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Licenziamento: illegittimo se le offese al datore di lavoro sono su chat privata

I messaggi in chat privata, infatti, rientrano nel diritto di corrispondenza e non nella diffamazione come nel caso di contenuti pubblicati su Facebook
La perfezione
Ph. Giacomo Martini / La perfezione

Il licenziamento del dipendente che offende il capo in chat privata

La Cassazione (nella sentenza 25731 del 2021) ha dichiarato illegittimo il licenziamento di un dipendente che, utilizzando la chat aziendale, si era lasciato andare ad offese nei confronti del proprio superiore.

I contenuti offensivi, infatti, erano stati scambiati sulla chat che, seppur aziendale, è da considerarsi privata e, pertanto, non utilizzabile dal datore di lavoro quale giusta causa di licenziamento, trattandosi di uno sfogo del lavoratore garantito dalla riservatezza e segretezza.
 

Chat privata e licenziamento illegittimo

Secondo il parere della Cassazione, tutto dipende dalla natura della conversazione e, quindi, della chat. Infatti, il confine tra il licenziamento legittimo e quello illegittimo sta nella differenza tra messaggi privati e messaggi pubblici.

Le chat private, come nel caso delle chat WhatsApp o delle chat aziendali (Microsoft Teams, Slack, Skype etc.) e, quindi, a numero chiuso, sono espressione della libera manifestazione del pensiero in una comunicazione privata e, pertanto, tutelate dalla riservatezza e dalla segretezza ex. Art. 15 della Costituzione “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili […]”.
 

Illegittimo il licenziamento, a patto che ci sia stata una comunicazione preventiva della possibilità di effettuare verifiche sul pc

Il licenziamento da parte del datore di lavoro può essere disposto nei confronti del dipendente, utilizzando come giusta causa anche le eventuali conversazioni offensive espresse nelle chat aziendali, solo qualora ci sia stata una preventiva comunicazione al lavoratore della possibilità di effettuare verifiche tecniche sul pc aziendale, ai sensi dell’articolo 4, della legge n. 300/1970. In questi casi, i controlli tecnici possono essere utilizzati per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, compresi quelli disciplinari.
 

Licenziamento del dipendente, quando potrebbe essere legittimo?

Diverso è, invece, il caso in cui le offese contro il datore di lavoro, o quelle rivolte a colleghi e superiori non sono espresse in chat private, ma attraverso l’utilizzo di social network.

I social, infatti, sono considerati a tutti gli effetti un luogo aperto ed accessibile a tutti.

In questi casi, lo sfogo del dipendente ha conseguenze ben diverse.

Pertanto, le offese rivolte dal dipendente al datore ed espresse via social configurano il reato di diffamazione previsto dall’art. 595 c.p. e ciò in ragione della potenziale idoneità del mezzo utilizzato di coinvolgere e raggiungere una pluralità di soggetti molto ampia, cagionando un danno nei confronti della persona offesa.

In tale ultimo caso, la diffusione di offese e insulti può essere causa di licenziamento per giusta causa.