CASHBACK: alcuni profili giuridici del decreto ministeriale n. 156/2020

Prima parte
Bologna 2020, un Natale diverso
Ph. Luca Martini / Bologna 2020, un Natale diverso

Indice:

1. La filosofia politico-normativa della legge di bilancio n. 160/2019

2. Cosa prevede il Decreto Ministeriale del 24 novembre 2020 denominato “Regolamento recante condizioni e criteri premiali per l’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici”

3. Le definizioni della discrezionalità - l’articolo 1 del D.M. 156/2020

4. I rischi dell’ambito applicativo tra disparità di trattamento e probabili responsabilità penalmente rilevanti - gli articoli 2 e 3 del D.M. 156/2020

 

1. La filosofia politico-normativa della legge di bilancio n. 160/2019

Il c.d. cashback ha da poco fatto ingresso nel linguaggio comune pur non essendo un termine che identifichi efficacemente il rapporto del dare-avere (nato sostanzialmente tra Consumatore e Stato) a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 1, co. 288[1], ai sensi della legge di bilancio n. 160/2019.

In realtà il consumatore, nell’accezione più conosciuta, c’entra ben poco (salvo spendere determinate somme con il rischio di non ottenere in cambio alcunché); lo Stato, nella dimensione più risaputa, ancor meno (se non per aver speso dei soldi dei consumatori-contribuenti).

Stando al dettato normativo che, sostanzialmente, definisce lo spirito che ha animato il legislatore in termini di scelta politico-economico-giuridica, ci si ritrova dinanzi a dati incontrovertibili.

Il legislatore, in pratica, con la norma di bilancio summenzionata:

  • crea un circuito di scambio chiuso (geneticamente protezionistico);
  • riconosce il diritto al rimborso per chi, degli aventi i requisiti soggettivi, volontariamente spende tramite i sistemi tracciati (solo quelli convenzionati e quindi non tutti);
  • non ha voluto (e non vuole tutt’ora), dato il tenore del D.M. 156/2020 di cui si dirà più avanti, indirizzare alcuna misura ai fini del contrasto all’evasione fiscale che, stando a quanto riscontrabile, risulterebbe addirittura favorita quantomeno sul piano ipotetico.

A quanto appena elencato vanno aggiunti due elementi essenziali che, sul piano soggettivo dell’aderente, debbono sussistere ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso stadiato nella disposizione di cui sopra.

In particolare, la norma consente la partecipazione a concorrere al predetto rimborso:

  • solo alle persone fisiche maggiorenni, residenti nel territorio italiano, con uno storico di abitualità d’acquisto mediante strumenti di pagamento elettronico;
  • solo alle persone fisiche che effettuino acquisti fuori dalle dinamiche di esercizio dell’attività d'impresa, di un’arte o di una professione.

Quest’ultimo passaggio ci pone dinanzi ad una evidenza: il sistema di rimborso voluto non interessa e non disciplina il rapporto da partita iva a partita iva; qui si determina il perimetro entro il quale chiude il cerchio il sistema generato dal legislatore con la legge di bilancio.

Una volontà specifica che:

  • sul piano della filosofia politica esclude una moltitudine di consumatori;
  • sul piano della filosofia giuridica crea non poche disparità di trattamento tra cittadini.

Questioni, quest’ultime, che nel prosieguo di questo approfondimento saranno poste all’attenzione al fine di chiarire quanto sia utile il “linguaggio giuridicamente sartoriale” allorquando sia necessario disciplinare un fenomeno socialmente incidente sulle dinamiche pubbliche (perché ne va delle casse dello Stato) nonché private (perché ne va della certezza del diritto soggettivo del cittadino).

Inoltre, a chiusura di questa introduzione sul quadro normativo operante, si tenga in considerazione che la legge di bilancio espressamente richiama il concetto di “diritto al rimborso in denaro”.

Si badi altrettanto attentamente come nell’articolo 1, co. 288, della suddetta disposizione vi sia una virgola che stacca completamente il concetto rispetto al legame attuativo del decreto ministeriale ad emanarsi (poi effettivamente steso il 24 novembre 2020 con atto del Ministro dell’Economia n. 156 ed entrato in vigore il 28.11.2020 come da pubblicazione su G.U. n. 296 del 28.11.2020).

Tale virgola (voluta o meno dal legislatore non è dato sapersi) sarà utile richiamarla più avanti ove si potrà inquadrare meglio la differenza tra “diritto al rimborso” (avente radice normativa certa) e “aleatorietà da cashback” dello stesso (avente attuazione da discrezionalità e, quindi, incerta).

Infine, prima di chiudere sul punto in trattazione, è doveroso definire l’ambito normativo che precede l’iniziativa ministeriale di emanazione delle misure legate al rimborso inquadrato dal Piano Italia cashless[2] in relazione, appunto, al c.d. “cashback[3]”.

Unitamente, quindi, all’articolo 1 co. 288 della legge n. 160/2019 vi sono da considerare anche i commi 289, 289 bis, 289 ter e 290[4].

