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Covid-19 e doveri di solidarietà politica, economica e sociale

articolo 2 della Costituzione
Scivola e vai via
Ph. Luca Martini / Scivola e vai via

Abstract

Questo breve articolo non parla dei diritti pregiudicati dalla pandemia, ma dei doveri. I doveri dei cittadini e quelli delle istituzioni. I doveri di solidarietà dei quali parla l’articolo 2 della Costituzione. I doveri di un’informazione scientifica corretta.

Oggi parliamo dei doveri, perché – ferma l’importanza fondamentale di vaccini e nuove terapie e l’attesa per la loro efficiente distribuzione – è solo grazie alla giusta combinazione di diritti e doveri che la nostra comunità nazionale potrà veramente e progressivamente guarire.

Come ci ha insegnato il grande Bardo, “Quando la tua anima è pronta, lo sono anche le cose” (Shakespeare, Enrico V: “All things are ready, if our minds be so”). Per tutti (cittadini e rappresentanti delle istituzioni), rispettare i doveri significa anche preparare adeguatamente l’anima.

 

L’articolo 2 della costituzione

L’articolo 2 della nostra Costituzione inquadra la tematica dei diritti e quella dei doveri attraverso espressioni folgoranti. Di seguito il testo:

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Ma che cosa sono i “doveri” di cui parla l’articolo 2 della Costituzione? [1].

La prima caratteristica che viene in considerazione, leggendo la norma costituzionale, è che si tratta di doveri “inderogabili”. Il termine è forte e non è certo usato a caso. Ai doveri di cui parla l’articolo 2 non ci si può legittimamente sottrarre. Come i diritti sono inviolabili, i doveri sono inderogabili. Insomma, sembra dirci il Costituente, le parole giuste da usare sono simili a quelle, famosissime, rivolte da J.F.K. ai cittadini USA: “Ask not what your Country can do for you, ask what you can do for your Country” (“Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese”).

Pertanto, i cittadini non si possono sottrarre ai propri doveri, nemmeno se le istituzioni non sono state inappuntabili. Mentre le istituzioni devono fare il proprio dovere, anche quando il civismo dei cittadini lascia a desiderare.  Nessuna delle due parti, insomma, può “usare” le carenze dell’altra per giustificare le proprie.

Quali sono dunque questi doveri “inderogabili”? Sono i doveri “di solidarietà politica, economica e sociale”.  Ciò che caratterizza tutti questi doveri – nelle tre aree indicate - è la loro capacità di “creare una relazione” tra individuo e comunità.   Quella relazione che, secondo un noto scienziato e divulgatore italiano, sembra essere anche l’essenza della fisica moderna [2], è certamente la ragione fondamentale per la quale la Costituzione ci ricorda tanto solennemente i nostri doveri verso gli altri.

 

La pandemia e i doveri dei cittadini

Seguire le regole per il contenimento del contagio

Il primo dovere dei cittadini durante la pandemia è quello di applicare costantemente le note regole volte a contenere la diffusione del contagio, così limitando la pressione ospedaliera.

Vi sono teorie non uniformi a livello internazionale circa il ‘cocktail’ migliore di misure vincolanti e di raccomandazioni, in periodi come quello che stiamo vivendo.

Vi sono anche discussioni in merito alla portata degli inevitabili “effetti collaterali” propri di ciascuna di tali misure. È evidente peraltro che molti seri effetti collaterali sussistano. Dobbiamo perciò sperare che la scienza e le cure ne rendano presto possibile un progressivo e deciso allentamento: non vogliamo certo che i nostri ragazzi debbano rimanere distanti e mascherati in eterno.

È evidente tuttavia che, soprattutto nelle fasi critiche e in attesa di vaccini e cure risolutive, i cittadini sono chiamati – come più volte ricordato in questa pagina – ad un supplemento di responsabilità, perché tutti dobbiamo contribuire al fondamentale obiettivo di contenere la pressione sulla sanità.

 

Collaborare con le autorità sanitarie

Un secondo fondamentale dovere dei cittadini è quello di collaborare con le autorità sanitarie, ad esempio scaricando la App Immuni e collaborando attivamente e in modo trasparente a tutte le operazioni di tracciamento.

 

Mantenere e diffondere fiducia nella scienza

Come recentemente segnalato in diversi interventi di alcuni scienziati [3], una volta che i vaccini ora in dirittura d’arrivo saranno stati approvati dalle autorità regolatorie, sarà fondamentale una larghissima adesione alla vaccinazione all’interno di tutte le categorie interessate, secondo le priorità che verranno individuate.

Non si tratta di immaginare obblighi sanzionati, né si tratta di rendere la vaccinazione una pratica poliziesca.

Si tratta invece – ed è ben diverso – di diffondere la cultura della vaccinazione come vero e proprio dovere civico e costituzionale: perché il suo significato riguarda direttamente la “relazione” fra l’individuo e la comunità (ciò che è l’essenza, come abbiamo visto, dell’articolo 2 della Costituzione). La vaccinazione infatti riguarda non solo la protezione dell’individuo – di ciascun individuo che si può vaccinare – ma anche la protezione della comunità, attraverso il raggiungimento di una larga copertura vaccinale.

