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Azienda - Tribunale di Parma: nel trasferimento d’azienda il patto di non concorrenza con i soci della cedente deve essere espressamente convenuto

Azienda - Tribunale di Parma: nel trasferimento d’azienda il patto di non concorrenza con i soci della cedente deve essere espressamente convenuto
Azienda - Tribunale di Parma: nel trasferimento d’azienda il patto di non concorrenza con i soci della cedente deve essere espressamente convenuto

Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta, come previsto dall’articolo 2557 Codice Civile sulla concorrenza sleale.

Dottrina e giurisprudenza allargano i confini della concorrenza sleale, includendo anche i casi in cui l’alienante l’azienda ne eserciti una nuova, con esercizio indiretto tramite altre persone che siano fisiche o giuridiche. Una recente sentenza Tribunale di Parma ha fatto ancora più chiarezza sui limiti della concorrenza sleale per esercizio indiretto.

 

Il caso e la condotta contestata

Specificamente, la controversia sottoposta al foro di Parma ha riguardatola cessione di un ramo d’azienda consistente nella produzione di prodotti da pasticceria, attività di catering e commercio di prodotti dolci da forno, nell’area del Comune di Parma e dei comuni limitrofi, da parte di una società di capitali ad un’altra.

La società cessionaria ha lamentato la condotta di concorrenza sleale ad opera dei due soci della cedente, che in breve tempo avevano creato una seconda società, la quale commercializzava prodotti dolciari nella zona del parmense. Nell’atto di cessione era infatti incluso un patto di non concorrenza quinquennale, circostanza ordinaria e peraltro prevista dalla legge.

Tuttavia, l’acquirente hacitato in giudizio per danni e concorrenza sleale non tanto la società cedente, ma direttamente i due soci che la componevano, i quali avevano fondato la seconda attività “concorrente”.

 

La decisione del Tribunale

Il Tribunale ha respinto le richieste della società cessionaria, per mancanza di legittimazione passiva dei soci citati in giudizio: mentre l’obbligo di non concorrenza era vigente per la società cedente – che ricordiamo essere società di capitali, pertanto con piena capacità giuridica e a sé stante – i singoli soci non avevano assunto a nome proprio alcun obbligo di astenersi dallo svolgere attività nel medesimo settore produttivo dell’azienda ceduta. Tale obbligo sussisteva quindi solo per la S.r.l. cedente.

In particolare, il Tribunale ha rigettato la richiesta di applicare l’estensione analogica suggerita dall’attore, e ha ribadito come principio cardine dell’ordinamento giuridico è quello per cui le società di capitali godono di personalità giuridica piena: vi è quindi“nitida alterità soggettiva tra la società ed il socio”.

Perché vi sia un esercizio indiretto occorre inoltre, secondoil Tribunale,che il terzo agisca sotto controllo e nell’interesse dell’imprenditore cedente.In questo caso, il Tribunale di Parma, a parte la identità dei soci, non ha rilevato alcun potere di controllo o ingerenza della prima società (quella cedente) sulla seconda, costituita solo in seguito, ed esse non avevano un interesse economico unitario.

Con questa sentenza la Corte ha quindi fornito ulteriori criteri per distinguere quando sussiste concorrenza sleale esercitata indirettamente.

(Tribunale Ordinario di Parma - Dottoressa Angela Chiari - Sentenza 28 dicembre 2016, depositata il 05 aprile 2017, n. 525)

Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta, come previsto dall’articolo 2557 Codice Civile sulla concorrenza sleale.

Dottrina e giurisprudenza allargano i confini della concorrenza sleale, includendo anche i casi in cui l’alienante l’azienda ne eserciti una nuova, con esercizio indiretto tramite altre persone che siano fisiche o giuridiche. Una recente sentenza Tribunale di Parma ha fatto ancora più chiarezza sui limiti della concorrenza sleale per esercizio indiretto.

 

Il caso e la condotta contestata

Specificamente, la controversia sottoposta al foro di Parma ha riguardatola cessione di un ramo d’azienda consistente nella produzione di prodotti da pasticceria, attività di catering e commercio di prodotti dolci da forno, nell’area del Comune di Parma e dei comuni limitrofi, da parte di una società di capitali ad un’altra.

La società cessionaria ha lamentato la condotta di concorrenza sleale ad opera dei due soci della cedente, che in breve tempo avevano creato una seconda società, la quale commercializzava prodotti dolciari nella zona del parmense. Nell’atto di cessione era infatti incluso un patto di non concorrenza quinquennale, circostanza ordinaria e peraltro prevista dalla legge.

Tuttavia, l’acquirente hacitato in giudizio per danni e concorrenza sleale non tanto la società cedente, ma direttamente i due soci che la componevano, i quali avevano fondato la seconda attività “concorrente”.

 

La decisione del Tribunale

Il Tribunale ha respinto le richieste della società cessionaria, per mancanza di legittimazione passiva dei soci citati in giudizio: mentre l’obbligo di non concorrenza era vigente per la società cedente – che ricordiamo essere società di capitali, pertanto con piena capacità giuridica e a sé stante – i singoli soci non avevano assunto a nome proprio alcun obbligo di astenersi dallo svolgere attività nel medesimo settore produttivo dell’azienda ceduta. Tale obbligo sussisteva quindi solo per la S.r.l. cedente.

In particolare, il Tribunale ha rigettato la richiesta di applicare l’estensione analogica suggerita dall’attore, e ha ribadito come principio cardine dell’ordinamento giuridico è quello per cui le società di capitali godono di personalità giuridica piena: vi è quindi“nitida alterità soggettiva tra la società ed il socio”.

Perché vi sia un esercizio indiretto occorre inoltre, secondoil Tribunale,che il terzo agisca sotto controllo e nell’interesse dell’imprenditore cedente.In questo caso, il Tribunale di Parma, a parte la identità dei soci, non ha rilevato alcun potere di controllo o ingerenza della prima società (quella cedente) sulla seconda, costituita solo in seguito, ed esse non avevano un interesse economico unitario.

Con questa sentenza la Corte ha quindi fornito ulteriori criteri per distinguere quando sussiste concorrenza sleale esercitata indirettamente.

(Tribunale Ordinario di Parma - Dottoressa Angela Chiari - Sentenza 28 dicembre 2016, depositata il 05 aprile 2017, n. 525)