In base alla lettura testuale delle disposizioni poc’anzi si ottiene che:

  • il Ministro dell’economia sceglie discrezionalmente forme di adesione, volumi e frequenze degli acquisti (in ragione del principio di abitualità), criteri, strumenti e le attività rilevanti di fini dell’attribuzione dell’ipotetico rimborso;
  • il Ministro dell’Economia è obbligato ad affidare alla PagoPa spa (società ex articolo 8 del D.L. 135/2018) i servizi di progettazione, realizzazione e gestione del sistema informativo destinato al calcolo del rimborso con una copertura di 8,2 milioni su triennio 2020 (2,2 milioni), 2021 (3 milioni) e 2022 (3 milioni);
  • il Ministro dell’Economia è obbligato ad affidare a Consap spa l’attività di erogazione dei rimborsi, al contempo, attribuendo la gestione di reclami e controversie con una copertura di 1, 5 milioni su biennio 2021 e 2022.

Definito il cappello introduttivo della norma licenziata dal legislatore nel 2019 (e successive integrazioni), si passa ora ad analizzare il D.M. attuativo n. 156/2020.

 

2. Cosa prevede il Decreto Ministeriale del 24 novembre 2020 denominato “Regolamento recante condizioni e criteri premiali per l’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici”

Già dal tenore della legge di bilancio di cui innanzi si percepisce il confine in cui si andrà a sviluppare l’analisi delle disposizioni attuative ministeriali di cui al D.M. 156/2020.

Tuttavia non si rinuncerà a far evincere ed evidenziare alcune discrasie[5].

L’incipit[6] del provvedimento fa immediatamente cadere l’occhio su tre elementi-presupposto:

  • la finalità della misura;
  • i soggetti interessati per la progettazione e la gestione;
  • la previsione di imputazione a bilancio pluriennale.

Orbene il primo degli elementi appena elencati è espresso, molto chiaramente, in richiamo a quanto perimetrato dalla stessa legge di bilancio del 2019.

Significa che la finalità del programma cashback è esclusivamente quella di incentivare l’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronici; cosa che per essere concretizzabile, sul piano di strategia politico-governativa, si accompagna al c.d. “riconoscimento del diritto a un rimborso”. Diritto al rimborso, come visto nel primo paragrafo di questa dissertazione, indirizzato solo a persone fisiche determinatamente inquadrate dalla legge di bilancio.

Il secondo degli elementi elencati riguarda i soggetti destinatari dell’incarico di progettazione e di gestione dell’intera campagna programmatica.

Si tratta di PagoPa spa, da una parte, e di Consap Spa, dall’altra parte.

Al primo spetta la progettazione della c.d. “APP IO” mentre alla seconda spetta la competenza di erogazione dei rimborsi e dell’eventuale reclamo e contenzioso derivante.

Il terzo elemento, infine, definisce il quadro delle risorse disponibili per il programma su base pluriennale e che, ai sensi dell’articolo 73, co. 2, lett. b) del decreto legge 140/2020 (del 14 agosto), poi convertito in legge il 13.10.2020 con n. 126, si stadia in:

  • 2,2 milioni per l’anno 2020;
  • 1.750 (?!) milioni per l’anno 2021.

Nulla, quindi, per il 2022 nell’incipit decreto ministeriale (ma di cui si dirà meglio più avanti).

Ora, sul piano dell’inquadramento politico-giuridico del D.M. in esame si considerino le trattazioni sul rischio di cashcrack giuridico[7] e d’impossibilità consequenziale erogatoria del diritto al rimborso[8] quali strumentali e funzionali a comprendere le premesse critico-analitiche su cui si vuole concentrare l’attenzione.

Ciò detto, è necessario passare alla trattazione delle parti cruciali ulteriori di quanto stabiliscono, grossomodo, i tredici articoli del provvedimento attuativo ministeriale in questione soffermandoci sulle particolarità più importanti del testo.

 

3. Le definizioni della discrezionalità - l’articolo 1 del D.M. 156/2020

Significativo il quadro di definizioni date dal Ministero rispetto alla norma di bilancio.

Attività che spetterebbe piuttosto ad un legislatore invece che all’attuatore normativo; ma si resti al tenore dell’inquadramento.  

Posto che dei soggetti beneficiari del programma si è già detto ed illustrato innanzi, è l’esercente ad avere un ruolo non poco marginale poiché a quest’ultimo spetta identificare i requisiti di accordo convenzionale con l’aquirer convenzionato.

Chi sarebbe quest’ultimo? Secondo il regolamento ministeriale è “il soggetto che ha concluso un accordo con l’esercente per l’utilizzo dei dispositivi di accettazione e che ha sottoscritto, altresì, una convenzione con la PagoPa spa per partecipare al programma ovvero Bancomat spa, previa sottoscrizione della convenzione con PagoPa spa”.

Quanto sopra sta a significare, già d’impatto, che:

  • benché il consumatore possa spendere ed utilizzare i propri strumenti elettronici di pagamento ai fini del programma cashback non per forza ciò significa, automaticamente parlando, che il flusso della transazione sia valido ai fini dell’ambito applicativo del Decreto in esame se, dall’altra parte, l’esercente non abbia a monte un accordo riconosciuto con gli operatori finanziari di cui sopra;
  • non deve dimenticarsi che il programma cashback è su base volontaria e sperimentale (pertanto il consumatore, pur collegando i propri strumenti all’APP IO di PagoPa spa, rischia di vedersi vanificate le operazioni suddette per mancato riconoscimento automatico delle stesse da parte del Ministero avendo, quest’ultimo, espressamente voluto che la convenzione operasse anche per l’esercente).

