x

x

Il principio della shared residence nel contesto del Registro della bigenitorialità

shared residence
shared residence

Il principio della shared residence nel contesto del Registro della bigenitorialità

 

La Risoluzione n. 2079/2015 del Consiglio d’Europa, che valorizza la presenza di entrambi le parti nella crescita dei figli, sollecita gli Stati membri a promuovere l’affidamento condiviso per mezzo dell’introduzione del principio della shared residence dei figli di genitori separati o divorziati, inteso come forma di affidamento in cui i figli trascorrono “tempi più o meno eguali presso i due genitori”, e limitato soltanto nelle situazioni eccezionali di “abuso e negligenza verso un minore, o di violenza domestica”.

In particolare, si considera tale principio come quello maggiormente idoneo a realizzare “positive effects” per i minori di tutte le età, compresi i bambini più piccoli.

In tale prospettiva, l’istituzione del Registro della bigenitorialità, nel consentire alle parti di legare la domiciliazione a quella del proprio figlio, sancisce il diritto ad essere genitori in modo pieno ed effettivo, impedendo così che la separazione personale possa determinare una limitazione alla chiara e consapevole gestione dei rapporti genitoriali.

Al contempo, occorre tenere presente che la presenza non è necessariamente garantita da una duplice residenza, bensì dalla partecipazione costante alla vita del minore: come ben osservato da una corrente di pensiero, il superiore interesse del minore comporta che siano i genitori separati a compiere potenziali sacrifici, non il figlio che già subisce una condizione non dipendente dallo stesso. In concreto, l’idea di costringere il minore ad una doppia residenza, non sembra soddisfare tanto il suo interesse, quanto quello dei genitori ad avere con sé la prole. Diversamente, vi è chi pone l’accento sulla recente tendenza a reinterpretare il concetto di shared residence, al fine di conferire a quest’ultimo una maggiore valenza in termini di condivisione della responsabilità genitoriale: ove rispondente all’interesse del minore, essa risulterebbe indirettamente rafforzata da un coinvolgimento autentico e quantitativamente superiore rispetto al mero diritto di visita, contribuendo altresì a depennare la distinzione tra genitore di “serie A” e genitore di “serie B”.

Facendo leva sui brillanti risultati ottenuti a livello europeo, si valuta l’idea del doppio domicilio anche come un fondamentale strumento di tutela ai fini di un corretto ed equilibrato sviluppo del minore: sarebbe meno sacrificante perdere tempo per frequentare due abitazioni che non privarsi della possibilità di avere un punto in entrambe le parti, in funzione della revoca della nomina di “genitore collocatario”.

Tuttavia, sulla scia del nostro ordinamento, anche quello inglese ha sperimentato la shared residence in via giurisprudenziale: sull’autorità giurisdizionale incombe l’onore di unire l’interesse del minore con la necessità di garantire una partecipazione effettiva alla vita del figlio; il tratto comune di tali sistemi risiede nella mancanza di una politica familiare idonea a tradurre le esigenze dei membri della famiglia in concreti strumenti di tutela.