x

x

Si deve riconoscere il buono pasto ai dipendenti pubblici in smart working?

autunno
Ph. Sara Cimini / autunno

Abstract

Il Tribunale di Venezia, con sentenza 8 luglio 2020, n. 1069, si è pronunciato sulla possibilità di riconoscere il buono pasto nei confronti dei pubblici dipendenti che hanno prestato la propria attività lavorativa durante il periodo emergenziale in forma di lavoro agile, affermando l’incompatibilità della suddetta modalità di lavoro con la fruizione del beneficio medesimo.

Ma perché il lavoro agile, a giudizio della Corte, comporta l’esclusione dal godimento del buono pasto da parte del lavoratore?

 

Indice:

1. Cosa si intende per buono pasto?

2. Il buono pasto è compatibile con lo smart working?

3. I buoni pasto nella circolare n.2/2020 del ministro della PA

4. Sentenza del tribunale di Venezia 8 luglio 2020, n. 1069

5. Il Ministero della pubblica amministrazione ha modificato il precedente orientamento in tema?

6. Conclusione

 

1. Cosa si intende per buono pasto?

Il buono pasto viene considerato un mezzo di pagamento dal valore predeterminato che consente al titolare di potere acquistare un pasto all’interno di esercizi pubblici come bar, ristoranti convenzionati con la società che li ha emessi.

La prima caratteristica del buono pasto da evidenziare è che tale agevolazione è rivolta al lavoratore dipendente o parasubordinato del settore pubblico o privato.

Inoltre, il decreto legislativo n. 50 del 2016, all’articolo 144, intitolato “Servizi di ristorazione”, nel disciplinare l’attività di emissione di buoni pasto, stabilisce che la medesima consiste “nell’attività finalizzata a rendere per il tramite di esercizi convenzionati il servizio sostitutivo di mensa aziendale”; in altre parole, si può affermare che al fine di sostituire il servizio di mensa aziendale, vengono messi a disposizione dei lavoratori, tramite esercizi convenzionati, mezzi di pagamento per poter acquistare un pasto.

In particolare, nel corso del 2019, la Pubblica Amministrazione ha speso circa 1,2 miliardi di euro per l’acquisto di ticket utilizzati nel pubblico impiego.

 

2. Il buono pasto è compatibile con lo smart working?

Negli ultimi mesi si è discusso molto sulla natura del buono pasto e sui suoi requisiti al fine di stabilire se, durante il periodo di emergenza sanitaria COVID-19 che ha incrementato anche per la Pubblica Amministrazione il ricorso a forme di lavoro diverse da quella in sede, i pubblici dipendenti avessero diritto o meno a percepire l’agevolazione medesima.

Prima di analizzare la pronuncia del Tribunale di Venezia, si deve evidenziare che, ai sensi della Legge 22 maggio 2017, n. 81, disciplinante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, si stabilisce all’articolo 18 la promozione del lavoro agile, al fine di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, quale “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti”, sancendo, inoltre, la mancanza di precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro.

La disciplina in tema di lavoro agile dianzi richiamata, ai fini della presente dissertazione, assume grande importanza in quanto, all’articolo 20, primo comma, stabilisce che “il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”; in altre parole, si riconosce al lavoratore agile lo stesso trattamento economico e normativo del lavoratore che presta la propria attività in azienda.

In conclusione, da una prima analisi si dovrebbe, concludere affermando la probabile esistenza in capo al lavoratore agile del diritto alla corresponsione del buono pasto, anche se la normativa richiamata non opera alcun riferimento all’agevolazione medesima.

 

3. I buoni pasto nella circolare n.2/2020 del ministro della PA

La tematica relativa al riconoscimento del buono pasto al dipendente pubblico viene affrontata dalla Circolare n. 2/2020 del Ministro della Pubblica Amministrazione; non a caso, si stabilisce che “le amministrazioni sono chiamate a definire gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro, tra cui gli eventuali riflessi sull’attribuzione del buono pasto, previo confronto sotto tale aspetto con le organizzazioni sindacali.” Si aggiunge, inoltre, che “con particolare riferimento alla tematica dei buoni pasto, il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto e che ciascuna PA assume le determinazioni di competenza in materia, previo confronto con le organizzazioni sindacali.”

In altre parole, si afferma che la decisione sul riconoscimento dei buoni pasto ai dipendenti che operano in smart working ricade esclusivamente sui singoli enti.

 

4. Sentenza del Tribunale di Venezia 8 luglio 2020, n. 1069

Il Tribunale di Venezia, intervenendo sul tema in seguito al riconoscimento del lavoro agile come la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nel periodo di emergenza sanitaria, operato anche dall’articolo 87, comma 1, del d.l. 18 del 2020, ha escluso la compatibilità del buono pasto con la modalità di lavoro rappresentata dal lavoro agile.