Prende così valore presumere che solo la verifica postuma dei pagamenti elettronici possa avere una effettiva riconducibilità tra operazione d’acquisto e assunzione della medesima ai fini dell’ammontare idoneo al diritto di rimborso[9].

Controllo preventivo all’erogazione dell’eventuale rimborso nei confronti dell’aderente al programma che non spetta a PagoPa spa e neanche al Ministero, ma a Consap spa (vedasi articolo 9 del D.M.) alla quale ultima è affidata anche la competenza su gestione dei reclami e del contenzioso (ex articolo 10 del D.M. e di cui meglio si dirà più avanti).

A questo occorre aggiungersi che fondamentale è anche il rapporto convenzionato del soggetto pagatore (cioè l’aderente al programma cashback) con il proprio c.d. “issuer”.

L’issuer, in pratica, è il soggetto che ha concluso un accordo preventivo con il soggetto fisico aderente (articolo 1, co. 288, legge di bilancio) per la fornitura di uno strumento elettronico e che, a sua volta, abbia una convenzione firmata con la PagoPa spa per l’adesione al programma cashback.

Detta ultima convenzione deve nascere sul presupposto che sia, al tempo stesso, alternativa a quella relativa all’APP IO.

Rispetto a quest’ultimo passaggio, allora, sorge spontanea una riflessione.

Non tutti gli istituti bancari ed intermediari finanziari sono riconosciuti ai fini del rapporto con PagoPa spa (e quindi dell’APP IO) per consentire a qualsiasi cittadino (rientrante nei parametri di legge di bilancio) di aderire al programma caschback con il proprio strumento di pagamento elettronico.

La ragione di tale perplessità sta valutazione i dati riportati negli atti appresso richiamati:

Già dal numero totale dei rispettivi elenchi consultati ci si può accorgere di come non tutti gli Istituti abbiano strumenti elettronici di pagamenti rientranti nell’elenco di PagoPa spa.

A ragion veduta, d’altronde, si può riscontrare come la società appena citata nasca con una chiara identità rivolta a costituire “un sistema unico per i pagamenti elettronici verso la pubblica amministrazione[13]”.

Conclusione vuole, quindi, che non si comprende la portata complessiva della valutazione politico-normativa nonché attuativa per come finalizzata a coinvolgere una società nata, prettamente, per gestire i dati di pagamento verso la parte “pubblica” commistionandone il tutto con un’attività fuori dal perimetro genetico-nativo della stessa; con l’effetto di far confluire anche dati di transazione tra privati e che debbono rispondere ad altre garanzie di trattamento.

Non a caso si legge nella lettera h) dell’articolo 1 in trattazione che il sistema cashback è predisposto e gestito da PagoPa spa la quale “raccoglie i dati rilevanti” degli aderenti e degli esercenti definendo, altresì, la graduatoria tramite le informazioni dell’APP IO o di quelli alternativi degli issuer convenzionati.

Solo dopo si avvierà il controllo di graduatoria e di verifica delle operazioni che farà Consap spa ai fini dell’erogazione dell’eventuale rimborso.

Il tutto, si ribadisce, alquanto amministrativamente discrezionale (ammesso che di ambito amministrativo si stia parlando).

 

4. I rischi dell’ambito applicativo tra disparità di trattamento e probabili responsabilità penalmente rilevanti - gli articoli 2 e 3 del D.M. 156/2020

Non volendo ripetendosi in merito ai requisiti soggettivi che la persona fisica deve avere a monte dell’adesione al programma cashback, si considerino (oltre all’ambito di applicazione della norma di bilancio e delle definizioni attuative di cui all’articolo1 del D.M. 156/2020) anche gli articoli 2 e 3 del provvedimento in esame poiché da porre all’attenzione congiuntamente.

Premesso che il soggetto aderente debba farlo solo ed esclusivamente su base volontaria, il fatto che non si possa acquistare anche ai fini dell’attività d’impresa espone il rapporto ad una serie di valutazioni tali da porre in discussione la bontà stessa del programma.

Bontà che rischia di non consentire effettività di rimborso, quanto a certezza del diritto, nonché di condurre alla sanzione penale i soggetti interessati.

Si ricordi, all’uopo, quanto previsto dalla norma di bilancio ovvero il requisito di abitualità.  

Unitamente si consideri quanto prevede l’articolo 3, co. 3[14], del D.M. 156/2020 stabilendo un altro requisito di utilizzo e cioè la “esclusività”.

Requisito, quest’ultimo, affatto previsto nella norma di bilancio.

Qui si fa rilevare, quindi, una discrasia assoluta tra legge nazionale e disposizione attuativa ministeriale; il ché minando il capo d’azione di un non trascurabile passaggio.

La disposizione, giustappunto, richiamata prevede che chi aderisce al programma “cashback” deve registrarsi sull’app IO (predisposta dalla società PagoPa spa) dichiarando di “utilizzare gli strumenti di pagamento registrati esclusivamente per acquisti effettuati fuori dall’esercizio di attività d’impresa, arte o professione”.

