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Stephen King, lo scrittore che si sedette allo scrittorio della morte

Misery
Misery

Il 1987 è l’anno che vede la pubblicazione di un romanzo di un certo Stephen King (che, in realtà, avrebbe dovuto essere pubblicato con lo pseudonimo che King spesso usava, ovvero Richard Bachman), quel “Misery” che segnerà la storia della letteratura thriller successiva.

Il successo fu notevole, tanto che il romanzo vinse anche il premio Bram Stoker. Ma quello che non è molto noto è come il libro sia stato scritto.

La stesura del romanzo è iniziata il 23 settembre 1984 e si è ufficialmente conclusa il 7 ottobre 1986.

È proprio quel 23 settembre che ci interessa, perché si narra che quel giorno Stephen King fosse in aereo, in viaggio verso Londra, e durante quel volo si sia addormentato, e abbia sognato la storia di uno scrittore di successo salvato e poi recluso da una ammiratrice psicopatica, che lo costringerà a cambiare le storie dei suoi romanzi seriali. Sembra che King, una volta arrivato al Brown’s Hotel di Londra, esausto dal lungo viaggio, si sia sistemato nella stanza ma, nonostante i numerosi tentativi, non sia riuscito a prendere sonno, ossessionato dal sogno fatto in aereo.

Sceso nella hall per fare due passi, incontrò il portiere dell’albergo che, dopo aver scambiato quattro chiacchiere, gli mostrò con orgoglio uno scrittoio che era stato usato da Rudyard Kipling.

Elettrizzato da quello strano aneddoto, Stephen King prese il suo block notes, si sedette alla scrivania e iniziò a buttar giù idee per il suo romanzo. Poco dopo si accorse di aver riempito 16, magnifiche, pagine di quello che in origine avrebbe dovuto essere solo un racconto di circa trentamila parole, intitolato “The Annie Wilkes Edition”, nel quale la protagonista psicopatica costringeva Paul Sheldon a scrivere un altro romanzo e poi lo uccideva. Ma le cose poi presero ben presto una direzione diversa da quella prevista, per giungere fino alla costruzione del capolavoro che oggi conosciamo.

Ritornando in camera, King ringraziò il portiere, che aggiunse, con un po’ di imbarazzo, che su quello scrittoio Kipling era morto a seguito di un colpo apoplettico proprio mentre stava scrivendo.