I diritti e i doveri dei figli verso i genitori
Abstract
Oltre al diritto al mantenimento, all’istruzione e all’educazione da parte dei genitori, oggi per i figli sono anche sanciti il diritto all’assistenza morale, a crescere in famiglia e a mantenere rapporti significativi con i parenti, a fronte dei doveri di rispettare i genitori e di contribuire ai bisogni familiari. La parte più rilevante di questi diritti e doveri già era prevista prima della riforma della filiazione, ma la riforma ha comunque portato novità, per un verso aggiungendo aspetti e componenti nuovi, per altro verso rendendo espliciti diritti che prima si ricavavano con l’interpretazione e dando una migliore, sebbene non perfetta, collocazione sistematica alla disciplina della materia.
Indice:
1. Dai doveri dei genitori ai diritti dei figli
2. Il mantenimento, l’istruzione e l’educazione
3. Alcuni altri diritti dei figli
4. I doveri dei figli
1. Dai doveri dei genitori ai diritti dei figli
La riforma della filiazione e della parentela attuata tra il 2012 e il 2013, non solo ha unificato lo stato di figlio, novellando l’articolo 315 codice civile, ma anche ha unificato i principali diritti e doveri dei figli verso i genitori, indipendentemente dal fatto che la nascita sia avvenuta nel matrimonio o fuori di esso. Questa unificazione dei diritti e dei doveri è recata dal nuovo articolo 315-bis codice civile In esso, i primi tre commi sono dedicati ai diritti del figlio, mentre il quarto è dedicato ai doveri di questi verso i genitori e verso la famiglia.
Al riguardo, va certamente riconosciuto alto valore all’unificazione, così attuata, dello “statuto” del figlio, non da ultimo anche poiché ciò porta un elemento di ordine e di chiarezza nella materia. Valutando i contenuti dell’intervento, nondimeno, non va dimenticato che la maggior parte di questi diritti già era prevista prima della riforma della filiazione, seppure solitamente in una prospettiva opposta e speculare, giacchè si sancivano non tanto diritti dei figli verso i genitori, ma doveri dei genitori verso i figli (il che, ovviamente, comunque presupponeva per ogni dovere del genitore il corrispondente diritto del figlio, seppure non esplicitato).
2. Il mantenimento, l’istruzione e l’educazione
Così era, anzitutto, per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione, il diritto ai quali è oggi sancito al primo comma dell’articolo 315-bis codice civile Tutti sanno che già l’articolo 30 della Cost. stabilisce il diritto/dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, e che, sul piano della legge ordinaria, tale dovere genitoriale era ribadito, prima della riforma del 2012 e 2013, per i figli legittimi all’articolo 147 codice civile, applicabile peraltro anche ai figli naturali in forza dell’articolo 261 codice civile Noto per inciso che il legislatore della riforma avrebbe forse fatto bene ad abrogare l’articolo 147 codice civile, così da evitare ripetizioni, ma ciò non è avvenuto. Sicchè oggi, ciò che per tutti i figli e sancito all’articolo 315-bis codice civile, è pure ripetuto, forse inutilmente, all’articolo 147 codice civile, con riferimento ai soli figli matrimoniali.
Venendo brevemente al contenuto di questi tre diritti del figlio, quello al mantenimento si sostanzia nel diritto all’assistenza materiale, dunque alla somministrazione dei mezzi atti a soddisfare le normali esigenze di vita, anche in relazione alle complessive condizioni economiche dei genitori e della famiglia, nonché in relazione all’età e alle condizioni di salute di lui. Il mantenimento comprende, quindi, non solo il sostentamento, il vestiario e un’adeguata abitazione, ma anche lo svago e la soddisfazione delle esigenze spirituali.
Per quanto riguarda il diritto all’istruzione, che si trova su un confine a volte incerto con il diritto all’educazione, va notato che il primo dovrebbe specificarsi nel diritto a ricevere adeguati insegnamenti, tanto scolastici, quanto di vita, adatti a far conseguire al soggetto conoscenze congruenti con le sue capacità, aspirazioni e inclinazioni.
Accennando al diritto del figlio all’educazione, poi, soprattutto bisogna ricordare l’articolo 30 Cost., e, quindi, ricordare che l’educare i figli è anche un diritto del genitore, anzitutto nei confronti dello Stato. Certo, questo diritto del figlio, che è anche diritto/dovere dei genitori, è il più delicato da dettagliare. I limiti entro i quali i genitori possono educare i figli, e i limiti ai modi per farlo, sono estremamente complessi da tracciare, in un ambito che richiede un continuo e mutevole – anche per il mutare dell’età del figlio – bilanciamento con il rispetto di libertà fondamentali del figlio, quali quelle religiose, politiche, ideologiche, filosofiche, sessuali.
