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Art. 585 - Termini per l’impugnazione

1. Il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti, è:

a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall’articolo 544 comma 1;

b) di trenta giorni, nel caso previsto dall’articolo 544 comma 2;

c) di quarantacinque giorni, nel caso previsto dall’articolo 544 comma 3.

2. I termini previsti dal comma 1 decorrono:

a) dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio;

b) dalla lettura del provvedimento in udienza, quando è redatta anche la motivazione, per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel giudizio, anche se non sono presenti alla lettura;

c) dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza ovvero, nel caso previsto dall’articolo 548 comma 2, dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell’avviso di deposito;

d) dal giorno in cui è stata eseguita la comunicazione dell’avviso di deposito con l’estratto del provvedimento, per il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di appello.

3. Quando la decorrenza è diversa per l’imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo.

4. Fino a quindici giorni prima dell’udienza possono essere presentati nella cancelleria del giudice della impugnazione motivi nuovi nel numero di copie necessarie per tutte le parti. L’inammissibilità dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi.

5. I termini previsti dal presente articolo sono stabiliti a pena di decadenza.

Rassegna giurisprudenziale

Termini per l’impugnazione (art. 585)

Natura dei termini previsti dall’art. 585

I termini per l’impugnazione previsti dall’art. 585 sono perentori (Sez. 6, 45005/2018).

 

Decorrenza del termine (in generale)

Ogni provvedimento assume esistenza giuridica allorquando viene depositato presso la cancelleria, che ne attesta la data del deposito. Non a caso, infatti, è da questo momento, oppure, a seconda dei casi, dalla notificazione, o dalla stessa lettura, che, per le parti, decorrono i termini stabiliti per le eventuali impugnazioni, come indicato dall’art. 585 (Sez. 5, 44153/2018).

La motivazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta deve essere depositata contestualmente alla pronuncia; qualora la motivazione non sia depositata contestualmente, anche per l’irrituale indicazione in dispositivo di un termine per il deposito, il termine di quindici giorni per l’impugnazione della sentenza pronunciata in camera di consiglio decorre  esclusa qualsiasi nullità della sentenza stessa ed indipendentemente dal fatto che il termine irritualmente indicato dal giudice sia stato o meno osservato  dall’ultima notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento (SU, 40986/2018).

Nel caso in cui l’imputato abbia rilasciato procura speciale al difensore per procedere all’applicazione della pena su richiesta delle parti, non può farsi luogo alla declaratoria di contumacia, sicché la lettura in dibattimento del dispositivo e della motivazione contestuale equivale a notificazione della sentenza e da essa decorre il termine di quindici giorni per proporre impugnazione (Sez. 3, 16690/2014).

Secondo quanto dispone l’art. 583, comma 2, l’impugnazione inoltrata a mezzo posta «si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata». In linea con tale previsione testuale, costante risulta essere l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, se l’atto è presentato a mezzo del servizio postale, ai fini della verifica della tempestività della impugnazione, deve aversi riguardo alla data di spedizione della raccomandata; e ciò anche nel caso di atti di impugnazione spediti con raccomandata fornita dai servizi di recapito privato regolarmente autorizzati dal Ministero dello sviluppo economico (Sez. 6, 37607/2018).

All’imputato assente non spetta alcuna notifica della sentenza ed essa, laddove venga effettuata, non produce alcun effetto sulla decorrenza del termine per impugnare (Sez. 3, 19618/2017).

Nell’ipotesi di assenza dell’imputato, il termine di impugnazione decorre dalla scadenza del termine prescritto per il deposito della sentenza e non dalla notifica dell’estratto che sia stata effettuata per errore (Sez. 5, 8942/1995).

La sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato non deve essere notificata all’imputato già comparso, ma non presente all’atto della sua lettura; ne consegue che l’erronea notificazione da parte della cancelleria dell’avviso di deposito della sentenza non è idonea a determinare una situazione di incolpevole affidamento dell’imputato ai fini della restituzione nel temine per impugnare (Sez. 6, 35215/2017).

In tema di decorrenza di termini, qualora il termine per il deposito della sentenza sia stato autodeterminato dal giudice nei limiti consentiti dall’art. 544, comma 3, il termine per la proposizione dell’impugnazione decorre dalla scadenza del termine autodeterminato, ancorché il deposito della sentenza sia avvenuto anticipatamente rispetto al termine predetto (Sez. 6, 42785/2001, richiamata da Sez. 7, 53073/2017).

Il provvedimento di proroga del termine per il deposito della sentenza, emesso ai sensi dell’art. 154 comma 4-bis Att., non prevede alcuna forma di notificazione alle parti, dovendo essere soltanto comunicato al CSM, per finalità di natura amministrativa (eventualmente disciplinari).

