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Giudizio abbreviato e l’esercizio di integrazione probatoria del Giudice di appello

luce nel blu
Ph. Fabio Toto / luce nel blu

Il caso che andremo ad esaminare è stato affrontato dalla Cassazione con la sentenza n. 40550 del 3 novembre 2021.

 

Fatto

La Corte di appello di Trieste, disponeva ex art. 603 c.p.p. l'acquisizione di documentazione sanitaria riferibile all'imputato. Tale documentazione era mancante nel fascicolo del pubblico ministero.

Il fascicolo era stato acquisito dal giudice di primo grado a seguito della richiesta di giudizio abbreviato avanzata dalla difesa dell'imputato.

La difesa eccepiva l'erronea applicazione dell'art. 603 c.p.p. in  quanto la Corte di appello ha acquisito, nel corso del giudizio, svoltosi con rito abbreviato,  documentazione sanitaria (invero consistente in una dichiarazione attuale e non in certificazioni  risalenti all'epoca del fatto), mancante nel fascicolo del pubblico ministero, a carico  dell'imputato, necessaria per colmare le lacune probatorie della fase delle indagini, mentre nel  giudizio abbreviato i poteri di integrazione probatoria d'ufficio possono essere usati solo in  bonam partem, essendo incompatibili con la scelta dell'imputato dì accedere al rito abbreviato.

 

La decisione della Cassazione

Gli Ermellini in ordine alla censura, avente ad oggetto l'esercizio dei poteri di integrazione probatoria di ufficio del giudice di appello nel giudizio abbreviato, ricordano la recente Sez. 6, n. 17360 del 13/04/2021, Prevete, Rv. 280968 - 01, secondo cui, in tema di giudizio abbreviato, l'integrazione probatoria disposta dal giudice ai sensi dell'art. 441, comma quinto, cod. proc. pen., può riguardare anche la ricostruzione storica del fatto e la sua attribuibilità all'imputato, atteso che gli unici limiti a cui è soggetto l'esercizio del relativo potere sono costituiti dalla necessità ai fini della decisione degli elementi di prova di cui viene ordinata l'assunzione e dal divieto di esplorare itinerari probatori estranei allo stato degli atti formato dalle parti - in motivazione, la Corte ha precisato che la scelta unilaterale del rito alternativo da parte dell'imputato non può fondare alcuna aspettativa circa un preteso diritto ad essere giudicati sulla sola base degli atti disponibili al momento dell'ordinanza di ammissione del rito, essendo rimesso al giudice di valutare l'eventuale incompletezza delle indagini e la conseguente impossibilità di decidere allo stato degli atti, disponendo la necessaria integrazione istruttoria.

Tale principio va letto congiuntamente a quello secondo cui nel giudizio abbreviato d'appello il giudice può esercitare il potere officioso di integrazione probatoria, perché la previsione dell'art. 441, comma quinto, cod. proc. pen., che attribuisce tale potere al giudice del rito abbreviato in primo grado, è estensibile, con gli stessi limiti, a quello del grado successivo, e la sua valutazione discrezionale circa la necessità della prova non è censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata (Sez. 2, n. 35987 del 17/06/2010, Melillo, Rv. 248181).

La scelta unilaterale dell'imputato non può, dunque, - secondo la Cassazione - fondare alcuna aspettativa circa un preteso diritto ad essere giudicati sulla sola base degli atti disponibili al momento dell'ordinanza di ammissione del rito perché, qualora il giudice, in qualsiasi momento, dovesse rendersi conto dell'incompletezza delle indagini e della conseguente impossibilità di possedere gli elementi necessari per la decisione, l'integrazione probatoria officiosa costituisce l'unica forma di bilanciamento rispetto alla inevitabilità del giudizio abbreviato, rimesso alla scelta unilaterale dell'imputato, ed essa non è condizionata alla sua complessità od alla lunghezza dei tempi dell'accertamento probatorio né è soggetta a limiti temporali e può dunque intervenire in qualsiasi momento e fase della procedura (Sez. 6, 23/01/2009 n. 11558, Trentadue, Rv. 243063).

Peraltro, nella sentenza richiamata in motivazione, della Cassazione Sez. 6, n. 17360 del 13/04/2021, Prevete, udienza 13 aprile 2021 si legge: "in relazione al rito abbreviato cd. secco - come nella specie attivato dal ricorrente - non si tratta di recuperare poteri officiosi, diretti a snaturare la fondamentale funzione passiva del giudice nell'ambito del modello processuale accusatorio, ma di "recuperare" nella fase processuale attraverso l'attività integrativa le lacune investigative c.d. strutturali - le uniche perciò colmabili in quanto necessarie per la decisione - in linea con la modifica corrispondentemente apportata all'art. 421-bis cod. proc. pen. che, richiedendo ex ante il rispetto del principio di completezza delle indagini, impone al giudice dell'udienza preliminare di indicare al pubblico ministero, nel caso di indagini preliminari incomplete, l'espletamento di ulteriori indagini. Diversamente ne risulterebbe snaturato lo stesso processo penale ed i principi costituzionali che lo regolano perché la ricerca della verità "processuale" (v. Corte Cost. sentenza n. 3 del 1993), che presuppone che il giudice sia in possesso degli elementi necessari per decidere, rimane, nei limiti fissati dalle concorrenti garanzie costituzionali del giusto processo (art. 111 Cost.), fine primario ed ineludibile di esso in quanto, in un ordinamento improntato al principio di legalità (art. 25 Cost., comma 2) e fondato sull'obbligatorietà dell'azione penale (art. 112 Cost.), l'accertamento del fatto storico, necessario per pervenire ad una giusta decisione, non può essere impedito da una scelta unilaterale di una parte processuale sia essa l'imputato o il pubblico ministero.

L'art. 441, comma 5, cod. proc. pen. non si spinge al punto di dichiarare preclusa la facoltà del giudice di integrazione probatoria officiosa con riguardo alla ricostruzione storica del fatto ed all'attribuibilità di esso all'imputato - che costituiva nella precedente giurisprudenza un portato della ricostruzione strutturale dell'istituto in esame - e l'integrazione probatoria sarà ammessa quando risulti "necessaria ai fini della decisione" con la precisazione che l'integrazione non può spingersi sino al punto da alterare la concorrente funzione del processo penale, quale processo di parti a struttura accusatoria sicché il ricorso ai poteri ex art. 441, comma 5, cod. proc. pen. richiede non la totale assenza di informazione probatoria, al cui cospetto alcuna integrazione sarebbe ammissibile, ma esclusivamente l'incompletezza di essa, incompletezza che potrà essere colmata non con l'acquisizione di un qualsiasi elemento ma solo di quelli necessari per decidere".

In conclusione, nel giudizio abbreviato d'appello il giudice può esercitare il potere officioso di integrazione probatoria, perché la previsione dell'art. 441, comma quinto, cod. proc. pen., che attribuisce tale potere al giudice del rito abbreviato in primo grado, è estensibile, con gli stessi limiti, a quello del grado successivo.