Scudo penale e attività sanitaria nell’ambito dell’emergenza epidemiologica
1. Introduzione
L’emergenza sanitaria causata dall’epidemia di Covid-19 ha sollevato numerosi interrogativi sul rischio penale connesso all’attività medica. Le preoccupazioni dei sanitari si sono soffermate su due temi in particolare: l’efficacia delle terapie adottate per curare l’infezione e la somministrazione del vaccino finalizzata a prevenirla. In entrambi i casi, si è osservato come la carenza di certezze scientifiche e la necessità di prestare cure tempestive in un contesto emergenziale senza precedenti, aumentino in misura significativa il rischio per il personale sanitario di essere sottoposto ad un procedimento penale nelle ipotesi in cui le terapie somministrate si rivelino inefficaci o errate, con esito infausto, oppure il vaccino inoculato causi reazioni dannose o mortali per il paziente.
Il presente contributo si propone di esaminare la risposta elaborata del legislatore con l’obiettivo di prevenire e limitare la potenziale responsabilità penale colposa in cui incorre il personale sanitario nei casi di insuccesso della terapia adottata per curare pazienti affetti da Sars-cov-2 e di reazioni avverse causate dall’inoculazione del vaccino.
Come si illustrerà nel prosieguo, per tutelare il personale sanitario impegnato ad affrontare l’emergenza pandemica dal rischio penale, il legislatore ha scelto di introdurre due distinte cause di non punibilità, seguendo uno schema normativo già adottato in passato nell’ambito della responsabilità medica, dapprima con l’articolo 3 della legge n. 189 dell’8.11.2012 (c.d. “legge Balduzzi”) e successivamente con la legge n. 27 dell’8.03.2017, cd. “legge Gelli-Bianco”.
2. L’articolo 3 del d.l. 44/2021 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 79 dell’1.04.2021 e il successivo iter di conversione in legge
Le esigenze manifestate dalle associazioni rappresentative del personale sanitario sono state prontamente recepite in un disegno di legge governativo, il n. 2167 del 2020, con cui è stata introdotta una causa di non punibilità specificamente riferita al personale sanitario che effettua la somministrazione di vaccino anti Sars-Cov-2 nel corso della campagna vaccinale.
Dalla lettura della relazione illustrativa del disegno di legge si apprende che il disegno di legge “mira a rassicurare il personale sanitario e in genere i soggetti coinvolti nelle attività di vaccinazione. In un quadro caratterizzato da margini di incertezza scientifica, e da un quadro in continua evoluzione, la prospettiva di incorrere in possibili responsabilità penali, in conseguenza di eventi avversi ascrivibili, anche solo in ipotesi, alla somministrazione del vaccino, può ingenerare allarme tra quanti sono chiamati a fornire il proprio contributo al buon esito della campagna di vaccinazione nazionale, che rappresenta allo stato una priorità per la tutela della salute pubblica”.
Il contenuto di tale disegno di legge è stato trasfuso nel decreto legge n. 44 del 2021, entrato in vigore l’1.04.2021, contestualmente alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 79 dell’1.04.2021.
L’articolo 3 del d.l. 44/2021, rubricato “responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-Cov-2” prevede infatti che: “Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”.
Appare da subito evidente come il decreto legge abbia recepito soltanto parzialmente le istanze dei professionisti sanitari, perché ha limitato la causa di non punibilità ai fatti di morte o lesioni provocati dalla somministrazione di un vaccino per prevenire l’infezione di coronavirus. Nulla invece è stato disposto in relazione alla responsabilità penale per eventi analoghi occorsi in seguito alle terapie somministrate con finalità curative a pazienti che abbiano contratto l’infezione.
La portata applicativa della disposizione in esame, limitata alle conseguenze infauste delle vaccinazioni, ha rinfocolato le critiche da parte di molte associazioni di categoria rappresentative del personale sanitario.
Tali critiche non sono state vane, perché nel testo licenziato dal Senato della Repubblica il 13.05.2021 (S. 2167) è stato inserito un ulteriore articolo, il 3-bis, che segue l’articolo 3 del d.l. n. 44 dell’1.04.2021, rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19” che dispone: “Durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e successive proroghe, i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave.
Ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza”.