La motivazione posta a fondamento della decisione medesima da parte del Tribunale di Venezia risiede nella valutazione del titolo VI del CCNL 14 settembre 2000, titolato “Trattamento economico”, che, agli articoli 45 e 46, disciplina l’utilizzo del buono pasto, stabilendo che possono fruire della mensa così come del buono pasto, i dipendenti che prestino attività lavorativa al mattino con prosecuzione nelle ore pomeridiane, con una pausa non superiore a due ore e non inferiore a trenta minuti; in altre parole, il CCNL subordina la fruizione del buono pasto a una organizzazione del lavoro del singolo dipendente che rispetti determinati requisiti temporali.

Interessante, inoltre, il richiamo operato ad una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, la sentenza 28 novembre 2019, n. 31137, in cui si sancisce che il diritto al buono pasto risulta subordinato al fatto che la presenza del lavoratore sul lavoro si protragga oltre le sei ore.

Ciò che veramente colpisce dall’analisi della Suprema Corte è, però, l’identificazione del buono pasto come un’agevolazione “di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale” e non come un elemento normale della retribuzione, concretizzandosi in un “beneficio che non viene attribuito senza scopo, in quanto la sua corresponsione è finalizzata a far sì che si possano conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore, al quale viene consentita la fruizione del pasto, i cui costi vengono assunti dall’Amministrazione, al fine di garantire allo stesso il benessere fisico necessario per la prosecuzione dell’attività lavorativa, nelle ipotesi in cui l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente stabilito per la fruizione del beneficio”.

In altre parole, è chiaro che si tratta di un beneficio legato non alla prestazione in quanto tale, ma alle “modalità concrete del suo svolgimento e, quindi, alla relativa organizzazione”, essendo diretto al recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore destinatario di un’estensione dell’orario di lavoro.

In conclusione, non essendo considerato dalla Suprema Corte un elemento normale della retribuzione, si dovrebbe concludere, come afferma anche il Tribunale di Venezia nella sentenza richiamata, che non esiste alcun automatismo tra buono pasto e prestazione di lavoro in modalità agile e che, in ultima analisi, l’esclusione dal godimento del buono pasto per i dipendenti in smart working non comporta la violazione dell’articolo 20 della Legge 22 maggio 2017, n. 81 in quanto tale beneficio è connesso a specifici requisiti della prestazione di lavoro e non rientra nella nozione di trattamento economico e normativo da garantire in ogni caso al lavoratore dell’azienda.

Da ultimo, è interessante notare che il Tribunale di Venezia, riprendendo la circolare del 2 aprile 2020 del Ministero della P.A. e precedentemente richiamata, stabilisce che l’applicazione del dettato normativo impone di ritenere “incompatibile la fruizione del buono pasto con il lavoro del dipendente svolto dal proprio domicilio”.

 

5. Il Ministero della pubblica amministrazione ha modificato il precedente orientamento in tema?

Come precedentemente affermato, nella Circolare n. 2/2020, il Ministero della Pubblica Amministrazione ha sancito che spetta alle Amministrazioni Pubbliche, previo confronto sul tema con le organizzazioni sindacali, “definire gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro, tra cui gli eventuali riflessi sull’attribuzione del buono pasto”.

Questa valutazione, compiuta dal Ministero medesimo, non è condivisa dalla sentenza del Tribunale di Venezia che, nel caso prospettato, identifica come necessitato l’atto di sospensione da parte del Comune dell’erogazione dei buoni pasto, non condividendo, inoltre, l’utilità dell’adozione di soluzioni differenti da parte di distinte Pubbliche Amministrazioni a seconda dell’esito dei confronti sindacali.

Ritornando sul tema, successivamente alla Circolare n.2 del 2020 e alla Direttiva n.3 del 2020, si deve evidenziare che in data 25 novembre 2020 è stato pubblicato un parere del Servizio per la gestione del personale pubblico del Dipartimento della Funzione Pubblica che, in merito ad una richiesta di riconoscere i buoni pasto ai lavoratori che operano in smart working, ha sancito che, in mancanza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale sul tema, si conferma l’orientamento secondo il quale, esaltando l’assenza di qualsiasi automatismo tra buono pasto e prestazione di lavoro resa in modalità agile, si riconosce a ciascuna Amministrazione il potere di assumere le decisioni più opportune in relazione all’attivazione o meno dei buoni pasti sostitutivi e alle modalità di erogazione degli stessi.

 

6. Conclusione

Dall’analisi delle norme e delle circolari richiamate nonché dei casi giurisprudenziali presentati, si può concludere affermando che sia il Ministero per la Pubblica Amministrazione sia il Tribunale di Venezia riconoscono la mancanza di un automatismo tra prestazione di lavoro effettuata e il beneficio del buono pasto, ancorato a specifiche caratteristiche di natura organizzativa e temporale della prestazione medesima che, sicuramente, non sono connesse all’espletamento in modalità di lavoro agile che, secondo definizione legislativa, è caratterizzata dalla mancanza di precisi vincoli di orario.

Riferimenti giurisprudenziali e normativi

Tribunale di Venezia, sentenza 8 luglio 2020, n. 1069

Corte di Cassazione, Sentenza 28 novembre 2019, n. 31137

Legge 22 maggio 2017, n. 81

Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 8