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Art. 616 - Spese e sanzione pecuniaria in caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso

1. Con il provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedimento al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065, che può essere aumentata fino al triplo, tenuto conto della causa di inammissibilità del ricorso. Nello stesso modo si può provvedere quando il ricorso è rigettato.

1-bis. Gli importi di cui al comma 1 sono adeguati ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione alla variazione, accertata dall’Istituto nazionale di statistica, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente.

Rassegna giurisprudenziale

Spese e sanzioni pecuniarie in caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso (art. 616)

È costituzionalmente illegittimo l’art. 616 nella parte in cui non prevede che la Corte di cassazione, in caso di inammissibilità del ricorso, possa non pronunciare la condanna in favore della Cassa delle ammende, a carico della parte privata che abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte costituzionale, sentenza 186/2000).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella determinazione delle cause di inammissibilità, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese del giudizio sostenute nel grado dalla parte civile (Sez. 2, 44228/2018).

Nei casi di applicazione pena su richiesta delle parti, le spese di mantenimento in carcere dell’imputato devono essere in ogni caso poste a suo carico a prescindere dalla sanzione concordata, attesa la loro diversa natura rispetto alle spese processuali (Sez. 3, 50461/2015).

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione non segue la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa per le ammende quando la questione con esso prospettata sia di particolare rilevanza (SU, 43055/2010).

La sanzione pecuniaria processuale che punisce, con il pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende, chi ha ritenuto di proporre un’impugnazione infondata o inammissibile, non è, in caso di pluralità di ricorrenti, irrogata in solido a coloro che vi sono condannati bensì a ciascuno di questi singolarmente; non si estende ad essa, infatti, nel silenzio della legge, il vincolo solidale (Sez. 4, 11191/2015).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per una delle cause indicate dall’art. 591 consegue la condanna in favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 non distingue tra le varie cause di inammissibilità, né vi sono ragioni logiche idonee a giustificare una differenza di trattamento tra le ipotesi previste dall’art. 606, comma 3 e quelle contemplate dall’art. 591 (Sez. 3, 5185/2015).

In tema di esecuzione della condanna alle spese processuali, le questioni che, senza coinvolgere la statuizione di condanna e la sua portata, pongano in discussione aspetti contabili o la pertinenza di determinati importi alla condanna inflitta, vanno prospettate al giudice civile. (Fattispecie, nella quale la Corte ha ritenuto che il ricorrente, che lamentava la non pertinenza alla sua posizione processuale di alcune voci di spesa riferite a reati dai quali era stato assolto, avrebbe dovuto adire non il giudice dell’esecuzione penale ma proporre opposizione all’esecuzione innanzi al giudice civile) (Sez., 1, 2955/2014).