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Cassazione Penale: valutazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha stabilito che affinché si possa applicare l’istituto di recente introduzione è necessario che sussistano particolari presupposti che, con riferimento al giudizio di legittimità, possono essere desunti dal testo della sentenza impugnata e dal ragionamento adottato dal giudice di merito.

Nel caso in esame, l’imputato, liquidatore di una società in accomandita semplice, era riconosciuto dal Tribunale del luogo responsabile del reato di cui all’articolo 11 del Decreto Legislativo n. 74/2000 (rubricato “Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte"), in quanto, al fine di evadere le imposte dirette e sul valore aggiunto, aveva costituito fraudolentemente un trustcon il fine di rendere inefficace, in tutto o in parte, la procedura di riscossione coattiva. Tale pronuncia, impugnata dall’imputato, era confermata in sede d’appello.

Avverso la pronuncia della Corte d’appello, la parte soccombente proponeva ricorso in Cassazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ponendo in evidenza la legittimità del trust liquidatorio e l’incongruenza della motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio.

Con una successiva memoria, richiedeva l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’articolo 131-bis del Codice Penale, introdotto dal Decreto Legislativo n. 28/2015.

La Corte di legittimità ha primariamente caratterizzato il reato ascritto al soggetto, disciplinato all’articolo 11 del Decreto legislativo n. 74/2000, come “un reato di pericolo, rispetto al quale la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso”.

Ha ritenuto esente da censura il ragionamento dei giudici di merito, i quali hanno posto in evidenza lo scopo fraudolento della costituzione del trust e la finalità unica di sottrarre il patrimonio del contribuente alla procedura coattiva. L’imputato, in quanto trustee, aveva trasferito a se stesso l’intero patrimonio attivo e passivo della società di cui era socio accomandatario e liquidatore, con lo scopo di evitare il pagamento del proprio debito nei confronti dell’Erario.

Ma ciò che più rileva in questa pronuncia è il fatto di essere la prima sentenza della Suprema Corte in tema di applicabilità della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto, ora prevista dall’articolo 131-bis del Codice Penale, introdotto dal Decreto Legislativo n. 28/2015, entrato in vigore il 2 aprile scorso.

Il nuovo istituto, introdotto allo scopo di diminuire il carico di lavoro degli uffici giudiziari, in realtà, almeno con riferimento al giudizio di legittimità, lo complica per le seguenti ragioni.

Come rilevano di giudici di Cassazione, tale decreto non prevede una disciplina transitoria, di conseguenza trova applicazione anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore. Nei giudizi già pendenti in sede di legittimità alla data della entrata in vigore, la questione della sua applicabilità è rilevabile d’ufficio a norma dell’articolo 609, comma 2, del Codice di procedura penale (“Cognizione della Corte di Cassazione”).

Essendo necessarie anche valutazioni di merito per valutare l’applicabilità dell’articolo 131-bis, nel giudizio di legittimità deve verificarsi la sussistenza, in astratto, delle condizioni di applicabilità del nuovo istituto, procedendo poi, in caso di valutazione positiva, all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito affinché valuti se dichiarare il fatto non punibile.

L’articolo 131-bis trova applicazione con riferimento ai soli reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena.

I presupposti che devono coesistere per l’applicabilità dell’istituto sono, oltre ai predetti limiti di pena, anche la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.

La particolare tenuità dell’offesa si articola in due indici-requisiti: la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo. Solo in presenta di tali elementi è possibile escludere la punibilità.

Nel  caso di specie, i limiti di pena previsti per il reato ascritto non superano la soglia prevista dall’articolo 131-bis. Ciò nonostante, la Corte ha ritenuto che “dal provvedimento impugnato emergono plurimi dati chiaramente indicativi di un apprezzamento sulla gravità dei fatti addebitati che consentono di ritenere non astrattamente configurabili i presupposti per la richiesta applicazione dell’articolo 131-bis”. Tali dati indicativi sono: il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, l’irrogazione di una pena superiore al minimo e la non reiterazione dei benefici di legge.

