Tribunale di Bologna: inibitoria a distribuzione di libro, diritto d’autore, diritti della personalità, diritto di cronaca

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA

SEZIONE SPECIALIZZATA DIRITTO INDUSTRIALE CIVILE

Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 18072/2010 promosso da:

E. C.

S. C.

B. C.

RICORRENTI

contro

ALIBERTI EDITORE S.R.L.

STEFANO GIORGIO ERNESTO MASTROSIMONE

RESISTENTI

Il Giudice dott. MAURIZIO ATZORI,

a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 21/12/2010,

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

Con ricorso ex art. 156, 163 e 168 L. 22 aprile 1941 n. 633, le signore E., F., B. C. hanno adito il Tribunale di Bologna al fine di ottenere l’inibitoria alla distribuzione del libro "Alda Merini con Stefano Mastrosimone - Una specie di Follia" edito dalla Alberti Editore s.r.l., in quanto pubblicato sia in violazione dell’art. 93 l.d.a. e della normativa sulla riservatezza sia in violazione dei propri diritti derivanti dalla propria qualità di eredi legittimi di Alda Merini.

Le ricorrenti hanno prospettato di voler agire, successivamente, nel merito per l’accertamento dell’illegittimità della pubblicazione di cui si discute, e per il conseguente ritiro dal commercio e distruzione della stessa, in quanto edita e messa in commercio senza il preventivo consenso di esse ricorrenti.

La domanda cautelare è infondata.

Pur non essendo chiaro nelle conclusioni del ricorso e, soprattutto, nella indicazione dell’azione di merito cui strumentalmente è connessa la domanda cautelare, la lettura dell’atto nel suo complesso convince che le ricorrenti agiscono anche sul presupposto che l’autrice dell’opera di cui si discute vada considerata la loro madre Alda Merini e non il resistente Mastrosimone che si sarebbe limitato a raccoglierne le dichiarazioni e le memorie.

In materia vige il principio per cui l’atto creativo dell’opera dell’ingegno riceve tutela ancorché sia minimo, purché suscettibile di manifestazione del mondo esteriore (sul punto in maniera chiara Cass. n. 20295/2005). Nel caso delle interviste a personaggi "pubblici", il gradiente minimo di creatività richiesto dalla legge è di norma presente: lo si deve rinvenire all’interno delle domande poste dall’autore, laddove esse sollecitino risposte, da parte dell’intervistato, che presentino un qualche interesse giornalistico; laddove, cioè, il citato personaggio sia indotto a formulare dichiarazioni che soddisfino, seppure in piccola parte, le esigenze di informazione del pubblico. Il che, trattandosi di personaggi noti, si verifica regolarmente (Così recentemente Trib. Roma Sez. IX, 07-01-2008 in plurisonline.it).

Quanto alla individuazione dell’autore "…l’intervista può essere tutelata dalla legge sul diritto d’autore se possiede un minimo di carattere creativo; la creatività dell’intervista deve essere individuata nell’elaborazione dei testi della stessa, nella conduzione finalizzata alla delineatura della personalità dell’intervistato e nella evidenziazione dei dati salienti ed "interessanti" di essa e non nel mero fatto narrativo registrato" (così Trib. Milano 17.5.1984, Andreoli C. Servadio in Riv.Dir.Ind. 1987, II, 359).In ogni caso, la qualifica di autore spetta all’intervistatore, quando l’intervista presenti il requisito della creatività, richiesto per la protezione dell’opera di un ingegno: "Creatività che deve essere individuata nella elaborazione dei testi dell’intervista, nella stessa "conduzione" finalizzata alla delineatura della personalità dell’intervistato e nella evidenziazione dei dati salienti ed "interessanti" di essa e non nel mero fatto narrativo registrato. In questa opera di composizione si manifesta la "partecipazione" dell’autore dell’intervista: cioè quanto più egli si allontana dal meccanismo riproduttivo e crea una nuova "forma" alle dichiarazioni rese, delineando la personalità del soggetto rivelandolo in ciò che verrà pubblicato.

