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Was Jesus a Socialist? Lawrence R. Reed

2020
Was Jesus a Socialist?
Was Jesus a Socialist?
Was Jesus a Socialist?

 

Perché leggere questo libro

Il socialismo sta diventando popolare negli Stati Uniti, soprattutto tra i giovani: come ha rivelato un sondaggio, più della metà di essi preferirebbe vivere in un Paese socialista piuttosto che capitalista.

E, cosa impensabile fino a qualche anno fa, politici come Alexandra Ocasio-Cortez e Bernie Sanders si presentano con successo alle elezioni, dichiarandosi espressamente socialisti. Man mano che il socialismo acquista un’immagine positiva, si diffonde anche l’idea che Gesù sia stato un socialista. L’economista e storico Lawrence W. Reed, presidente emerito della Foundation for Economic Education (FEE), demolisce però questa affermazione.

È pura fantasia - spiega Reed - immaginare che Gesù sia stato favorevole alla redistribuzione della ricchezza ad opera dei governi, alla pianificazione centralizzata dell’economia o alla creazione di uno Stato assistenziale. Questo libro è lo sviluppo di un video di grande successo della Prager University, che ha attirato più di quattro milioni di visitatori.

 

Riassunto

Gesù socialista?

Quando sentii per la prima volta questa affermazione, circa cinquant’anni fa - ricorda Lawrence Reed - rimasi molto perplesso. Anche se ero un teenager, mi ero accorto che i Paesi socialisti erano i posti meno liberi della Terra. Dalla mia educazione religiosa sapevo inoltre che Gesù aveva costantemente posto l’accento sul rinnovamento interiore, non sul benessere materiale. Anche a scuola un mio professore affermò che Gesù era socialista, perché nelle prime comunità cristiane si mettevano i beni in comune e si assistevano i bisognosi.

L’affermazione non mi convinse - continua Reed - perché anche in un Paese capitalista le persone possono liberamente mettere in comune i propri beni e donare grandi somme per beneficenza. Mai, negli Atti degli Apostoli o in altri passaggi del Nuovo Testamento, si afferma che il comunismo dei beni debba essere obbligatorio per i cristiani e tanto meno per i non cristiani. Il governo non è mai menzionato e le contribuzioni sono sempre volontarie. Oltretutto, perfino nei primi tempi della Chiesa, la pratica di vendere tutti i propri beni e di mettere il ricavato in comune cadde presto in disuso, quando il numero dei credenti aumentò. I versetti degli Atti degli Apostoli sui quali insisteva il mio professore - conclude Reed - avevano un significato solamente descrittivo, non prescrittivo.

 

L’inaspettato ritorno del socialismo

Negli ultimi anni, è accaduto però un fatto imprevisto: il ritorno di popolarità del socialismo, soprattutto fra i giovani. Nel maggio 2016, un sondaggio rivelò che il 55% dei giovani tra i 18 e i 29 anni aveva un’immagine positiva del socialismo. Nelle primarie presidenziali di quell’anno, il socialista Bernie Sanders fece il pieno di voti tra i giovani sotto i 30 anni. L’ultima cosa che si sarebbe aspettato chi ha assistito alla caduta del Muro di Berlino e al collasso dell’impero sovietico è che, trent’anni dopo, il socialismo riemergesse nel dibattito americano e diventasse addirittura una forza elettorale.

All’inizio degli anni Novanta - ricorda l’autore - molti rispettabili commentatori salutarono la fine della guerra fredda come il trionfo definitivo del capitalismo democratico. Francis Fukuyama parlò addirittura di “fine della storia” e di “evoluzione universale in direzione del capitalismo”. Ma molto tempo è passato e le nuove generazioni non hanno ricordo della Guerra Fredda e dei ripetuti fallimenti del socialismo. Per molti di loro, “socialismo” non è una parolaccia, ma un nuovo ideale: nel 2019, un sondaggio ha mostrato che la metà degli americani tra i 18 e 29 anni «preferirebbe vivere sotto il socialismo» e che più del 70% voterebbe per un candidato socialista.

