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Whistleblower: il dipendente pubblico come “quarto uomo” per la prevenzione alla corruzione

Whistleblower
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Indice:

1. “Soffiare il fischietto”

2. L’articolo 54 bis del decreto legislativo 165 del 2001 e relative modifiche

3. Ricadute applicative

 

1. “Soffiare il fischietto”

Il termine Whistleblowing deriva dall’espressione inglese “to blo the whistle”, che letteralmente significa “soffiare il fischietto”, ed è usato per indicare quell’azione, in particolare calcistica, con cui l’arbitro segnala un fallo durante una partita, o anche l’azione del poliziotto che cerca di fermare un comportamento illecito. Dunque con tale termine in via generale si vuole identificare le azioni di tutti quei soggetti che rivestono il ruolo di segnalatori di comportamenti scorretti (c.d. whistleblower). L’esigenza pregnante di contrasto al problema del fenomeno corruttivo e di mala gestio nelle amministrazioni pubbliche, che si dimostra essere sempre più dilagante, ha spinto il legislatore interno a introdurre misure di prevenzione alla corruzione come l’istituto della segnalazione di illeciti o irregolarità in materia di impiego pubblico.

Scopo primario dell’istituto è quello di prevenire la corruzione all’interno della pubblica amministrazione attraverso il dipendente pubblico che diviene, appunto, un whistleblower, mentre lo scopo “mediato” è quello di rendere più partecipativo e responsabile lo stesso dipendente che, utilizzando una metafora calcistica, diventa il “quarto uomo” dell’anticorruzione, ovvero collabora con gli organi di vigilanza e giudiziari per prevenire la corruzione nel proprio ambiente di lavoro.

 

2. L’articolo 54 bis del decreto legislativo 165 del 2001 e relative modifiche

La legge n. 190 del 2012Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, in linea con le politiche internazionali in tema di anticorruzione (in particolare la Convezione ONU del 31 ottobre 2003 in materia di corruzione, e la Comunicazione della Commissione europea del 2003 relativa al tema di “Politica globale dell’Unione europea contro la corruzione”) introduce nel Testo Unico sul pubblico impiego (il decreto legislativo n. 165 del 2001 recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) l’istituto del segnalatore di illeciti (c.d. whistleblower) attraverso l’aggiunta dell’articolo 54 bis rubricato “tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”.

Tale istituto rappresenta una novità nel nostro panorama giuridico, in quanto nell’introdurre tale misura di contrasto alla corruzione il legislatore non si è limitato a sottolineare il profilo penale della repressione, ma ha esteso il raggio d’azione anche alla “trasparenza” e alla “prevenzione”.

La norma prevede un regime di tutela nei confronti del dipendente che denuncia le condotte illecite (e di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro) e che provvede a segnalarle ai soggetti preposti alla ricezione, individuati dalla norma nel responsabile della prevenzione e della trasparenza (indentificato ai sensi dell’articolo 1, comma 7 della legge n. 190 del 2012), nell’Autorità nazionale anticorruzione o anche nell’Autorità giudiziaria o Corte dei Conti.

Il dipendente, nell’esercizio di tale azione, sarà esente dall’essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misura discriminatoria, o dall’essere destinatario di misure che possano causare un qualsiasi effetto negativo sulle sue condizioni di lavoro.

L’articolo 54 bis dispone inoltre un regime di anonimato del segnalatore, tanto da prevedere l’esclusione della segnalazione dall’accesso agli atti ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 241 del 1990, esclusione che viene meno se la segnalazione è utilizzata in ambito penale. L’anonimato del segnalatore è stato sin da subito un aspetto di rilievo dell’istituto in questione, in quanto importante misura di protezione per lo stesso segnalante che in mancanza potrebbe non denunciare l’illecito. Infatti, il comma 3 dell’articolo 54 bis, come novellato dalla legge n. 179 del 2017, prevede che l’identità non venga rilevata nel procedimento penale, in quello contabile e anche nel procedimento disciplinare, salvo solo in quest’ultimo caso nell’ipotesi in cui “la contestazione sia fondata , in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rilevazione della identità”.

