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Giustizia riparativa e processo penale

Tramonto
Ph. Riccardo Radi / Tramonto

La riforma del processo penale Cartabia prevede l’introduzione di una disciplina organica della giustizia riparativa.

 

Nella riforma del processo penale Cartabia, a breve in discussione al Senato, si prevede all’articolo 1, comma 18, i principi e criteri direttivi per introdurre una disciplina organica della giustizia riparativa, con particolare riguardo alla definizione dei programmi, ai criteri di accesso, alle garanzie, alla legittimazione a partecipare, alle modalità di svolgimento dei programmi e alla valutazione dei suoi esiti, nelle diverse fasi del procedimento penale.

 

Giustizia riparativa

In particolare, il Governo, nell’esercizio della delega, dovrà: introdurre una disciplina organica della giustizia riparativa che, in coerenza con le indicazioni della Direttiva 2012/29/UE, ne definisca la nozione, l’articolazione in programmi, i criteri di accesso, le garanzie, la legittimazione a partecipare, le modalità di svolgimento e la valutazione degli esiti dei programmi, ferma restando la necessaria rispondenza degli stessi all’interesse della vittima e dell'autore del reato.

 

Giustizia riparativa e le direttive europee.

Si ricorda che la Direttiva 2012/29/UE - sostituendo la decisione quadro 2001/220/GAI – ha stabilito norme minime che assicurino alle vittime di reato adeguati livelli di tutela e assistenza, sia nelle fasi di accesso e partecipazione al procedimento penale, sia al di fuori e indipendentemente da esso.

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Giustizia riparativa e tutela della vittima del reato

Oltre al rafforzamento del diritto della vittima all’informazione, del diritto di comprendere e essere compresi, di essere ascoltati nel processo e di usufruire di eventuali misure di protezione, la direttiva (articolo 8) impone agli Stati membri di dare accesso a specifici servizi di assistenza riservati, gratuiti e operanti nell'interesse della vittima, prima, durante e per un congruo periodo di tempo dopo il procedimento penale.

La Direttiva fornisce (articolo 2) la definizione di giustizia riparativa come “qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all'autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l'aiuto di un terzo imparziale”.

La Direttiva (articolo 12) prevede, inoltre, che gli Stati membri adottino misure che assicurano alla vittima accesso a servizi di giustizia riparativa sicuri e competenti; che gli Stati membri facilitano il rinvio dei casi, se opportuno, ai servizi di giustizia riparativa, anche stabilendo misure che proteggano le vittime dalla vittimizzazione secondaria e ripetuta, dall'intimidazione e dalle ritorsioni, applicabili in caso di ricorso a eventuali servizi di giustizia riparativa.

In base alla direttiva, l’accesso a tali servizi deve avvenire almeno in presenza delle seguenti condizioni:

a) si ricorre ai servizi di giustizia riparativa soltanto se sono nell'interesse della vittima, in base ad eventuali considerazioni di sicurezza, e se sono basati sul suo consenso libero e informato, che può essere revocato in qualsiasi momento;

b) prima di acconsentire a partecipare al procedimento di giustizia riparativa, la vittima riceve informazioni complete e obiettive in merito al procedimento stesso e al suo potenziale esito, così come informazioni sulle modalità di controllo dell'esecuzione di un eventuale accordo;

c) l'autore del reato ha riconosciuto i fatti essenziali del caso;

d) ogni accordo è raggiunto volontariamente e può essere preso in considerazione in ogni eventuale procedimento penale ulteriore;

e) discussioni non pubbliche che hanno luogo nell'ambito di procedimenti di giustizia riparativa sono riservate e possono essere successivamente divulgate solo con l'accordo delle parti o se lo richiede il diritto nazionale per preminenti motivi di interesse pubblico.

 

Giustizia riparativa: primi passi normativi percorsi

In attuazione della Direttiva 29/2012, è stato adottato il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 112 che, pur integrando con specifiche, mirate, disposizioni, il quadro di tutele che già il nostro ordinamento processuale penale assicurava alle vittime del reato in tema di tema di informazione e partecipazione al processo non ha, tuttavia, dettato specifiche disposizioni in materia di giustizia riparativa.

Il citato decreto legislativo ha infatti apportato alcune modifiche al codice penale volte, in particolare, ad assicurare il diritto della vittima a ricevere una serie di informazioni concernenti il procedimento penale (anche estendendo la disciplina sul diritto all'interprete e alla traduzione) e sull'eventuale scarcerazione o evasione dell'imputato (o condannato); viene poi, fornita una definizione della condizione di particolare vulnerabilità della vittima, che consente l'applicazione di speciali cautele processuali.