Dichiarazione, quest’ultima, che il Ministro emanante il D.M. ordina ai fini dell’attuazione esecutiva del programma basandone il presupposto sugli articoli n. 46 e 47 del DPR 445/2000 (famosa normativa per le autocertificazioni).

Ictu oculi!

La discrasia tra norma dello Stato e disposizione attuativa è palese.

Nella prima l’elemento necessario e complementare agli altri indicati (persona fisica, territorialità, ecc.) è l’abitualità; nella seconda, del tutto contrariamente, è l’esclusività.

Ora, v’è netta differenza tra i due termini e l’analisi necessita di porsi alcune domande di sorta.

Se l’elemento dell’abitualità è rivolto all’esistenza di un effettivo background (riferimento allo storico di tracciabilità dei pagamenti), allora, il soggetto aderente al programma “cashback” con un nuovo strumento elettronico, magari richiesto appositamente all’intermediario per rispettare l’esclusività legata agli acquisti indicati nel decreto ministeriale, resta escluso dal diritto al rimborso?

In caso opposto, se il requisito della abitualità non è legato ad un presupposto storico, il soggetto che ha già uno strumento elettronico di pagamento (che quindi si presume non essere stato, per forza di cose, utilizzato sin dal primo acquisito rispettando tutti i parametri indicati dalla legge di bilancio), dichiarerebbe il falso stando, appunto, all’articolo 3, co. 3, del Decreto attuativo del Min. Gualtieri (per l’effetto, non potendo partecipare di fatto al rimborso previsto)?

Un bel rischio per il cittadino.

Il rischio di una imputazione penale è tutt’altro che improbabile stando alla lettera di quanto illustrato tenendo, altresì, presente che comunque un Decreto Ministeriale del genere non ha una forza genetica di sfruttare l’inquadramento normativo di altra legge per sportarne gli effetti a colpi discrezionali.

Lo spiega bene il Tribunale di Milano in una recentissima sentenza, depositata il 16.11.2020, emessa in ordine all’imputazione derivante dal combinato disposto tra l’articolo 76[15] il DPR 445/2000 e l’articolo 483[16] codice penale Con detta pronuncia il magistrato ha assolto il cittadino imputato con la formula per cui “il fatto non sussiste”.

Ad ogni buon conto rimane il concreto rischio per il cittadino aderente al programma di incappare nella problematica appena illustrata.

 

[1] La norma in questione relativa al comma 288 recita espressamente “Al fine di incentivare l'utilizzo di  strumenti  di  pagamento elettronici, le persone fisiche maggiorenni residenti nel  territorio dello Stato, che, fuori dall'esercizio di attività d'impresa, arte o professione,  effettuano abitualmente  acquisti  con  strumenti di pagamento elettronici da soggetti che svolgono attività  di  vendita di beni e di prestazione di servizi, hanno diritto ad un rimborso  in denaro,  alle  condizioni,  nei  casi  e  sulla base dei criteri individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 289”.

[2] Sul sito Money.it si illustra sinteticamente il tutto - online al seguente indirizzo web https://www.money.it/cos-e-Cashback-significato-come-funziona-cosa-cambia .

[3] Dal sito della Garzanti linguistica - online al seguente indirizzo web  https://www.garzantilinguistica.it/ricerca/ - si coglie il significato del termine in due varianti di radice britannica: “1. (in un negozio) possibilità (f.) di prelevare una somma in contanti dal proprio conto quando si paga un acquisto con tessera bancomat 2. sconto (m.) (in contanti) sul prezzo complessivo di un acquisto”.

[4] Tanto prevedono le disposizioni menzionate:

  • co. 289 “Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati  personali, entro  quarantacinque  giorni dalla data di entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, emana uno o più  decreti al fine di stabilire le condizioni e le modalità attuative delle disposizioni di cui ai commi 288, 289-bis e 289-ter, inclusi le forme di adesione volontaria e i criteri per l'attribuzione  del  rimborso, anche in relazione ai volumi ed alla frequenza  degli  acquisti,  gli strumenti di pagamento elettronici e le attività rilevanti ai  fini dell'attribuzione del rimborso, nei limiti dello stanziamento di  cui al comma 290, fermo restando quanto  previsto  dai  commi  289-bis  e 289-ter”;
  • co. 289 bis “Il Ministero dell'economia e delle finanze utilizza la piattaforma di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82, e affida alla società di cui all’articolo 8, comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n.  135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, i servizi di progettazione, realizzazione e gestione del sistema informativo destinato al calcolo del rimborso di cui ai commi 288 e 289.  Gli oneri e le spese relative ai predetti servizi, comunque non superiori a 2,2 milioni per l'anno 2020, ed a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, sono a carico delle risorse finanziarie di cui al comma 290”;
  • co. 289 ter “Il Ministero dell'economia e delle finanze affida alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici (Consap) Spa le attività di attribuzione ed erogazione dei rimborsi di cui ai commi 288 e 289 nonché' ogni altra attività strumentale e accessoria, ivi inclusa la gestione dei reclami e delle eventuali controversie. Gli oneri e le spese relative ai predetti servizi, comunque non superiori a 1,5 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2021 e 2022, sono a carico delle risorse finanziarie di cui al comma 290”.
  • co. 290 “Al fine di garantire le risorse finanziarie necessarie per l'attribuzione dei rimborsi e le spese per le attività legate all'attuazione della misura di cui ai commi 288 e 289, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è stanziato su apposito fondo l'importo annuo di euro 3 miliardi per gli anni 2021 e 2022. Il suddetto importo è integrato con le eventuali maggiori entrate derivanti dall’emersione   di   base   imponibile conseguente all'applicazione della predetta misura, come rilevate dalla Commissione istituita ai sensi dell'articolo 10-bis.1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196”.

