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Violenza sessuale di gruppo: come è punibile chi non partecipa?

violenza sessuale di gruppo
violenza sessuale di gruppo

Con la recente sentenza 21 ottobre 2020, n. 29096 la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di violenza sessuale di gruppo.

Ai fini dell’integrazione del concetto di “partecipazione” e, dunque, della configurazione della fattispecie di cui all’articolo 609-octies Codice Penale, condizione necessaria e sufficiente è la presenza di più persone nel luogo e nel momento di commissione degli atti di violenza sessuale, non richiedendosi da parte di ciascun compartecipe il compimento di un atto tipico di violenza sessuale, ma un contributo causale, anche minimo, alla commissione del reato, che ben può sostanziarsi in un comportamento anche inerte, purché partecipativo, idoneo a rafforzare il proposito criminoso dell’esecutore materiale e ad intimidire maggiormente la persona offesa, riducendone così le possibilità di difesa.

La pronuncia trae origine dal ricorso proposto da un soggetto imputato dei reati di sequestro di persona e violenza sessuale di gruppo avverso l’ordinanza con cui il Tribunale per i Minorenni aveva rigettato l’istanza di riesame della decisione di applicazione nei confronti del predetto della misura cautelare della custodia in istituto penitenziario minorile. Per quanto di interesse in questa sede, il ricorrente aveva dedotto la sua estraneità ai fatti contestati per una sua “presenza inerte” sul luogo della perpetrata violenza sessuale di gruppo (materialmente commessa da altri), da qualificarsi come un’ipotesi di mera connivenza non punibile.

La Corte di Cassazione, nel richiamare precedenti arresti giurisprudenziali sul tema de quo, ha evidenziato come il delitto di violenza sessuale di gruppo, previsto dall’articolo 609-octies Codice Penale, sia integrato dalla “partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all’articolo 609 bis”. Il delitto di cui all’articolo 609-octies Codice Penale si caratterizza, dunque, per la necessaria partecipazione di più soggetti – appunto, riuniti – alla commissione degli atti di violenza sessuale.

L’elemento della partecipazione di più soggetti riuniti vale a qualificare la fattispecie di violenza sessuale di gruppo come reato necessariamente plurisoggettivo proprio (dunque, con punibilità estesa a tutti i concorrenti nel reato) e a distinguerla da quella di cui all’articolo 609-bis Codice Penale.

La previsione di un trattamento sanzionatorio più grave rispetto a quest’ultima disposizione si giustifica proprio in ragione del riconoscimento di un peculiare disvalore alla partecipazione simultanea di più persone, in quanto “una tale condotta partecipativa imprime al fatto un grado di lesività più intenso sia rispetto alla maggiore capacità di intimidazione del soggetto passivo ed al pericolo della reiterazione di atti sessuali violenti (anche attraverso lo sviluppo e l’incremento di capacità criminali singole) sia rispetto ad una più odiosa violazione della libertà sessuale della vittima nella sua ineliminabile essenza di autodeterminazione”. La contemporanea presenza di più di un aggressore è idonea a produrre, da una parte, un rafforzamento del proposito criminoso dell’autore materiale della condotta e, dall’altra, effetti fisici e psicologici particolari nella parte lesa, eliminandone o riducendone la forza di reazione.

Ai fini della punibilità per il delitto di violenza sessuale di gruppo non si richiede il compimento, da parte di ciascun compartecipe, di atti di violenza sessuale di cui all’articolo 609-bis Codice Penale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui siano altri a commettere il delitto, presenza che sia idonea a produrre gli effetti suindicati nei confronti dell’autore materiale e della vittima.

E infatti, come ricordano i giudici di legittimità, secondo un orientamento consolidato, “non è richiesto che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale, materiale o morale, alla commissione del reato, né è necessario che i componenti del gruppo assistano al compimento degli atti di violenza sessuale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui detti atti vengono compiuti, anche da uno solo dei compartecipi, atteso che la determinazione di quest’ultimo viene rafforzata dalla consapevolezza della presenza del gruppo”.

Il concetto di partecipazione, quindi, non può essere limitato nel senso di richiedere il compimento, da parte di ciascun compartecipe, di un atto di violenza sessuale, dovendosi ritenere punibile, qualora sia realizzato un fatto di violenza sessuale, “qualsiasi condotta partecipativa, tenuta in una situazione di effettiva presenza non da mero “spettatore”, sia pure compiacente, sul luogo ed al momento del reato, che apporti un reale contributo materiale o morale all’azione collettiva”.