La tutela processuale delle vittime dei reati è potenziata anche dalla stessa legge n. 103 del 2017, che ha modificato il codice di procedura penale al fine di: consentire alla vittima del reato di chiedere ed ottenere dalle autorità informazioni sullo stato del procedimento penale nel quale ha presentato la denuncia o la querela; allungare i termini concessi alla persona offesa per opporsi alla richiesta di archiviazione e chiedere la prosecuzione delle indagini; disporre la nullità del decreto di archiviazione emesso in mancanza dell'avviso alla persona offesa o quando la stessa non sia stata messa in condizione di visionare gli atti o presentare opposizione.

 

Giustizia riparativa e Giudice di Pace

Pur mancando, nell’ordinamento nazionale, una disciplina organica in materia di giustizia riparativa e mediazione, un riconoscimento di tali istituti è tuttavia previsto in diverse disposizioni legislative vigenti.

In particolare, la legge sulla competenza penale del giudice di pace (D.Lgs. n. 274 del 2000) prevede (articolo 29), nel caso di reato perseguibile a querela, la necessità per il giudice di promuovere la conciliazione tra le parti anche avvalendosi dell'attività di mediazione di strutture pubbliche o sussidiarie presenti sul territorio; se la conciliazione ha successo, è redatto processo verbale che attesta la remissione di querela (o la rinuncia al ricorso immediato al giudice ex articolo 21) e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della remissione della querela.

 

Giustizia riparativa ed esecuzione della pena

Inoltre la legge n. 67 del 2014 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio) estendendo la disciplina della sospensione del processo con messa alla prova nel processo minorile anche agli adulti (imputati per reati sanzionati con pene fino a 4 anni di reclusione), ha previsto che i programmi di trattamento allegati all’istanza di sospensione prevedano, come nel processo minorile (articolo 28, DPR 448/1998), condotte riparatorie e la mediazione con la persona offesa (articolo 4); come noto, l’esito positivo della prova comporta l’estinzione del reato. Sia nel caso della legge 274/2000 che nella messa alla prova prevista dalla legge 67/2014 la finalità della mediazione appare avere, tuttavia, natura essenzialmente deflattiva.

Generico riferimento alla necessità di mediazione con la vittima è dato anche dalla legge n. 354/1975 sull’ordinamento penitenziario che prevede, tra le prescrizioni dell’affidato in prova al servizio sociale, che questi “si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato” (articolo 47); la misura alternativa va adottata sulla base dei risultati della osservazione della personalità. Tale previsione va vista in relazione al contenuto dell’articolo 27 del Regolamento penitenziario (DPR 230/2000) relativo appunto alla “osservazione della personalità” del condannato, che prevede che l’ equipe di trattamento operante in carcere svolga con questi una riflessione sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle motivazioni e sulle conseguenze negative delle stesse per l'interessato e “sulle possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato”, incluso il risarcimento dovuto alla persona offesa.

Si ricorda inoltre che la legge 23 giugno 2017 n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario) delegava il Governo (articolo1, comma 82) ad adottare decreti legislativi per la riforma dell'ordinamento penitenziario ed in particolare la lett. f) del comma. 85 individuava i programmi di giustizia riparativa e le relative procedure come “momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia nell’esecuzione delle misure alternative”.

In attuazione di tale delega, il Governo ha presentato lo schema di decreto legislativo (AG 29) il quale forniva la nozione di giustizia riparativa, da attuare su base volontaria e consensuale; individua le garanzie per i partecipanti ai relativi programmi e le principali tipologie di mediazione; disciplina le linee fondamentali del procedimento, l’oggetto e i possibili esiti dei programmi riparativi; stabilisce specifici requisiti dei mediatori e i loro obblighi formativi. Sullo schema le Commissioni di Senato e Camera hanno espresso parere contrario.

 

Giustizia riparativa: cornice definitoria

La Commissione Lattanzi ha sottolineato come la giustizia riparativa trovi definizione nella Direttiva 2012/29/UE. A tale definizione si conforma, con ulteriori specificazioni, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa relativa alla giustizia riparativa in materia penale CM/REC(2018)8, secondo la quale: “Il termine giustizia riparativa si riferisce a ogni processo che consente alle persone che subiscono pregiudizio a seguito di un reato e a quelle responsabili di tale pregiudizio, se vi acconsentono liberamente, di partecipare attivamente alla risoluzione delle questioni derivanti dall’illecito, attraverso l’aiuto di un soggetto terzo formato e imparziale”.

Secondo la Commissione, dalle fonti sovranazionali emerge come i percorsi di giustizia riparativa possano essere di beneficio sia per le vittime, sia per gli autori di reato.