Nello stesso tempo, si sono moltiplicate le esternazioni sul presunto socialismo di Gesù: ad esempio, il prof. Peter Dreier ha pubblicato un articolo sull’Huffington Post intitolato “Gesù era un socialista”, mentre il capogruppo del Partito Democratico Kelley Rose ha dichiarato: «Se non è socialista Gesù, non lo è nessuno».

Questo libro - scrive Reed - vuole rimettere le cose a posto, dimostrando che non vi è nulla nel Nuovo Testamento che indichi il favore di Gesù per l’estensione dei poteri redistributivi del governo, la creazione di uno Stato assistenziale, la pianificazione dell’economia o il controllo dei mezzi di produzione. La maggior parte dei socialisti e un numero crescente di progressisti sostengono una qualche combinazione di queste misure, ma l’idea che Gesù sia stato favorevole a queste politiche è pura fantasia. Gesù infatti non offrì nessuna formula ai governi del suo tempo né suggerì alcuna legge agli uomini politici. Si interessava esclusivamente del comportamento degli individui.

 

Che cos’è il socialismo?

Per decidere se Gesù sia stato oppure no un socialista, occorre per prima cosa dare una definizione di socialismo, ma non si tratta di un compito facile, perché il socialismo sembra essere un bersaglio perennemente in movimento: quando credi di averlo centrato, si sposta. Karl Marx chiamò “socialismo scientifico” l’abolizione della proprietà privata e l’istituzione della proprietà collettiva dei mezzi di produzione. «Ma noi non intendiamo questo!», proclamano i socialisti di oggi. Lenin e Stalin crearono uno Stato onnipotente, il “paradiso sovietico dei lavoratori”, che assassinò decine di milioni di persone. «Ma noi non intendiamo questo!», proclamano i socialisti di oggi. Adolf Hitler pianificò l’economia tedesca e chiamò la sua organizzazione politica Partito Nazional Socialista dei Lavoratori. «Ma noi non intendiamo questo!», proclamano i socialisti di oggi. Lo stesso dicono dei regimi comunisti dell’Asia e dell’Africa.

Da ultimo, quando in Venezuela Hugo Chavez espropriò, nazionalizzò e redistribuì le ricchezze, i socialisti di tutto il mondo si sollevarono in coro proclamando: «Ecco cosa intendiamo per socialismo!». Ma due decenni dopo, il Paese è diventato un caso disperato. Il tenore di vita è crollato e si è verificato un esodo di massa dei rifugiati. Se interrogati sul Venezuela, oggi i socialisti intonano il solito refrain: «Questo non è vero socialismo». A quanto pare - osserva Reed - uno Stato socialista è considerato tale finché sembra funzionare: quando fallisce, i suoi ex sostenitori dicono che fin dall’inizio non è mai stato socialista.

Alcuni socialisti, come Bernie Sanders, hanno affermato che il socialismo cui si ispirano è quello democratico dei Paesi scandinavi. Il problema è che questi Paesi hanno un’economia molto liberale: non hanno leggi sui minimi salariali, mantengono un clima favorevole agli affari, offrono più libera scelta scolastica rispetto agli Stati Uniti, le loro economie sono integrate nel libero scambio globale e hanno pochissime industrie nazionalizzate. Negli ultimi anni, la Danimarca, la Norvegia e la Svezia hanno ridotto il generoso Welfare State che i progressisti americani prendono a modello. I loro governanti hanno capito che è il capitalismo che paga i conti dello Stato assistenziale.

Nel 2015, ad esempio, il primo ministro danese ha dichiarato: «So che negli Stati Uniti alcuni associano il modello nordico al socialismo. Voglio mettere una cosa in chiaro: la Danimarca non è affatto un’economia pianificata socialista. La Danimarca è un’economia di mercato». Infatti, nella classifica mondiale delle libertà economiche del 2020 gli Stati Uniti si sono piazzati al 17° posto, molto dietro la Danimarca, posizionata all’ottavo posto. Anche la Svezia e la Norvegia hanno ottenuto buoni piazzamenti, rispettivamente al 22° e al 27° posto. Nelle ultime posizioni abbiamo Cuba (178°), il Venezuela (179°) e la Corea del Nord (180°), tutti Paesi socialisti in cui manca ogni libertà economica, non a caso tra i più poveri del mondo.