Peraltro, come evidenziato dalla Corte, dalle risultanze probatorie nella vicenda in esame emergeva non solo la presenza del ricorrente nel luogo della perpetrata violenza sessuale durante tutto il tempo in cui si erano verificati i fatti, ma anche il compimento da parte dello stesso di toccamenti nelle parti intime della persona offesa e la realizzazione di un video dei fatti criminali, condotta che manifestava una chiara e inequivocabile adesione alla violenza sessuale, tale da rafforzare il proposito criminoso del gruppo.

La pronuncia in esame consente di formulare alcune brevi considerazioni in ordine a due temi di grande rilevanza sia teorica, ma soprattutto pratica, ossia la distinzione, da un lato, tra condotta penalmente rilevante e mera connivenza non punibile e, dall’altro, tra concorso nel reato di violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo.

Con riferimento al primo tema, per giurisprudenza costante, formatasi e consolidatasi soprattutto in materia di reati associativi e sugli stupefacenti, si ritiene che l’ipotesi di mera connivenza non punibile verrebbe ad essere integrata allorquando il soggetto – non realizzante la condotta tipica descritta dalla norma incriminatrice – si limiti ad adottare un comportamento meramente negativo o passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo causale alla realizzazione del reato (Cass. n. 22015/2020), ossia rimanga inerte nonostante la consapevolezza della commissione di un reato da parte di altri (Cass. n. 9500/2008), sempre che l’inerzia non possa essere valutata, alla luce delle risultanze probatorie, come adesione e partecipazione all’azione criminosa compiuta da altri ovvero come strumento per agevolarla.

Ciò, evidentemente, a condizione che il soggetto rimasto inerte sia privo di una posizione di garanzia nei confronti della persona offesa e di un obbligo giuridico di impedire il verificarsi dell’evento lesivo, ben potendo riconoscersi, per effetto dell’articolo 40 cpv. c.p., rilevanza penale alla condotta omissiva tenuta dal garante, in presenza delle seguenti condizioni:

a) conoscenza o conoscibilità dell’evento;

b) conoscenza o riconoscibilità dell’azione doverosa incombente sul garante;

c) possibilità oggettiva di impedire l’evento (ex plurimis, Cass. n. 11243/2010). Verificatesi dette condizioni, al garante potrà essere mosso un rimprovero penale a titolo di causalità omissiva (articolo 40 cpv. codice penale) o concorso nel reato (articoli 40 cpv., 110 codice penale) a seconda dell’elemento psicologico venuto in rilievo (Cass. n. 15109/2014).

Eccettuata quest’ultima ipotesi e quella in cui l’inerzia possa essere comunque valutata come adesione e partecipazione all’altrui azione criminosa, la “presenza inerte” alla commissione del reato, seppur moralmente biasimevole, non costituirebbe una condotta penalmente rilevante e non varrebbe a ritenere il soggetto perseguibile a titolo di concorso nel reato.

Diversamente, anche un atteggiamento di “non intervento” potrebbe essere ritenuto penalmente rilevante a titolo di concorso nel reato materialmente commesso da altri tutte le volte in cui il soggetto, così facendo, apporti un consapevole contributo causale all’altrui condotta criminosa, anche in termini di agevolazione e rafforzamento del proposito criminoso del concorrente.

Il vouyerismo potrebbe essere ritenuto, pertanto, penalmente rilevante a titolo di concorso nel reato materialmente commesso da altri qualora l’atto del guardare, dell’assistere anche in modo inerte all’altrui realizzazione del reato, sia stato reso noto all’esecutore materiale in ragione di un preventivo accordo o perché palesato all’atto della commissione della condotta criminosa, contribuendo a sollecitare o rafforzare il proposito criminoso di quest’ultimo, manifestando, in questo modo, inoltre, la piena condivisione, da parte del voyeur, dell’azione criminosa (Cass. n. 35150/2011).

Relativamente alla distinzione tra concorso nel reato di violenza sessuale (articoli 110, 609-bis Codice Penale) e violenza sessuale di gruppo (609-octies Codice Penale), occorre evidenziare come l’espressa previsione di cui all’articolo 609-octies Codice Penale, consistente nel ritenere integrato il reato de quo in caso di commissione degli atti di violenza sessuale di cui all’articolo 609-bis Codice Penale da parte di più persone riunite, renda del tutto residuale la configurabilità dell’ipotesi di concorso nel reato di violenza sessuale.

