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Credito - Cassazione Civile: l’accettazione della cessione da parte del debitore ceduto non configura riconoscimento del debito

cessione dei crediti
cessione dei crediti

La notifica prevista dall’articolo 1264 del codice civile, svolge la funzione di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, ma non vale ad esonerare quest’ultimo dall’onere di provare il credito. È quanto ha ribaditola Corte di Cassazione con sentenza del 18 febbraio 2016, sconfessando la tesi dottrinale secondo cui l’accettazione della cessione del credito avrebbe natura di riconoscimento del debito.

Nel caso in esame, con atto di citazione la società cessionaria proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Perugia su ricorso del Fallimento del debitore ceduto in forza di separato credito vantato nei confronti della cessionaria. La prova scritta del credito era costituita da una scrittura privata, contenente una cessione di credito intercorsa tra l’opponente/cessionario ed un terzo/cedente, nella quale era presente il riconoscimento del debito oggetto di ingiunzione.

La cessionaria sosteneva l’intervenuta estinzione del proprio debito per effetto di compensazione con il credito oggetto di cessazione.

Il debitore ceduto proponeva appello alla Corte d’appello di Perugia contro la decisione di accoglimento dell’opposizione della società cessionaria da parte del Tribunale di Perugia.

La Corte territoriale accoglieva l’appello del debitore ceduto respingeva l’opposizione della società cessionaria, rilevando che incombeva sul cessionario l’onere di provare la sussistenza di un efficace negozio di cessione di credito e l’esistenza del credito ceduto, mentre il debitore ceduto non aveva alcun onere di contestare l’esistenza del credito, la cui cessione era avvenuta con un negozio alla cui stipulazione egli era estraneo.

La società cessionaria ricorreva in Cassazione contro la decisione della Corte territoriale, affermando che la Corte d’appello di Perugia aveva fondato la propria decisione sull’avvenuto disconoscimento, da parte del debitore ceduto, della sottoscrizione apposta dalla cedente in calce alla scrittura privata, disconoscimento che onererebbe il cessionario, secondo la Corte territoriale, di provarne l’autenticità.

Prima di riportare le motivazioni della Cassazione, giova richiamare il testo dell’articolo 1264 del codice civile:la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione”.

La Cassazione dichiara inammissibile tale motivo in quanto privo di decisività. Secondo la Cassazione infatti la Corte d’appello di Perugia, contrariamente a quanto affermato della società ricorrente, non ha posto a fondamento della decisione il disconoscimento della sottoscrizione apposta dalla cedente in calce alla scrittura privata, bensì il mancato adempimento dell’onere probatorio gravante sulla cessionaria di dimostrare l’esistenza del credito ceduto vantato dalla società cedente nei confronti del debitore ceduto, non essendo configurabile in capo a quest’ultima alcun onere di contestare l’esistenza del credito, ceduto con negozio al quale il debitore ceduto era rimasto estraneo.

Secondo la Corte di Cassazione, “il debitore ceduto, pur se informato della cessione, non viola il principio di buona fede nei confronti del cessionario se non contesta il credito, né il suo silenzio può costituire conferma di esso, perché per assumere tale significato occorre un’intesa tra le parti ed invece egli rimane estraneo alla cessione, di modo che è onere del cessionario provare l’esistenza e l’ammontare del credito. Inoltre, l’accettazione della cessione da parte del debitore ceduto è dichiarazione di scienza priva di contenuto negoziale e non vale in sé quale ricognizione tacita del debito; né tale valenza può desumersi dal silenzio del debitore sulla natura del credito ceduto - atteso che quest’ultimo si identifica con il contratto dal quale nasce, da presumersi noto al nuovo creditore - o dalla mancata informativa al cessionario sulle ragioni della contestazione del credito, in quanto l’obbligo di diligenza di cui all’articolo 1176 del codice civile, è imposto al debitore solo nell’adempimento della prestazione, mentre non può essere esteso sino ad includere l’informazione dettagliata delle ragioni del rifiuto di adempiere”.