Come possiamo allora definire il socialismo? Tutte le misure avanzate dai socialisti - nota Reed - hanno un aspetto in comune: devono essere imposte dal governo con la forza. Il socialismo non è volontario. La sua essenza è la forza. Tutta la retorica socialista non può cancellare questo truismo: ciò che rende socialista il socialismo è il fatto che non permette agli individui di chiamarsene fuori. È chiaro che, se fosse vivibile o benefico, non ci sarebbe bisogno della forza statale per edificarlo e mantenerlo. C’è quindi un’ovvia verità nella frase ironica: “Socialismo: idee così buone da essere obbligatorie”.

 

Tre parabole

Nei Vangeli compaiono una quarantina di parabole, insegnamenti di Gesù presentati sotto forma di storie tratte dalla vita quotidiana e comprensibili ai suoi ascoltatori. Tre di esse presentano degli aspetti interessanti dal punto di vista economico: la parabola dei vignaioli, la parabola dei talenti e la parabola del buon samaritano. Nella prima, un proprietario chiama diversi operai a lavorare nella propria vigna in diversi momenti della giornata, pagandoli però – come concordato – tutti con la stessa paga: sia chi aveva cominciato la mattina, sia chi aveva cominciato la sera. Alle rimostranze dei primi, il proprietario risponde di aver rispettato i termini dell’accordo e che del suo denaro può fare quello che vuole.

La parabola ha naturalmente un significato allegorico: la vigna è il Regno di Dio, alla quale alcuni sono chiamati prima e altri dopo. Tuttavia - commenta Reed - se Gesù fosse stato socialista la parabola avrebbe sicuramente avuto un finale diverso. Forse il padrone sarebbe stato punito per la sua ingiustizia verso gli operai che hanno lavorato di più, forse il governo avrebbe chiesto al padrone di alzare la paga per i primi lavoratori oppure la vigna sarebbe stata espropriata e assegnata a una comune di lavoratori o alla gestione del governo.

Nella parabola però non troviamo niente di tutto questo. Gli elementi che troviamo nella parabola dei vignaioli sono: un privato che possiede della terra, dei lavoratori assunti su base contrattuale, termini di accordo che prevedono una disparità di paga oraria. Probabilmente entra in gioco anche la legge della domanda e dell’offerta: col passare della giornata il padrone deve offrire una paga più alta per attirare altri lavoratori e completare in tempo il raccolto. Non c’è nulla in questo racconto che faccia pensare al socialismo. Tutto è volontario e basato sul mercato. Gesù non menziona mai il governo e non vi è alcuna accusa di avidità o sfruttamento.

Nella parabola dei talenti un uomo, in partenza per un lungo viaggio, lascia ai suoi tre servi una diversa quantità di monete da far fruttare. Al suo ritorno, il servo che aveva ricevuto cinque monete ne restituisce dieci e viene elogiato dal padrone. Anche il servo che aveva ricevuto due monete ne riconsegna quattro ed è elogiato. Il servo che aveva ricevuto una sola moneta si limita a riconsegnarla, dato che non l’aveva investita presso i banchieri, ma si era limitato a nasconderla. Il padrone allora lo accusa di pigrizia, gli toglie la moneta e la consegna a chi ne aveva dieci. Anche in questa parabola - osserva l’autore - troviamo tutti gli elementi dell’economia capitalista: contratti, profitti e proprietà privata. Il padrone alla fine “redistribuisce” il denaro da chi ha avuto meno spirito di iniziativa a chi ne ha mostrata di più, quindi non proprio come piacerebbe ai socialisti.

