Vaccino e feti abortiti, il tradimento del Vaticano
Riassumiamo: il 21 dicembre la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) ha pubblicato una “Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19”. Tale Nota è la risposta ai quesiti ricevuti a proposito di vaccini «sviluppati facendo ricorso, nel processo di ricerca e produzione, a linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso».
La CDF sintetizza ciò che già la stessa CDF e la Pontificia Accademia per la Vita avevano già spiegato in passato: è lecito l’uso di questi vaccini in caso di stato di necessità e se non ci sono alternative eticamente ineccepibili, ferma restando la condanna dell’aborto e l’opposizione morale all’«utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti». E ferma restando la richiesta alle aziende farmaceutiche e alle agenzie sanitarie governative di trovare vaccini eticamente accettabili. Punto. Negli articoli precedenti, noi abbiamo cercato di spiegare la continuità in linea di principio di questo documento rispetto ai precedenti a cui esplicitamente fa riferimento.
Poi sicuramente si può discutere sul modo in cui questo documento è scritto; si può discutere sulle priorità espresse da questa nota rispetto ai documenti precedenti e il differente contesto in cui nascono (lo facciamo in un altro articolo); si deve anche rilevare che per la prima volta un documento vaticano dichiara esplicitamente che non è ammissibile l’obbligatorietà della vaccinazione.
Ma lasciamo per un momento tutto questo da parte. Vediamo invece un altro aspetto molto importante, ovvero come è stato recepito e comunicato il documento: sui media di tutto il mondo il messaggio passato è che c’è stata una svolta nella Chiesa, che ora «giudica moralmente leciti i vaccini sviluppati da cellule di feti abortiti».
Un messaggio gravissimo, anche se incidesse soltanto sulla vicenda dei vaccini anti-Covid: legittimerebbe infatti l’uso di quelli eticamente inaccettabili pur mancando lo stato di necessità e pur essendo in attesa di autorizzazione altri vaccini che non presentano lo stesso problema (qui si può trovare l’elenco delle aziende che stanno sviluppando vaccini anti-Covid e l’uso o meno delle cellule provenienti da feti abortiti) .
Ma la cosa è ancora più grave se si tiene conto che ci sono allo studio diversi farmaci per la cui ricerca vengono usate linee cellulari provenienti da altri feti abortiti, e che ci sono forti pressioni per liberalizzare la ricerca sugli embrioni (cosa che in parte già accade). Il messaggio uscito - al di là di cosa è effettivamente scritto nella Nota - costituisce dunque il rovesciamento di quanto sempre sostenuto dalla Chiesa e un vero disastro per quel che riguarda la difesa della vita.
Se davvero lo scopo era sintetizzare ciò che la Chiesa ha sempre detto su questo tema, sarebbe ovvia - di fronte a una enorme manipolazione e strumentalizzazione di un documento - una immediata, pronta e chiara smentita che non lasci spazio ad equivoci. Così però non è stato. Dalla Santa Sede, dalla CDF, solo silenzio. E a dire il vero non è neanche la prima volta che accade.
Ma le implicazioni di questo silenzio sono gravissime: tutti, compresi i credenti, sono tenuti ora a pensare che la Santa Sede - e il Papa in prima persona che ha approvato la pubblicazione della Nota - abbia effettivamente inteso sdoganare l’uso di cellule di feti abortiti per scopi medici. Tutti sono legittimati a pensare che ora anche in vaticano valga la legge de "il fine giustifica i mezzi". E la cosa non può certo essere sfuggita a chi dirige la comunicazione vaticana, visto che stiamo parlando di un giornalista esperto. Il silenzio in questo caso - di tutti gli organi competenti - non può che essere complicità con chi concepisce feti ed embrioni solo come materiale biologico da usare a proprio piacimento, complicità con chi attenta alla vita.
Ma non c’è solo questo purtroppo: tutta la vicenda si inserisce infatti in una martellante campagna vaccinista vaticana che dura da mesi ed è guidata da papa Francesco in persona, campagna che ha contribuito non poco a rivestire di messianismo l’attesa del vaccino. Anche ieri, Vaccino Day per tutta l’Unione Europea, un trionfante monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha parlato di «una luce che si accende in un tunnel finora molto buio» e di «una giornata storica che sottolinea la responsabilità della scienza, della politica, della morale e della giustizia».
I ripetuti interventi del Papa peraltro hanno spostato la discussione sull'aspetto morale del vaccino dalla modalità della realizzazione, dalla sicurezza e dall’efficacia alla modalità di distribuzione. Vale a dire che l’importante è che sia distribuito a tutti, anzitutto i poveri, i vulnerabili. Lo ha ribadito ancora il giorno di Natale, nel messaggio Urbi et Orbi, quando ha affermato che i vaccini sono «luci di speranza» se sono «a disposizione di tutti», specialmente «per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta».
E quindi, ecco che anche in Vaticano in gennaio si comincerà la vaccinazione – ha detto il Direttore sanitario del Governatorato, prof. Andrea Arcangeli, a Vatican News - con il prodotto della Pfizer, che è appunto uno di quelli per cui sono state usate le linee cellulari incriminate nella fase di test del vaccino. Senza aspettare l'arrivo di altri vaccini «eticamente ineccepibili» e senza neanche sollevare un dubbio sul reale stato di necessità o sulla effettiva sicurezza ed efficacia.
E davanti ai fatti, le parole lasciano il tempo che trovano.