Da questo tipo di attività può emergere un soggetto anche diverso da quello delineabile dal richiamo di meri fatti storici o annedotici, ma il dato rilevante delle luci e delle ombre che può caratterizzare l’intervista conduce questa nell’ambito dell’opera di autore" e ancora, "l’"autore" dell’intervista può identificarsi con l’intervistato ... unicamente laddove sia quest’ultimo a preparare autonomamente le domande e le risposte ovvero a diffondersi sulle questioni trattate, limitandosi il giornalista a proporre gli argomenti oggetto dell’intervista in forma di semplici domande. Ne deriva che al di fuori di tali ipotesi - e sempre che l’intervista sia connotata dai caratteri di creatività sopra individuati - autore della stessa debba considerarsi l’intervistatore e non già l’intervistato" (così Trib. Roma 11.12.2002, in AIDA 2004, 969, pag. 682 ss).

Nella fattispecie in esame se è vero da un lato che il nucleo essenziale del libro è rappresentato dal contenuto delle dichiarazioni di Alda Merini, è vero anche che le stesse si inseriscono in un contesto più ampio, nel quale il Mastrosimone racconta il proprio rapporto con la donna e la poetessa, offre chiavi di lettura dei comportamenti dell’intervistata, riflessioni, sensazioni proprie che fanno di quel libro un’opera più complessa di una semplice intervista. Sul punto basti osservare che molti capitoli del libro (vedi Niente gas; La carta d’identità; Strani fenomeni in quella casa; Ferragosto 2008: la colazione mancata; Cafè de la Place un saluto da Alda) si fondano quasi esclusivamente sull’opera del Mastrosimone e non contengono dichiarazioni della poetessa. Inoltre, per quanto dal testo emerga la forza della personalità della Merini, capace di indirizzarsi verso argomenti che in un determinato momento le piaceva trattare, appare evidente dalla stessa sequenza delle domande che il Mastrosimone conoscesse approfonditamente la vita della intervistata e partecipasse con il proprio bagaglio di conoscenze e la propria sensibilità alla costruzione di una "storia" basata sul racconto della Merini.

Allo stato nessun dubbio sulla individuazione dell’autore nella persona del Mastrosimone che si presenta, dunque, quale titolare esclusivo dei diritti morali e di sfruttamento economico del prodotto realizzato.

Quanto alla invocata tutela di cui all’art. 93 l.633/1941 va premesso che detta norma disciplina i diritti relativi agli scritti che contengono informazioni di carattere confidenziale e personale, inerenti all’intimità della vita privata, che, per tal motivo, subiscono delle limitazioni in fase di pubblicazione e divulgazione.

Appare evidente, dunque, che detta tutela non può estendersi al contenuto di una intervista, in cui l’intervistata racconta e riflette sulla propria vita, con la piena consapevolezza che tali dichiarazioni sono destinate ad essere pubblicate e divulgate e aventi ad oggetto fatti – come si preciserà oltre- nient’affatto inediti.

Trattasi di connotazioni tipiche di una biografia autorizzata che è ontologicamente diversa ed opposta rispetto alle memorie familiari o a un epistolario che presentano entrambi, come tratto saliente, la segretezza che giustifica, appunto, la necessità dei consensi dei soggetti coinvolti.

Proprio per questo il segreto epistolare è bilaterale, mentre così non è per il caso delle memorie familiari nelle quali manca l’interlocutore e, per le stesse ragioni (la tendenziale segretezza), il diritto a mantenere la riservatezza è disponibile, potendovi il titolare rinunciarvi.

Nel caso di specie il consenso della Merini alla divulgazione del contenuto delle interviste era, dunque, sufficiente per la pubblicazione e nessun consenso avrebbe dovuto essere dato dalle odierne ricorrenti.

Peraltro occorre osservare, con valutazioni efficaci anche sul tema, pure genericamente affrontato dalla difesa delle ricorrenti, del diritto alla riservatezza, che tutte le notizie riferite dalla poetessa allo scrittore non sono state contestate sotto il profilo della verità storica ma soprattutto che trattasi di fatti non inediti.

La documentazione prodotta dalla difesa Mastrosimone attesta, infatti, quanto segue.