Per tali ragioni la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza impugnata e escludendo l’applicabilità dell’istituto della non punibilità per speciale tenuità del fatto.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 15 aprile 2015, n. 15449)

La Corte di Cassazione ha stabilito che affinché si possa applicare l’istituto di recente introduzione è necessario che sussistano particolari presupposti che, con riferimento al giudizio di legittimità, possono essere desunti dal testo della sentenza impugnata e dal ragionamento adottato dal giudice di merito.

Nel caso in esame, l’imputato, liquidatore di una società in accomandita semplice, era riconosciuto dal Tribunale del luogo responsabile del reato di cui all’articolo 11 del Decreto Legislativo n. 74/2000 (rubricato “Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte"), in quanto, al fine di evadere le imposte dirette e sul valore aggiunto, aveva costituito fraudolentemente un trustcon il fine di rendere inefficace, in tutto o in parte, la procedura di riscossione coattiva. Tale pronuncia, impugnata dall’imputato, era confermata in sede d’appello.

Avverso la pronuncia della Corte d’appello, la parte soccombente proponeva ricorso in Cassazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ponendo in evidenza la legittimità del trust liquidatorio e l’incongruenza della motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio.

Con una successiva memoria, richiedeva l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’articolo 131-bis del Codice Penale, introdotto dal Decreto Legislativo n. 28/2015.

La Corte di legittimità ha primariamente caratterizzato il reato ascritto al soggetto, disciplinato all’articolo 11 del Decreto legislativo n. 74/2000, come “un reato di pericolo, rispetto al quale la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso”.

Ha ritenuto esente da censura il ragionamento dei giudici di merito, i quali hanno posto in evidenza lo scopo fraudolento della costituzione del trust e la finalità unica di sottrarre il patrimonio del contribuente alla procedura coattiva. L’imputato, in quanto trustee, aveva trasferito a se stesso l’intero patrimonio attivo e passivo della società di cui era socio accomandatario e liquidatore, con lo scopo di evitare il pagamento del proprio debito nei confronti dell’Erario.

Ma ciò che più rileva in questa pronuncia è il fatto di essere la prima sentenza della Suprema Corte in tema di applicabilità della causa di non punibilità per speciale tenuità del fatto, ora prevista dall’articolo 131-bis del Codice Penale, introdotto dal Decreto Legislativo n. 28/2015, entrato in vigore il 2 aprile scorso.

Il nuovo istituto, introdotto allo scopo di diminuire il carico di lavoro degli uffici giudiziari, in realtà, almeno con riferimento al giudizio di legittimità, lo complica per le seguenti ragioni.

Come rilevano di giudici di Cassazione, tale decreto non prevede una disciplina transitoria, di conseguenza trova applicazione anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore. Nei giudizi già pendenti in sede di legittimità alla data della entrata in vigore, la questione della sua applicabilità è rilevabile d’ufficio a norma dell’articolo 609, comma 2, del Codice di procedura penale (“Cognizione della Corte di Cassazione”).

Essendo necessarie anche valutazioni di merito per valutare l’applicabilità dell’articolo 131-bis, nel giudizio di legittimità deve verificarsi la sussistenza, in astratto, delle condizioni di applicabilità del nuovo istituto, procedendo poi, in caso di valutazione positiva, all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito affinché valuti se dichiarare il fatto non punibile.

L’articolo 131-bis trova applicazione con riferimento ai soli reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena.

I presupposti che devono coesistere per l’applicabilità dell’istituto sono, oltre ai predetti limiti di pena, anche la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.

La particolare tenuità dell’offesa si articola in due indici-requisiti: la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo. Solo in presenta di tali elementi è possibile escludere la punibilità.

Nel  caso di specie, i limiti di pena previsti per il reato ascritto non superano la soglia prevista dall’articolo 131-bis. Ciò nonostante, la Corte ha ritenuto che “dal provvedimento impugnato emergono plurimi dati chiaramente indicativi di un apprezzamento sulla gravità dei fatti addebitati che consentono di ritenere non astrattamente configurabili i presupposti per la richiesta applicazione dell’articolo 131-bis”. Tali dati indicativi sono: il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, l’irrogazione di una pena superiore al minimo e la non reiterazione dei benefici di legge.

Per tali ragioni la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza impugnata e escludendo l’applicabilità dell’istituto della non punibilità per speciale tenuità del fatto.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 15 aprile 2015, n. 15449)