Cassazione SU Civili: diritto soggettivo alla cancellazione dal registro informatico dei protesti
Ripercorriamo i passaggi centrali della sentenza.
Sulla giurisdizione del giudice ordinario
- "La normativa dell’art. 2 della legge 235/2000 ha attribuito, da un lato, al soggetto che ha provveduto al pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati il diritto soggettivo pieno ed incondizionato ad ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico dei protesti. E, dall’altro per conseguire siffatto risultato ("la cancellazione del proprio nome") ha previsto dapprima un procedimento amministrativo di competenza del responsabile dirigente dell’ufficio protesti, senza riservargli alcuna potestà amministrativa né la volontà di modificare unilateralmente, a seguito dell’apprezzamento dell’interesse pubblico attribuito all’ente, la situazione giuridica soggettiva dell’interessato.
Come rilevato, infatti, da queste Sezioni Unite nella fattispecie similare di sospensione o divieto della pubblicazione del protesto, l’attività della Camera di Commercio consiste in una mera operazione materiale di verifica della "regolarità dell’adempimento o della sussistenza della illegittimità o dell’errore del protesto"; che, senza alcun potere discrezionale, ha come risultato nel caso, la cancellazione del nominativo, risolvendosi, quindi, in comportamenti che rientrano nella categoria degli atti materiali posti in essere all’infuori di una potestà amministrativa.
Pertanto, nell’ipotesi "di reiezione dell’istanza o di mancata decisione sulla stessa", il compito di realizzare il medesimo effetto disposto direttamente dalla legge è stato devoluto al giudice ordinario, che per conseguirlo non può limitarsi a disapplicare il provvedimento di reiezione della Camera di Commercio, ma deve esercitare il potere-dovere di garantire al richiedente la tutela piena predisposta dal legislatore, consistente proprio nella diretta cancellazione del nominativo dal menzionato registro, ormai divenuta priva di causa.
E’ vero, infatti, che il ricorso al giudice di pace non è configurato dalla norma come un giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo di reiezione dell’istanza dell’interessato da parte del dirigente suddetto (ovvero del suo rifiuto a provvedere su di essa), contro i quali costui è obbligato a muovere le necessarie contestazioni, ed a far valere i vizi del provvedimento i e che deve escludersi che la cognizione del giudice suddetto sia limitata al controllo delle dedotte ragioni di illegittimità del provvedimento medesimo: come è peculiare, invece, della giurisdizione generale di legittimità devoluta al giudice amministrativo.
Ed è del pari esatto che il ricorso in questione introduce un ordinario giudizio di cognizione, pienamente autonomo rispetto alla pregressa fase amministrativa,nel. quale il giudice di merito deve procedere al concreto accertamento "del diritto di ottenere la cancellazione" fatto valere dall’ interessato, applicando ed osservando esclusivamente "le norme di cui agli articoli da 414 a 438 del codice di procedura civile" espressamente richiamate dal 40 comma dell’articolo 4 della legge e quindi avvalendosi dei poteri istruttori concessi dagli articolo 420 e 421 codice procedure civile".
Sui poteri del giudice ordinario (assenza di discrezionalità)
- ".. in questo giudizio il giudice di pace è tenuto all’accertamento proprio del presupposto, cui la norma ha subordinato il diritto alla cancellazione, costituito, come già evidenziato dal Tribunale, dall’eseguito pagamento della cambiale o del vaglia cambiario nel termine indicato dalla norma; ed il legislatore ha prestabilito al riguardo quale sia la prova che il debitore è obbligato a fornire per dimostrare tale avvenuto adempimento nel termine prescritto e cosi ottenere la cancellazione, indicandola nella produzione "del titolo quietanzato e dell’atto di protesto o della dichiarazione di rifiuto del pagamento, nonché della quietanza relativa al versamento del diritto di cui al comma 5". Così come peraltro avviene in tema di emissione di assegno bancario senza provvista, in cui la norma dell’articolo 8, comma terzo, della legge 15 dicembre 1990 n. 386, come sostituito dall’articolo 33 del d.lgs. 30 dicembre 1999 n. 507, dispone che la prova del pagamento entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione dell’assegno deve essere fornita al pubblico ufficiale tenuto alla presentazione del titolo mediante quietanza a firma autenticata del portatore ovvero mediante attestazione dell’istituto di credito presso il quale è stato effettuato il deposito vincolato dell’importo dovuto senza ammettere equipollenti.