Nella terza parabola, quella del buon smaritano, un uomo è assalito per strada dai briganti, che lo derubano di tutto e lo abbandonano mezzo morto. Successivamente, passano di lì un sacerdote e un Levita, cioè due appartenenti all’establishment religioso e politico, e proseguono indifferenti. L’eroe della storia è il terzo passante, un umile samaritano, il quale, a differenza dei due burocrati, soccorre a sue spese la vittima.

Anche questa parabola, lungi dal rappresentare un racconto a favore dell’assistenzialismo o del Welfare State come sostengono i socialisti, rappresenta un elogio dell’iniziativa caritatevole privata. Il buon samaritano, infatti, non dice al bisognoso: «scrivi una lettera all’imperatore» o «rivolgiti all’assistente sociale». Il buon samaritano non obbliga nessun altro a rimediare alla situazione: la sua bontà è interamente personale e volontaria. L’ultima cosa che suggerisce la parabola è che, in casi come questi, un distante uomo politico deve intervenire spendendo soldi altrui.

 

Che cosa dice Gesù dei ricchi

«Leggi quello che Gesù diceva dei ricchi!», replicano i socialisti. In un episodio del Vangelo, Gesù consiglia a un uomo ricco di vendere tutti i suoi beni, di devolvere il ricavato ai poveri e di seguirlo. In un altro passaggio, Gesù afferma che è più facile per un cammello passare dalla cruna di un ago che per un ricco entrare nel Regno di Dio. Queste affermazioni non dimostrano che Gesù detestava i ricchi e che fosse favorevole alla redistribuzione della ricchezza, in modo che nessuno avesse troppo?

In realtà, Gesù, anche in questi passaggi, non sta parlando di politica o di riforme sociali, ma esorta gli individui a non farsi dominare dal desiderio di ricchezza, a rafforzare il proprio carattere, a vincere le tentazioni. Quante volte abbiamo sentito storie di individui che si sono fatti travolgere e corrompere dall’improvvisa ricchezza? Quanti vincitori della lotteria - ricorda Reed - sono finiti rapidamente in miseria e quante star dello spettacolo o dello sport hanno abbandonato la propria famiglia o si sono rovinate con i vizi, perché la ricchezza gli aveva dato alla testa?

C’è un altro aspetto, nelle critiche di Gesù ai ricchi, che è spesso trascurato. Nel Vangelo di Luca, il giovane ricco che parla con Gesù viene identificato come un “notabile”, cioè come un pubblico magistrato o un uomo con incarichi politici. Spesso i romani affidavano il compito di riscuotere le tasse a funzionari locali, i quali erano spesso corrotti e si arricchivano a spese dei contribuenti. È probabile quindi che la sua ricchezza provenisse non dal lavoro, ma dall’esercizio del potere politico.

Ai tempi di Gesù, la situazione economica e sociopolitica era molto differente da quella di oggi. Nel primo secolo, i ricchi non erano quasi mai coloro che erano imprenditori e che operavano nel libero mercato, ma coloro che facevano parte della casta privilegiata che sfruttava fiscalmente il lavoro altrui. Lo status economico non era fluido come nelle società in cui prevale il libero mercato, dove le persone possono salire i gradini della scala sociale grazie al proprio lavoro. Ai tempi di Gesù, i ricchi e gli sfruttatori erano soprattutto funzionari o appaltatori dello Stato, compresi molti membri della gerarchia rabbinica. Queste erano probabilmente le persone che Gesù aveva in mente!

           

Invidia o gratitudine?

Winston Churchill disse giustamente che il socialismo rappresenta il vangelo dell’invidia, vizio contro il quale sia l’Antico sia il Nuovo Testamento spesso mettono in guardia. È vero, come ricordano i socialisti, che la dottrina cristiana mette anche in guardia dall’avidità, tuttavia – come ha osservato Thomas Sowell – non si capisce perché bisogna considerare “avida” una persona che vuole tenersi il denaro che ha guadagnato, mentre non lo è chi vuole impossessarsi del denaro altrui. Se per avidità intendiamo il desiderio sfrenato di avere le cose degli altri, allora i socialisti sono le persone più avide del mondo.