Per quanto riguarda il tema degli aborti, la questione risulta già precedentemente trattata in "La pazza della porta accanto" di Alda Merini (ed. Bompiani – 1995): "Purtroppo non mi è stato permesso di essere una vera madre. Un maschio l’ho perso, è nato morto al quinto mese di gravidanza. Il destino non me lo ha concesso. Le mie quattro bambine invece me le ha portate via la follia: a causa degli internamenti in manicomio, le hanno date in affidamento…".

Sul punto occorre ulteriormente precisare che, quanto agli aborti della figlia – una delle odierne ricorrenti- la circostanza è riferita dalla Merini in un contesto adeguato , senza ulteriori sottolineature da parte del Mastrosimone e utilizzata come elemento di comunanza nel dolore tra figlia e madre: viene raccontata l’impossibilità della Merini e della figlia di portare a termine delle gravidanze, senza che da tali eventi patologici naturali ne derivasse qualsivoglia tipo di giudizio.

Per quanto riguarda le relazioni extraconiugali del marito della signora Merini, la questione risulta già precedentemente trattata in: "Uomini miei" di Alda Merini (ed. Frassinelli – 2005): "Se tutti i miei amanti sono entrati nella mia immaginazione e l’hanno fomentata, mio marito non l’ho mai immaginato. Era nella triste realtà giornaliera. Ma era per il Naviglio il super bello e il super desiderabile. Non so com’era riuscito a crearsi questa fama, ma da tutti era indicato come il poeta della corte. Mentre io languivo nel retrobottega mio marito riscuoteva successo a tutto andare e le donne lo coprivano e lo desideravano…"; in "Lettere a un racconto" di Alda Merini (ed. Rizzoli – 1998): "Mio marito era arguto come Ulisse, e forse come Ulisse aveva distribuito il suo seme un po’ ovunque, ma anch’egli amava Penelope, che faceva e disfaceva in lunghi anni di manicomio".

Per quanto riguarda l’infanzia delle figlie della Merini gli stessi episodi e i medesimi temi erano già stati trattati in "Lettere a un racconto" di Alda Merini (ed. Rizzoli – 1998; "La pazza della porta accanto" di Alda Merini (ed. Bompiani – 1985): "L’altra verità – Diario di una diversa" di Alda Merini (ed. Scheiwiller – 1986).

Infine, per quanto riguarda la paternità della figlia Simona, a prescindere dal fatto che l’argomento era stato già trattato in diverse memorie pubblicate dalla Merini, la questione è del tutto irrilevante posto che Simona C. non è tra i soggetti che hanno proposto ricorso.

Appare evidente dunque che il libro di Mastrosimone non contiene nulla di quanto non fosse già trattato nell’ampia opera autobiografica della Merini, la cui esperienza artistica, come chiaramente dimostrato dalle pubblicazioni prodotte in copia agli atti, era fortemente condizionata e intimamente intrecciata con il proprio doloroso vissuto personale.

Sul punto va però precisato che la irrintracciabilità di inediti nel libro di Mastrosimone, non esaurisce le problematiche del rapporto tra diritto di informazione e riservatezza , in considerazione del riconoscimento del diritto all’oblio e cioè del diritto a vedere non più pubblicate notizie già note. In questo caso , però, ad un anno soltanto dalla morte di un personaggio assai noto nel panorama culturale contemporaneo( si rifletta al fatto che più volte è stata proposta la sua candidatura al Nobel per la letteratura) non vi è dubbio che sussista ancora l’interesse a che notizie, appartenenti alla sfera privata, siano comunque conosciute e nuovamente diffuse.( Sul punto secondo Cass. pen., 24.9.2009, n. 45051, cit.: "può anche verificarsi che all’effetto di dissolvenza dell’attualità della notizia non faccia riscontro l’affievolimento dell’interesse pubblico o che – non più attuale la notizia – riviva, per qualsivoglia ragione, l’interesse alla sua diffusione. Insomma, può non esservi corrispondenza o piena sovrapposizione cronologica tra attualità della notizia e attualità dell’interesse pubblico alla divulgazione").

