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Genitori in ascolto?

Educatori e famiglia
Educatori e famiglia

Per nessun genitore è facile dover accettare che un figlio abbia qualcosa che non va, qualche imperfezione, un disturbo di qualsiasi tipo, più o meno grave. È difficile insomma accettare che il proprio figlio non sia come vorremmo che fosse o come ce lo aspetteremmo.

Questa fatica ad accettare è molto normale, umana e comprensibile, e potrebbe anche aver origine da una sorta di idealizzazione dei figli da parte dei genitori. Ogni forma di idealizzazione di per sé non è sbagliata, poiché nasce da una grande stima, da un amore, tuttavia necessita poi di una obiettività, di un’aderenza autentica alla realtà ed è qui che diventa poi vero amore. Solo quando infatti comprendo che l’altro è altro, con dei limiti e li accetto, facendomene carico, allora inizierò a volergli bene veramente.

Capita spesso di imbattersi in famiglie i cui figli, già dal primo anno di vita, manifestano alcuni comportamenti sui quali sarebbe opportuno soffermarsi per non impedire un sano sviluppo del bambino. Di fronte all’insorgere di determinati problemi, ho sempre visto due tipologie di genitori.

Le famiglie che si affidano alle educatrici, chiedono e si confrontano in un vero atteggiamento di ascolto e collaborazione. D’altra parte ci sono genitori che negano l’evidenza di un problema, rifiutandosi di farsi accompagnare e, persistendo in questo rifiuto, assumono talvolta, con grande rammarico, un atteggiamento di “attacco”.

Se è vero che la famiglia rimane il riferimento indiscusso nell’educazione del bambino, tuttavia chi affida il proprio figlio ad un servizio per l’infanzia come il Nido, dovrebbe tener conto dell’importanza di una sinergia tra la scuola e la famiglia, che può essere sfruttata mettendosi in ascolto del personale educativo. E tale sinergia diventa utile soprattutto laddove il comportamento del bambino suscita alcune preoccupazioni o perplessità.

È un peccato vedere come spesso questa alleanza per il bene del bambino non venga affatto presa in considerazione, è un peccato vedere come chi affida il proprio figlio otto ore al giorno per uno o due anni, non arrivi a fidarsi delle proprie educatrici. In questi casi, sembrerebbe che la famiglia abbia solo bisogno di un posto di custodia, di una sorta di “parcheggio” per il proprio figlio, e chi se ne occupa non si deve permettere di interferire troppo. Panorama triste.

Mi piacerebbe arrivare a capire i motivi di questa poca fiducia nella relazione tra famiglia e scuola.

Innanzitutto credo che a monte ci sia un impianto culturale e un tipo di mentalità di ciascuna famiglia, su cui nessuno deve permettersi di giudicare, certamente. Non ci deve aspettare per forza una apertura immediata, ma cosa può aiutare ad incrementare un rapporto di collaborazione, fiducia e un certo dialogo?

Innanzitutto è fondamentale ricordare che si lavora insieme per il bene del bambino. Noi educatrici non siamo dei clinici e non ci permetteremmo mai di dare delle risposte, ma solo di accompagnare ed educare, sia i bambini sia i loro genitori. Non vogliamo dare, in modo presuntuoso e perentorio, delle soluzioni immediate e dei giudizi assoluti, ma solo dei consigli. Non ci mettiamo sullo stesso piano dei genitori, come se avessimo la loro stessa importanza nella vita del piccolo: ci mancherebbe! Non vogliamo assolutamente atteggiarci a persone che hanno in mano la verità della vita degli altri.

Piuttosto insieme al genitore ci diamo da fare per comprendere, osservare e quindi intervenire al meglio perché il bambino stia bene ed abbia una crescita armonica. Tante volte nel dialogo e confronto con la famiglia si costruisce molto: ed è questo che vogliamo! Costruire per il bene del bambino, non entrare in una stupida competizione con mamma e papà che resteranno sempre le persone, insostituibili, che meglio conoscono il proprio figlio.

La fiducia che sarebbe bello conquistarsi, credo che possa nascere anche dalla considerazione che osserviamo i bambini tutti i giorni e per tante ore al giorno, e in questo ci siamo specializzate, con un laurea (forse troppo poco riconosciuta). Non è questione solo di formazione teorica, ma soprattutto di pratica e di esperienza. E di questa esperienza professionale, maturata e perfezionata negli anni, un genitore dovrebbe fidarsi.

Inoltre, lavorando sempre in un team, fa parte integrante del nostro lavoro confrontarsi sui bambini e sui loro comportamenti. Cioè è normale per noi scambiarci pareri e considerazione e quando emerge qualcosa che suscita perplessità nella maggioranza del personale educativo, riteniamo doveroso, col supporto del pedagogista, parlarne alla famiglia. Insomma ciò che riportiamo alla famiglia, e che cerchiamo di fare nel modo più delicato possibile, è frutto di più occhi che osservano, non di giudizi personali campati in aria.

Le famiglie dovrebbero anche valutare l’opportunità che il dialogo col Nido offre per un intervento tempestivo fatto nei primi anni di vita. Quando insorgono alcune problematiche, anche le meno gravi, prima si interviene più il recupero sarà efficace.

Dunque, se è vero che per un genitore affrontare certi argomenti può risultare ostico e quindi non può essergli rinfacciata la fatica ad accettare una determina situazione, tuttavia da un atteggiamento di ascolto e di fiducia verso chi si occupa quotidianamente del proprio figlio, potrà solo trarre giovamento.

Infine mi piace ricordare che la preziosità indiscussa di ciascun bambino è una regola universale di fronte alla quale qualsiasi tipo di “diversità” non avrà mai l’ultima parola.