“Tanguy”, o sia, fino a che età i figli hanno diritto di restare a carico dei genitori
Abstract
Il dovere dei genitori di mantenere la prole non è temporalmente illimitato. Esso termina quando il figlio sia economicamente indipendente, o anche quando abbia un’età in cui dovrebbe essere indipendente, e non lo sia per propria colpa. Questo si ricava, tra l’altro, dall’articolo 337-septies codice civile. La giurisprudenza, poi, indica quando, in concreto, si possa ravvisare l’indipendenza economica del figlio, ovvero la colpa di lui per la permanente dipendenza dai genitori.
Indice
1. Un caso pratico e alcune delle questioni che pone sull’obbligo di mantenimento
2. Che cosa estingue l’obbligo di mantenere i figli
3. Quando possono essere ritenute sussistenti le circostanze estintive dell’obbligo di mantenere i figli
4. La, conseguente, soluzione del caso sull’obbligo di mantenimento
1. Un caso pratico e alcune delle questioni che pone sull’obbligo di mantenimento
Nel titolo di questo piccolo contributo, ho voluto citare un bel film francese dei primi anni duemila, in cui si racconta di un figlio, che non vuole lasciare la casa dei genitori, e dei tentativi di costoro di allontanarlo e di spingerlo alla vita autonoma.
In verità, la questione sul termine oltre al quale i genitori non sono più obbligati a farsi carico dei figli, nella pratica raramente viene portata avanti al giudice, finché i genitori siano uniti. Il contrasto sul punto sorge, infatti, quasi solo con riferimento alle famiglie in crisi, e alle coppie genitoriali ormai disgregate.
Per meglio introdurre il tema, allora, voglio proporre un semplice caso, di fantasia ma assai verosimile, al quale far seguire due questioni fondamentali, ed il tentativo di rispondere ad esse.
Il Signor Bargello ha una figlia, di nome Bargellina. La giovane Bargellina convive con la madre, ex moglie di Bargello, alla quale quest’ultimo deve un assegno periodico, a titolo di contributo al mantenimento della figlia.
Bargellina ha ventiquattro anni, ed è studentessa universitaria da cinque anni. Il corso di laurea al quale essa è iscritta è previsto di durata triennale, ma, in media, viene completato dagli studenti in cinque anni. Bargellina, pur avendo superato tutti gli esami di profitto, non ha completato il percorso universitario, poiché deve ancora sostenere l’esame di laurea. Bargellina, altresì, è già impiegata, saltuariamente e occasionalmente, in piccoli lavori a tempo determinato.
Il Signor Bargello chiede al giudice di disporre la cessazione del proprio obbligo a contribuire al mantenimento della figlia, affermando che quest’ultima, per un verso, potrebbe già considerarsi economicamente autosufficiente, in quanto saltuariamente impiegata in lavori a tempo determinato, e, per altro verso, dovrebbe essere comunque ritenuta in colpa per la mancanza di autosufficienza, in quanto studentessa universitaria “fuori corso”.
Vi sono gli estremi perché l’istanza del Signor Bargello venga accolta dal giudice?
2. Che cosa estingue l’obbligo di mantenere i figli
Per risolvere il caso, si deve rammentare, anzitutto, che il dovere di contribuzione al mantenimento di un figlio, grava su entrambi i genitori, non solo fino alla maggiore età del figlio, ma anche fino a quando il figlio stesso non possa ritenersi economicamente indipendente, o autosufficiente, che dir si voglia (così la costante giurisprudenza. Cfr., tra le altre: C. 13354/2017; C. 10207/2017; C. 1585/2014; C. 18974/2013; C. 4555/2012; C. 2171/2012; C. 14123/2011; C. 407/2007; C. 22491/2006; A. Roma, 10.10.2013; A. Genova 7.10.2006; T. Potenza, 19.8.2017).
Tale dovere, altresì, viene meno pure nell’ipotesi in cui il figlio possa considerarsi in colpa per la mancanza di indipendenza economica (così, ad esempio: C. 5088/2018; C. 12952/2016; C. 1858/2016; C. 27377/2013; C. 4555/2012; C. 1773/2012; T. Catania, 15.01.2019; T. Siena, 15.12.2018).
Tanto la raggiunta indipendenza economica del figlio maggiorenne, quanto l’imputabilità al figlio stesso della mancanza di detta indipendenza, dunque, consentono di dichiarare cessato l’obbligo del genitore a mantenerlo.