Infine va sottolineato che la divulgazione di notizie lesive della riservatezza di terzi, è comunque lecita qualora ricorrano le tre condizioni della verità dei fatti esposti (oggettiva o anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca), dell’interesse pubblico alla conoscenza del fatto oggetto di cronaca (c.d. pertinenza), della correttezza formale dell’informazione (c.d. continenza). Nell’ipotesi di conflitto e necessario bilanciamento tra diritti di rango costituzionale, come il diritto alla riservatezza garantito dall’art. 2 Cost. e il diritto di cronaca garantito dall’art. 21 Cost., pur in presenza dell’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti divulgati, nonché di una forma civile di esposizione e valutazione di essi, non è consentita la compressione senza alcun limite del diritto alla riservatezza, atteso che non ogni lesione del diritto soccombente può ritenersi giustificata: essendo giustificata la lesione solo nei limiti in cui è strettamente funzionale al corretto esercizio del diritto vittorioso, ed essendo altresì necessaria una valutazione di proporzionalità tra la causa di giustificazione (esercizio del diritto vittorioso) e la lesione del diritto antagonista, valutazione che va effettuata in relazione al concreto atteggiarsi dei diritti in contrapposizione. In particolare, qualora il trattamento riguardi un minore, l’interesse superiore del fanciullo deve ancor più avere una considerazione preminente nel bilanciamento degli opposti valori costituzionali del diritto di cronaca e del diritto alla privacy (Così Trib. Bologna Sez. III Sent., 04/10/2007 ma vedi recentissimamente Cass. civ. Sez. III, 09/07/2010, n. 16236 Lab. Analisi Clin. Tiburtino s.r.l. c. Ed. Romana S.p.A. e altri).

Nel caso di specie per tutte le considerazioni sin qui svolte, quand’anche si volesse esaminare la fattispecie sotto il profilo del rapporto tra diritto di informazione e diritto alla riservatezza, l’esito finale della delibazione provvisoria, tipica della cognizione cautelare volgerebbe a favore del primo.

La peculiarità in fatto della fattispecie ed l’oggettiva difficoltà di sovrapposizione tra considerazioni giuridiche e valutazioni intime e personali giustificano l’integrale compensazione delle spese.

PQM

Rigetta il ricorso.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di legge.

Bologna, 17 Marzo 2011

Il Giudice

dott. MAURIZIO ATZORI

Depositato in Cancelleria il 17.03.2011

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA

SEZIONE SPECIALIZZATA DIRITTO INDUSTRIALE CIVILE

Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 18072/2010 promosso da:

E. C.

S. C.

B. C.

RICORRENTI

contro

ALIBERTI EDITORE S.R.L.

STEFANO GIORGIO ERNESTO MASTROSIMONE

RESISTENTI

Il Giudice dott. MAURIZIO ATZORI,

a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 21/12/2010,

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

Con ricorso ex art. 156, 163 e 168 L. 22 aprile 1941 n. 633, le signore E., F., B. C. hanno adito il Tribunale di Bologna al fine di ottenere l’inibitoria alla distribuzione del libro "Alda Merini con Stefano Mastrosimone - Una specie di Follia" edito dalla Alberti Editore s.r.l., in quanto pubblicato sia in violazione dell’art. 93 l.d.a. e della normativa sulla riservatezza sia in violazione dei propri diritti derivanti dalla propria qualità di eredi legittimi di Alda Merini.

Le ricorrenti hanno prospettato di voler agire, successivamente, nel merito per l’accertamento dell’illegittimità della pubblicazione di cui si discute, e per il conseguente ritiro dal commercio e distruzione della stessa, in quanto edita e messa in commercio senza il preventivo consenso di esse ricorrenti.

La domanda cautelare è infondata.

Pur non essendo chiaro nelle conclusioni del ricorso e, soprattutto, nella indicazione dell’azione di merito cui strumentalmente è connessa la domanda cautelare, la lettura dell’atto nel suo complesso convince che le ricorrenti agiscono anche sul presupposto che l’autrice dell’opera di cui si discute vada considerata la loro madre Alda Merini e non il resistente Mastrosimone che si sarebbe limitato a raccoglierne le dichiarazioni e le memorie.

