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Specializzazione medica - Corte di Giustizia: lecito porre una condizione all’erogazione della borsa di studio

Specializzazione medica - Corte di Giustizia: lecito porre una condizione all’erogazione della borsa di studio
Specializzazione medica - Corte di Giustizia: lecito porre una condizione all’erogazione della borsa di studio

Con le seguenti opinioni, l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia sostiene che una normativa interna che pone una condizione all’erogazione di una borsa di studio non osti necessariamente all’applicazione del diritto dell’Unione Europea.

 

I fatti

Nella Provincia Autonoma di Bolzano non è presente una Facoltà di Medicina adatta alla formazione specializzata. Per questo motivo, sulla base della legge provinciale del 3 Gennaio 1986, è stata firmata una convenzione tra la Provincia,  le università italiane e l’Austria per istituire in quest’ultima posti aggiuntivi per la formazione medico-specialistica.

La Sign.ra Federspiel intraprende un percorso di formazione medica specializzata a tempo pieno presso l’Università di Innsbruck (Austria). Per questo riceve una borsa di studio, erogata dalla Provincia di Bolzano tramite l’Università austriaca in funzione di rimunerazione per il lavoro svolto. In cambio tuttavia, si richiede che “il medico interessato presti servizio (o, a seconda dei casi, adotti i provvedimenti necessari per prestare servizio), dopo il conseguimento della qualifica di specialista, nel Servizio sanitario pubblico della Provincia per un certo periodo”.

In data 21 Dicembre 1992, la Sig.ra Federspiel sottoscrive che si impegnerà a prestare 5 anni di attività nel Servizio Sanitario pubblico della Provincia entro 10 anni dal conseguimento della specializzazione. Si stabilisce che la conseguenza in caso di inadempimento sarà la restituzione fino al 70% della borsa di studio, a cui sommare gli interessi legali; se invece l’inadempimento risultasse parziale, si tratterebbe di restituire fino al 14% della borsa di studio per ogni anno superiore a sei mesi di non prestato servizio.

In data 20 Febbraio 2013, in risposta ad una richiesta di attestazione della Provincia, la Sig.ra Federspiel dichiara di non aver prestato il servizio promesso. Di conseguenza, l’amministrazione le domanda la restituzione di 119 933,87 euro, derivanti dal 70% della borsa di studio percepita e dagli interessi legali.

La procedura

La Sig.ra Federspiel ricorre in giudizio per chiedere di dichiarare illegittima la pretesa di pagamento.

In particolare, ritiene che il decreto del Presidente della giunta provinciale n. 61/1988, cioè il regolamento di esecuzione della legge provinciale del 3 Gennaio 1986, il quale stabilisce la condizione sopra esposta, non sia compatibile con il diritto comunitario. Il giudice del rinvio, dunque, sospende il procedimento e sottopone alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali. 

 

La prima questione pregiudiziale

Innanzitutto al giudice comunitario si chiede se l’Articolo 2 n. 1 lett. c) della direttiva 75/363 ed il suo allegato debbano essere letti come contrari ad una norma di diritto interno che preveda una condizione per l’attribuzione di una borsa di studio, e cioè di una retribuzione, per medici specializzandi.

In particolare, la direttiva 75/363 stabilisce gli standard che gli Stati membri devono rispettare per le proprie disposizioni nel campo della formazione medica, in modo da porre una base comune per permettere il reciproco riconoscimento dei titoli di medico: l’Unione impone dunque delle norme minime, lasciando poi ampia discrezionalità ai singoli Stati nel campo dell’insegnamento. L’allegato a sua volta tratta della libera circolazione dei professionisti medici, nonché delle caratteristiche della formazione: in particolare, prevede un obbligo di fornire un’adeguata remunerazione per il lavoro svolto dallo specialista in formazione. Ciò che quindi tendono a fare questi due testi è favorire l’armonizzazione delle regole di formazione tra i vari Paesi membri, sì da consentire il reciproco riconoscimento dei titoli di studio, e quindi una certa parità tra i cittadini europei nei campi delle libertà di circolazione, stabilimento e prestazione di servizi medici.