Il testo approvato dal Senato ha dunque introdotto un’ulteriore causa di non punibilità all’articolo 3 bis, che si aggiunge a quella prevista dall’articolo 3 del d.l. n. 44 dell’1.04.2021, attualmente vigente, escludendo la punibilità del personale sanitario non soltanto in relazione agli eventi infausti causati dalla vaccinazione ma anche nei casi in cui tali eventi siano stati causati per colpa non grave in occasione delle cure somministrate per curare l’infezione.
In data 25.05.2021 il testo così come emendato dal Senato, è stato approvato dalla Camera (C 3113). Ne deriva, dunque, l’introduzione di due distinte cause di non punibilità per il personale sanitario: la prima, relativa agli eventi infausti causati dalla vaccinazione, finalizzata a prevenire l’infezione; la seconda, relativa ai medesimi eventi che si verifichino durante l’esercizio dell’attività terapeutica volta a curare l’infezione e siano causati dalla situazione di emergenza, a condizione che la colpa non sia grave. Il grado della colpa deve essere valutato dal giudice nel caso concreto, tenendo conto di alcuni fattori, quali la limitatezza delle conoscenze scientifiche, la scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione ai casi da trattare, al minor grado di esperienza del personale sanitario non specializzato, impiegato per far fronte all’emergenza.
Soffermando dapprima l’attenzione sull’articolo 3 del d.l. n. 44/2021, sulla base di quanto espressamente affermato nella relazione illustrativa al disegno di legge, la disposizione viene descritta come una causa che “esclude la responsabilità”, “speciale rispetto a quella prevista dall’articolo 590 sexies codice penale”.
3. La natura giuridica dell’esclusione della responsabilità prevista dall’articolo 3 d.l. 44/2021 e i rapporti con l’articolo 590 sexies codice penale
Pochi dubbi sussistono in merito alla qualificazione dell’articolo 3 d.l. 44/2021 quale causa di non punibilità. Un argomento in questo senso è offerto proprio dalla relazione illustrativa al disegno di legge, in cui viene evidenziato il rapporto di specialità tra questa disposizione e l’articolo 590 sexies comma 2 codice penale, introdotto dall’articolo 6 comma 1 legge 8 marzo 2017 n. 24, c.d. legge “Gelli-Bianco”.
3.1. Le cause di non punibilità in relazione alla professione sanitaria: i precedenti “Balduzzi” e “Gelli Bianco”.
Il legislatore, nell’introdurre uno “scudo penale” per il personale sanitario rispetto ai reati di morte o lesioni colpose causate dalla vaccinazione, quando questa sia stata effettuata in conformità all’autorizzazione all’immissione in commercio e alle circolari ministeriali, ha adottato una tecnica normativa analoga a quella già sperimentata per limitare la responsabilità medica, dapprima con l’articolo 3 della legge n. 189 dell’8.11.2012, c.d. “legge Balduzzi” e successivamente con la legge n. 27 dell’8.03.2017, cd. “legge Gelli-Bianco”.
Una breve analisi di tali precedenti normativi può essere utile per circoscrivere lo spazio applicativo della nuova causa di non punibilità specificamente prevista per la somministrazione del vaccino volto a prevenire l’infezione da Covid-19.
L’articolo 3 legge 189/2012 (c.d. “legge Balduzzi”) prevedeva che: “l’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”.
La disposizione ha avuto un impatto significativo perché ha introdotto per la prima volta per tabulas in sede penale la distinzione tra colpa lieve e colpa grave ai fini della valutazione della sussistenza della responsabilità penale, mutuando una distinzione tipica della responsabilità civile.
L’obiettivo dichiarato del legislatore era quello di evitare la medicina difensiva negativa, che consiste nella scelta del medico di evitare trattamenti potenzialmente a rischio adottando, per contro, atteggiamenti astensionistici, con evidente pregiudizio per i pazienti che necessiterebbero di cure in tempi celeri, nel timore di una ripercussione giudiziaria rispetto alla propria scelta terapeutica.
Il terreno elettivo della causa di non punibilità introdotta dalla “legge Balduzzi”, in base all’interpretazione successiva alla sua entrata in vigore, è stato rappresentato dal c.d. “errore strategico”. In altri termini, secondo tale interpretazione, il sanitario non risponde se commette un errore nell’applicazione delle linee guida, quando emerga che nel caso concreto sarebbe stato opportuno discostarsene, purché l’errore sia causato da imprudenza, imperizia o negligenza lievi.