Pertanto, la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 18 febbraio 2016, n. 3184)

La notifica prevista dall’articolo 1264 del codice civile, svolge la funzione di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, ma non vale ad esonerare quest’ultimo dall’onere di provare il credito. È quanto ha ribaditola Corte di Cassazione con sentenza del 18 febbraio 2016, sconfessando la tesi dottrinale secondo cui l’accettazione della cessione del credito avrebbe natura di riconoscimento del debito.

Nel caso in esame, con atto di citazione la società cessionaria proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Perugia su ricorso del Fallimento del debitore ceduto in forza di separato credito vantato nei confronti della cessionaria. La prova scritta del credito era costituita da una scrittura privata, contenente una cessione di credito intercorsa tra l’opponente/cessionario ed un terzo/cedente, nella quale era presente il riconoscimento del debito oggetto di ingiunzione.

La cessionaria sosteneva l’intervenuta estinzione del proprio debito per effetto di compensazione con il credito oggetto di cessazione.

Il debitore ceduto proponeva appello alla Corte d’appello di Perugia contro la decisione di accoglimento dell’opposizione della società cessionaria da parte del Tribunale di Perugia.

La Corte territoriale accoglieva l’appello del debitore ceduto respingeva l’opposizione della società cessionaria, rilevando che incombeva sul cessionario l’onere di provare la sussistenza di un efficace negozio di cessione di credito e l’esistenza del credito ceduto, mentre il debitore ceduto non aveva alcun onere di contestare l’esistenza del credito, la cui cessione era avvenuta con un negozio alla cui stipulazione egli era estraneo.

La società cessionaria ricorreva in Cassazione contro la decisione della Corte territoriale, affermando che la Corte d’appello di Perugia aveva fondato la propria decisione sull’avvenuto disconoscimento, da parte del debitore ceduto, della sottoscrizione apposta dalla cedente in calce alla scrittura privata, disconoscimento che onererebbe il cessionario, secondo la Corte territoriale, di provarne l’autenticità.

Prima di riportare le motivazioni della Cassazione, giova richiamare il testo dell’articolo 1264 del codice civile:la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione”.

La Cassazione dichiara inammissibile tale motivo in quanto privo di decisività. Secondo la Cassazione infatti la Corte d’appello di Perugia, contrariamente a quanto affermato della società ricorrente, non ha posto a fondamento della decisione il disconoscimento della sottoscrizione apposta dalla cedente in calce alla scrittura privata, bensì il mancato adempimento dell’onere probatorio gravante sulla cessionaria di dimostrare l’esistenza del credito ceduto vantato dalla società cedente nei confronti del debitore ceduto, non essendo configurabile in capo a quest’ultima alcun onere di contestare l’esistenza del credito, ceduto con negozio al quale il debitore ceduto era rimasto estraneo.

Secondo la Corte di Cassazione, “il debitore ceduto, pur se informato della cessione, non viola il principio di buona fede nei confronti del cessionario se non contesta il credito, né il suo silenzio può costituire conferma di esso, perché per assumere tale significato occorre un’intesa tra le parti ed invece egli rimane estraneo alla cessione, di modo che è onere del cessionario provare l’esistenza e l’ammontare del credito. Inoltre, l’accettazione della cessione da parte del debitore ceduto è dichiarazione di scienza priva di contenuto negoziale e non vale in sé quale ricognizione tacita del debito; né tale valenza può desumersi dal silenzio del debitore sulla natura del credito ceduto - atteso che quest’ultimo si identifica con il contratto dal quale nasce, da presumersi noto al nuovo creditore - o dalla mancata informativa al cessionario sulle ragioni della contestazione del credito, in quanto l’obbligo di diligenza di cui all’articolo 1176 del codice civile, è imposto al debitore solo nell’adempimento della prestazione, mentre non può essere esteso sino ad includere l’informazione dettagliata delle ragioni del rifiuto di adempiere”.

Pertanto, la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 18 febbraio 2016, n. 3184)