In particolare, la Direttiva 2012/29/UE riconosce che “I servizi di giustizia riparativa, fra cui ad esempio la mediazione vittima-autore del reato, il dialogo esteso ai gruppi parentali e i consigli commisurativi, possono essere di grande beneficio per le vittime, ma richiedono garanzie volte ad evitare la vittimizzazione secondaria e ripetuta, l’intimidazione e le ritorsioni”.

 

Giustizia riparativa e le raccomandazioni del Consiglio d’Europa

Inoltre, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa CM/REC(2018)8 rileva l’importanza di incoraggiare il senso di responsabilità degli autori dell’illecito e di offrire loro l’opportunità di riconoscere i propri torti, ciò che potrebbe favorire il loro reinserimento, consentire la riparazione e la comprensione reciproca e promuovere la rinuncia a delinquere.

Quanto al tipo di programmi, la Commissione ricorda che la Raccomandazione del Consiglio d’Europa CM/Rec(2018)8 afferma che: “La giustizia riparativa prende sovente la forma di un dialogo (diretto o indiretto) tra la vittima e l’autore dell’illecito, e può anche includere, eventualmente, altre persone direttamente o indirettamente toccate da un reato. Ciò può comprendere persone che sostengono le vittime o gli autori dell’illecito, operatori interessati e membri o rappresentanti delle comunità colpite”.

Secondo la Commissione, i programmi di giustizia riparativa “debbono basarsi, in accordo con le fonti sovranazionali soprarichiamate, e stando alla Raccomandazione R(2010)1 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sulle Regole del Consiglio d’Europa in materia di probation sui seguenti elementi:

riparare, per quanto possibile, del danno arrecato alla vittima e al soggetto giuridico offeso;

promuovere la responsabilizzazione del soggetto che ha ammesso gli elementi materiali del fatto o che è stato riconosciuto come autore del reato, a partire dalla comprensione dell’impatto del reato su vittima, soggetto giuridico offeso e comunità;

consentire la possibilità per le vittime di esprimere i loro bisogni materiali ed emotivi affinché possa emergere il tipo di riparazione più adeguato;

includere la comunità nella gestione dei percorsi di giustizia riparativa o nella fase di followup”.

 

Giustizia riparativa e l’ampliamento della definizione di vittima dal reato.

Introdurre nell’ordinamento la definizione di vittima del reato considerando tale anche il familiare di una persona la cui morte è stata causata da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona e definire a tale scopo il familiare; le definizioni che il Governo dovrà introdurre riproducono il contenuto delle definizioni di cui all’articolo 2 della citata Direttiva 2012/29/UE (lettera b);

L’articolo 2 della Direttiva definisce “vittima”:

una persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono stati causati direttamente da un reato;

un familiare di una persona la cui morte è stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona;

Il medesimo articolo definisce “familiare”: il coniuge, la persona che convive con la vittima in una relazione intima, nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo, i parenti in linea diretta, i fratelli e le sorelle, e le persone a carico della vittima.

L’unica differenza rispetto alla definizione di familiare, nel testo in esame, è il riferimento aggiuntivo alla “parte di una unione civile tra persone dello stesso sesso”.

 

Giustizia riparativa e accesso senza preclusioni ai programmi

Inoltre, si raccomanda di prevedere la possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa in ogni stato e grado del procedimento penale e durante l’esecuzione della pena, senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità, previo consenso libero e informato della vittima e dell’autore del reato e della positiva valutazione da parte dell’autorità giudiziaria dell’utilità del programma in relazione ai criteri di accesso (lettera c);

La Commissione Lattanzi ha sottolineato come, già nell’ambito degli Stati generali dell’esecuzione penale, istituiti dal Ministro della Giustizia nel 2015, il Tavolo 13 “Giustizia riparativa, mediazione e tutela delle vittime del reato” aveva elaborato una serie di proposte per allineare l’ordinamento penale italiano alle previsioni della Direttiva 2012/29/UE e, in particolare, per promuovere l’accesso alla giustizia riparativa in ogni stato e grado del procedimento.

Quest’ultima indicazione è presente ora anche nella Raccomandazione CM/Rec(2018)8 (paragrafi 6 e 19).

La ratio è ravvisabile nel fatto che la possibilità di accedere a percorsi di giustizia riparativa dovrebbe essere offerta a tutte le vittime, senza distinzione in relazione al reato commesso.

Secondo la Commissione è inoltre fondamentale, ai fini di una piena implementazione della giustizia riparativa, curarne l’innesto a livello normativo e, in particolare, nell’ambito dei seguenti istituti: non punibilità per particolare tenuità del fatto (articolo 131-bis c.p.), commisurazione della pena (articolo 133 c.p.), estinzione del reato per condotte riparatorie (articolo 162-ter c.p.), sospensione condizionale della pena (articoli 163 ss. c.p.), sospensione del processo per messa alla prova (articoli 168-bis ss. c.p.), perdono giudiziale (articolo 169 co. 1), della liberazione condizionale (articolo 176 c.p.), esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del 75 fatto (articolo 34 d.lgs. 274/2000), estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie davanti al giudice di pace (articolo 35 d.lgs. 274/2000).

