Distrazione
Le distrazioni, le disattenzioni, gli errori di valutazione, le dimenticanze, le violazioni dei protocolli o delle regole per raggiungere più rapidamente l’obiettivo che è stato prefissato sono comportamenti considerati, nell’attività lavorativa, espressione, sovente, di uno stato di stanchezza fisica o mentale. La fatica è uno stato complessivo somatico e psichico, di tipo fisiologico determinato da una riduzione delle risorse della persona, tali da non garantire un livello ed una qualità di lavoro simile a quello prestato all’inizio dell’attività.
La fatica, un campanello d’allarme che avverte la persona sulle sue capacità di prestazione in un determinato momento, deve essere attentamente valutata per i rischi che essa comporta.
Sappiamo che esistono strategie di coping (questo termine è associato tipicamente al concetto di stress) per fronteggiare, reagire, resistere o gestire situazioni avverse e sfidanti, che possono essere esterne (nell’ambiente, nell’organizzazione ad esempio) e/o interne (nella persona stessa).
Tali strategie possono essere focalizzate sulla risoluzione del problema che produce stress oppure sull’impatto emotivo negativo prodotto dall’evento, quando sono rivolte a risolvere il problema specifico del singolo.
Esistono però strategie più generali che, valutando la fatica come evento fisiologico che può creare situazioni di insicurezza e di rischio nell’attività lavorativa, hanno lo scopo di prevenire quegli eventi/condotte di cui parlavo all’inizio: la programmazione delle pause e dei riposi, la formazione per l’apprendimento di tecniche e procedure migliori, le riunioni per affrontare insieme alcune difficoltà ascoltando le problematicità rilevate nello svolgimento del lavoro, la previsione di compensazioni motivazionali, siano esse economiche o meno, vanno tutte nel senso di abbassare il livello della fatica, che è un esito inevitabile del lavoro.
Nell’insieme dei provvedimenti da assumere, si dovrà poi ancora valutare se abbiamo a che fare con un lavoro mentally-dependent, che è diventato sempre più diffuso ormai da decenni, piuttosto che di un’attività bodily-dependent, perché le conseguenze degli errori da eccessivo affaticamento possono essere molto diverse, per la loro gravità, nei due casi, come purtroppo dimostrano drammaticamente le cronache quotidiane.
La parola distrazione, a seconda del contesto in cui è utilizzata, può avere significati diversi, come è ben descritto nel vocabolario Treccani: ci interessa qui lo “stato del pensiero rivolto altrove e perciò assente dalla realtà attuale e circostante” come nella frase: “l’ho fatto per distrazione”, ed ancora lo “stato di dissipazione della mente, che subisce la successione spontanea delle immagini, determinata da stanchezza, da esaurimento, ecc.”.
A prescindere dalla stanchezza, nella distrazione vi è una carenza di attenzione e di concentrazione in quello che si sta svolgendo, ed è un problema molto serio che non riguarda soltanto la riduzione dell’efficienza, al quale sono ovviamente più sensibili i datori di lavoro, ma anche i dipendenti stessi, che non possono dimostrare le loro capacità, a causa delle frequenti interruzioni dell’attività che la distrazione comporta.
Lo sviluppo tecnologico poi e l’utilizzo dei molti devices hanno accentuato il problema di cui stiamo parlando, a tal punto che sullo specifico tema è stata fatta una ricerca attraverso interviste da una piattaforma di apprendimento, pubblicata negli anni scorsi, a cui si rinvia[1], che ha rilevato come laddove sono stati ridotti all’interno degli uffici i fattori di distrazione, non solo è aumentata la produttività ma anche la soddisfazione e il benessere da parte dei lavoratori. Infatti non va trascurato che la stessa qualità dell’ambiente di lavoro, con la diffusione per esempio da decenni dell’open space, favorisce, con la moltiplicazione degli stimoli esterni, la disattenzione.
La persona multitasking poi (ovvero chi è in grado di fare più cose contemporaneamente) è da alcuni ampiamente ricercata, mentre molti sconsigliano assolutamente tale attività e si moltiplicano i consigli su come organizzare il proprio tempo di lavoro per non fare troppe cose insieme, perché può essere dispersivo.
Se è vero che siamo nell’era della distrazione, come definisce la nostra epoca Jacques Attali, scrivendo del mondo dell’informazione dove distinguere la notizia vera da quella falsa è molto difficile, mentre l’educazione è sempre più legata alla distrazione come intrattenimento, è certo che nella vita quotidiana di tutti essa sia il problema per eccellenza, vuoi in famiglia, con i figli vuoi sul lavoro.
Nell’attività lavorativa il frequente controllo delle mail, delle notizie su internet, dei social, per non parlare delle telefonate o delle richieste dei colleghi, del tempo passato ad ascoltare quelli più chiacchieroni, sono tutte occasioni che capitano di frequente e impediscono di mantenere la concentrazione su quello che si sta facendo.
Per non parlare poi delle interferenze sulla propria attività psichica e quindi direttamente sulle prestazioni dei problemi personali, relazionali e familiari, che portano ad un forte coinvolgimento emotivo tale da non poter essere dimenticati. Nel recente film con Javier Bardem El buen patrón (in italiano tradotto come Il capo perfetto) di Fernando León de Aranoa vi sono episodi illuminanti e realistici sulle interferenze di cui si è parlato.
Gli aspetti negativi della distrazione, però, non cancellano gli altri, altrettanto necessari e indispensabili per il nostro benessere psichico, che sono completamente opposti. Sono quelli evidenziati dalla scrittrice Elena Stancanelli proprio nell’Elogio della distrazione. In questo articolo ci ricorda proprio: “Con la testa fra le nuvole: solo chi, ogni tanto, sa liberare la mente da impegni di lavoro e stress quotidiani riesce davvero a mettere in funzione i processi creativi”.
Cum grano salis, la distrazione è indispensabile, anche sul lavoro!
[1] https://research.udemy.com/wp-content/uploads/2018/03/FINAL-Udemy_2018_Workplace_Distraction_Report.pdf