Il Piano Unitario di Sviluppo Economico dei Musei (P.U.S.E.M.)

Il Piano Unitario di Sviluppo Economico dei Musei
Il Piano Unitario di Sviluppo Economico dei Musei

Indice:

1. Cenni introduttivi 

2. Struttura

2.1 I mezzi di sostentamento

2.2 La destinazione delle risorse economiche 

2.3 L’interazione con il mercato del lavoro 

3. Il museo come esercizio commerciale

 

1. Cenni introduttivi

Il Piano Unitario di Sviluppo Economico dei Musei (P.U.S.E.M.) può essere definito come lo strumento di cui ciascuna Pubblica Amministrazione ovvero fondazione di partecipazione avrebbe facoltà di dotarsi al fine di pianificare, coordinare e porre in essere qualsivoglia attività di sfruttamento lucrativo dei compendi museali di diretta afferenza (in quanto posseduti o comunque gestiti).

È ovvio che la configurabilità giuridica di un siffatto strumento anche in seno ai musei statali discenda dalla congiunta applicazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 agosto 2014 n. 171 e del Decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali del 23 dicembre 2014, che hanno sganciato tali istituzioni dalle sovrintendenze territoriali del dicastero testé menzionato, facendoli assurgere a istituti effettivamente autonomi.

Lo strumento in analisi, frutto dell’elaborazione di chi scrive (e ordinamentalmente ammissibile in virtù dell’autonomia organizzativa dei musei), non deve però esser visto come un mero marketing provider; ciò per una serie di motivazioni, di seguito sintetizzate:

  • la lucratività dei luoghi della cultura deve tener conto della necessità primaria e inderogabile di conservazione, a fini memorialistici, del patrimonio culturale, cosicché essa non può spingersi sino all’inclusione e alla tolleranza di condotte pregiudizievoli dei beni, ancorché talvolta decisamente vantaggiose sul piano economico;
  • qualsivoglia strategia di introito monetario deve essere calmierata dall’uso razionale e normativamente compatibile (melius, orientato) delle risorse ex lege disponibili ed impiegabili;
  • ciascun contenuto del Piano de quo va inserito nei ed armonizzato con i regolamenti di dettaglio, la cui modifica sovente sottende l’ossequio di procedure appositamente disciplinate dall’ordinamento giuridico e richiede prudentemente l’interfaccia preventiva con gli stakeholder di riferimento.

Ne consegue che il P.U.S.E.M. ha anzitutto rilevanza giuridica, divenendo vieppiù contenitore di asset economici soltanto dopo la predisposizione delle sue linee strutturali.

 

2. Struttura

Esaurito l’inquadramento del Piano, occorre esaminarne l’architettura.

Le sezioni sono essenzialmente tre e riguardano:

  1. l’attrazione dei mezzi di sostentamento;
  2. la destinazione delle risorse economiche;
  3. l’interazione col mercato del lavoro.

 

2.1 I mezzi di sostentamento

I mezzi di sostentamento di un museo possono derivare da tre fonti:

  • incassi di biglietteria;
  • corrispettivi da prestito di opere;
  • sponsorizzazioni e liberalità.

Gli incassi di biglietteria sono direttamente proporzionali al costo dei tagliandi d’ingresso.

Non è però pensabile che l’onerosità dell’accesso garantisca un cospicuo flusso monetario, atteso che – piuttosto – esso scoraggia la fruizione.

Sarà dunque opportuno fissare un basso rating del prezzo ordinario del biglietto, altresì individuando varie categorie di visitatori meritevoli di riduzioni perché già in relazione col territorio (ad esempio: clienti di strutture ricettive o della ristorazione, turisti in transito, ecc.).

I corrispettivi dei prestiti di opere ad altre strutture museali saranno fissati in bassi importi onde evitare l’attecchimento di fenomeni deterrenziali della circolazione di opere e alimentare circuiti di scambio a basso costo.

Sponsorizzazioni e liberalità andranno a integrare i trasferimenti istituzionali già previsti e si attrarranno nel corso di periodiche campagne di fundraising.

              

2.2 La destinazione delle risorse economiche

L’allocazione delle risorse economiche si baserà su un’analisi dei bisogni e degli interessi dei potenziali visitatori, in linea con l’identità della struttura museale e salva l’innovatività delle esposizioni.

Tutte le arti figurative dovranno essere trattate e, in particolare, ciascuna compendierà produzioni di artisti famosi ed esordienti al contempo (così da rendere il museo laboratorio di ricerca).

Inoltre, non bisogna mai dimenticare che nessun sito culturale è autoreferenziale: tanto significa che una congrua porzione di risorse economiche dovrà essere destinata alla pubblicizzazione delle esposizioni museali. È vieppiù consigliabile l’allestimento di periodici work-shop gratuiti, atti a coinvolgere tutte le fasce sociali in un’ottica inclusiva ma anche promozionale. 

Infine l’uso della tecnologia: benvenute mostre virtuali, specialmente in posti difficilmente raggiungibili e oggettivamente poco inclini allo scambio di beni (per quanto, come detto, a tale risultato si debba massimamente tendere).

 

2.3 L’interazione con il mercato del lavoro

Qualsiasi figura professionale destinata ad operare nel museo potrà essere reclutata mediante il ricorso a forme flessibili di impiego, da individuare dettagliatamente nel Piano, senza per questo andare a discapito e detrimento di specializzazioni e qualità imprescindibili.

Rilevantissimo sarà l’apporto degli studenti universitari tirocinanti, da concretizzarsi in seno ad apposite convenzioni con gli Atenei interessati (utili, nondimeno, a costituire essenziali e proficui rapporti di consulenza e collaborazione).

 

3. Il museo come esercizio commerciale

Residualmente il museo potrà assumere anche natura di esercizio commerciale.

Il P.U.S.E.M. ben potrà prevedere l’allestimento di aree destinate all’erogazione di specifici servizi accessori, i quali dovranno risultare economicamente accessibili a qualsiasi tipologia di visitatore.

Tali aree, ben separate dagli spazi museali in senso stretto, riguarderanno:

  • guardaroba;
  • ristorazione;
  • intrattenimento bambini;
  • vendita di libri e gadget (esclusivamente riferiti alle esposizioni).