Per quanto attiene al momento estintivo di questi diritti, infine, è necessario fare una distinzione. I diritti ad essere mantenuto ed istruito, infatti, pacificamente durano ben oltre la maggiore età del figlio (di regola, fino al completamento del percorso formativo e alla raggiunta indipendenza economica di questi, o, in mancanza di indipendenza, fino a quando si possa dimostrare che tale mancanza sia imputabile alla cattiva volontà del figlio stesso. Su questo rinvio a un altro mio contributo su Filodiritto: “Tanguy”, o sia, fino a che età i figli hanno diritto di restare a carico dei genitori), mi pare che il potere del genitore di educare il figlio non possa che cessare al raggiungimento della maggiore età.
3. Alcuni altri diritti dei figli
La riforma della filiazione, poi, ha esplicitato nel codice civile il diritto del figlio all’assistenza morale da parte dei genitori. In verità, nemmeno questo diritto è un’assoluta novità nella nostra legge, poiché esso già era ricavabile dall’articolo 8 della l. 184 del 1983, ma, di certo, prima della riforma esso non era previsto in termini chiari e generali come è ora. Estremamente complesso è capire in che si sostanzi questo diritto.
Per una dottrina molto importante e spesso condivisa, in esso rientrerebbe il diritto dei figli all’amore da parte dei genitori. Se questo è il contenuto, nondimeno, allora si dovrebbe immaginare anche un corrispondente dovere dei genitori ad amare i figli, e l’amore come dovere giuridico introduce nella partitura una percepibile dissonanza.
A maggior ragione ove si pensi che il legislatore ha qui fatto ricorso alla medesima formula usata per tracciare i reciproci diritti/doveri tra i coniugi, sicché se questa formula comprende anche il diritto/dovere all’amore, dovremmo affermare che anche un coniuge ha sempre il diritto di essere amato dall’altro, e, soprattutto, l’obbligo giuridico di amarlo. E se l’amore per i figli è talmente naturale, che il prevederlo come doveroso potrebbe anche essere accettato, in molti matrimoni altrettanto non potrebbe dirsi per l’amore tra i coniugi.
Voglio ancora ricordare, in conclusione del paragrafo, come non siano novità assolute, né il diritto a crescere in famiglia, già previsto all’articolo 1, l. 184 del 1983, nonché dalle Convenzioni di New York del 20 novembre 1989, e di Strasburgo del 25 gennaio 1996, entrambe sottoscritte e ratificate dall’Italia, né quello a mantenere rapporti significativi con gli altri parenti, che già era stato introdotto, nel testo previgente dell’articolo 155 codice civile, dalla l. 54 del 2006 (anche a questo riguardo già ho scritto su Filodiritto: Nonni e nipoti).
4. I doveri dei figli
Omettendo ogni riferimento al diritto del figlio ad essere ascoltato, giacchè il tema è troppo ampio e da solo richiederebbe più di un articolo, passo a una breve valutazione dei doveri del figlio, previsti al quarto comma dell’articolo 315-bis codice civile Essi sono il dovere di rispettare i genitori, e quello di contribuire ai bisogni della famiglia fino a che si sia convivente con essa. Come è noto, entrambi questi doveri erano previsti già prima della riforma della filiazione. Il primo di questi doveri non è variato in nulla con la riforma, e, riguardo ad esso, conviene ricordare come venga indicato quale rarissimo dovere, sì giuridico, ma sprovvisto di sanzione per il suo mancato rispetto.
Esso, poi, non ha un termine finale, e dura per l’intera vita. Modificato dalla riforma è stato, viceversa, il dovere di contribuzione che grava sul figlio, giacchè, tra i parametri per determinare la misura della contribuzione dovuta, il legislatore ha aggiunto, accanto alle sostanze e al reddito del figlio, pure le sue “capacità”. Nell’individuare il contenuto di questo nuovo parametro occorre tener presente che questa capacità non può essere quella che funge da parametro dell’obbligo di contribuzione tra i coniugi, giacché il figlio ha il diritto, anzitutto, di completare opportunamente la propria formazione, anche se astrattamente già dotato di capacità lavorative.
Pare, piuttosto, che, nel rispetto del principio solidaristico, anche il figlio debba dedicarsi all’accudimento degli altri familiari e alla collaborazione domestica, e forse anche al lavoro esterno, sempre però in misura tale da non compromettere i momenti di studio e anche di svago. Ciò, inoltre, con tutta la mutevolezza dipendente dal mutare dell’età del figlio, e, talvolta, pure delle condizioni complessive della famiglia.