[5] Una fra tutte il dualismo tra il presupposto di storicità (previsto nella legge di bilancio) e di esclusività (previsto invece nel decreto ministeriale).

[6] Tanto prevede la parte del D.M. in questione:“IL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE - Visto l'articolo 1, comma 288, della legge  27  dicembre  2019,  n. 160, che, al fine di incentivare l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, ha previsto il riconoscimento del diritto a un  rimborso in denaro per le persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio dello Stato, che fuori dall'esercizio di attivita' d'impresa, arte  o professione,  effettuano  abitualmente  acquisti  con  strumenti   di pagamento elettronici da soggetti che svolgono attivita'  di  vendita di beni e di prestazione di servizi;  Visto l'articolo 1, commi 288 e 289, della legge 27 dicembre  2019, n. 160, che prevede l'adozione, da parte del Ministro dell'economia e delle  finanze,  sentito  il  Garante  per  la  protezione  dei  dati personali, di uno o piu' decreti per definire le condizioni, i casi e i criteri per l'attribuzione di tale rimborso, anche in relazione  ai volumi  e  alla  frequenza  degli  acquisti,  le  forme  di  adesione volontaria, gli strumenti di pagamento  elettronici  e  le  attivita' rilevanti, sempre ai fini dell'attribuzione del rimborso; Considerato che  l'articolo  1,  commi  289-bis  e  289-ter,  della predetta legge n. 160 del 2019, consente al Ministero dell'economia e delle finanze di avvalersi della  societa'  di  cui  all'articolo  8,comma 2, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito,  con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019,  n.  12, nonché della societa' Consap - Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A. al fine di, rispettivamente, sviluppare i servizi di progettazione, realizzazione e gestione del sistema informativo destinato al calcolo del rimborso di cui ai commi 288  e  289  della  predetta  legge  27 dicembre 2019, n. 160, e di procedere alle attivita' di attribuzione ed  erogazione  dei  rimborsi,  nonche'  di  ogni   altra   attivita' strumentale e accessoria, ivi inclusa la gestione dei reclami e delle eventuali controversie; Visto, altresi', l'articolo 1, comma 290, della legge  27  dicembre 2019, n. 160, che, al  fine  di  garantire  le  risorse  finanziarie necessarie per l'attuazione dei rimborsi e le spese per le  attività legate all'attuazione delle misure di cui ai citati commi 288 e  289, prevedeva lo stanziamento nello stato  di  previsione  del  Ministero dell'economia e delle finanze, su apposito fondo,  dell'importo  pari ad euro 3.000 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022; Visto l'articolo 265, comma 7, lettera  b),  del  decreto-legge  19 maggio 2020, n. 34, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  17 luglio 2020, n. 77, che ha ridotto  di  3.000  milioni  di  euro  per l'anno 2021, la dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 290, della legge 27 dicembre 2019, n. 160; Visto il comma 2 dell'articolo 73 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13  ottobre  2020, n. 126, che, al fine di garantire le risorse  finanziarie  necessarie per l'attribuzione dei rimborsi e la copertura delle ulteriori  spese derivanti dall'attuazione della misura, ha incrementato la  dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 290, della legge  27  dicembre 2019, n. 160, di 2,2 milioni per l'anno 2020 e di 1.750  milioni  per l'anno 2021; Sentito il Garante per la protezione dei  dati  personali,  che  ha reso il parere di competenza con nota n. 179 del 13 ottobre 2020; Udito il parere del Consiglio  di  Stato,  espresso  dalla  sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 3 novembre 2020; Vista la comunicazione in data 16 novembre 2020 alla Presidenza del Consiglio dei ministri a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Adotta il seguente regolamento… omissis”.

[7] Si tratta dell’analisi pubblicata in editoriale con la testata Affari Italiani il 20.12.2020 dal titolo “Cashback, il rischio vero è il cashcrack”, accessibile al link appresso indicato https://www.affaritaliani.it/economia/cashback-il-rischio-vero-e-il-cashcrack-712810_pg_2.html?refresh_ce e di cui si riporta appresso l’integrale elaborato: “Nel D.M. 156/2020 del Ministro Gualtieri non c’è una sola parola che individui la finalità di contrasto all’evasione fiscale tramite l’iniziativa del c.d. “cashback”. Il motivo è semplice: non solo l’evasione fiscale non è al centro delle disposizioni della legge di bilancio n. 160/2019, articolo 1 commi dal 288 al 290, ma non è il motivo reale d’ispirazione della lotteria degli scontrini. Basti leggere sia la premessa del provvedimento Ministeriale di Gualtieri che i 13 articoli di attuazione della misura stessa per rendersi conto che si tratta di un sistema aleatorio tipico dei “gratta e vinci”.