In materia vige il principio per cui l’atto creativo dell’opera dell’ingegno riceve tutela ancorché sia minimo, purché suscettibile di manifestazione del mondo esteriore (sul punto in maniera chiara Cass. n. 20295/2005). Nel caso delle interviste a personaggi "pubblici", il gradiente minimo di creatività richiesto dalla legge è di norma presente: lo si deve rinvenire all’interno delle domande poste dall’autore, laddove esse sollecitino risposte, da parte dell’intervistato, che presentino un qualche interesse giornalistico; laddove, cioè, il citato personaggio sia indotto a formulare dichiarazioni che soddisfino, seppure in piccola parte, le esigenze di informazione del pubblico. Il che, trattandosi di personaggi noti, si verifica regolarmente (Così recentemente Trib. Roma Sez. IX, 07-01-2008 in plurisonline.it).

Quanto alla individuazione dell’autore "…l’intervista può essere tutelata dalla legge sul diritto d’autore se possiede un minimo di carattere creativo; la creatività dell’intervista deve essere individuata nell’elaborazione dei testi della stessa, nella conduzione finalizzata alla delineatura della personalità dell’intervistato e nella evidenziazione dei dati salienti ed "interessanti" di essa e non nel mero fatto narrativo registrato" (così Trib. Milano 17.5.1984, Andreoli C. Servadio in Riv.Dir.Ind. 1987, II, 359).In ogni caso, la qualifica di autore spetta all’intervistatore, quando l’intervista presenti il requisito della creatività, richiesto per la protezione dell’opera di un ingegno: "Creatività che deve essere individuata nella elaborazione dei testi dell’intervista, nella stessa "conduzione" finalizzata alla delineatura della personalità dell’intervistato e nella evidenziazione dei dati salienti ed "interessanti" di essa e non nel mero fatto narrativo registrato. In questa opera di composizione si manifesta la "partecipazione" dell’autore dell’intervista: cioè quanto più egli si allontana dal meccanismo riproduttivo e crea una nuova "forma" alle dichiarazioni rese, delineando la personalità del soggetto rivelandolo in ciò che verrà pubblicato.

Da questo tipo di attività può emergere un soggetto anche diverso da quello delineabile dal richiamo di meri fatti storici o annedotici, ma il dato rilevante delle luci e delle ombre che può caratterizzare l’intervista conduce questa nell’ambito dell’opera di autore" e ancora, "l’"autore" dell’intervista può identificarsi con l’intervistato ... unicamente laddove sia quest’ultimo a preparare autonomamente le domande e le risposte ovvero a diffondersi sulle questioni trattate, limitandosi il giornalista a proporre gli argomenti oggetto dell’intervista in forma di semplici domande. Ne deriva che al di fuori di tali ipotesi - e sempre che l’intervista sia connotata dai caratteri di creatività sopra individuati - autore della stessa debba considerarsi l’intervistatore e non già l’intervistato" (così Trib. Roma 11.12.2002, in AIDA 2004, 969, pag. 682 ss).

Nella fattispecie in esame se è vero da un lato che il nucleo essenziale del libro è rappresentato dal contenuto delle dichiarazioni di Alda Merini, è vero anche che le stesse si inseriscono in un contesto più ampio, nel quale il Mastrosimone racconta il proprio rapporto con la donna e la poetessa, offre chiavi di lettura dei comportamenti dell’intervistata, riflessioni, sensazioni proprie che fanno di quel libro un’opera più complessa di una semplice intervista. Sul punto basti osservare che molti capitoli del libro (vedi Niente gas; La carta d’identità; Strani fenomeni in quella casa; Ferragosto 2008: la colazione mancata; Cafè de la Place un saluto da Alda) si fondano quasi esclusivamente sull’opera del Mastrosimone e non contengono dichiarazioni della poetessa. Inoltre, per quanto dal testo emerga la forza della personalità della Merini, capace di indirizzarsi verso argomenti che in un determinato momento le piaceva trattare, appare evidente dalla stessa sequenza delle domande che il Mastrosimone conoscesse approfonditamente la vita della intervistata e partecipasse con il proprio bagaglio di conoscenze e la propria sensibilità alla costruzione di una "storia" basata sul racconto della Merini.

Allo stato nessun dubbio sulla individuazione dell’autore nella persona del Mastrosimone che si presenta, dunque, quale titolare esclusivo dei diritti morali e di sfruttamento economico del prodotto realizzato.