Nel caso di specie, secondo l’opinione dell’Avvocato Generale, “la Sig.ra Federspiel non può invocare utilmente la direttiva 75/363”.  Innanzitutto, la Corte stessa ha dichiarato che la direttiva in questione “non contiene alcuna definizione dell’istituzione tenuta a versare la rimunerazione, né della rimunerazione da considerare «adeguata» né dei metodi di fissazione di tale rimunerazione”: questo significa che tali decisioni sono lasciate alla discrezionalità dei diversi Stati. Di conseguenza, che la Provincia di Bolzano ponga una condizione all’erogazione non crea alcun problema. Infatti, la remunerazione dello specializzando avviene correttamente, in quanto la Provincia fornisce all’Università di Innsbruck i fondi da redistribuire e la convenzione tra i due soggetti rientra di certo nel margine di facoltà lasciato agli Stati per dar applicazione alla direttiva citata.

In conclusione, la direttiva 75/363 non impedisce che una normativa di diritto interna preveda una condizione per l’erogazione della rimunerazione da destinarsi ai medici specializzandi.

 

La seconda questione pregiudiziale

La seconda questione posta al giudice comunitario riguarda l’Articolo 45 TFUE sulla libera circolazione dei lavoratori: ci si chiede se subordinare la rimunerazione da destinarsi a medici specializzandi a una condizione sia compatibile con l’articolo citato, e quindi, più in generale, con il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Infatti, “l’obbligo di prestare almeno 5 anni di servizio a tempo pieno in qualità di medico specialista presso il Servizio sanitario pubblico della Provincia entro il periodo di 10 anni successivo al conseguimento della specializzazione o, in alternativa, di restituire fino al 70% dell’importo percepito, oltre agli interessi legali sembra invero costituire, prima facie, una chiara restrizione del diritto alla libera circolazione del medico interessato”.

Innanzitutto allora si ricorda che la Corte ha riconosciuto come contrarie all’articolo 45 le norme nazionali che ostacolino o dissuadano un cittadino dall’abbandonare il proprio Stato, specie se per svolgere un’attività lavorativa all’estero. Tuttavia, nel caso di specie, si riscontra la situazione opposta: la Provincia di Bolzano, infatti, ha erogato le borse di studio per permettere un’educazione che all’interno dei proprio territori non sarebbe stata plausibile, vista la carenza di strutture. Ne deriva che la condizione imposta ai beneficiari “costituisce un presupposto e non una restrizione, per la libera circolazione dei professionisti medici in qualità di specialisti” e quindi “rappresenta semplicemente il corrispettivo” per la possibilità offerta dalla Provincia.

In seguito, l’Avvocato Generale prosegue ragionando che, anche supponendo che la condizione in questione possa limitare la libera circolazione, misure restrittive da parte dei Paesi sono ammissibili qualora “giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso”. A riguardo, la Provincia precisa che l’accordo nel caso di specie ha la funzione di garantire la sanità pubblica, assicurando alla popolazione locale cure mediche specialistiche di elevata qualità e nelle due lingue ufficiali: si ricorda quindi che anche nel campo della sanità pubblica gli Stati membri dispongono di ampia discrezionalità applicativa. L’Avvocato Generale, pur consapevole della competenza del giudice nazionale di decidere sulla proporzionalità delle misure, osserva comunque che la condizione può ritenersi equilibrata e ragionevole, in quanto limitata nel tempo e funzionale a garantire un servizio di sanità pubblica nel territorio della Provincia. Inoltre,sottolinea, è previsto dal decreto che “ in mancanza di posti disponibili, i medici possono seguire la loro carriera senza restrizioni”.

In conclusione, non si rileva alcuna possibile opposizione con il Trattato FUE.

(Corte di Giustizia, Conclusioni dell’Avvocato Generale Nils Wahl, 13 Settembre 2017, Causa C-419/16)