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È riciclaggio compiere operazioni consapevolmente volte ad ostacolare la provenienza illecita del bene

Riciclaggio
Riciclaggio

La Cassazione ha stabilito che, in tema di riciclaggio, costituisce elemento specializzante rispetto alle fattispecie affini di ricettazione e favoreggiamento reale il compimento di operazioni consapevolmente volte ad impedire in modo definitivo, od anche a rendere difficile, l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità.

 

Il caso in esame

La Corte d’Appello di Torino aveva ritenuto fondata la responsabilità penale di una donna per il reato di riciclaggio di cui all’articolo 648-bis Codice Penale per aver depositato su conti correnti e libretti di deposito somme di denaro, provento dell’attività concussiva attuata dal marito, alto ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, a danno di un imprenditore. In particolare, il denaro era stato versato in parte su un libretto di deposito di una cooperativa di consumo, successivamente prelevato mediante assegni bancari, e in parte sul conto corrente cointestato ad entrambi i coniugi.

Avverso detta sentenza, l’imputata aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale, ritenendo che la condotta ascritta dovesse essere riqualificata in favoreggiamento reale ai sensi dell’articolo 379 Codice Penale o, al più, in ricettazione ai sensi dell’articolo 648 Codice Penale. Inoltre, la ricorrente denunciava l’erronea applicazione della legge penale in conseguenza di jus superveniens, dovendosi qualificare la condotta della stessa nello schema dell’articolo 110, 648-ter.1 Codice Penale, ossia concorso (con il marito) in autoriciclaggio.

 

Gli elementi considerati dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato.

Relativamente alla richiesta di riqualificare la condotta ascritta nella fattispecie di favoreggiamento reale o ricettazione, i giudici di legittimità hanno preliminarmente osservato come la condotta prevista e punita dall’articolo 648-bis Codice Penale sia integrata dal “compimento di operazioni volte ad impedire” o “a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità”.

Il discrimen tra il delitto di riciclaggio e quello di ricettazione, secondo la Corte, non consiste nella diversità dei reati presupposti, quanto in quella relativa agli elementi strutturali, ossia l’elemento soggettivo (dolo specifico dello scopo di lucro nella ricettazione e dolo generico nel riciclaggio) e l’elemento oggettivo che, con particolare riferimento all’art. 648-bis c.p., ha riguardo alla idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene.”.

Con riferimento alla richiesta di riqualificazione del fatto nel reato di favoreggiamento reale, la Suprema Corte ha rilevato che “tale delitto concreta una figura criminosa “sussidiaria” rispetto al riciclaggio di denaro, come del resto evidenziato dalla clausola di salvaguardia ivi contenuta e trova applicazione il principio selettivo della specialità stabilito dall’art. 15 cod. pen., laddove occorre riconoscere che nella struttura del reato di cui all’art. 648-bis cod. pen. sono presenti, oltre tutti gli elementi propri dell’altra figura, l’elemento specializzante del compimento di operazioni consapevolmente volte ad impedire in modo definitivo, od anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità”.

Dunque, sebbene la fattispecie di riciclaggio sia stata modellata dal Legislatore sui reati di ricettazione e favoreggiamento reale, la stessa risulta sussistente solo in presenza dell’ulteriore elemento specializzante della “direzione della condotta al conseguimento della sostituzione del denaro o dei valori.

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano ritenuto che il deposito delle somme (in particolare sul libretto di risparmio della cooperativa, richiedente obblighi di comunicazione diversi rispetto alla disciplina bancaria e tali da rendere più difficoltoso il rintraccio), e i successivi prelievi costituissero “comportamenti sintomatici della consapevolezza in testa all’agente della provenienza illecita del denaro e del conseguente dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione”.

Inoltre, per consolidato orientamento giurisprudenziale, “integra il delitto di riciclaggio, e non il meno grave delitto di ricettazione, la condotta di chi deposita in banca denaro di provenienza illecita poiché, stante la natura fungibile del bene, in tal modo esso viene automaticamente sostituito con denaro pulito”.

 

Sul concorso in autoriciclaggio

Infine, con riferimento alla qualificazione della condotta in concorso in autoriciclaggio, fattispecie introdotta nell’ordinamento successivamente ai fatti in processo, la Suprema Corte ha ritenuto di condividere il principio di diritto espresso in altra fondamentale pronuncia della stessa Corte, secondo cui

in tema di autoriciclaggio, il soggetto che, non avendo concorso nel delitto-presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio o contribuisca alla realizzazione da parte dell’autore del reato-presupposto delle condotte indicate dall’art. 648-ter.1 cod. pen., risponde di riciclaggio e non di concorso nel delitto di autoriciclaggio, essendo questo configurabile solo nei confronti dell’intraneus” (Cass. n. 17235/2018).

Inoltre, a giudizio della Corte, non sussistevano due requisiti individuati dalla norma incriminatrice di cui all’art. 648-ter.1 Codice Penale. In particolare, non poteva considerarsi attività economica, né attività finanziaria, il mero deposito di una somma su un conto corrente o un libretto di deposito, essendo economica ai sensi dell’articolo 2082 Codice Civile soltanto “quell’attività finalizzata alla produzione di beni ovvero alla fornitura di servizi”; né poteva ravvisarsi un’attività finanziaria, “con ciò facendosi riferimento ad ogni attività rientrante nell’ambito della gestione del risparmio ed individuazione degli strumenti per la realizzazione di tale scopo”. La condotta, poi, non era stata realizzata dal soggetto autore del reato-presupposto, ossia della concussione, da individuarsi nel marito dell’imputata.

 

Per tali ragioni, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 24 gennaio 2019, n. 3608)