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20 anni e non dimostrarli. Il Decreto legislativo 231 compie 20 anni a giugno 2021

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Ph. Luca Martini / in-canto

A Giugno 2021 il Decreto legislativo 231/01 compirà 20 anni.

Un tempo sufficiente per fare alcune doverose riflessioni sul percorso e lo stato dell’arte  di una norma  che nel momento in cui è stata pensata e realizzata (2001)  apparve  una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto al concetto sino ad allora inamovibile secondo cui “societas delinquere non potest ” che, a dispetto delle sembianze da brocardo latino è frase coniata nel 1881 dal penalista tedesco Franz von Liszt, per ribadire il concetto che le persone giuridiche non potessero commettere reati sia perché prive di capacità d’agire sia perché prive di imputabilità.

Una strada caratterizzata dall’inserimento di nuovi reati presupposto di responsabilità per le aziende quella della 231, norma il più delle volte subita dagli imprenditori come “ulteriore fardello burocratico” e un costo gravante sui bilanci dell’impresa più che un’opportunità di verifica di responsabilità organizzativa della stessa.

In tutta franchezza, credo che la facoltatività dell’applicazione del modello 231 (ricordiamo infatti che in base al principio dell’autocontrollo, l’ente ha la facoltà di adottarlo o meno) andrebbe oggi risolto valutando una premialità per quelle aziende che abbiano deciso di intraprendere la via della responsabilità organizzativa e che si siano impegnate scrupolosamente, assumendosene i costi. Ciò costituirebbe un corretto contro bilanciamento rispetto a quell’aspetto punitivo della norma che ha sanzioni particolarmente pesanti per l’impresa in caso di non adozione del modello organizzativo , anche in sede cautelare, nell’ipotesi di processo penale a carico dei dipendenti o degli apicali dell’impresa per reati che ne costituiscono il presupposto.

Alcune legislazioni regionali già prevedono  l’applicazione 231 come requisito preliminare per ottenere l’accreditamento in settori specifici; penso all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che prevede la presenza del modello 231 come elemento di valutazione ai fini del punteggio per l’attribuzione del Rating di legalità e penso, a maggior ragione,  al nuovo Codice degli Appalti  dove la conformità agli adempimenti 231 si connota come autonomo requisito reputazionale ai fini dell’attribuzione del rating di impresa maggiormente affidabile per il committente pubblico.

Nell’ultimo anno, la struttura dinamica o evolutiva del Modello Organizzativo è stata messa a dura prova dalla pandemia, che ha movimentato non poco la vita delle imprese giustamente coinvolte dalla protezione della salute e sicurezza dei lavoratori dal rischio di contagio da Covid 19, oltre che dalla legittima finalità di evitare responsabilità penali per i datori di lavoro e amministrative per l’Ente.  Mai come in questo ultimo anno di emergenza sanitaria si ha avuto la sensazione che benché definita responsabilità amministrativa, per il tipo di sanzione inflitta all’ente, in realtà quella dell’impresa ha il sapore di una responsabilità penale a tutti gli effetti  e non solo perché sia rimesso al giudice penale l’accertamento del reato.

Inoltre è un dato di fatto che le difficoltà economiche costituiscano terreno fertile per la criminalità e soprattutto per la criminalità economica organizzata, mentre l’evoluzione tecnologica in un momento come questo in cui il collegamento telematico è l’unico utilizzato anche per grandi trasferimenti economici, apre non pochi interrogativi sulla sicurezza tecnologica dei sistemi informatici dell’azienda.

È un fatto tuttavia che la riluttanza all’applicazione riscontrata nei primi anni di vita della norma abbia ceduto il passo a una indubbia consapevolezza dell’opportunità organizzativa che l’applicazione corretta della 231 costituisce anche nella gestione dell’impresa: scegliere la via della legalità e della trasparenza significa percorrere una strada senza scorciatoie, ma con risultati duraturi e coinvolgenti. In tal senso, l’esperienza che ho maturato negli organismi di Vigilanza di diverse imprese negli ultimi quindici anni, mi ha convinto di quale straordinaria opportunità sia, per un vertice aziendale etico e trasparente, la realizzazione di un profitto che non utilizzi scorciatoie pericolose ma che cresca forte di un’uniformità comportamentale di tutta l’azienda.

In tale scenario, una formazione continua in materia 231, stimolata e voluta dai vertici aziendali, costituisce terreno fertile per perpetrare la “cultura 231” che deve sempre più caratterizzare l’azienda del futuro, così come i flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza (ODV), quando puntualmente redatti dai responsabili della funzione, validamente individuata, ed esaminati con la dovuta attenzione, costituiscono occasione di continuo miglioramento delle procedure aziendali necessarie.

Le procedure di controllo interno, come il dettagliato esame dei rischi, il costante aggiornamento dei sistemi di prevenzione e l’attenzione all’evoluzione delle normative e della giurisprudenza, sono la bussola di un ODV responsabile e competente, così come l’autonomia dell’ ODV dal contesto aziendale, qualità che ne garantisce l’indipendenza accanto all’esistenza di un budget a disposizione dello stesso , potrà sempre di più essere riequilibrata, nelle composizioni collegiali, da un componente interno all’azienda  che sia a conoscenza delle dinamiche e dello svolgimento delle funzioni di maggior interesse per gli obblighi informativi all’ODV.

Lo stimolo dunque su cui occorrerà continuare il percorso per far comprendere l’importanza della compliance 231 non dovrà essere, o per lo meno non dovrà solo essere, il timore della sanzione, percepita il più delle volte distante e applicabile solo agli altri, bensì la sua capacità di essere strumento di costante check up aziendale per la regolamentazione di capisaldi organizzativi quali la coerenza tra deleghe e poteri, la tracciabilità delle operazioni e la regolamentazione dei processi.

Solo in questo modo l’applicazione della norma 231, a vent’anni dalla sua entrata in vigore, non avrà il sapore di un’occasione mancata.