Qui c’è un punto di discrasia enorme tra il D.M. e la legge di Bilancio perché quest’ultima “riconosce il diritto al rimborso” mentre il primo ne condiziona abilmente l’accesso. Quando si riconosce un diritto (per legge), però, esso non passa dal principio di aleatorietà, ma si radica sulla certezza tipica delle garanzie di tutela di uno Stato come il nostro. Appunto uno Stato di diritto. Questo è solo un piccolo assaggio di quanto, labilmente, si riscontra nei meandri dell’incertezza del linguaggio del legislatore attuale; incertezza alimentata da una sclerosi, apparentemente, incurabile della nomenclatura burocratica italiana.

Il Decreto Ministeriale, d’altronde, è sì un atto discrezionale di scelta politica (pur derivata dalla norma), ma che, in altri termini, è riconducibile ad un fare-atto amministrativamente spendibile dall’apice verso il basso. Che fine fanno, quindi, i diritti dei cittadini, dei consumatori, delle partite iva, ecc.? Partiamo dal dato che, principalmente, emerge dallo studio del Decreto “cashback”: esso regola l’attribuzione dei premi di restituzione ai “consumatori virtuosi” (perché virtuosi, poi, è tutto un mistero).

In buona sostanza trattasi di un semplice rimborso (la cui disciplina, in realtà, è già nell’ordinamento giuridico italiano) e che, ai fini del suo riconoscimento (si ribadisce sempre di matrice aleatoria e non certa), occorre considerare alcuni elementi essenziali della questione. La lotteria è accessibile solamente a: persone fisiche maggiorenni, residenti nel territorio italiano, con uno storico di abitualità d’acquisto (vedasi articolo 1, co. 288, legge 160/2019) mediante strumenti di pagamento elettronico; persone fisiche che effettuino acquisti fuori dalle dinamiche di esercizio dell’attività d'impresa, di un’arte o di una professione. Quest’ultimo passaggio ci pone dinanzi ad una evidenza: il sistema di rimborso voluto non interessa e non disciplina il rapporto da partita iva a partita iva. È questo il perimetro entro il quale il sistema generato dal legislatore chiude il c.d. cerchio: andrebbe qualificato, infatti, come una sorta di “sistema chiuso”; tanto quanto scontato perché si presume che chi paghi con strumento tracciato abbia a monte la disponibilità economica sul proprio conto corrente. Pertanto, tali soggetti, non hanno e non maturano nel proprio intimo decisionale alcuna necessità o turbativa atta a non pagare elettronicamente per un determinato acquisto (tanto più se si ha uno storico di abitualità tipico di coloro che godono del principio d’indifferenza di spesa).   Quindi il cashback non ha nulla a che vedere con una politica strategica di “emersione”, anzi, per certi versi potrebbe generare esattamente l’opposto assistendosi, ben presto, all’inversione dei presupposti di convenienza tra capacità di spesa del consumatore ed interesse alla vendita (non come tasso, ma come dinamica di contatto). Si badi bene che proprio il principio di indifferenza vale tanto per il consumatore che per il venditore qualora il rapporto contrattuale dovesse interessare persone ossequiose e rispettose della legge: per questi soggetti, ovviamente, gli strumenti di pagamento (vedasi il codice civile italiano) sono equivalenti.  A dirla tutta occorrerebbe ricordare che è la moneta in valuta circolante (battuta) in euro ad avere corso forzoso e legale in tutta l’Unione europea. Non già, quindi, gli strumenti elettronici che sono semplicemente funzionali a conseguirne, con tempi e spazi diversi, la “disponibilità bancabile” (non potrebbe essere diversamente atteso, peraltro, il nostro codice civile come, ad esempio, l’articolo 1277 codice civile). Non si trascuri, inoltre, che le ricevute Pos, Bancomat, ecc. non sono titoli al portatore: ruolo che spetta al denaro contante. Se l’evasione, poi, si assume combatterla eliminando il contante, allora, occorre che il Legislatore ed il Governante di turno si assumano la responsabilità di costruire una società senza debiti in cui siano assicurati i margini per l’attività d’impresa nonché servizi pubblici mai sotto standard di efficienza (un mondo utopistico che degenererebbe ben presto in altro); a titolo di inciso si consideri che senza debiti ripartiti tra Cittadini e Stato le banche non esisterebbero neanche.  