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Il rigetto della richiesta di emissione di decreto penale di condanna: il confine tra scelta legittima e abnorme

Corte di Cassazione, Sez. II Penale, 21/02/2020, n. 7582.
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Abstract

Il rigetto della richiesta di emissione di decreto penale di condanna è legittimo quando non fondato su ragioni di opportunità.

 

Indice:

1. La questione

2. La soluzione della Corte

3. Osservazioni giuridiche

 

1. La questione

Motivo di gravame è il rigetto, ritenuto abnorme dal ricorrente, della richiesta di emissione di decreto penale di condanna avanzata dal Pubblico Ministero con conseguente restituzione degli atti, motivata dal G.I.P. del Tribunale di merito in ragione dell’errata procedura di quantificazione della pena da irrogare, al netto di circostanze attenuanti generiche e riduzione per il rito.

Nel ricorso viene dedotta, come anticipato, l’abnormità del provvedimento “in quanto avrebbe determinato un’illegittima regressione del procedimento, anche in ragione del medesimo risultato che si sarebbe raggiunto seguendo l’iter indicato dal Giudice.

Altresì il PM lamenta che, analogamente alla procedura per il patteggiamento, il giudicante avrebbe la sola facoltà di valutare la congruità della pena finale, prescindendo dai singoli passaggi di calcolo.

 

2. La soluzione della Corte

Secondo la Seconda Sezione va esclusa l’abnormità del provvedimento emesso dal GIP.

In sintesi, eccone le ragioni a fondamenta della decisione.

In tema di atto viziato da abnormità viene ribadita quella che è stata la scelta del legislatore del 1988 ossia di non disciplinare la materia, lasciando compito alla giurisprudenza di delinearne i confini.

E quindi, è viziato da abnormità ogni provvedimento non impugnabile con i mezzi procedurali ordinari, proprio per la sua natura di singolarità e stranezza, quando determinante una stasi insuperabile nel processo.

Più nel dettaglio, la sentenza in commento ribadisce l’orientamento giurisprudenziale, evidenziando come l’atto di cui all’articolo 459, comma 3, codice procedura penale sia viziato da abnormità nel solo caso di rigetto motivato esclusivamente su ragioni di opportunità.

Pertanto, nel caso di specie la decisione era motivata sulla presenza di un errore di calcolo, e quindi non trattandosi di una “ragione di opportunità” bensì su una regola procedurale, l’atto non può ritenersi abnorme.

Né si potrebbe parlare di situazione di stati processuale, in quanto il PM mantiene la facoltà dell’esercizio dell’azione penale nelle forme ordinarie.

 

3. Osservazioni giuridiche

Come si è visto, anche in ragione della genericità dell’articolo 459, comma 3, codice procedura penale, non è semplice stabilire in via generale quando il GIP dispone della facoltà di rigettare la richiesta di emissione di decreto, e quindi restituire gli atti alla Procura.

Procedendo per gradi, due sono le soluzioni che il Giudice può adottare in caso di mancato accoglimento.

Come si è detto, il giudicante dispone sempre e comunque della possibilità di pronunziare sentenza ex articolo 129 codice procedura penale. Anche su questo aspetto è opportuno muovere qualche precisazione.

Il proscioglimento, come combinato dagli articoli 459, comma 3, e 129 codice procedura penale, può essere deliberato solamente in caso di evidente prova positiva dell’innocenza dell’imputato, o che non possano con evidenza essere acquisite ulteriori prove della sua colpevolezza. Riportando una massima di dottrina “consta dagli atti che l’ipotetico fatto non esista o l‘imputato non l’abbia commesso o non costituisca reato; ovvero non corrisponde a fattispecie legali; o risulta non punibile” (Franco Cordero*).

Viceversa, non può trovare giustificazione se fondato su assenza o contraddittorietà della prova (situazione tipica dell’articolo 530, comma 2, codice procedura penale). In giurisprudenza si è detto che “l’eventuale necessità di approfondimento del quadro probatorio impone la restituzione degli atti al PM, ai sensi dell’articolo 459, comma 3, codice procedura penale” (sez. VI, 27/06/2013, sent. 29.538).

Aspetto diverso si pone nel caso in cui il GIP investito dalla richiesta di decreto, ravvisi gli estremi per un proscioglimento ex articolo 131 bis codice penale.

Giova ricordare che sul punto sono intervenute le Sezioni Unite (n. 20569/2018), che non hanno ritenuto affetto da abnormità la scelta della restituzione degli atti affinché il PM valuti la possibilità di promuovere richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, non essendoci in questa scelta alcuna invasione delle competenze dell’organo requirente, in quanto ciò appartiene all’attività di qualificazione giuridica propria del GIP.

Venendo alla tematica più specifica del caso di specie, come evidenziato nella sentenza è abnorme il provvedimento di rigetto motivato da mera opportunità della scelta di ricorrere al procedimento speciale in questione, travalicando la ripartizione delle funzioni tra i soggetti interessati.

Anche basandosi sulla giurisprudenza riportata nella motivazione della sentenza, si apprezza come la scelta del GIP investito dalla richiesta di emissione di decreto, sia esente da vizi di abnormità qualora fondi il mancato accoglimento su ragioni formali.

Tra tali massime vi è il rigetto motivato da incongruità della pena in relazione alla gravità della violazione contestata (scelta non basata su mera opportunità, bensì rientrante nell’autonomo sindacato del giudicante).

Alla stessa conclusione si deve giungere con riferimento al rigetto giustificato dall’inosservanza del termine di sei mesi per la presentazione della richiesta di emissione ex articolo 459, comma 1, codice procedura penale.

Ecco perché la decisione del caso di nostro interesse va ritenuta legittima in quanto motivata dall’errata procedura di calcolo, scelta che non può rientrare in un criterio di opportunità. Il GIP ha infatti ruolo di garante del rispetto della procedura, e quindi la scelta di non accogliere la richiesta dell’emissione del decreto è immune da censure.

Per completezza, si riportano alcune pronunce dove la S.C. aveva optato per l’abnormità del rigetto.

Sarà certamente abnorme la scelta della restituzione fondata sull’alta probabilità di una opposizione da parte dell’imputato (n. 38370/2014), nonché sulla prognosi negativa del pagamento (n. 17702/2016), o su altre valutazioni processuali non spettanti al giudicante investito. In tutti questi casi si può facilmente comprendere l’illegittimità di queste decisioni, in quanto fondate su mero apprezzamento di opportunità.

Bibliografia/letture consigliate:

*Franco Cordero – PROCEDURA PENALE, 1995, Giuffrè.

Giacomo Nicolucci – IL DECRETO PENALE DI CONDANNA, 2008, Giuffrè.

Alessandra Bassi, Cesare Parodi – I PROCEDIMENTO SPECIALI PENALI, 2019, Giuffrè.