Oltre a criticare il sentimento dell’invidia, la Bibbia elogia il sentimento della gratitudine. Come ha documentato il prof. Robert A. Emmons, le persone che mostrano gratitudine sperimentano maggiori emozioni positive come la gioia, l’entusiasmo, l’amore, la felicità e l’ottimismo e, nello stesso tempo, si proteggono dalle emozioni distruttive come l’invidia, il risentimento, l’avidità e l’amarezza. Il politologo Yuval Levin ha osservato che i conservatori e i libertari di solito partono da ciò che vi è di buono e che funziona nella società e cercano di migliorarlo ulteriormente. I progressisti invece partono dall’indignazione per ciò che considerano negativo e cercano di sradicarlo.

Per questa ragione, i socialisti tendono ad attaccare i ricchi, invece di esprimere gratitudine per ciò che hanno creato. Eppure - afferma Reed - dovrebbero essere pieni di stupore per il miracolo della ricchezza che vedono intorno in a loro: le invenzioni che ci fanno risparmiare tempo e denaro, l’abbondanza di beni che troviamo nei supermercati, la rapidità con cui possiamo viaggiare da un capo all’altro del mondo, l’aumento dell’aspettativa di vita. Nessuna di queste meraviglie può essere considerata inevitabile o può essere data per scontata. Quasi tutti questi benefici nascono dalle interazioni pacifiche e volontarie che avvengono tra gli individui nel libero mercato.

 

 Date a Cesare quel che è di Cesare

Secondo molti socialisti, quando Gesù, di fronte alla domanda dei farisei se fosse lecito pagare le tasse ai Romani, pronunciò la frase: «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio», avrebbe legittimato il potere statale di tassazione. In realtà, Gesù non dice che cosa appartiene a Cesare! La sua astuta risposta serviva a non cadere nella trappola posta dai farisei, pronti ad accusarlo davanti ai Romani di predicare l’evasione fiscale. Sembra molto difficile ipotizzare che Gesù giustificasse la tirannia dell’imperatore romano di quel tempo, Tiberio, il quale, secondo lo storico Tacito, «fu detestato per la crudeltà e si lasciò andare a delitti ed atti infamanti».

I socialisti - osserva Reed - hanno una passione sfrenata per le tasse e gli esattori. Non c’è socialista che non vorrebbe aumentare le entrate del governo e potenziare gli uffici fiscali. Potrebbero rimanere sorpresi, quindi, scoprendo che in tutto il Nuovo Testamento gli esattori, chiamati pubblicani, godono di pessima stampa. Il pubblicano Matteo viene chiamato da Gesù al suo seguito, ma prima deve abbandonare la sua attività. Ogni volta che Gesù deve pagare una tassa lo fa con riluttanza, come nell’episodio in cui viene chiesto a Pietro il pagamento della tassa per il Tempio. Gesù dice che la tassa non sarebbe da pagare, ma per evitare guai con l’autorità (dato che non avrebbe più potuto predicare se l’avessero arrestato) effettua il pagamento con una sorta di miracolo, estraendo una moneta dalla bocca di un pesce pescato da Pietro.

L’intera Bibbia, del resto, è piena di episodi di sfida all’autorità: gli Ebrei non obbediscono al Faraone d’Egitto, i profeti sfidano i re d’Israele, i Magi disobbediscono a Erode, gli apostoli vengono più volte arrestati. La stessa vita di Gesù ha inizio con un atto di disobbedienza dei suoi genitori a un ordine di Erode e si conclude con la sua messa a morte da parte dell’autorità. Gesù quindi sapeva bene quanto un governo può essere malvagio!

 

Marx falso profeta

Nessun uomo ha escogitato delle idee più disastrose e reprensibili del padre del cosiddetto “socialismo scientifico”, Karl Marx. Come scrive lo storico Paul Johnson nel libro Gli intellettuali, la fondamentale incapacità di Marx di comprendere il capitalismo era dovuta al fatto che il suo metodo non aveva nulla di scientifico: egli non indagava direttamente la realtà, dato che non mise mai piede in una fabbrica o in un luogo di lavoro né utilizzava in modo obiettivo le indagini fattuali compiute da altri.

