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Art. 42 - Provvedimenti in caso di accoglimento della dichiarazione di astensione o ricusazione

1. Se la dichiarazione di astensione o di ricusazione è accolta, il giudice non può compiere alcun atto del procedimento.

2. Il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione dichiara se e in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi o ricusato conservano efficacia.

Rassegna giurisprudenziale

Provvedimenti in caso di accoglimento della dichiarazione di astensione o ricusazione (art. 42)

In caso di accoglimento della istanza di ricusazione del GIP, il decreto che dispone il giudizio – emesso in pendenza della decisione definitiva sulla domanda di ricusazione – non conserva efficacia ed è affetto da nullità ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. a) l’ordinanza che decide sul merito ai sensi dell’art. 41, comma 3, provvede contestualmente a dichiarare se e in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice ricusato devono considerarsi efficaci e contro la stessa è proponibile, anche in caso di omessa pronuncia sulla conservazione della efficacia degli atti, ricorso per cassazione nelle forme dell’art. 611 (SU, 37207/2020).

Deve escludersi che, in assenza di specifico salvataggio pronunciato dall’autorità che accoglie l’istanza di astensione dei provvedimenti emessi in precedenza dal giudice astenuto, il nuovo giudice designato sia vincolato alle determinazioni assunte dal precedente titolare del procedimento, sviluppandosi la cognizione nella pienezza dei suoi poteri, in assenza di vincolo derivante dalle precedenti determinazioni. La pregiudiziale salvezza dei provvedimenti assunti in precedenza si pone in diretta contraddizione con l’accertamento della causa di astensione, poiché garantirebbe la persistenza di atti emessi da giudice la cui imparzialità è posta in dubbio, sicché tali provvedimenti, ove non espressamente convalidati dal giudice che valuta la richiesta di astensione, devono considerarsi inefficaci (SU, 13626/2010).

La violazione del divieto (cui corrisponde anche un preciso dovere deontologico) di compiere alcun atto del procedimento, ex art. 42 comma 1, per il giudice la cui ricusazione sia stata accolta, comporta rispettivamente la nullità, ex art. 178 lett. a), delle decisioni ciò nonostante pronunciate e l’inefficacia di ogni altra attività processuale, mentre la violazione del divieto, ex art. 37 comma 2, per il giudice solo ricusato, di pronunciare sentenza, comporta la nullità di quest’ultima solo ove la ricusazione sia successivamente accolta, e non anche quando la ricusazione sia rigettata o dichiarata inammissibile (SU, 23122/2001).