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Extra ruolo

Arena, Reggio Calabria
Ph. Giuseppe Vigliarolo / Arena, Reggio Calabria

“Prendi il meglio che esiste e miglioralo. Se non esiste, crealo”

Henry Royce

 

Prima di iniziare, vi consiglio la lettura di questo breve brano di Michela Murgia (Link).

Come noto, la prestazione professionale dipende da diverse variabili. Fra queste, l’assetto organizzativo, l’organizzazione del lavoro, la dotazione tecnologica e l’assetto gerarchico. All’interno di queste dimensioni strutturali ci collochiamo tutti noi, con i ruoli che ciascuno di noi agisce all’interno dei diversi contesti. Dunque, a ben vedere, ci muoviamo ogni giorno all’interno di una dimensione molto strutturata, fatta di processi, di procedure e, come diceva Norberto Bobbio, regolata da norme.

L’errore più comune è credere che questa dimensione così strutturata – da sola – possa produrre automaticamente i comportamenti desiderati.

Al contrario, ciò che avviene nella realtà, è la persistenza di un legame molto debole tra le regole, razionali e formali, su come ci si debba comportare al lavoro e il buon funzionamento di un sistema organizzativo.

Ciò avviene per tre motivi principali:

  1. ci muoviamo all’interno di contesti in costante cambiamento, sempre meno strutturati e prevedibili;
  2. ciascuno di noi è dotato di razionalità limitata, pertanto ognuno di noi leggerà la realtà dei fatti dandone proprie interpretazioni, anche utilizzando il pensiero laterale;
  3. in ogni ambito, abbiamo la possibilità di agire mettendo in gioco la nostra autonomia di giudizio e di azione.

In questo contesto, esiste quindi una dimensione del lavoro e della prestazione professionale molto più profonda di questa appena descritta e che riguarda la nostra sfera soggettiva e intersoggettiva. Una dimensione che fa leva su ciò che sentiamo di poter fare per l’organizzazione, mettendo in campo le nostre risorse interiori, le nostre forze e il nostro impegno. Stiamo quindi parlando di comportamenti aggiuntivi, rispetto a quelli obbligatori previsti dal contratto di lavoro; atteggiamenti che ciascuno di noi agisce a propria discrezione e che definiscono i comportamenti c.d. extra-ruolo (o “extracontrattuali”).

Dunque, ciò che avviene nel concreto, è che all’interno di quelle dimensioni organizzative, all’apparenza definite e stabili, ciascuno di noi agisce il proprio extra-ruolo mettendo in gioco la dimensione personale che lo caratterizza in quanto individuo.

Stiamo parlando di quei tratti, «gesti o comportamenti, utili all’organizzazione che non possono essere imposti sulla base dei doveri di ruolo …» e che definiscono le dimensioni di cittadinanza organizzativa introdotte da Bateman e Organ nel 1983. Dimensioni animate dai nostri tratti di personalità e da come, al di là della forma, ciascuno di noi interpreta il proprio ruolo. Questa interpretazione del ruolo, supporta e definisce la prestazione individuale e nei fatti contribuisce alla creazione, al mantenimento e al miglioramento del contesto complessivo, sociale e psicologico (Organ 1997). Stiamo parlando di «comportamenti individuali di tipo discrezionale, che non vengono direttamente o esplicitamente riconosciuti da parte del sistema formale di ricompense e che, nell’insieme, promuovono l’efficienza e l’efficacia dell’organizzazione».

In breve, il ruolo formale – quello definito dall’organigramma, da funzionigramma a enucleare processi, tecnologie e norme standard – non è null’altro che una parte della nostra dimensione professionale, certamente quella più visibile, ma non la più importante. Questo perché la stessa regolazione contrattuale e anche le più sofisticate descrizioni di ruolo, non sono in grado, da sole, di incidere e dare evidenza al nostro assetto valoriale, alla nostra educazione, ambizioni, paure e ai nostri atteggiamenti.

Le clausole contrattuali, anche quando prescrivono dati comportamenti o legittimano il rapporto all’interno della scala gerarchica, comunque non hanno il potere di assicurare collaborazione, capacità ideativa, visione, ma nemmeno posso assicurare lealtà, flessibilità, orientamento al risultato.

Ma cosa ci spinge a mettere in campo la nostra dimensione extra-ruolo nello svolgimento delle attività lavorative e andando quindi oltre quanto prescritto contrattualmente e richiesto dal ruolo formale?