Anche la legge 235/2000 dispone che la prova del pagamento della cambiale (o del vaglia cambiario) deve essere allegata ("A tal fine l’interessato presenta...) nell’istanza rivolta al Presidente della Camera di Commercio e che la medesima prova deve essere offerta al giudice di pace nell’ipotesi in cui, malgrado la presentazione, il Presidente suddetto abbia respinto l’istanza del debitore, ovvero abbia omesso di decidere su di essa; ed a maggior ragione, quindi, ove il provvedimento di rigetto sia causato dal fatto che la prova documentale del deposito del titolo quietanzato prima della scadenza del termine di 12 mesi indicato dalla norma, unitamente al protesto, non siano stati allegati all’istanza di cancellazione rivolta alla Camera di Commercio: proprio per l’autonoma natura cognitoria del giudizio davanti al giudice di pace che non può arrestarsi al mero controllo dei documenti già prodotti nella fase amministrativa.
Ma ciò non significa che detto giudice possa ammettere e ritenere sufficiente una prova diversa da quella espressamente prevista dalla legge anche perché la scelta dell’ammissibilità e dei limiti dei singoli mezzi di prova è rimessa esclusivamente alla discrezionalità del legislatore".
In particolare, secondo la Cassazione "la prova dell’avvenuto pagamento doveva essere fornita con il deposito davanti al giudice di pace del titolo quietanzato entro il termine di 12 mesi dalla levata del protesto, nonché dell’atto di protesto; e la rigida formulazione della norma non ammetteva equipollenti, esigendo, al fine di evitare accordi fraudolenti tra i soggetti privati dell’obbligazione cartolare, la certezza non solo dell’avvenuto pagamento, ma anche della data dello stesso che viene garantita con l’autenticazione della quietanza nonché con il deposito del titolo di credito (comprovante altresi la sua definitiva sottrazione alla libera circolazione sul mercato). E quindi escludendo l’ammissione di una prova testimoniale, del genere di quella assunta dal giudice di pace, inidonea, per espressa disposizione di legge, a fornire la dimostrazione di una circostanza, quale appunto l’avvenuto pagamento e la sua data, suscettibile, invece, di essere offerta soltanto attraverso la quietanza anzidetta: sul presupposto, ricavato dalla norma della necessaria corrispondenza tra la data del pagamento e la data della quietanza".
La sentenza è integralemente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 25 febbraio 2009, n.4464: Cancellazione del nominativo del debitore dal registro dei protesti - Diritto soggettivo - Giurisdizione del Giudice Ordinario - Poteri - Valutazione prova del pagamento - Discrezionalità - Esclusione).
Ripercorriamo i passaggi centrali della sentenza.
Sulla giurisdizione del giudice ordinario
- "La normativa dell’art. 2 della legge 235/2000 ha attribuito, da un lato, al soggetto che ha provveduto al pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati il diritto soggettivo pieno ed incondizionato ad ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico dei protesti. E, dall’altro per conseguire siffatto risultato ("la cancellazione del proprio nome") ha previsto dapprima un procedimento amministrativo di competenza del responsabile dirigente dell’ufficio protesti, senza riservargli alcuna potestà amministrativa né la volontà di modificare unilateralmente, a seguito dell’apprezzamento dell’interesse pubblico attribuito all’ente, la situazione giuridica soggettiva dell’interessato.
Come rilevato, infatti, da queste Sezioni Unite nella fattispecie similare di sospensione o divieto della pubblicazione del protesto, l’attività della Camera di Commercio consiste in una mera operazione materiale di verifica della "regolarità dell’adempimento o della sussistenza della illegittimità o dell’errore del protesto"; che, senza alcun potere discrezionale, ha come risultato nel caso, la cancellazione del nominativo, risolvendosi, quindi, in comportamenti che rientrano nella categoria degli atti materiali posti in essere all’infuori di una potestà amministrativa.
Pertanto, nell’ipotesi "di reiezione dell’istanza o di mancata decisione sulla stessa", il compito di realizzare il medesimo effetto disposto direttamente dalla legge è stato devoluto al giudice ordinario, che per conseguirlo non può limitarsi a disapplicare il provvedimento di reiezione della Camera di Commercio, ma deve esercitare il potere-dovere di garantire al richiedente la tutela piena predisposta dal legislatore, consistente proprio nella diretta cancellazione del nominativo dal menzionato registro, ormai divenuta priva di causa.
E’ vero, infatti, che il ricorso al giudice di pace non è configurato dalla norma come un giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo di reiezione dell’istanza dell’interessato da parte del dirigente suddetto (ovvero del suo rifiuto a provvedere su di essa), contro i quali costui è obbligato a muovere le necessarie contestazioni, ed a far valere i vizi del provvedimento i e che deve escludersi che la cognizione del giudice suddetto sia limitata al controllo delle dedotte ragioni di illegittimità del provvedimento medesimo: come è peculiare, invece, della giurisdizione generale di legittimità devoluta al giudice amministrativo.
