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L’attenuante della minor gravità nel reato di violenza sessuale

Varsavia
Ph. Alessandro Saggio / Varsavia

Della fattispecie criminosa della violenza sessuale prevista dall’articolo 609 bis Codice Penale ce ne siamo occupati precedentemente; per completezza, occorre ora provare a dare una definizione sull’attenuante della minor gravità, prevista dal terzo comma del medesimo articolo.

Va preliminarmente detto che la scelta del legislatore di introdurre una forma “più lieve” di un reato di siffatta gravità trova ragione nella volontà di introdurre una distinzione per tutti quei fatti costituenti reato a sfondo sessuale ma caratterizzati da un minor disvalore sociale.

Procedendo con ordine, il terzo ed ultimo comma dell’articolo 609 bis prevede, nei casi di minor gravità, una riduzione di pena in misura non eccedente i due terzi. È pacifico che questa clausola configuri una circostanza attenuante (ad effetto speciale) e non invece una autonoma fattispecie di reato: la norma infatti non ha nel suo contenuto elementi qualitativi di tipicità tali da renderla autonoma dalla fattispecie base.

Oltre a ciò non può non esser evidenziato che la scelta del legislatore di qualificare il terzo comma dell’articolo 609 bis come circostanza attenuante si può rinvenire dall’articolo 4 bis comma 1 quater dell’Ordinamento Penitenziario, che prevede l’osservazione per almeno un anno con riferimento al condannato al reato di cui all’articolo 609 bis Codice Penale “salvo che risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso contemplata”.

Se dubbi non vi sono sulla natura di questo istituto, maggior problematicità si riscontrano nel cercare di delineare criteri di applicabilità, in ragione della sua astrattezza. Il dato normativo infatti è indefinito, riferendosi solamente a fatti “di minor gravità”, rendendo aprioristicamente impossibile delineare categorie generali. Ed infatti il carattere indefinito e generico ha creato diverse perplessità, per il rischio di arbitrarie applicazioni nei singoli casi specifici.

Va registrato un tentativo di utilizzare quale criterio per il riconoscimento della violenza sessuale “attenuata”, la precedente distinzione (previgente alla riforma introdotta con la Legge n. 66/1996) tra violenza carnale e la fattispecie meno grave di atti di libidine.

Tuttavia in giurisprudenza di legittimità si da è sempre sostenuta l’incompatibilità tra la nuova fattispecie di violenza sessuale attenuata con la precedente distinzione tra violenza ed atti di libidine, e pertanto (in ragione del “nuovo” riconoscimento dell’oggetto del reato, vale a dire la libertà sessuale anche in caso di atti diversi dalla congiunzione carnale mediante violenza) sarebbe illogico utilizzare quale criterio di massima per l’applicabilità dell’attenuante di cui all’articolo 609 bis ultimo comma, la superata distinzione di cui sopra.

Escluso quindi il richiamo alla precedente formulazione, resta ancora da definire quali strumenti abbia il giudicante (che quindi in assenza di riferimenti normativi avrà massima discrezione) per stabilire se la violenza sessuale sia o meno di minor gravità.

La soluzione considerata più corretta è quella secondo la quale il Giudice debba “misurare” la gravità dei fatti con i criteri di cui all’articolo 133 Codice Penale primo comma e quindi la valutazione, in senso molto ampio, opererà in questi termini:

  • in riferimento alla natura del fatto e alle modalità dell’azione;
  • in riferimento all’intensità del dolo;
  • al danno arrecato alla persona offesa, ed in particolare in riferimento alle sue condizioni personali.

Questo ultimo punto va considerato l’aspetto che più di ogni altro porterà il giudicante a propendere per il riconoscimento ovvero l’esclusione dell’attenuante in questione, come anche sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità (sent. 18662/2013).

Pertanto lo stesso identico fatto potrà costituire violenza sessuale nella forma base o attenuata a seconda dalla situazione in cui versa la vittima del reato.

A titolo esemplificativo, si ponga il caso dei toccamenti in zone erogene del corpo, poste in essere contro vittima minorenne. Pur non potendo aprioristicamente enunciare dei criteri generali per le ragioni sopra espresse, sarà più probabile che in questo caso il Giudice sia portato ad escludere l’attenuante della minor gravità, in ragione allo status di maggior vulnerabilità della persona offesa.

Orientamenti contrapposti in giurisprudenza di legittimità si riscontrano sull’applicabilità anche del secondo comma dell’articolo 133 Codice Penale quale criterio di valutazione per il riconoscimento della circostanza attenuante unitamente al primo.

Secondo un filone giurisprudenziale (Cass. sent. 31841/2014) non sarebbe in punto di diritto corretto utilizzare il secondo comma dell’articolo 133, stante la natura della norma che opera sul solo piano della capacità a delinquere (quindi considerata una prognosi futura sull’attitudine del reo a commettere nuovi reati), fungendo solo come strumento per la commisurazione della pena complessiva.

TRATTATO DI DIRITTO PENALE – Parte Speciale Vol. X, Piergalli, Viganò, Vizzardi, Verri, ed. Cedam.

COMMENTARIO BREVE AL CODICE PENALE- Articolo 609 bis, Forti, Seminara, Zuccalà, ed. Cedam.