Quanto alla invocata tutela di cui all’art. 93 l.633/1941 va premesso che detta norma disciplina i diritti relativi agli scritti che contengono informazioni di carattere confidenziale e personale, inerenti all’intimità della vita privata, che, per tal motivo, subiscono delle limitazioni in fase di pubblicazione e divulgazione.

Appare evidente, dunque, che detta tutela non può estendersi al contenuto di una intervista, in cui l’intervistata racconta e riflette sulla propria vita, con la piena consapevolezza che tali dichiarazioni sono destinate ad essere pubblicate e divulgate e aventi ad oggetto fatti – come si preciserà oltre- nient’affatto inediti.

Trattasi di connotazioni tipiche di una biografia autorizzata che è ontologicamente diversa ed opposta rispetto alle memorie familiari o a un epistolario che presentano entrambi, come tratto saliente, la segretezza che giustifica, appunto, la necessità dei consensi dei soggetti coinvolti.

Proprio per questo il segreto epistolare è bilaterale, mentre così non è per il caso delle memorie familiari nelle quali manca l’interlocutore e, per le stesse ragioni (la tendenziale segretezza), il diritto a mantenere la riservatezza è disponibile, potendovi il titolare rinunciarvi.

Nel caso di specie il consenso della Merini alla divulgazione del contenuto delle interviste era, dunque, sufficiente per la pubblicazione e nessun consenso avrebbe dovuto essere dato dalle odierne ricorrenti.

Peraltro occorre osservare, con valutazioni efficaci anche sul tema, pure genericamente affrontato dalla difesa delle ricorrenti, del diritto alla riservatezza, che tutte le notizie riferite dalla poetessa allo scrittore non sono state contestate sotto il profilo della verità storica ma soprattutto che trattasi di fatti non inediti.

La documentazione prodotta dalla difesa Mastrosimone attesta, infatti, quanto segue.

Per quanto riguarda il tema degli aborti, la questione risulta già precedentemente trattata in "La pazza della porta accanto" di Alda Merini (ed. Bompiani – 1995): "Purtroppo non mi è stato permesso di essere una vera madre. Un maschio l’ho perso, è nato morto al quinto mese di gravidanza. Il destino non me lo ha concesso. Le mie quattro bambine invece me le ha portate via la follia: a causa degli internamenti in manicomio, le hanno date in affidamento…".

Sul punto occorre ulteriormente precisare che, quanto agli aborti della figlia – una delle odierne ricorrenti- la circostanza è riferita dalla Merini in un contesto adeguato , senza ulteriori sottolineature da parte del Mastrosimone e utilizzata come elemento di comunanza nel dolore tra figlia e madre: viene raccontata l’impossibilità della Merini e della figlia di portare a termine delle gravidanze, senza che da tali eventi patologici naturali ne derivasse qualsivoglia tipo di giudizio.

Per quanto riguarda le relazioni extraconiugali del marito della signora Merini, la questione risulta già precedentemente trattata in: "Uomini miei" di Alda Merini (ed. Frassinelli – 2005): "Se tutti i miei amanti sono entrati nella mia immaginazione e l’hanno fomentata, mio marito non l’ho mai immaginato. Era nella triste realtà giornaliera. Ma era per il Naviglio il super bello e il super desiderabile. Non so com’era riuscito a crearsi questa fama, ma da tutti era indicato come il poeta della corte. Mentre io languivo nel retrobottega mio marito riscuoteva successo a tutto andare e le donne lo coprivano e lo desideravano…"; in "Lettere a un racconto" di Alda Merini (ed. Rizzoli – 1998): "Mio marito era arguto come Ulisse, e forse come Ulisse aveva distribuito il suo seme un po’ ovunque, ma anch’egli amava Penelope, che faceva e disfaceva in lunghi anni di manicomio".

Per quanto riguarda l’infanzia delle figlie della Merini gli stessi episodi e i medesimi temi erano già stati trattati in "Lettere a un racconto" di Alda Merini (ed. Rizzoli – 1998; "La pazza della porta accanto" di Alda Merini (ed. Bompiani – 1985): "L’altra verità – Diario di una diversa" di Alda Merini (ed. Scheiwiller – 1986).