Il regime di tutela è stato potenziato con le modifiche apportante all’articolo 54 bis dalla legge n. 179 del 2017 in materia di “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, ed il rafforzamento è intervenuto su più livelli:

- il primo aspetto riguarda l’ambito di applicazione della tutela del whistleblower sotto il profilo soggettivo; vengono introdotti nuovi soggetti nella categoria dei possibili segnalatori, infatti la norma novellata è estesa comprendendo oltre ai lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni anche, al comma 3, “collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica”;

- quanto al secondo, specificando al comma 2 cosa si deve intendere per dipendente delle amministrazioni pubbliche, il testo novellato comprende anche il dipendente di un ente pubblico economico e il dipendente di un ente pubblico privato sottoposto al controllo pubblico ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile così ampliando la sfera degli enti pubblici, che non è più circoscritta alle pubbliche amministrazioni stricto sensu;

- ulteriore profilo attiene ai destinatari della segnalazione; infatti, nel testo previgente era previsto come soggetto preposto a ricevere la segnalazione il superiore gerarchico, ora con la novella tale soggetto viene sostituito con il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il quale è presente in ogni pubblica amministrazione, come disposto dall’articolo1 comma 7 della legge n. 190 del 2012 e dall’articolo 43 comma 1 del decreto legislativo n. 33 del 213, quale figura ad hoc per ricevere tali segnalazioni, con il precipuo compito di contrastare i fenomeni corruttivi;

- da ultimo, un ruolo rafforzativo della tutela del segnalante viene attribuito all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che ai sensi del comma 6 dell’articolo 54 bis esercita un potere sanzionatorio nell’ipotesi in cui accerti, durante la sua istruttoria, l’adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2 con conseguente applicazione, nei confronti del responsabile che ha adottato la misura, di una sanzione amministrativa pecuniaria.

Per quanto riguarda, poi, il profilo oggettivo, la norma appare molto scarna, perché nel disporre quale sia l’oggetto della segnalazione ossia le “condotte illecite” (di cui è venuto a conoscenza il dipendente in ragione del proprio rapporto di lavoro), nulla dice in riferimento al “grado di conoscenza dell’illecito”, come pure in riferimento alla definizione di quest’ultimo.

Riguardo al primo aspetto c’è chi ha sostenuto in dottrina che sia ragionevole “ritenere non meritevoli di tutela le segnalazioni basate su voci o sospetti, oltre al fatto che la segnalazione deve essere circostanziata e il dipendente deve ritenere in maniera probabile che il fatto denunciato si sia verificato” (E. Fatia “La tutela del whistleblower nel pubblico impiego dopo la legge n. 179 del 2017”, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 1/2018, pag. 57-78). In riferimento, invece, alla definizione di “condotte illecite”, si è suggerito l’accoglimento della nozione che viene data al reato di corruzione dalla Circolare n. 1 del 2013 del Dipartimento della Funzione pubblica, ossia “le varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati”. 

Si noti come viene utilizzata una configurazione molto più ampia della nozione di reato di corruzione, trascendendo l’aspetto penalistico, che troviamo nel codice penale agli articoli 318, 319 e 319 ter. Infatti, utilizzando la locuzione “varie situazioni”, si può ricomprendere una più ampia serie di possibili condotte illecite, tra cui quelle che portano ad uno scorretto esercizio della funzione pubblica a causa dell’uso, per fini privati, delle competenze attribuite al dipendente, anche in mancanza di un rilievo penalistico.

 

3. Ricadute applicative

Quanto all’effettiva applicazione negli anni, i dati che ci vengono forniti dall’ANAC nella Relazione annuale dell’anno 2019 tratteggiano il whistleblowing come un istituto che “ha avuto un vero e proprio andamento esponenziale se si considera che si è passati dalle 125 segnalazioni del 2015 alle 873 del 2019, per un totale complessivo di circa 2330 segnalazioni”, e inoltre “come per gli anni scorsi, le irregolarità segnalate hanno riguardato soprattutto l’ambito degli appalti pubblici, quello dei concorsi, la gestione delle risorse pubbliche, la mancata attuazione della disciplina anticorruzione, nonché casi di maladministration, con ricadute penali ogniqualvolta detti casi si sono tradotti in fattispecie criminose, quali, ad esempio, l’abuso di potere” .

Inoltre, dal punto di vista territoriale e settoriale, si è costatato che, sempre nel corso dell’anno 2019, “la maggior parte delle segnalazioni sono state acquisite come provenienti dal sud e dal nord Italia”, mentre riguardo all’organismo nel cui ambito è effettuata la comunicazione o la segnalazione, per l’anno 2019, “si registra una prevalenza di denunce provenienti dagli enti territoriali, seguiti dalle amministrazioni ed enti pubblici in generale, nonché dalle istituzioni scolastiche, di formazione, ricerca e conservazione e dalle aziende sanitarie o ospedaliere”.

Può dunque notarsi come resti, in assoluto, il settore degli appalti, e a seguire dei concorsi pubblici, quello in cui si sono verificate più segnalazioni di illeciti, mentre gli enti locali risultano le “sedi” maggiormente colpite da tali condotte.