La sua filosofia può essere messa in relazione, piuttosto, con quattro aspetti del suo carattere: il gusto per la violenza, la sete di potere, l’incapacità di amministrare il denaro e la tendenza a sfruttare quanti gli stavano intorno. Marx visse in un’atmosfera di estrema violenza verbale, esplodeva periodicamente in liti furiose e passava talvolta anche a vie di fatto. Litigava con tutti quelli con cui si associava, a meno che non riuscisse a dominarli completamente.

La violenza sempre presente nel marxismo e nei regimi marxisti era dunque una proiezione dell’uomo stesso. Gesù aveva messo in guardia da uomini come Marx, quando disse: «Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete». Se l’albero va giudicato dai frutti, possiamo constatare che i regimi che tentarono di metter in pratica gli sproloqui di questo lunatico si sono resi responsabili della morte di almeno 100 milioni di persone. Marx era un albero marcio, dentro e fuori. Se Gesù predicasse oggi - conclude Reed - non mostrerebbe altro che disprezzo per Marx e la sua filosofia malvagia.

 

La Regola d’oro

Nei vangeli Gesù parla in diverse occasioni della Regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». Si tratta di un principio morale, o meglio di un ideale, riconosciuto in tutte le culture, religioni e tradizioni etiche. È un concetto che tutti dicono di ammirare, anche quando non lo mettono in pratica. A chi non piacerebbe vivere in un mondo dove tutti rispettano la Regola d’oro? Sarebbe un mondo di pace e produttività, perché ognuno potrebbe condurre i propri affari senza temere di essere ucciso o rapinato dal prossimo.

La Regola d’oro impone di rispettare gli altri, di trovare un accordo, di rapportarsi con gli altri su basi volontarie. La costrizione è incompatibile con la Regola d’oro e quindi lo è anche il socialismo, dato che ogni sua proposta si fonda sulla costrizione, giustificata in nome del bene di qualcun altro o della società. Se sei socialista - scrive Reed - dovresti rispondere a queste domande: perché pensi di poter risolvere ogni problema con la forza? Perché invochi sempre il governo per ogni cosa? Dove stanno la tua fiducia e il tuo rispetto per il prossimo? Sei proprio certo che costringendo gli altri a piegarsi al tuo volere sia una cosa buona? Ti piacerebbe se rivoltassimo il tavolo e noi facessimo lo stesso con te?

 

Vera e falsa compassione

La creazione della ricchezza è necessaria per ridurre la povertà e la sofferenza. Gli economisti più seri che studiano l’origine della ricchezza parlano di imprenditorialità, investimenti, assunzione di rischi, divisione del lavoro, innovazione, rendimento sul capitale, servizio al cliente, incentivi e così via. I socialisti invece sembra che non abbiano alcuna teoria sulla creazione della ricchezza. Forse credono che la ricchezza si materializzi magicamente, per permettere a loro di distribuirla.

Inoltre, sono convinti che favorire i programmi di spesa pubblica significhi essere persone compassionevoli. Gesù era certo una persona compassionevole, ma in nessun passaggio del Nuovo Testamento vuole imporre la compassione con la forza. Gesù chiede ai cristiani di amare, pregare, servire, perdonare, dire la verità, migliorare nello spirito e nel carattere: tutte attività personali che non richiedono l’intervento di politici, poliziotti, burocrati o programmi del governo.

La vera compassione richiede un’azione personale: la falsa compassione è un semplice sentimento che porta a chiedere l’intervento di altri – solitamente del governo – perché risolva il problema. La prima è simboleggiata dal volontario della Croce Rossa, la seconda dal demagogo che spende i soldi altrui per farsi eleggere. I dati, per di più, dimostrano che mediamente i socialisti e i progressisti sono molto più taccagni dei conservatori, quando si tratta di fare della beneficenza personale.