Infine, per quanto riguarda la paternità della figlia Simona, a prescindere dal fatto che l’argomento era stato già trattato in diverse memorie pubblicate dalla Merini, la questione è del tutto irrilevante posto che Simona C. non è tra i soggetti che hanno proposto ricorso.

Appare evidente dunque che il libro di Mastrosimone non contiene nulla di quanto non fosse già trattato nell’ampia opera autobiografica della Merini, la cui esperienza artistica, come chiaramente dimostrato dalle pubblicazioni prodotte in copia agli atti, era fortemente condizionata e intimamente intrecciata con il proprio doloroso vissuto personale.

Sul punto va però precisato che la irrintracciabilità di inediti nel libro di Mastrosimone, non esaurisce le problematiche del rapporto tra diritto di informazione e riservatezza , in considerazione del riconoscimento del diritto all’oblio e cioè del diritto a vedere non più pubblicate notizie già note. In questo caso , però, ad un anno soltanto dalla morte di un personaggio assai noto nel panorama culturale contemporaneo( si rifletta al fatto che più volte è stata proposta la sua candidatura al Nobel per la letteratura) non vi è dubbio che sussista ancora l’interesse a che notizie, appartenenti alla sfera privata, siano comunque conosciute e nuovamente diffuse.( Sul punto secondo Cass. pen., 24.9.2009, n. 45051, cit.: "può anche verificarsi che all’effetto di dissolvenza dell’attualità della notizia non faccia riscontro l’affievolimento dell’interesse pubblico o che – non più attuale la notizia – riviva, per qualsivoglia ragione, l’interesse alla sua diffusione. Insomma, può non esservi corrispondenza o piena sovrapposizione cronologica tra attualità della notizia e attualità dell’interesse pubblico alla divulgazione").

Infine va sottolineato che la divulgazione di notizie lesive della riservatezza di terzi, è comunque lecita qualora ricorrano le tre condizioni della verità dei fatti esposti (oggettiva o anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca), dell’interesse pubblico alla conoscenza del fatto oggetto di cronaca (c.d. pertinenza), della correttezza formale dell’informazione (c.d. continenza). Nell’ipotesi di conflitto e necessario bilanciamento tra diritti di rango costituzionale, come il diritto alla riservatezza garantito dall’art. 2 Cost. e il diritto di cronaca garantito dall’art. 21 Cost., pur in presenza dell’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti divulgati, nonché di una forma civile di esposizione e valutazione di essi, non è consentita la compressione senza alcun limite del diritto alla riservatezza, atteso che non ogni lesione del diritto soccombente può ritenersi giustificata: essendo giustificata la lesione solo nei limiti in cui è strettamente funzionale al corretto esercizio del diritto vittorioso, ed essendo altresì necessaria una valutazione di proporzionalità tra la causa di giustificazione (esercizio del diritto vittorioso) e la lesione del diritto antagonista, valutazione che va effettuata in relazione al concreto atteggiarsi dei diritti in contrapposizione. In particolare, qualora il trattamento riguardi un minore, l’interesse superiore del fanciullo deve ancor più avere una considerazione preminente nel bilanciamento degli opposti valori costituzionali del diritto di cronaca e del diritto alla privacy (Così Trib. Bologna Sez. III Sent., 04/10/2007 ma vedi recentissimamente Cass. civ. Sez. III, 09/07/2010, n. 16236 Lab. Analisi Clin. Tiburtino s.r.l. c. Ed. Romana S.p.A. e altri).

Nel caso di specie per tutte le considerazioni sin qui svolte, quand’anche si volesse esaminare la fattispecie sotto il profilo del rapporto tra diritto di informazione e diritto alla riservatezza, l’esito finale della delibazione provvisoria, tipica della cognizione cautelare volgerebbe a favore del primo.

La peculiarità in fatto della fattispecie ed l’oggettiva difficoltà di sovrapposizione tra considerazioni giuridiche e valutazioni intime e personali giustificano l’integrale compensazione delle spese.

PQM

Rigetta il ricorso.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di legge.

Bologna, 17 Marzo 2011

Il Giudice

dott. MAURIZIO ATZORI

Depositato in Cancelleria il 17.03.2011