Si innesca qui un problema di serietà della misura allora. Se cashback non combatte l’evasione, cosa o quale fenomeno illecito vorrebbe contrastare? Nulla di nulla poiché trattasi semplicemente di una misura facoltativa, volontaria e di preordinata disponibilità economica: idem avviene quando si gioca la schedina del totocalcio, del gratta e vinci, ecc. Qui sorge una domanda ulteriore. Ma le “schedine” possono rientrare nel beneficio del cashback? Non si riscontrano esclusioni di sorta né nella legge di bilancio, né nel Decreto Gualtieri (e ci si può immaginare il motivo atteso che, dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al 2018, testimoniano che il gioco da lotteria vale circa 20 miliardi di euro). A pensarci bene, ancora, risultano (assurdamente?) esclusi gli acquisti online.Come se non bastasse, nello scorrere il decreto, un’altra disposizione, alquanto bislacca, balza all’attenzione d’esame: chi aderisce al programma cashback deve registrarsi sull’APP IO predisposta dalla società PagoPa spa, al contempo, dichiarando (in base all’articolo 3, comma 3, del D.M. 156/2020) di “utilizzare gli strumenti di pagamento registrati esclusivamente per acquisti effettuati fuori dall’esercizio di attività d’impresa, arte o professione”; dichiarazione, quest’’ultima, che il Ministro Gualtieri ordina ai fini dell’attuazione esecutiva del programma stesso basandone il presupposto in richiamo applicativo degli articoli n. 46 e 47 del DPR 445/2000 (famosa normativa per le autocertificazioni). A parte che un Ministro non dovrebbe “ordinare” (già solo per cultura politico-giuridica) l’applicazione di una norma la cui titolarità è già del cittadino poiché riconosciuta dalla legge la specifica facoltà assertiva e di autocertificazione, basti rilevare come le due disposizioni del DPR di inizio millennio poste nel D.M. cashback sono assolutamente inconferenti rispetto alla finalità di dichiarazione di utilizzo “esclusivamente” per acquisiti innanzi specificati. Non è finita qui. C’è un’altra domanda da porsi. Se un cittadino ha partita iva e vuole acquistare qualcosa che non rientri nella sfera giuridico-economica dell’attività d’impresa, pur avendo solo strumenti elettronici riconducibili a quest’ultima, non ha sostanzialmente accesso al sistema “caschback” per non poterne dichiarare l’esclusività dell’utilizzo. Così generandosi un’assoluta disparità di trattamento che finisce, palesemente, per escludere dalla “lotteria” soggetti aventi a monte un rapporto di trasparenza con lo Stato, ma che per effetto di una tal disposizione discriminatoria ne restano slealmente non considerati (richiamandosi qui il principio di imparzialità della Pubblica Amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione).  Le perplessità sono molteplici e gli apprendimenti tecnici della dottrina giuridico-economica sicuramente sapranno meglio individuare i punti di sutura o di ulteriore rottura della materia. Però ora qui non resta che porre gli ultimi interrogativi in ordine all’incomprensibile previsione della cancellazione d’ufficio e/o volontaria. Perché consentire, quindi, la cancellazione delle transazioni subito dopo l’emissione dei rimborsi (articolo 4, comma 5, del D.M.)? E perché la cancellazione volontaria del consumatore dal sistema implica la perdita di ogni diritto al rimborso soprattutto nell’ipotesi in cui il cittadino stesso, nella realtà operativa, dovesse partecipare alla lotteria fidando del legittimo raggiungimento dei requisiti e, di riflesso, collocandone i relativi acquisti nel rispetto dei parametri temporali nonché della soglia necessaria a concorrere al pari degli altri (articolo 3, comma 5, del D.M.)? La chiave di lettura potrebbe essere l’affidamento dei reclami e di tutto il contenzioso derivante dal sistema “cashback” alla Consap spa? Essa è una società di servizi assicurativi avente capitale sociale di 5 milioni e 200 mila euro (stando ai dati del sito ufficiale) ispirata nelle proprie attività da criteri di efficacia, efficienza ed economicità. Se quest’ultimi criteri avranno un senso realmente percepibile lo si vedrà col tempo tenendo presente che a Consap spa il MEF, con il decreto in questione, ha attribuito solo 3 milioni di euro (articolo 5, co. 2) per far fronte a quanto appena illustrato e per l’intero biennio 2021-2022. La somma tra capitale sociale e l’ammontare dei trasferimenti ministeriali non si avvicina neanche a dieci milioni di euro. Quanto vale il rischio di non avere rimborsi e di dover fare causa a Consap spa? Sembra una sorta di avvertimento implicito al consumatore del tipo “chi di reclamo ferisce, di causa perisce”.  Altro che cashback, il rischio vero è il cashcrack per un paese che stenta, ancora una volta, ad assolversi dal peccato originale. Mentre tutto scorre”.