Innanzitutto va chiarito che i comportamenti extra-ruolo si declinano verso due dimensioni prevalenti: da un lato a beneficio dell’organizzazione (coscienziosità, virtù civica e sportività, innovazione) e dall’altro a beneficio di colleghi e collaboratori (altruismo, cortesia). Tra questi comportamenti la letteratura individua:

  • Virtù civica: implica un forte senso di responsabilità nei confronti dell’organizzazione e, da parte di chi ha ruoli di responsabilità, il saper alimentare e sostenere il coinvolgimento dei propri collaboratori nel partecipare alla vita dell’organizzazione.
  • Sportività: implica un atteggiamento positivo e di lealtà verso l'azienda o l’istituzione.
  • Coscienziosità: indica la capacità di andare oltre ciò che viene richiesto, mettendo particolare cura per il proprio lavoro e valorizzando le risorse disponibili.
  • Innovazione: implica la volontà e capacità di attivarsi, al fine di migliorare l’efficacia dell’organizzazione e farla crescere.
  • Cortesia: definisce la tendenza a comportarsi con gli altri in modo rispettoso, riconoscendoli come persone e come professionisti.
  • Altruismo: comprende quei comportamenti intenzionalmente finalizzati ad aiutare i colleghi nei loro compiti.

Dunque, questi comportamenti possono interessare diverse tipologie di azioni, dal sostegno ai colleghi, alla collaborazione in gruppo, al favorire la circolazione efficace e costruttiva delle informazioni, alla promozione del benessere organizzativo. Azioni in cui emerge chiara la distinzione fra ruolo formale e ruolo sostanziale. Il primo in quanto definito e assegnato all’interno dell’organigramma aziendale. Il secondo agito come extra-ruolo, dalla persona, dall’individuo nella veste di attore principale del ruolo assegnato nella forma.

Nelle organizzazioni ciò che va gestito è dunque il comportamento e la competenza tecnica si colloca al servizio della dimensione interpersonale e relazionale che si esprime nell’extra-ruolo. Ciò che collega tutte le dimensioni è un radicato sentimento di appartenenza che spinge il lavoratore ad essere parte attiva e creativa dell’organizzazione con le connesse ricadute in termini di clima organizzativo, qualità del lavoro e produttività.

Ma quali strategie può mettere in atto l’organizzazione per far emergere e riconoscere queste dimensioni?

  • Definire la cultura organizzativa: occorre individuare, riconoscere e diffondere storia e valori in cui l’organizzazione si identifica. A questo proposito è importante promuovere progetti di incoming dei neoassunti e azioni successive che siano in grado di alimentare il senso di appartenenza e l’identificazione dei comportamenti conformi ai valori dell’impresa.
  • Sostenere la leadership partecipativa: come suggerisce la parola stessa, il leader partecipa al lavoro dei collaboratori, fornendo supporto e incoraggiando all’azione, ma interviene solo in caso di necessità. Il leader deve essere in grado di esercitare una delega molto forte, pertanto compiti e attività non dovranno essere definite in modo dettagliato, lasciando al collaboratore un importante spazio di ideazione nell’organizzazione del proprio lavoro.
  • Pianificare lo sviluppo: occorre definire un’organizzazione del lavoro che favorisca la crescita della persona e a tal fine è importante programmare il lavoro in modo da far emergere la dimensione di eustress, in cui l’individuo si sente posto di fronte a sfide che ritiene superabili e a mete raggiungibili mettendo in campo la propria capacità propositiva.
  • Alimentare comportamenti organizzativi virtuosi: occorre identificare chiaramente i comportamenti che l’organizzazione reputa virtuosi, questi dovranno essere sostenuti alimentando, a partire dal leader, la cultura dell’esempio. Inoltre, occorre attuare un investimento formativo dedicato, con taglio esperienziale, adatto a sperimentare e favorire la comprensione del valore di dati tratti comportamentali per il benessere lavorativo, la crescita professionale e dei servizi e dell’organizzazione nella sua interezza.

Incoraggiato dall’organizzazione, ciascuno di noi, nel proprio piccolo, può essere e creare quella differenza positiva che cambierà il luogo di lavoro; ciò portando nel contesto lavorativo, prima di ciò che sappiamo, ciò che siamo.