Nondimeno, se fatta, la notifica del provvedimento di proroga del termine di deposito della motivazione incide ai fini di determinare la decorrenza del termine per impugnare la sentenza il cui termine di redazione della motivazione è stato prorogato (e il termine per impugnare la quale, ex art. 585, comma 1 lett. c), solo in caso di comunicazione alle parti potrà decorrere dalla nuova data fissata per il deposito della sentenza a norma del comma 2 lett. c) dello stesso art. 585 a prescindere dalla comunicazione dell’avviso di deposito) (Sez. 6, 15477/2014).

La notifica del solo estratto contumaciale della sentenza è idonea a far decorrere il termine di impugnazione, qualora l’atto contenga tutte le indicazioni proprie dell’avviso di deposito, così da integrarne legittimamente la specifica funzione (Sez. 1, 52792/2017).

 

Sentenza di applicazione della pena su richiesta

La motivazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta deve essere depositata contestualmente alla pronuncia; qualora la motivazione non sia depositata contestualmente, anche per l’irrituale indicazione in dispositivo di un termine per il deposito, il termine di quindici giorni per l’impugnazione della sentenza pronunciata in camera di consiglio decorre - esclusa qualsiasi nullità della sentenza stessa ed indipendentemente dal fatto che il termine irritualmente indicato dal giudice sia stato o meno osservato - dall’ultima notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento (SU, 40986/2018).

 

Sentenza in grado di appello

La mancata sottoscrizione della sentenza d’appello da parte del presidente del collegio non giustificata espressamente da un suo impedimento legittimo e sottoscritta dal solo estensore configura una nullità relativa che non incide né sul giudizio né sulla decisione consacrata nel dispositivo, e che, ove dedotta dalla parte nel ricorso per cassazione, comporta l’annullamento della sentenza-documento e la restituzione degli atti al giudice di appello, nella fase successiva alla deliberazione, affinché si provveda ad una nuova redazione della sentenza-documento che, sottoscritta dal presidente e dall’estensore, deve essere nuovamente depositata, con l’effetto che i termini di impugnazione decorreranno, ai sensi dell’art. 585, dalla notificazione e comunicazione dell’avviso di deposito della stessa sentenza (SU, 14978/2013).

 

Provvedimenti camerali

L’art. 585, comma 1, lett. a), pur formalmente riguardando i provvedimenti camerali e le sentenze accompagnate da contestuale motivazione, deve ritenersi applicabile anche alle ordinanze dibattimentali che determinano la regressione del procedimento. Il relativo termine di quindici giorni decorre dalla lettura del provvedimento in udienza, non essendovi ragione di non applicare nel caso suddetto la previsione dell’art. 585, comma 2, lett. b), che, seppure dettata per le sentenze con contestuale motivazione, vale a fortiori per le ordinanze dibattimentali (Sez. 3, 34656/2005, richiamata da Sez. 1, 39907/2018).

 

Provvedimenti abnormi

Le disposizioni concernenti i termini per la proposizione dell’impugnazione operano anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso gli atti abnormi, unica eccezione individuandosi nel gravame proposto avverso provvedimenti affetti da anomalia genetica così radicale da determinarne l’inesistenza materiale o giuridica (Sez. 1, 3305/2005, richiamata da Sez. 1, 39907/2018).

 

Decorrenza diversa per l’imputato e il difensore

Se il termine iniziale di decorrenza è unico e il difensore non ha diritto all’avviso di deposito del provvedimento è priva di rilievo, ai fini della decorrenza del termine per proporre la richiesta di riesame, l’eventuale notificazione di tale avviso; con l’ulteriore conseguenza che non può porsi alcun problema di decorrenza diversificata per i fini di cui all’art. 585 comma 3 (Sez. 2, 44260/2018).

A norma dell’art. 585, comma 1, lett. e), nel caso in cui il giudice abbia indicato nel dispositivo, per il deposito della motivazione, un termine più lungo di quello di quindici giorni, come consentitogli dall’art. 544, comma 3, il termine per impugnare è di quarantacinque giorni. La decorrenza di esso prende data, per il difensore, dalla scadenza del termine come sopra stabilito; mentre per l’imputato, qualora sia rimasto contumace, il menzionato termine prende a decorrere dalla notifica dell’avviso di deposito della sentenza con estratto contumaciale (Sez. 5, 1204/2015).

 

Motivi nuovi

É ammissibile, con la proposizione dei motivi nuovi di appello, la richiesta di applicazione della continuazione criminosa in relazione ad un reato oggetto di sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine di proposizione dell’appello, con cui quindi non è stato possibile dedurla, non operando in siffatta situazione il limite della devoluzione correlato ai capi e punti impugnati perché trattasi, comunque, di una richiesta relativa ad un istituto applicabile in sede di esecuzione, ex art. 671 (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva confermato la sentenza di condanna di primo grado, ritenendo inammissibile il motivo nuovo contenente la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione con i reati già giudicati da altra sentenza, divenuta irrevocabile in data successiva alla scadenza dei termini di impugnazione della sentenza di primo grado. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla richiesta di continuazione, con rinvio alla corte di appello competente per nuovo giudizio sul punto) (Sez. 2, 18243/2022).

