TAR Puglia: quote rosa nella società interamente partecipata dal Comune
In particolare, per il GA ciascun consigliere comunale ha un proprio interesse, differenziato e attuale, a chiedere l’intervento delle autorità giurisdizionali, al fine di ripristinare la legalità nell’azione degli organi consiliari, inibendo così anche future violazioni connesse, consequenziali o dello stesso genere; in tal senso, il consigliere comunale, da un lato, non è equiparabile al quisque de populo, dall’altro lato, agisce a tutela (o meglio alla conservazione) della carica rivestita (c.d. ius ad officium).
Nel merito, secondo il TAR l’art. 51 Cost. vincola le singole p.a. ed i propri rappresentanti istituzionali, anche a livello locale, ad agire nel rispetto del principio di pari opportunità, sicché ogni statuizione che non tenga adeguatamente conto del necessario “riequilibrio di genere” costituirà una violazione di siffatto obbligo costituzionale. Nell’attuale sistema normativo è infatti cogente il principio delle pari opportunità nei confronti di tutti i soggetti istituzionali che compongono l’ordinamento repubblicano ed in relazione a qualsivoglia tipo di provvedimento – normativo oppure amministrativo – che si intende adottare con riguardo ai diversi settori di intervento.
Per il TAR salentino, infine, in forza dell’art.6, d.lg. 18 agosto 2000 n.267, un Sindaco, nell’ambito della procedura svolta per la nomina dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio dei sindaci di una società in house interamente partecipata dal Comune, deve tener conto del principio delle pari opportunità, eventualmente riservando una aliquota dei membri da nominare (la cui consistenza deve a sua volta formare oggetto di valutazione in concreto, sulla base delle singole circostanze) al sesso generalmente sottorappresentato, ossia quello femminile.
(Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce - Sezione Prima, Sentenza 24 febbraio 2010, n.622).
[Avv. Alfredo Matranga]
In particolare, per il GA ciascun consigliere comunale ha un proprio interesse, differenziato e attuale, a chiedere l’intervento delle autorità giurisdizionali, al fine di ripristinare la legalità nell’azione degli organi consiliari, inibendo così anche future violazioni connesse, consequenziali o dello stesso genere; in tal senso, il consigliere comunale, da un lato, non è equiparabile al quisque de populo, dall’altro lato, agisce a tutela (o meglio alla conservazione) della carica rivestita (c.d. ius ad officium).
Nel merito, secondo il TAR l’art. 51 Cost. vincola le singole p.a. ed i propri rappresentanti istituzionali, anche a livello locale, ad agire nel rispetto del principio di pari opportunità, sicché ogni statuizione che non tenga adeguatamente conto del necessario “riequilibrio di genere” costituirà una violazione di siffatto obbligo costituzionale. Nell’attuale sistema normativo è infatti cogente il principio delle pari opportunità nei confronti di tutti i soggetti istituzionali che compongono l’ordinamento repubblicano ed in relazione a qualsivoglia tipo di provvedimento – normativo oppure amministrativo – che si intende adottare con riguardo ai diversi settori di intervento.
Per il TAR salentino, infine, in forza dell’art.6, d.lg. 18 agosto 2000 n.267, un Sindaco, nell’ambito della procedura svolta per la nomina dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio dei sindaci di una società in house interamente partecipata dal Comune, deve tener conto del principio delle pari opportunità, eventualmente riservando una aliquota dei membri da nominare (la cui consistenza deve a sua volta formare oggetto di valutazione in concreto, sulla base delle singole circostanze) al sesso generalmente sottorappresentato, ossia quello femminile.
(Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce - Sezione Prima, Sentenza 24 febbraio 2010, n.622).
[Avv. Alfredo Matranga]