 

Giustizia riparativa: modalità d’accesso

Prevedere, in ogni caso, che le specifiche garanzie per l’accesso ai programmi di giustizia riparativa e per il loro svolgimento includano:

l’informazione alla vittima del reato e all’autore del reato circa i servizi di giustizia riparativa disponibili;

- il diritto all’assistenza linguistica;

- la rispondenza dei programmi di giustizia riparativa all’interesse della vittima, dell’autore del reato e della comunità;

- la ritrattabilità del consenso; la confidenzialità delle dichiarazioni rese nel corso del programma di giustizia riparativa, salvo che vi sia il consenso delle parti o che la divulgazione sia indispensabile per evitare la commissione di imminenti o gravi reati e salvo che le dichiarazioni integrino di per sé reato, nonché la loro inutilizzabilità nel procedimento penale e in fase di esecuzione della pena.

 

Giustizia riparativa e protezione dalla vittimizzazione secondaria

L’articolo 12 della Direttiva 2012/29/UE impone agli Stati membri di adottare misure che garantiscono la protezione delle vittime dalla vittimizzazione secondaria e ripetuta, dall’intimidazione e dalle ritorsioni, applicabili in caso di ricorso a eventuali servizi di giustizia riparativa. Siffatte misure assicurano che una vittima che sceglie di partecipare a procedimenti di giustizia riparativa abbia accesso a servizi di giustizia riparativa sicuri e competenti, e almeno alle seguenti condizioni:

a) si ricorre ai servizi di giustizia riparativa soltanto se sono nell’interesse della vittima, in base ad eventuali considerazioni di sicurezza, e se sono basati sul suo consenso libero e informato, che può essere revocato in qualsiasi momento;

b) prima di acconsentire a partecipare al procedimento di giustizia riparativa, la vittima riceve informazioni complete e obiettive in merito al procedimento stesso e al suo potenziale esito, così come informazioni sulle modalità di controllo dell’esecuzione di un eventuale accordo;

c) l’autore del reato ha riconosciuto i fatti essenziali del caso;

d) ogni accordo è raggiunto volontariamente e può essere preso in considerazione in ogni eventuale procedimento penale ulteriore;

e) le discussioni non pubbliche che hanno luogo nell’ambito di procedimenti di giustizia riparativa sono riservate e possono essere successivamente divulgate solo con l’accordo delle parti o se lo richiede il diritto nazionale per preminenti motivi di interesse pubblico.

Gli Stati membri facilitano il rinvio dei casi, se opportuno, ai servizi di giustizia riparativa, anche stabilendo procedure o orientamenti relativi alle condizioni di tale rinvio.

Si dovrà prevedere che l’esito favorevole dei programmi di giustizia riparativa possa essere valutato sia nel procedimento penale che in sede esecutiva; prevedere che un esito di non fattibilità di un programma di giustizia riparativa o un suo fallimento non producano effetti negativi a carico della vittima o dell’autore del reato nel procedimento penale o in sede esecutiva.

 

Giustizia riparativa e formazione di mediatori

La giustizia riparativa prevede la figura del mediatore che dovrà affiancare alle conoscenze giuridiche quelle socio-psicologiche. Pertanto, si dovrà disciplinare la formazione dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa.

Si ricorda che la Direttiva 2012/29/UE prevede che gli “Stati membri incoraggiano iniziative che consentano a coloro che forniscono servizi di assistenza alle vittime e di giustizia riparativa di ricevere un’adeguata formazione, di livello appropriato al tipo di contatto che intrattengono con le vittime, e rispettino le norme professionali per garantire che i loro servizi siano forniti in modo imparziale, rispettoso e professionale”.

La Direttiva europea raccomanda di individuare i livelli essenziali e uniformi delle prestazioni dei servizi per la giustizia riparativa, prevedendo che siano erogati da strutture pubbliche facenti capo agli enti locali e convenzionate con il Ministero della giustizia, presenti in ciascun distretto di corte d’appello.

L’istituto della giustizia riparativa è una strada sostanzialmente sconosciuta nell’ordinamento italiano.

Si potrebbe attingere alle esperienze degli altri Paesi dell’Unione Europea, che da anni l’hanno introdotta nei loro ordinamenti.

La svolta sembra epocale: non più vendetta ma riconciliazione, sapremo raccogliere la sfida?