I motivi nuovi a sostegno dell’impugnazione, previsti dall’art. 585 comma 4, devono avere ad oggetto solo i capi o i punti della sentenza impugnata che siano stati enunciati nell’originario atto di gravame ex art. 581, perché, diversamente opinando, verrebbero frustrati i termini per l’impugnazione prescritti a pena di inammissibilità (Sez. 2, 33087/2018).

Non si può computare il giorno dell’udienza nei quindici giorni previsti all’art. 585 comma 4 per la presentazione dei motivi nuovi (Sez. 1, 39554/2018).

È ammissibile, con la proposizione dei motivi nuovi di appello, la richiesta di applicazione della continuazione criminosa in relazione ad un reato oggetto di sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine di proposizione dell’appello, con cui quindi non è stato possibile dedurla, non operando in siffatta situazione il limite della devoluzione correlato ai capi e punti impugnati perché trattasi, comunque, di una richiesta relativa ad un istituto applicabile in sede di esecuzione, ex art. 671 (Sez. 2, 33098/2021).

 

Rimessione in termini

Non integra un’ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore rilevante ex art. 175, comma 1, l’impedimento fisico limitato al giorno di scadenza del termine, giacché è imputabile alla parte l’incapacità di organizzare i propri impegni in modo da neutralizzare il rischio di imprevisti dell’ultimo momento (Sez. 4, 11173/2014).

Sebbene in linea di principio la competenza a conoscere delle richieste di rimessione in termini spetti al giudice che sarebbe competente per la impugnazione del provvedimento relativamente al quale è chiesta la restituzione nel termine ad impugnare, tuttavia siffatto principio subisce una deroga, stante la connessione fra le due pronunzie, allorché la istanza di rimessione in termini sia logicamente subordinata all’accertamento della validità del titolo esecutivo, nel qual caso la relativa competenza, per l’uno e per l’altro aspetto della controversia, sarà del giudice della esecuzione (Sez. 6, 49876/2013).

La restituzione nel termine per proporre appello avverso una sentenza contumaciale non comporta anche la necessità di ordinare una nuova notifica del relativo estratto, in quanto tale nuova notificazione avrebbe la funzione di informare l’interessato dell’esistenza e del contenuto di un provvedimento di cui egli ha già effettiva conoscenza, tanto da averlo indicato al giudice dell’impugnazione o, nei congrui casi, dell’esecuzione, come oggetto del gravame la cui proposizione ha inteso prefigurare (Sez. 2, 14783/2017).

Il termine per proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di rimessione nel termine di impugnazione è da individuarsi in quello di cui al combinato disposto del comma 1 lett. a) e del comma 2, lett. b) dell’art. 585, e segnatamente in quindici giorni dalla lettura del provvedimento (Sez. 5, 4676/2018).

 

Casistica

Se il termine di quindici giorni per il deposito della motivazione cade nel periodo feriale, il termine per la presentazione dell’impugnazione decorreva dal primo giorno successivo al termine della sospensione feriale (Sez. 1, 34440/2018).

In materia di termini, la regola di cui all’art. 172, comma 5 secondo la quale “quando è stabilito soltanto il momento finale, le unità di tempo stabilite per il termine si computano intere e libere”, regola applicabile ai termini per l’impugnazione, implica che vanno esclusi dal computo il “dies a quo” ed il “dies ad quem” (Sez. 2, 41480/2018).

La notifica dell’estratto della contumaciale, effettuato per errore, non può rimettere l’imputato in termini per impugnare una sentenza per la quale siano già decorsi i termini tassativi stabiliti dalla legge per l’esercizio del diritto di impugnazione, e non potendo detti termini dipendere da attività processuali non richieste (Sez. 3, 38726/2018).

Il termine per la richiesta di riesame della misura cautelare personale decorre per il latitante, secondo il combinato disposto degli artt. 309 comma 2 e 165, dalla notifica del provvedimento eseguita mediante consegna di copia al difensore. Quando manchi tale adempimento, posto che non può considerarsi ad esso equivalente la notifica dell’avviso di deposito del provvedimento spedito al difensore contestualmente alla dichiarazione di latitanza (art. 296, comma 2), il termine decorre dalla data di esecuzione dell’ordinanza cautelare.

Ne consegue che nello stesso termine  alla luce della regola generale per cui, in caso di diversa decorrenza dei termini per l’imputato e il suo difensore, vale per entrambi quello che scade per ultimo (art. 585, comma 3)  è ammessa la richiesta di riesame anche da parte del difensore, sempre che questi non abbia già in precedenza impugnato la medesima ordinanza (Sez. 2, 6371/2015).