Ed è del pari esatto che il ricorso in questione introduce un ordinario giudizio di cognizione, pienamente autonomo rispetto alla pregressa fase amministrativa,nel. quale il giudice di merito deve procedere al concreto accertamento "del diritto di ottenere la cancellazione" fatto valere dall’ interessato, applicando ed osservando esclusivamente "le norme di cui agli articoli da 414 a 438 del codice di procedura civile" espressamente richiamate dal 40 comma dell’articolo 4 della legge e quindi avvalendosi dei poteri istruttori concessi dagli articolo 420 e 421 codice procedure civile".
Sui poteri del giudice ordinario (assenza di discrezionalità)
- ".. in questo giudizio il giudice di pace è tenuto all’accertamento proprio del presupposto, cui la norma ha subordinato il diritto alla cancellazione, costituito, come già evidenziato dal Tribunale, dall’eseguito pagamento della cambiale o del vaglia cambiario nel termine indicato dalla norma; ed il legislatore ha prestabilito al riguardo quale sia la prova che il debitore è obbligato a fornire per dimostrare tale avvenuto adempimento nel termine prescritto e cosi ottenere la cancellazione, indicandola nella produzione "del titolo quietanzato e dell’atto di protesto o della dichiarazione di rifiuto del pagamento, nonché della quietanza relativa al versamento del diritto di cui al comma 5". Così come peraltro avviene in tema di emissione di assegno bancario senza provvista, in cui la norma dell’articolo 8, comma terzo, della legge 15 dicembre 1990 n. 386, come sostituito dall’articolo 33 del d.lgs. 30 dicembre 1999 n. 507, dispone che la prova del pagamento entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione dell’assegno deve essere fornita al pubblico ufficiale tenuto alla presentazione del titolo mediante quietanza a firma autenticata del portatore ovvero mediante attestazione dell’istituto di credito presso il quale è stato effettuato il deposito vincolato dell’importo dovuto senza ammettere equipollenti.
Anche la legge 235/2000 dispone che la prova del pagamento della cambiale (o del vaglia cambiario) deve essere allegata ("A tal fine l’interessato presenta...) nell’istanza rivolta al Presidente della Camera di Commercio e che la medesima prova deve essere offerta al giudice di pace nell’ipotesi in cui, malgrado la presentazione, il Presidente suddetto abbia respinto l’istanza del debitore, ovvero abbia omesso di decidere su di essa; ed a maggior ragione, quindi, ove il provvedimento di rigetto sia causato dal fatto che la prova documentale del deposito del titolo quietanzato prima della scadenza del termine di 12 mesi indicato dalla norma, unitamente al protesto, non siano stati allegati all’istanza di cancellazione rivolta alla Camera di Commercio: proprio per l’autonoma natura cognitoria del giudizio davanti al giudice di pace che non può arrestarsi al mero controllo dei documenti già prodotti nella fase amministrativa.
Ma ciò non significa che detto giudice possa ammettere e ritenere sufficiente una prova diversa da quella espressamente prevista dalla legge anche perché la scelta dell’ammissibilità e dei limiti dei singoli mezzi di prova è rimessa esclusivamente alla discrezionalità del legislatore".
In particolare, secondo la Cassazione "la prova dell’avvenuto pagamento doveva essere fornita con il deposito davanti al giudice di pace del titolo quietanzato entro il termine di 12 mesi dalla levata del protesto, nonché dell’atto di protesto; e la rigida formulazione della norma non ammetteva equipollenti, esigendo, al fine di evitare accordi fraudolenti tra i soggetti privati dell’obbligazione cartolare, la certezza non solo dell’avvenuto pagamento, ma anche della data dello stesso che viene garantita con l’autenticazione della quietanza nonché con il deposito del titolo di credito (comprovante altresi la sua definitiva sottrazione alla libera circolazione sul mercato). E quindi escludendo l’ammissione di una prova testimoniale, del genere di quella assunta dal giudice di pace, inidonea, per espressa disposizione di legge, a fornire la dimostrazione di una circostanza, quale appunto l’avvenuto pagamento e la sua data, suscettibile, invece, di essere offerta soltanto attraverso la quietanza anzidetta: sul presupposto, ricavato dalla norma della necessaria corrispondenza tra la data del pagamento e la data della quietanza".
La sentenza è integralemente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 25 febbraio 2009, n.4464: Cancellazione del nominativo del debitore dal registro dei protesti - Diritto soggettivo - Giurisdizione del Giudice Ordinario - Poteri - Valutazione prova del pagamento - Discrezionalità - Esclusione).