Vaccinazioni anti Covid sul luogo di lavoro: le indicazioni del Garante privacy per la realizzazione dei piani vaccinali

Vasto, 2017
Ph. Alessandro Saggio / Vasto, 2017

Il Garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento del 13 maggio 2021, ha adottato un documento di indirizzo sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro, per fornire indicazioni generali sul trattamento dei dati personali, in attesa di un definitivo assetto regolatorio.

La realizzazione dei piani vaccinali per l’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti Covid-19 in azienda, prevista dal Protocollo nazionale del 6 aprile 2021 (per approfondire si rinvia all’articolo “Via libera alle vaccinazioni anti Covid in azienda. L’adesione dei lavoratori alla somministrazione sarà volontaria”), costituisce un’iniziativa di sanità pubblica, ragione per la quale la responsabilità generale e la supervisione dell’intero processo rimangono in capo al Servizio sanitario regionale e dovrà essere attuata nel rispetto della disciplina sulla protezione dei dati.

Questa iniziativa rappresenta un’opportunità aggiuntiva rispetto alle modalità ordinarie dell’offerta vaccinale che sono e saranno sempre garantite, nel rispetto delle tempistiche dettate dal piano nazionale di vaccinazione, qualora il lavoratore non intenda aderire a tale modalità di vaccinazione presso i luoghi di lavoro.

Vediamo nel dettaglio cosa prevede il documento.

 

Vaccinazioni nei luoghi di lavoro: disposizioni del documento di indirizzo

Il documento di indirizzo, così come il Protocollo, sottolinea la natura volontaria dell’adesione all’iniziativa, prevedendo, tra i presupposti ritenuti “imprescindibili” ai fini della realizzazione della stessa, la disponibilità dei vaccini, la presenza e la disponibilità del medico competente o di altro personale sanitario (anche privato e, in taluni casi, il possibile ricorso ai medici operanti presso i servizi territoriali di INAIL), l’adesione consapevole e informata da parte dei lavoratori, la “tutela della privacy” e la prevenzione di ogni forma di discriminazione dei dipendenti.

Inoltre, nel documento il Garante precisa che le principali attività di trattamento dei dati (dalla raccolta delle adesioni, alla somministrazione, alla registrazione nei sistemi regionali dell’avvenuta vaccinazione) dovranno essere effettuate dal medico competente o da altro personale sanitario appositamente individuato.

Il datore di lavoro non può, comunque, raccogliere, direttamente dagli interessati, tramite il medico compente, altri professionisti sanitari o strutture sanitarie, informazioni in merito a tutti gli aspetti relativi alla vaccinazione, ivi compresa l’intenzione o meno del lavoratore di aderire alla campagna, alla avvenuta somministrazione (o meno) del vaccino e ad altri dati relativi alle condizioni di salute del dipendente.

Tenuto conto dello squilibrio del rapporto tra datore di lavoratore e dipendente, è da tener presente che il consenso del lavoratore non può costituire un valido presupposto per trattare i dati sulla vaccinazione così come non è consentito far derivare alcuna conseguenza, né positiva né negativa, dall’adesione o meno alla campagna vaccinale.

 

Vaccinazioni: raccolta delle adesioni e prenotazione delle dosi

Solo, quindi, il professionista sanitario opportunamente individuato dovrà essere a conoscenza dell’adesione volontaria da parte del lavoratore. Il datore di lavoro, all’atto della presentazione del piano vaccinale aziendale all’ASL territorialmente competente, dovrà limitarsi a indicare esclusivamente il numero complessivo dei vaccini necessari per la realizzazione dell’iniziativa, sulla base delle indicazioni fornite dal professionista sanitario.

Nel piano, elaborato con il supporto del professionista sanitario e presentato dal datore di lavoro, non dovranno essere presenti elementi in grado di rivelare l’identità dei lavoratori aderenti all’iniziativa.

Una volta raccolte le adesioni, il professionista sanitario procederà a pianificare le sedute vaccinali, adottando, nel trattamento dei dati, delle misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio (articolo 32 del Regolamento), potendo a tal fine avvalersi del supporto, anche economico, del datore di lavoro.

Nei casi in cui il datore di lavoro, nel raccogliere le informazioni in merito all’adesione dei dipendenti al servizio vaccinale, si avvale di suoi strumenti (ad esempi di applicativi informatici), nel rispetto del principio di responsabilizzazione, dovranno essere adottate le misure tecniche e organizzative affinché il trattamento sia conforme alla normativa di settore, garantendo, ad esempio, che i dati personali relativi alle adesioni e all’anamnesi dei dipendenti non entrino, neanche accidentalmente, nella disponibilità del personale preposto agli uffici, o analoghe funzioni aziendali, che svolgono compiti datoriali (ad esempio risorse umane, uffici disciplinari) e in generale a uffici o altro personale che trattano i dati dei dipendenti per finalità di gestione del rapporto di lavoro.

 

Somministrazione e registrazione del vaccino

Con riferimento alla somministrazione del vaccino, il punto 9 del Protocollo prevede che “è riservata ad operatori sanitari in grado di garantire il pieno rispetto delle prescrizioni sanitarie adottate per tale finalità e in possesso di adeguata formazione per la vaccinazione anti Covid-19”.

Gli ambienti selezionati per la somministrazione del vaccino dovranno avere caratteristiche tali da evitare, per quanto possibile, di conoscere, da parte di colleghi o di terzi, l’identità dei dipendenti che hanno scelto di aderire alla campagna vaccinale. Il datore di lavoro dovrà adottate misure volte a garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore.

 

Vaccinazione e giustificazione delle assenze

Quando la vaccinazione viene eseguita durante il servizio, il tempo necessario alla medesima è equiparato a tutti gli effetti all’orario di lavoro.

In tal caso si potrà quindi procedere alla giustificazione dell’assenza con le modalità ordinarie stabilite nei contratti collettivi nazionali applicabili, ovvero mediante rilascio da parte del soggetto che somministra la vaccinazione all’interessato di un’attestazione di prestazione sanitaria indicata in termini generici.

Resta salvo che ove dall’attestazione prodotta dal dipendente sia possibile risalire al tipo di prestazione sanitaria da questo ricevuta, il datore di lavoro, salva la conservazione del documento in base agli obblighi di legge, dovrà astenersi dall’utilizzare tali informazioni per altre finalità nel rispetto dei principi di protezione dei dati e non potrà chiedere al dipendente conferma dell’avvenuta vaccinazione o chiedere l’esibizione del certificato vaccinale.