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Innovazione

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Innovazione

“L’innovazione può cambiare il mondo, ma non può farlo da sola”

Alf Rehn

 

Per molto tempo si è parlato così tanto di innovazione al punto da privare il termine stesso di forza ed energia semantiche. Quest’ultime potenzialmente dovrebbero appartenerle per riuscire ad attivare veri e propri processi di cambiamento e di rinnovamento.

Nei fatti, poiché ogni cosa nuova è percepita come innovazione, più nulla è innovativo. Al contempo, ciò che crediamo innovativo – la virtual reality, l’augmented reality, la gamification, giusto per fare qualche esempio - spesso nuovo non lo è nella sostanza.

Dunque, ci siamo fatti trasportare sull’onda del cambiamento continuo, tanto che anche questa ulteriore e abusata definizione, la “gestione del cambiamento”, non ci faceva più alcun effetto. L’impressione diffusa era di un processo incrementale. Di un percorso in continuità piuttosto che in discontinuità. Ci si era ormai assuefatti al cambiamento e persino l’innovazione era diventata parte delle routine organizzative.

Oggi è evidente come, quasi all’improvviso, a prevalere siano i segnali di discontinuità che ci vengono a tratti comunicati o imposti dal contesto. Il primo segnale che eravamo di fronte ad un cambiamento epocale, di rottura, più che di evoluzione, di discontinuità più che in continuità, ci è venuto dalla natura.

A tutti è ad esempio evidente come, i rapidi cambiamenti climatici e le trasformazioni demografiche, stiano mettendo profondamente in crisi il mondo così come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi. Però forse non tutti conoscono “Il Chiodo d’Oro”. Definito nel 1977 nel sistema dei Global Stratigraphic Section and Point, è una formazione rocciosa che porta in sé chiari segni del passaggio da una età all’altra della Terra. Dunque, secondo il sistema GSSP, l’Olocene - l’epoca geologica iniziata circa 12mila anni fa con la fine dell’ultima glaciazione - sta per lasciare spazio a una nuova epoca dominata dai processi fisici e chimici innescati dall’uomo, l’Antropocene, caratterizzata dalla presenza di plastiche e particelle carboniose prodotte dalla combustione di metano, carbone e altri combustibili fossili, oltre che dalle intense emissioni di anidride carbonica. Ancora, probabilmente tutti noi, siamo consapevoli di come la crisi pandemica che stiano vivendo, ha cambiato in brevissimo tempo e cambierà per sempre, le nostre vite.

La natura, in tutte le proprie forme e nei modi possibili, ci ha prima comunicato e poi catapultato verso processi irreversibili di cambiamento e di innovazione.

In questo contesto, l’innovazione superficiale, vale a dire quella guidata dai termini altisonanti delle mode del momento, dell’approccio che privilegia la forma alla sostanza, ha ben presto ceduto il passo all’innovazione profonda, quella del cambiamento dettato dalla discontinuità.

Quella innovazione che proprio oggi stiamo vivendo nella nostra vita, professionale, personale e organizzativa, e che implica il saper sperimentare il nuovo senza avere modelli di riferimento, richiede la capacità di saper mettere in campo alcune competenze chiave.

Visione: implica lo spazio della riflessione perché il cambiamento va prima capito, visualizzato e poi valutato nelle conseguenze che produrrà, e ciò attraverso l’analisi di più scenari possibili.

Leadership: la direzione del cambiamento va quindi definita e guidata sapendone cogliere, nelle fasi di implementazione, punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce, attuali e future. Tutto ciò implica il saper valutare le forze situazionali che possono sostenere o inibire una prospettiva di cambiamento e il saper utilizzare le leve di empowerment per incoraggiare i propri collaboratori a trovare e sperimentare soluzioni innovative.

Creatività: risiede nella capacità di rielaborare qualcosa che ci precede (sintesi) e che per questa ragione si presta ad essere ripensata, ridefinita, rinnovata, innovata (rielaborazione). Per citare il prof. Giovanni Emanuele Corazza “la creatività salverà il mondo”.

Curiosità: implica la capacità di sapersi aprire alla rete, al mondo che ci circonda. Le conoscenze e le risorse necessarie alla realizzazione dei processi di innovazione difficilmente risiedono all’interno dei singoli contesti.

Immaginazione: presuppone la capacità di rielaborazione critica del dato per immaginare nuovi contesti e scenari. Il dato, in questa prospettiva, funge da ponte fra il vecchio e il nuovo e come tale, diviene elemento che va oltre la dimensione che gli è propria per divenire veicolo del cambiamento.

Collaborazione e comunicazione: l’innovazione non riguarda il singolo. È una sfida ad attivare processi virtuosi di cambiamento e rinnovamento, in questi termini, l’innovazione riguarda tutti e per questa ragione occorre saperla comunicare in modo appropriato e occorre anche sapersi avvalere delle sinergie, che solo l’interdisciplinarietà dei ruoli e delle funzioni è in grado di generare e attivare.

In tutto ciò, un ruolo essenziale lo fa il contesto. Innovare, soddisfare nuovi bisogni, significa comprendere le reali esigenze. Le idee dipendono dal contesto ma si alimentano delle migliaia di interconnessioni che legano il contesto stesso al mondo che lo circonda. In questi termini occorre sempre più avere la capacità di attivare momenti riflessivi e competenze di analisi dell’esistente.

Citando Ferran Soriano, innovazione non significa inventare, ma (ri)scoprire soluzioni che possono già essere state inventate. L’innovazione è creatività, ma non è soltanto creatività, è piuttosto un modo diverso di osservare e interpretare la realtà. Innovare non significa creare nuovi prodotti o servizi, ma significa saper rilevare nuove necessità da soddisfare.

L’innovazione, dunque, è un processo che non tanto coinvolge tutti noi, quanto piuttosto è un processo alla portata di tutti e al quale tutti noi possiamo tendere per proseguire nel percorso di crescita, nostro, delle organizzazioni e della società in cui viviamo.