 

La pandemia e i doveri delle istituzioni

Fornire risposte adeguate durante una pandemia

Secondo una teoria costituzionalistica – non accettata in modo uniforme, ma di grande interesse – l’articolo 2, parlando di doveri, si riferisce non solo ai cittadini (titolari, per lo stesso articolo 2, dei diritti inviolabili), ma anche alla Repubblica, nelle sue diverse articolazioni statale e regionali [4].

Ora, è constatazione ormai generalizzata quella secondo la quale il “Sistema-Paese”, durante la pandemia, non ha funzionato a dovere.

Si tratta in larga parte di conseguenze degli “storici ritardi” dell’Italia, che solo una visione miope e di breve periodo può pensare di riferire soltanto alle colpe di questa o quella maggioranza politica, statale o regionale, piuttosto che a una purtroppo più reale “immagine italica” da troppo tempo radicatasi.

 

Attivare prontamente risorse della sanità territoriale

In gran parte delle regioni, si è potuto constatare un deficit rilevante di organizzazione, mezzi e finanziamenti dedicati alla sanità territoriale. Durante la prima ondata, questo elemento in Lombardia sembra aver avuto un peso fondamentale. Ma molte altre regioni hanno mostrato carenze analoghe. Il ruolo e l’inquadramento dei MMG va rivisto in un’ottica di continuità con le strutture di secondo livello incrementando e ottimizzando i collegamenti diretti, sia in termini diagnostici che soprattutto terapeutici, fra curanti e ospedali.

È ora importante che tutte le risorse disponibili, ivi compresi i finanziamenti e prestiti attivabili in sede europea, vengano oggettivamente considerate in tempi brevi in un quadro costi-benefici, senza strumentalizzazione politica in alcuna direzione e nell’esclusivo interesse della Repubblica. Ciò non è necessario soltanto per gestire la fase residua della pandemia, ma anche per dotare il nostro Paese, in vista di ogni possibile futura emergenza oltre che per la gestione ordinaria, di strutture di sanità territoriale ad un livello di eccellenza simile a quello che caratterizza molti fra i nostri ospedali.

 

Tutelare la scuola dai pericoli ad essa esterni

Quanto all’istruzione, mentre le scuole sono luoghi ragionevolmente sicuri, non lo sono a sufficienza i trasporti che, soprattutto a partire dalle scuole superiori, gli studenti devono utilizzare per recarvisi. E molto si dovrebbe e potrebbe fare, anche in tempi ristretti, per la disponibilità di spazi. Qui Stato e Regioni si sono sinora mostrati complessivamente carenti. Si impone perciò uno sforzo fondamentale e immediato di adeguamento, se non si vuole che la didattica a distanza, persino per i più piccoli, divenga una opzione a lungo termine, tanto apparentemente semplice quanto evidentemente insensata.

 

Garantire un coordinamento fra stato e regioni

Proprio sulla scuola è emersa in modo palese la mancanza di qualsiasi serio ed efficace coordinamento fra stato e regioni.

La mancanza, in altre parole, nella realtà se non nella forma, di quella “leale collaborazione fra istituzioni” che la Corte costituzionale ha più volte sollecitato.

Che senso ha approvare un decreto governativo che – una volta divise le regioni in diverse fasce – identifica le misure da adottare in ciascuna, se poi ogni regione la mattina dopo si mette a fare ciò che vuole, ad esempio mantenendo del tutto chiuse le scuole, persino per i più piccoli? Eppure è quanto avvenuto ad esempio, ma non soltanto, in Campania, in Calabria e recentemente anche in Piemonte.

Qui occorre un supplemento di responsabilità da parte di tutte le forze politiche. Il Presidente della Repubblica lo ha espressamente richiesto. Rispondere positivamente a questo appello è un dovere costituzionale.

 

La pandemia e i doveri di chi fa informazione scientifica

È sempre possibile e altresì doveroso provare ad informare bene ed in modo pacato e ragionevolmente semplice.

Quindi ottimismo della conoscenza, rifiuto degli atteggiamenti anti-scientifici, razionalità e misura (non sempre purtroppo presenti nei media) anche nel racconto di eventi gravi come quello della pandemia.

Del resto, non vi è alternativa: le informazioni in qualche modo passano, l’unica strada è cercare di spiegarle in modo corretto (indicando anche i limiti di ciò che possiamo capire, che spesso non è tutto).

Proviamo a spiegare questo concetto con un esempio, relativo ad un Paese che ha fatto discutere molto animatamente, e non sempre con obiettività, la Svezia.

Se io dicessi, in modo semplicistico: “In Svezia, dove non c’è stato lockdown, i morti sono stati più che in Norvegia o Danimarca, Paesi vicini e affini dove il Governo ha imposto lockdown”, gran parte di chi ascolta – cui sfugge che la semplice associazione fra due fenomeni non garantisce che siano in rapporto di causa-effetto – capirebbe che sarebbe stato meglio effettuare il lockdown.