[8] Si tratta dell’analisi pubblicata in editoriale con la testata Formiche il 22.12.2020 dal titolo “Cashback, un cavillo metterà a rischio i rimborsi?” anch’essa accessibile al link appresso indicato https://formiche.net/2020/12/cashback-rischio-rimborsi/ e di cui si riporta appresso l’integrale elaborato: “Partiamo da un dato normativo: la legge di bilancio n. 160/2019 al famoso comma 288 del primo articolo prevede espressamente che “al fine di incentivare l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, le persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio dello Stato, che, fuori dall’esercizio di attività d’impresa, arte o professione, effettuano abitualmente  acquisti con strumenti di pagamento elettronici da soggetti che svolgono attività di vendita di beni e di prestazione di servizi, hanno diritto ad un rimborso in denaro, alle condizioni, nei casi e sulla base dei criteri individuati dal decreto del ministro dell’Economia e delle finanze di cui al comma 289”. Da qui si comprende che il legislatore, oltre a non manifestare alcuna finalità concretamente orientata e specificamente inquadrata a contrastare l’evasione fiscale, rischia di estromettere dal cosiddetto “cashback” tutti coloro che sino all’entrata in vigore della norma suddetta non avessero maturato alcuna abitualità di acquisto con strumento elettronico di pagamento. C’è però chi potrebbe sottolineare che, in realtà, il termine utilizzato nella legge di bilancio, esprimendosi quest’ultima al presente e non al passato, indichi di fatto un’azione che debba avere attualità in una prospettazione a posteriori (cioè per il futuro). Detta precisazione potrebbe essere senz’altro una valida interpretazione e soluzione del problema atteso che, diversamente, si tratterebbe di una vera e propria beffa. Ma stiamo ai dati ed alla ragione. Si pone una prima domanda tenendo conto dell’ipotesi di abitualità al passato. Quale lotteria (di per sé già aleatoria quanto ad esito per il singolo) potrebbe interessare giocatori già conosciuti al sistema stesso rinunciando, per l’effetto, ad inglobarne nuovi ed allargare così il monte di traffico delle operazioni? La logica imporrebbe precisamente quanto innanzi. Ad ogni buon conto, la stessa ragione si arresta dinanzi ad una disposizione del decreto attuativo emanato il 24 novembre scorso dal ministro Gualtieri. L’articolo 3, co. 3, del D.M. sembra dare conferma del fatto che l’aspettativa di rimborso effettivo potrebbe rimanere un semplice miraggio; la disposizione poc’anzi richiamata prevede che chi aderisce al programma “cashback” deve registrarsi sull’app IO (predisposta dalla società PagoPa spa) dichiarando di “utilizzare gli strumenti di pagamento registrati esclusivamente per acquisti effettuati fuori dall’esercizio di attività d’impresa, arte o professione”. Dichiarazione, quest’ultima, che il ministro Gualtieri ordina ai fini dell’attuazione esecutiva del programma basandone il presupposto sugli articoli n. 46 e 47 del DPR 445/2000 (famosa normativa per le autocertificazioni). Tuttavia c’è una palese discrasia tra norma dello Stato e disposizione attuativa. Nella prima l’elemento necessario e complementare agli altri indicati (persona fisica, territorialità, ecc.) è l’abitualità; nella seconda, del tutto contrariamente, è l’esclusività. Ora, v’è netta differenza tra i due termini. Si pone una seconda domanda in ordine al problema. Se l’elemento dell’abitualità è rivolto all’esistenza di un effettivo background (riferimento allo storico di tracciabilità dei pagamenti), allora, il soggetto aderente al programma “cashback” con un nuovo strumento elettronico, magari richiesto appositamente all’intermediario per rispettare l’esclusività legata agli acquisti indicati nel decreto ministeriale, resta escluso dal diritto al rimborso? Qui la terza domanda. In caso opposto, se il requisito della abitualità non è legato ad un presupposto storico, il soggetto che ha già uno strumento elettronico di pagamento (che quindi si presume non essere stato, per forza di cose, utilizzato sin dal primo acquisito rispettando tutti i parametri indicati dalla legge di bilancio), dichiarerebbe il falso stando, appunto, all’articolo 3, co. 3, del Decreto attuativo del Min. Gualtieri (per l’effetto, non potendo partecipare di fatto al rimborso previsto)? Un bel rischio per il cittadino. Incertezze, quelle si qui poste in luce, che rischiano davvero di beffare quanti nel “cashback” nutrono aspettative tese a concretizzare quel diritto al rimborso riconosciuto per legge. Illusione o meno che sia, qui c’è un problema politico nonché giuridico (al contempo) da risolvere: garantire il legittimo affidamento degli italiani nei confronti dello Stato. Principio, quest’ultimo, che ogni qualvolta posto in discussione o violato rischia di minare l’essenza degli equilibri costituzionali: in primis tra imparzialità della Pubblica amministrazione e auspicata disciplina del legiferante o del suo attuatore. Sempre ché anche PagoPa spa e Consap spa siano da considerarsi rientranti nella sfera giuridica perimetrata nell’ultimo passaggio. L’Italia nel frattempo spende”.

[9] E qui si rinnova la differenza tra il diritto al rimborso di cui alla legge di bilancio e l’aleatorietà dello stesso di cui al programma ministeriale cashback.

[10] Collegandosi al link https://www.pagopa.gov.it/data/pagopa-psp.csv .

[11] Collegandosi al link https://www.tuttitalia.it/banche/classifica/10/ .

[12] Collegandosi al link https://infostat.bancaditalia.it/GIAVAInquiry-public/ng/ .

[13] Così specifica proprio la PagoPa spa sul proprio sito ufficiale collegandosi al link https://www.pagopa.gov.it/it/dove-pagare/ .

[14] Tanto prevede la disposizione al comma 3: “Al momento della registrazione, il soggetto che intende aderire al programma dichiara, ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  di  essere maggiorenne  e  residente  in  Italia,  nonché'  di  utilizzare   gli strumenti  di  pagamento  registrati  esclusivamente   per   acquisti effettuati  fuori  dall'esercizio  di  attività  d'impresa,  arte  o professione”.

[15] Così prescrive la norma in questione “Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso”.

[16] Reato che riguarda la condotta per la quale “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.