L’onere di provare, o l’autosufficienza economica del figlio, o la colpa di lui per la mancanza di tale autosufficienza, nondimeno, è posto dalla costante giurisprudenza a carico del genitore obbligato (C. 5088/2018; C. 13354/2017; C. 10207/2017; C. 12952/2016; C. 1858/2016; C. 4555/2012; C. 14123/2011; C. 407/2007; C. 24498/2006).
Nel caso prospettato, quindi, tocca al Signor Bargello dimostrare, anche in via di presunzione, il venire meno dell’obbligo a contribuire al mantenimento della figlia Bargellina.
Ma possono, alcuni lavori saltuari, pur se provati, determinare l’indipendenza economica di un figlio? E, in assenza di questa, può un ritardo di due anni nel completamento del corso di studi integrare la colpa del figlio per la mancanza di tale indipendenza?
3. Quando possono essere ritenute sussistenti le circostanze estintive dell’obbligo di mantenere i figli
Alla prima delle due questioni poste al termine del paragrafo precedente la riposta pare essere negativa.
In più occasioni la giurisprudenza ha ribadito, infatti, che vi è indipendenza economica solamente quando il figlio abbia raggiunto una “adeguata capacità lavorativa in relazione al percorso di studi effettuato” (citazione testuale dalla recente Trib. Monza, 8.5.2019), e che un impiego occasionale e a tempo determinato del figlio non basti a realizzarne l’indipendenza economica.
In tal senso, ad esempio, è orientata Cassazione 13354/2017, nella quale non si è reputata sufficiente, per integrare l’indipendenza, la mera occupazione del figlio come apprendista.
Di analogo orientamento pare App. Napoli, 19.1.2018, in cui si son ritenuti insufficienti, al fine ora in considerazione, redditi, anche congrui, ma saltuari e derivanti da attività non collegate alla definitiva formazione a cui il figlio è stato indirizzato. In tempi meno recenti, ancora, si può leggere Tribunale di Salerno, 10.11.2009, in cui si è affermata l’insufficienza, sempre al fine ora in rilievo, di un lavoro precario e limitato nel tempo.
Anche la risposta alla seconda questione, poi, sembra essere negativa, poiché la Suprema Corte ha ripetutamente affermato che la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico-reddituale del figlio costituisce un indicatore forte d’inerzia colpevole, solo al raggiungimento di un’età, nella quale il percorso formativo e di studi, “nella normalità dei casi” sia “ampiamente” concluso e la persona sia “da tempo inserita” nella società (così, in larga parte testualmente: C. 5088/2018; C. 12952/2016).
Per chiarire quanto ciò più in concreto significhi, appaiono utili, nella recente giurisprudenza di merito:
Tribunale di Catania, 15.01.2019, con la quale si riconosce la colpa di un figlio – per la propria persistente dipendenza economica dai genitori – il quale “ha abbandonato gli studi, senza, altresì, trovare lavoro”, né porsi alla ricerca di esso;
Tribunale di Siena, 15.12.2018, nella quale si individua la colpa del figlio che ha “ben oltre 40 anni di età”, e per il quale “appare evidente che il ciclo di studi mai concluso difficilmente sarà portato a termine a questa età”.
Ora, sia i casi di merito riportati, sia, e soprattutto, le ripetute affermazioni della Cassazione, secondo la quale il ritardo nel compimento degli studi deve essere notevole per integrare la colpa del figlio, paiono suggerire che l’essere “fuori corso”, quando ciò dipenda dalla mancanza del solo esame di laurea, e quando ciò sia per un tempo non eccezionalmente lungo, ma, anzi, rientrante nella media nazionale, significhi essere in una situazione di studio che ancora non esorbita dalla “normalità dei casi”, che non può portare a ritenere il figlio in colpa, e che, perciò, non può, di per sé, provocare l’estinzione dell’obbligo di mantenimento in capo al genitore.
4. La, conseguente, soluzione del caso sull’obbligo di mantenimento
L’istanza di Bargello, in sintesi, sarà probabilmente respinta dal giudice, non potendosi ritenere, né che impieghi occasionali e a tempo determinato bastino a determinare l’indipendenza economica di Bargellina, né che un ritardo normale, e nella media, nel completamento del corso di studi, sia sufficiente per imputare alla stessa la mancanza di detta indipendenza.