha, da una parte, assolto –sulla base della non sussistenza del fatto - l’imputato dal reato di cui agli artt. 186, comma 7, e 187, comma 8, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in merito al rifiuto di sottoporsi agli accertamenti per la determinazione di presenza di alcool nel sangue, dall’altra, l’ha condannato a sei mesi di arresto e al pagamento di euro 1.500 di ammenda per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c., del summenzionato decreto legislativo, in merito alla guida in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico 2,34 g/l, aggravato dalla provocazione di un sinistro.

 

Scelta di rito abbreviato: il ricorso per Cassazione

L’imputato, a mezzo di difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo:

  • L’erronea applicazione dell’art. 603 del codice di procedura penale;
  • La violazione di legge per omesso avviso in merito alle garanzie difensive, di cui all’art. 114 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, rilevando che la derivante nullità dell’accertamento tecnico in merito alla rilevabilità di alcool nel sangue –nullità a regime intermedio -, tempestivamente dedotta, non è sanabile dalla richiesta di rito abbreviato.

In merito al primo punto, si contesta il fatto che la Corte d’Appello abbia acquisito, in costanza di processo svoltosi con rito abbreviato, documentazione sanitaria, “consistente in una dichiarazione attuale e non in certificazioni risalenti all’epoca del fatto, mancante nel fascicolo del pubblico ministero, a carico dell’imputato, necessaria per colmare le lacune probatorie della fase delle indagini”. Tuttavia, i poteri di integrazione probatoria, nel giudizio abbreviato, “possono essere usati solo in bonam partem, essendo incompatibili con la scelta dell’imputato di accedere al rito abbreviato”.

 

Scelta di rito abbreviato: la base giuridica

Richiamati dall’imputato e posti alla base del suo ricorso sono, in particolare, gli artt. 114 e 603 del codice di procedura penale.

Ai sensi dell’art. 114 disp att. c.p.p. (“Avvertimento del diritto all’assistenza del difensore”), “la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”.

Per quanto riguarda l’art. 603 c.p.p., esso disciplina la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. In particolare, nel caso in cui una parte abbia chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l’assunzione di nuove prove, il giudice, qualora ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.

La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale è disposta anche quando le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado ed è disposta d’ufficio in caso di assoluta necessità, sulla base di una valutazione del giudice.

Ad ogni modo, “alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale si procede immediatamente. In caso di impossibilità, il dibattimento è sospeso per un termine non superiore a dieci giorni”.

Scelta di rito abbreviato: la pronuncia della Cassazione.

Dopo questa infarinatura codicistica, si procede all’analisi e all’esame della sentenza della Cassazione.

La Suprema Corte, con sentenza n. 40550/2021, ha rigettato il ricorso e si è espressa a favore della sentenza della Corte d’Appello.

Anzitutto, la Corte ha rilevato che, alla luce dell’orientamento –certamente condivisibile – della prevalente giurisprudenza di legittimità, “in tema di guida in stato di ebbrezza, la violazione dell’obbligo di dare avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia al conducente da sottoporre al prelievo ematico presso una struttura sanitaria, finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico esclusivamente su richiesta della polizia giudiziaria, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio”.

Tale nullità –precisa la Corte – può essere tempestivamente dedotta fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado, sulla base del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, c.p.p., ma può essere sanata qualora l’imputato formuli una richiesta di rito abbreviato, ex art. 183 c.p.p., a norma del quale le nullità sono sanate:

  • “se la parte interessata ha rinunciato espressamente ad eccepirle ovvero ha accettato gli effetti dell’atto;
  • se la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l’atto omesso o nullo è preordinato”.

 

Dai “condivisibili orientamenti” al codice di procedura penale

La Corte di Cassazione specifica, dopo aver esposto il “condivisibile orientamento”, che quest’ultimo è confluito nell’art. 438, comma 6 –bis  del codice di procedura penale.

Ai sensi del summenzionato articolo, “la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare determina la sanatoria delle nullità, sempre che non siano assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio. Essa preclude altresì ogni questione sulla competenza per territorio del giudice”.

Dunque, nel rito abbreviato rilevano solo le nullità assolute e inutilizzabilità patologiche.

Infine, la Corte ricorda che l’imputato, scegliendo unilateralmente il rito alternativo, “non può fondare alcuna aspettativa circa un preteso diritto ad essere giudicato sulla sola base degli atti disponibili al momento dell’ordinanza di ammissione del rito”.

Il giudice deve valutare l’eventuale incompletezza delle indagini e, in caso di impossibilità di decidere allo stato degli atti, deve disporre la necessaria integrazione istruttoria.

Inoltre, l’art. 441, comma 5, c.p.p. stabilisce che “quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti assume, anche d’ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione”.

Tale potere di integrazione probatoria, attribuito al giudice del rito abbreviato in primo grado, nel rispetto dei suoi limiti, è estensibili a quello del grado successivo.

Stabilito ciò, la Corte ha rigettato il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Insomma, il caso di specie ci insegna che tutto ha un prezzo…anche il rito abbreviato!