La falsa compassione, quella basata sulla costrizione, è gravida di pericoli, non risolve il problema della povertà e spesso ne crea di nuovi. Lo Stato assistenziale favorisce i politici avidi e miopi, alimenta la corruzione, mina l’etica del lavoro, incoraggia la dipendenza e la rottura delle famiglie e si sostituisce a ben più efficaci iniziative private. Rappresenta un’ipoteca sul futuro, economicamente e spiritualmente. Da ogni punto di vista, è l’antitesi del rafforzamento del carattere. Storicamente - scrive Reed - esistono poche cose più rischiose di un massiccio Welfare State. Ha portato alla bancarotta non pochi Paesi. Nessuna nazione, invece, è mai morta per la sovrabbondanza di carattere.

 

Un pugno di ferro in un guanto di velluto

Il socialismo è come un pugno di ferro avvolto in un guanto di velluto. Esteriormente sembra ragionevole e attraente: «lo Stato si occuperà di te, ti solleverà dalle preoccupazioni e dalle responsabilità, ti darà delle cose gratis, aiuterà i poveri e punirà i ricchi». All’interno del guanto di velluto, tuttavia, si trova la forza e la costrizione. Lo Stato infatti non ha nulla da dare, che prima non abbia tolto a qualcuno. Le ricchezze che distribuisce ai cittadini deve prenderle prima dai cittadini stessi. Queste risorse come possono aumentare passando attraverso le mani di un intermediario vorace e parassitario?

Gesù predicava l’amore, mentre i socialisti predicano la concentrazione del potere. Tuttavia, come disse lo scrittore inglese William Hazlitt, «L’amore per la libertà è l’amore per gli altri, l’amore per il potere è l’amore per noi stessi». In conclusione, malgrado tutti i tentativi dei progressisti di presentarlo come un sostenitore della redistribuzione assistenziale, Gesù non sostenne mai questo sistema fallimentare, fondato sull’invidia e sul furto.

 

Citazioni rilevanti

Gorbaciov ha torto

«Nel 1992, il Daily Telegraph di Londra riportò una sorprendente osservazione di Michail Gorbaciov: “Gesù è stato il primo socialista”. Per quale motivo? “Perché è stato il primo a cercare una vita migliore per l’umanità”. L’ex leader dell’Unione Sovietica sapeva sicuramente che, se il socialismo non è altro che la ricerca di una vita migliore per l’umanità, allora ben difficilmente Gesù è stato a perseguire questo obiettivo. La dichiarazione di Gorbaciov è davvero sciocca. Anch’io cerco una vita migliore per l’umanità, ma mi oppongo al socialismo. Questa è proprio una delle tante ragioni per cui non sono socialista» (p. 6).

Individualismo contro collettivismo

«Al cuore del messaggio di Gesù c’è il valore e l’unicità degli individui. Le questioni riguardanti la salvezza eterna e il carattere, ad esempio, implicavano sempre decisioni individuali e mai collettive […]. La libertà di scelta permette a ognuno di noi di crescere e di svilupparci, di imparare dai nostri errori e di essere ricompensati quando prendiamo decisioni corrette. Le nostre scelte determinano quello che siamo, perché sono espressione della nostra individualità donataci da Dio. L’individualismo perciò abbraccia la natura umana. Il collettivismo invece cerca di contrastarla. I più grandi e orrendi massacri della storia sono nati dalle crociate collettiviste contro l’individuo. Stalin, responsabile come minimo della morte di venti milioni di individui, si dice che abbia detto: “Una morte è una tragedia, un milione di morti sono una statistica”. Il collettivista denigra l’individuo. Ci dice che esiste un bene morale superiore riguardante il “gruppo”, specialmente quando è lui a definirlo o a guidarlo. Le entità collettive invariabilmente si riducono ad alcuni individui che dicono agli altri cosa devono o non devono fare. Il socialismo è profondamente collettivista. E poiché si affida alla forza, è pure profondamente antisociale» (p. 83, 87-88).