Condizione necessaria e sufficiente, ai fini della configurazione del reato di violenza sessuale di gruppo, è la presenza nel luogo e nel momento di commissione degli atti di violenza sessuale di almeno due persone, anche se una di queste rimanga completamente inerte, purché la sua presenza sia idonea, da una parte, a rafforzare il proposito criminoso dell’autore materiale della condotta e, dall’altra, a determinare una maggiore intimidazione della vittima, riducendo o eliminando la capacità della stessa di reagire. Da ciò ne consegue che il concorso nel delitto di violenza sessuale è configurabile nelle sole ipotesi di mera istigazione o consiglio (concorso morale) o di aiuto e/o agevolazione materiale, come il trarre in inganno la vittima o il condurla nel luogo di perpetrazione della violenza (concorso materiale), che non si risolvano nella simultanea presenza, percepibile dalla persona offesa, del concorrente nel luogo e nel momento del fatto.

Da quanto finora affermato, è possibile distinguere, in relazione a una condotta di violenza sessuale realizzata da altri, le seguenti ipotesi:

  1. connivenza non punibile, che si ha nel caso in cui il soggetto, privo di una posizione di garanzia nei confronti della persona offesa e, dunque, di un obbligo giuridico di impedire il verificarsi dell’evento lesivo, si limiti a tenere un comportamento meramente negativo, inidoneo ad apportare alcun contributo causale e ad essere valutato come adesione e partecipazione all’altrui azione criminosa;
  2. concorso omissivo in violenza sessuale (articoli 40, comma secondo, 609-bis codice penale), integrato dalla condotta del soggetto su cui grava una posizione di garanzia nei confronti della vittima (es., il genitore nei confronti del figlio) che, conoscendo o potendo conoscere l’evento lesivo, non lo impedisca, pur avendone la concreta possibilità;
  3. concorso nel reato di violenza sessuale (articoli 110, 609-bis codice penale), realizzabile attraverso condotte di istigazione, consiglio, aiuto o agevolazione dell’autore materiale della violenza, che non si risolvano nella simultanea presenza, percepibile dalla persona offesa, del concorrente nel luogo e al momento del fatto; inoltre, è integrato (articoli 40, comma secondo, 110, 609-bis codice penale) dalla condotta del soggetto che, gravato da una posizione di garanzia, decida di non intervenire perché vuole l’evento, che si verifica, in virtù di tale inerzia, in modo più facile e agevole per l’esecutore materiale;
  4. reato di violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies codice penale), integrato in tutti i casi in cui, a prescindere dal compimento di atti sessuali, il compartecipe, con la sua presenza, anche inerte, nel luogo e nel momento di consumazione dell’illecito, offra un contributo causale alla perpetrazione dello stesso, rafforzando il proposito criminoso dell’esecutore o agevolandone la condotta, anche in virtù di una maggior intimidazione della persona offesa;
  5. concorso nel reato di violenza sessuale di gruppo (articolo 110, 609-octies codice penale), configurabile nelle ipotesi in cui la presenza del concorrente, che abbia offerto un contributo causale alla perpetrazione del delitto non sia percepita dalla vittima al momento e sul luogo del fatto, sempre che la violenza sia realizzata da più persone riunite; è integrato, inoltre, dalla condotta del soggetto che, gravato da una posizione di garanzia, non abbia impedito l’evento (punibilità ex articoli 40, comma secondo, 609-octies codice penale, in concorso o meno con gli esecutori materiali a seconda dell’elemento psicologico in capo allo stesso), ferma restando la realizzazione della violenza da parte di più persone riunite.

L’estrema rilevanza dell’esatta individuazione dei confini applicativi delle due fattispecie di violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies Codice Penale) e violenza sessuale in concorso (articoli 110, 609-bis Codice Penale) appare ictu oculi evidente se si ha riguardo al trattamento sanzionatorio: oltre alla diversa cornice edittale della pena detentiva (da sei a dodici anni per la fattispecie di cui all’articolo 609-bis Codice Penale e da otto a quattordici anni per quella ex articolo 609-octies Codice Penale), occorre qui evidenziare come la circostanza attenuante speciale – che consente una riduzione fino a due terzi della pena nelle ipotesi di minore gravità – di cui al terzo comma dell’articolo 609-bis Codice Penale possa trovare applicazione solo con riferimento a quest’ultima fattispecie, trattandosi di attenuante specifica prevista soltanto per la violenza sessuale individuale ed essendo, peraltro, la stessa logicamente incompatibile con la maggiore gravità insita in una condotta di violenza sessuale di gruppo (Cass. n. 4913/2015).

Al compartecipe della violenza sessuale di gruppo potranno semmai applicarsi le riduzioni fino ad un terzo della pena per effetto del riconoscimento di ciascuna delle attenuanti specifiche previste dal quarto comma dell’articolo 609-octies Codice Penale (partecipazione di minima importanza e se da altri determinato a commettere il reato) e delle attenuanti comuni.