Cinque anni dopo l’entrata in vigore della “legge Balduzzi”, il legislatore è intervenuto di nuovo con la legge n. 24 /2017, c.d. “Gelli-Bianco” che, da un lato, ha abrogato l’articolo 3 introdotto dalla legge Balduzzi e, dall’altro, ha introdotto una fattispecie ad hoc nel Codice penale: l’articolo 590 sexies, il quale prevede che: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma”.
Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida così come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.
All’indomani dell’entrata in vigore di tale disposizione, dalle prime applicazioni giurisprudenziali sono sorte due letture antitetiche, mediate dall’intervento delle Sezioni Unite con la sentenza n. 8770 del 21.12.2017.
Le Sezioni Unite hanno ritenuto che lo spazio applicativo per la causa di non punibilità introdotta dall’articolo 590 sexies comma 2 codice penale fosse più ristretto rispetto a quello previsto dalla legge Balduzzi, perché, mentre quest’ultimo abbracciava tutte le declinazioni della colpa (imperizia, negligenza, imprudenza), l’articolo 590 sexies comma 2 codice penale escluderebbe la punibilità soltanto nelle ipotesi di imperizia lieve.
Inoltre, alla luce della formulazione dell’articolo 590 sexies comma 2 codice penale, che richiede che le linee-guida applicate siano adeguate al caso concreto, le Sezioni Unite hanno ritenuto che la causa di non punibilità trovi applicazione soltanto nelle ipotesi di errore per imperizia lieve nella fase esecutiva e non in quella di scelta delle linee guida. A differenza della precedente legge Balduzzi, dunque, la causa di non punibilità si riferisce soltanto alla fase esecutiva dell’operazione e presuppone la corretta osservanza delle linee guida a monte.
Sotto il profilo intertemporale, le Sezioni Unite affermano esplicitamente che la disposizione contenuta nella “legge Balduzzi” fosse più favorevole rispetto a quella contenuta nella “legge Gelli Bianco”, con la conseguenza che la prima continua a trovare applicazione ai fatti precedenti all’entrata in vigore della “legge Gelli-Bianco”, in base all’articolo 2 comma 4 codice penale
3.2. La classificazione della nuova causa di non punibilità introdotta dall’articolo 3 d.l. 44/2021.
Chiarite le differenze tra gli ambiti di applicazione - errore strategico e errore in sede di esecuzione - delle due cause di non punibilità introdotte dal legislatore con le leggi “Balduzzi” e “Gelli Bianco”, si pone il problema di comprendere a quali di questi ambiti sia applicabile la causa di non punibilità introdotta dall’articolo 3 d.l. 44/2021.
Ad una prima lettura, appare debba essere escluso che essa possa applicarsi sia ad ipotesi di errore strategico sia ad ipotesi di errore esecutivo, posto che la disposizione richiede espressamente che siano state rispettate le indicazioni autorizzative e ministeriali a monte.
Per evitare un’interpretatio abrogans della disposizione, apparentemente tautologica, alcuni commentatori sostengono che la causa di non punibilità trovi applicazione nelle ipotesi di errore strategico nella fase esecutiva[1], cioè nella fase immediatamente antecedente all’inoculazione, in cui residuerebbe un margine valutativo in capo al sanitario che effettua la vaccinazione. Ebbene, se risulta che nel caso concreto il sanitario abbia eseguito la vaccinazione rispettando le prescrizioni e le raccomandazioni ministeriali impartite, non risponderà di eventuali esiti infausti nell’ipotesi in cui emerga, a posteriori, che il peculiare quadro clinico del paziente avrebbe suggerito di non procedere alla vaccinazione o di effettuare alcuni accertamenti preventivi.
Alla luce dei chiarimenti forniti dalle Sezioni Unite sulla portata applicativa dell’articolo 590 sexies codice penale, è ragionevole supporre che la speciale causa di non punibilità in esame trovi applicazione soltanto nelle ipotesi di colpa lieve[2].
Sotto il profilo intertemporale, la specifica causa di non punibilità, stante il regime di favore che introduce, sarà applicabile ai sensi dell’articolo 2 comma 4 codice penale anche alle vaccinazioni con effetti infausti, effettuate nell’ambito della campagna vaccinale prima della sua entrata in vigore, cioè prima dell’1.04.2021.
