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Sepùlveda saluta il Maestro Coloane

Francisco Coloane
Francisco Coloane

I due cantori delle storie degli ultimi di una America vessata e saccheggiata dai conquistadores di ieri e di oggi.

Sepùlveda, recentemente scomparso per la pandemia, vedeva in Coloane il suo maestro: “Ho iniziato a divorare i suoi libri quando avevo quindici anni… l’ho visto di persona quando ne avevo più di quaranta”.

Un legame forte di amicizia e ammirazione che univa Luis a Francisco.

Diceva Coloane, che iniziò a scrivere all’età di trent’anni, dopo esperienze di pastore, pescatore e operaio nello Stretto di Magellano: “Sono diventato scrittore per nostalgia, per la mancanza del mare e per le mie isole e terre australi”, il cantore del Mondo alla fine del Mondo.

Nei suoi libri ci narra di una natura spietata e potente, amica a saperla conoscere, infida a volerla sfidare. Con il suo stile asciutto e incisivo Coloane stupisce e rapisce il lettore trascinandolo tra improvvise tempeste e il lamento del vento impetuoso di Capo Horn, dove la solitudine accompagna i pochi uomini che si avventurano in queste terre  dominate da una natura grandiosa.

Coloane ci lascio il 5 agosto del 2002, all’età di 92 anni. Lo ricordiamo con le parole di Luis Sepulveda tratte dal libro “Una sporca storia”: “Alle 0,30 del 5 agosto Francisco Coloane, Capitano del Mare del Sud, ha dato un colpo di timone e ha infilato la prua della sua vita di uomo onesto, di grandioso scrittore, di carissimo amico, di compagno e maestro, nel porto definitivo di un ultimo viaggio senza ritorno.

Mentre scrivo, commosso dalla notizia, vedo la sua imponente figura da marinaio, in piedi davanti alle onde, che cerca con lo sguardo i passaggi fra le isole dell’arcipelago Chilote, o alle Guaitecas, o in mezzo al canale di Moraleda, o mentre schiva le frenetiche acque del Baker davanti al golfo di Penas.

Soffia con forza il vento della Terra del Fuoco, ma don Pancho riesce a portare la barca sottovento e far salire a bordo tutte quelle persone semplici, umili ed eroiche che hanno formato l’equipaggio dei suoi libri di generoso Capitano dei poveri del Sud.

Da Coloane ho imparato che noi scrittori possiamo stare solo da un lato della barricata, che prima siamo uomini, civili, difensori dei diritti umani e poi, se resta tempo, scrittori.

Da Coloane ho imparato il rigore e il rispetto con cui devo scrivere della mia gente, degli emarginati della terra, di quelli che creano la ricchezza e non ne godono mai.

Da Coloane ho imparato la disciplina, il lavoro quotidiano, la soddisfazione della pagina e del libro scritti senza concessioni.

Mi ha insegnato molto e ora che è notte davanti al Mar Cantabrico, inquieto per i venti del Nord, piango a denti stretti, come facciamo noi uomini del Sud prima di accettare il naufragio.

Anche questo me l’ha insegnato don Pancho Coloane (…).

Stasera, davanti al Cantabrico, isso sopra la mia finestra il gagliardetto di saluto e grido al mare mosso: «Ahoi! Francisco Coloane. Buon vento e buon mare. Ahoi! Ahoi! Ahoi!».