Il socialista è l’antitesi dell’umiltà

«L’umiltà è il tema centrale del Discorso della Montagna di Gesù, [… ma] l’umiltà è una virtù che sfida l’essenza del programma socialista [...],  il quale richiede la presunzione di sapere cos’è meglio per gli altri. Basta ascoltare i politici che si definiscono “socialisti democratici” o progressisti. Hanno un piano per tutto. I loro piani dettano quello che tu puoi e non puoi fare. Le loro litanie sulle cose da imporre e quelle da obbligare sono sconcertanti […]. In fin dei conti, siamo tutti esseri umani e una modesta dose di umiltà potrebbe aprire gli occhi dei socialisti e dei progressisti sui risultati orrendi della concentrazione del potere. I fallimenti storici del socialismo sono innegabili, ma i socialisti affermano che questa volta – con loro e i loro amici al potere - le cose andranno diversamente. Le loro buone intenzioni li rendono eccezionali. Questa è l’antitesi dell’umiltà. Essere umili significa infatti rendersi conto di quanto poco si sa» (p. 108-111).

 

Punti da ricordare

  • Oggi il socialismo è diventato popolare negli Stati Uniti, soprattutto tra i giovani.
  • Le nuove generazioni non hanno ricordo della Guerra Fredda e dei ripetuti fallimenti del socialismo.
  • Oggi molti affermano che Gesù era un socialista.
  • Il comunismo dei beni praticato dalle prime comunità cristiane non era obbligatorio e cadde rapidamente in disuso.
  • Non è facile dare una definizione di socialismo.
  • Tutte le volte che un sistema socialista fallisce, i suoi sostenitori affermano che quello non era vero socialismo.
  • I Paesi scandinavi non sono affatto socialisti, perché hanno economie molto libere.
  • Il socialismo non è mai volontario: la sua essenza è la forza.
  • Le parabole dei vignaioli, dei talenti e del buon samaritano non contengono alcun insegnamento socialista.
  • Quando Gesù critica i ricchi non chiede di redistribuire la loro ricchezza, ma esorta a non farsi dominare dal desiderio di ricchezza.
  • Ai tempi di Gesù, i ricchi erano spesso dei governanti o dei funzionari, non degli imprenditori.
  • I socialisti sono divorati dall’invidia verso i ricchi, ma dovrebbero esprimere gratitudine per tutta la ricchezza che creano.
  • Gesù non ha mai predicato l’obbedienza allo Stato e l’obbligo di pagare le tasse.
  • Se Gesù predicasse oggi non mostrerebbe altro che disprezzo per Marx e la sua filosofia malvagia.
  • Il socialismo è incompatibile con Regola d’oro di Gesù: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro».
  • La vera compassione richiede un’azione personale, la falsa compassione richiede l’intervento di altri.
  • Gesù non sostenne mai la redistribuzione statale, un sistema fallimentare fondato sull’invidia e sul furto.

 

L’autore

Lawrence R. Reed

Lawrence R. Reed, nato in Pennsylvania il 29 settembre 1953, è presidente emerito della Foundation for Economic Education (FEE) e autore di numerosi libri, tra cui Real Heroes e Excuse me, Professor: Challenging the Myths of Progressivism. In Italia, l’Istituto Liberale ha curato e pubblicato il suo libro I grandi miti sulla crisi del ‘29.

 

Indice del libro

vii        Foreword by Daniel Hannan

1          Introduction. Was Jesus a Socialist?

11        1. What Is Socialism?

19        2. Three Parables

29        3. What Jesus Said (And Didn’t Say) About the Rich

45        4. “The Gospel of Envy”

57        5. The Real Meaning of “Render unto Caesar”

71        6. The Golden Rule

79        7. Jesus the Redistributionist? Jesus the Social Justice Warrior?

93        8. What Is Real Compassion?

105      9. Humility

115      10. Two Theologians Who Got It Right

129      Conclusion. The Iron Fist in the Velvet Glove

133      Acknowledgments

 

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Lawrence R. Reed, Was Jesus a Socialist? Why This Question Is Being Asked Again, and Why the Answer Is Almost Always Wrong, ISI Books, Wilmington (DE), 2020, p. 135.