4. La natura giuridica dell’esclusione della responsabilità prevista dall’articolo 3 bis d.l. 44/2021 e i rapporti con l’articolo 590 sexies codice penale
In sede di conversione del d.l. 44/2021 è stata introdotta un’ulteriore causa di non punibilità, con un emendamento presentato al Senato e approvato da entrambe le Camere e salutata con particolare favore dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri.
Tale causa di non punibilità prevede che durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID 19, i fatti di cui agli articoli 589 e 590 codice penale, commessi nell’esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave.
La disposizione stabilisce i criteri che il giudice è tenuto a valutare per stabilire il grado della colpa: la limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da Sars-CoV-2 e sulle terapie appropriate; la scarsità delle risorse umane e materiali in relazione al numero di casi da trattare; il minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza.
La disposizione, a differenza della causa di non punibilità generale prevista per l’attività sanitaria dall’articolo 590 sexies codice penale, sembra comprendere sia i casi di errore strategico -terreno elettivo dell’ormai abrogata “legge Balduzzi”-, sia quelli di errore esecutivo, caratterizzati da negligenza, imprudenza e imperizia lievi, da valutare tenendo conto dei parametri espressamente indicati dal legislatore.
Ad una prima lettura, la disposizione appare apprezzabile per chiarezza, perché, senza distinguere a seconda della fase in cui si collochi l’errore del sanitario – se nell’osservanza delle linee guida o nella loro applicazione – esclude espressamente la responsabilità per esiti infausti delle terapie somministrate quando, sulla base delle circostanze del caso concreto (condizioni di emergenza, limitatezza delle conoscenze scientifiche, scarsità di risorse) emerga che si sia trattato di un errore causato da colpa lieve.
Anche questa causa di non punibilità, al pari di quella prevista dall’articolo 3 d.l. 44/2021 in relazione alle reazioni avverse prodotte in conseguenza della vaccinazione, troverà verosimilmente applicazione a fatti antecedenti alla sua entrata in vigore, in applicazione dell’articolo 2 comma 4 codice penale, in ragione della sua natura di norma più favorevole rispetto all’articolo 590 sexies codice penale
5. Conclusioni
Entrambe le cause di non punibilità esaminate sono state apprezzate dalle categorie rappresentative del personale sanitario, perché percepite come idonee a ridurre il rischio di incorrere in sanzioni penali in conseguenza di eventi infausti occorsi in condizioni emergenziali senza precedenti.
Alcuni commentatori hanno osservato che se, da un lato, la maggiore chiarezza del dato normativo rende più agevole una difesa in sede processuale, dall’altro, non evita l’iscrizione nel registro degli indagati del personale sanitario che sia intervenuto nel trattamento del paziente successivamente deceduto o che abbia riportato conseguenze pregiudizievoli.
Secondo questa prospettiva, il rischio di incorrere in un procedimento penale è di per sé sufficiente a generare nel sanitario il timore di ripercussioni sulla propria reputazione professionale e rende difficilmente superabili comportamenti volti all’astensione dalla vaccinazione oppure improntati ad un’eccessiva cautela, con il conseguente ampliamento della “medicina difensiva” e la sostanziale vanificazione dell’efficacia dello “scudo penale” introdotto dagli articoli 3 e 3 bis del d.l. 44/2021.
[1] Così L. Fimiani, “Nuovo «scudo penale» (decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44): è una norma tautologica?” in Giurisprudenza penale web, 2021, 4.
[2] Secondo le Sezioni Unite, nonostante la “mancata evocazione esplicita dal parte del legislatore del 2017”, la nozione di colpa lieve sarebbe sottesa alla causa di non punibilità di cui all’articolo 590 sexies codice penale perché “intrinseca alla formulazione del novo precetto, posto che la costruzione della esenzione da pena per il sanitario complessivamente rispettoso delle raccomandazioni accreditate in tanto si comprende in quanto tale rispetto non sia riuscito ad eliminare la commissione di errore colpevole non grave, eppure causativo dell’evento. In conclusione, la colpa dell’esercente la professione sanitaria può essere esclusa in base alla verifica dei noti canoni oggettivi e soggettivi della configurabilità del rimprovero e altresì in ragione della misura del rimprovero stesso. Ma, in quest’ultimo caso – e solo quando configurante “colpa lieve”-, le condizioni richieste sono il dimostrato corretto orientarsi nel campo delle linee-guida pertinenti in relazione al caso concreto e il progredire nella fase della loro attuazione, ritenendo l’ordinamento di non punire gli adempimenti che si rivelino imperfetti”.