Allo stesso modo, se io dicessi, in modo altrettanto semplicistico: “in Svezia, dove non c’è stato lockdown, i morti sono stati proporzionalmente meno che in Italia o Francia, dove il Governo ha imposto lockdown”, gran parte di chi ascolta – cui sfugge che la semplice associazione fra due fenomeni non garantisce che siano in rapporto di causa-effetto – capirebbe che sarebbe stato meglio non effettuare il lockdown.

Le cose, come è ovvio, sono più complicate rispetto a queste semplificazioni.

Potrei quindi dire, sforzandomi di fare informazione corretta [5]:

In Europa alcuni Governi hanno imposto lockdown vincolante, altri no.

È ragionevole ritenere che l’imposizione di lockdown possa aver contribuito a diminuire i contagi, e conseguentemente i decessi. È evidente infatti che aumentare la distanza vincolante fra i cittadini complica la vita ad un virus che si trasmette nei modi che abbiamo imparato a conoscere in questi mesi.

L’esame dei dati mostra peraltro che – nella corrente pandemia (ed in particolare nella prima ondata, che già possiamo studiare) – i fattori che influiscono sui decessi sono molteplici: il livello delle restrizioni vincolanti imposte dai Governi (lockdown), il tasso di adesione dei cittadini alle semplici raccomandazioni dei governanti;  l’efficienza dei sistemi ospedalieri e soprattutto delle cure a domicilio; l’efficienza dei sistemi di trattamento; una efficiente “protezione mirata” dei soggetti fragili e delle RSA (da sole purtroppo sede, in molti paesi, di una quota rilevantissima dei decessi); il ruolo della ‘pandemic fatigue’; altri fattori di natura genetica, climatica, ecc..

Pertanto, il confronto fra i decessi dei vari Paesi non può essere effettuato tenendo conto di un solo fattore. Solo a titolo di esempio, vi sono Paesi, come la Svezia, che non hanno imposto lockdown e mostrano (in proporzione) molti meno decessi dell’Italia o della Francia (che invece ha imposto lockdown). Tuttavia la Svezia ha molti più decessi di Paesi vicini e affini, come Norvegia e Danimarca, che hanno imposto lockdown.

La verità è che, mentre è del tutto ragionevole ritenere che il lockdown abbia aiutato a ridurre i decessi, non sappiamo ancora quanto abbia aiutato, in relazione anche al contributo degli altri fattori.

Per fortuna, quando mandiamo una parte dei nostri giovani a studiare discipline quantitative, essi imparano tecniche statistiche utili ad approfondire i rapporti causa-effetto. Sono cose complesse, ma possiamo fidarci del fatto che, dando loro un po' di tempo e le risorse necessarie per la ricerca, gli statistici e gli epidemiologi possano portare avanti indagini raffinate, che ci mostrino in modo più preciso l’efficacia di ciascuno dei fattori di contenimento del contagio e delle sue conseguenze sopra elencati: aiutandoci così a fronteggiare nel modo migliore future simili situazioni di crisi.

Con le stesse tecniche statistiche si potrà appurare se e quanto la natura più soffice del lockdown svedese abbia effettivamente aiutato l’economia di quel Paese a ridurre i danni derivanti dalla pandemia mondiale.”

È troppo lungo? Si, è lungo. Ma un altro valore che mi pare importante si riassume in questo breve slogan: “L’eccessiva brevità è troppo spesso partigiana.

Insomma, in situazioni di crisi, l’informazione deve sforzarsi di semplificare la complessità, ma non deve banalizzarla.

 

[1] Morelli, I principi costituzionali relativi ai doveri inderogabili di solidarietà, http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-content/uploads/2015/04/morelli.pdf

[2] Rovelli, Helgoland, Adelphi, 2020.

[3] V. per esempio gli interventi di Guido Silvestri (https://www.facebook.com/pillolediottimismo/posts/200800054993807)  e di Antonella Viola (https://www.facebook.com/pattotrasversaleperlascienza/posts/2428162060812691).

[4] De Maria, Sanzionabilità  e  giustiziabilità  dei  doveri  costituzionali,  in  R.BALDUZZI -M.CAVINO -E.GROSSO -J.LUTHER  (a  cura  di), I  doveri  costituzionali:  la prospettiva del giudice delle leggi, Atti del convegno di Acqui Terme-Alessandria svoltosi il 9-10 giugno 2006, Torino, 232 ss.

[5] Per le considerazioni sulla Svezia, e per altre ulteriori sui temi dell’informazione scientifica, mi permetto di rinviare ad un mio “Dialogo con il prof. Vincenzo Trischitta”, pubblicato sul sito gestito dal prof. Trischitta, Ordinario di Endocrinologia alla Sapienza di Roma: http://www.fivehundredwords.it/post/it-conflitti-fra-diritti-e-doveri-in-ambito-di-salute-e-sanita-il-medico-chiede-il-giurista-risponde.