x

x

La funzionalità dei ruoli nella vita familiare

famiglia
famiglia

Abstract

L’articolo si propone di descrivere la ricchezza delle irriducibili differenze dei ruoli intrafamiliari (considerandone aspetti psicologici, antropologici e giuridici).

 

Edoardo e Chiara Vian, esperti di coppie in difficoltà, scrivono: “La vita familiare non è luogo dove annullarsi come coppia e singoli. Con il tempo si potrà imparare, anche nell’esercizio della nobile arte della genitorialità, a restare collegati l’uno all’altro, risintonizzandosi continuamente e legittimandosi nelle differenze. Però può essere utile ricordare a noi stessi che nella quotidianità familiare restiamo molteplici anche nei ruoli: uomo, donna, coppia e genitori. È bene che nessuna di queste identità fagociti le altre, ed è bene che ognuna trovi un proprio spazio di espressione”.

La distinzione di ruoli e della molteplicità delle identità nell’ambito della famiglia si ricava pure dalla formulazione degli articoli del codice civile: per esempio nell’articolo 143, dopo aver distinto il marito e la moglie, si parla di “coniugi” e non di “coppia” per sottolineare che i due conservano la loro singolarità. Sino a qualche decennio fa nella famiglia, considerata patriarcale ma, in realtà, matrifocale, vi era distinzione tra la madre e il padre.

La madre dava affetto e al padre si doveva rispetto. La madre era colei che aspettava e il padre colui che era aspettato. La madre dava ascolto, il padre stava in silenzio. La madre dava la comprensione, il padre la correzione e così di seguito. La distinzione è importante perché fa cogliere le differenze, i contrasti, i contrari e, pertanto, la completezza. Distinzione (non separazione o divisione) significa che l’acqua (che nei fondali marini si unisce alla terra) non può essere terra (che è tale perché emersa dall’acqua) e il mondo può esistere perché c’è una distinzione, come l’acqua è formata da molecole di due gas distinti. Nella famiglia odierna (di qualunque configurazione) occorre se non una ridefinizione di ruoli (termine e concetto che possono essere opinabili e opinati), almeno una ridefinizione di linguaggi, di codici, di canali, come nel nostro corpo la differenza tra vene e arterie e sangue venoso e quello arterioso e al loro confluire e defluire dal cuore cui può essere paragonata la famiglia.

La donna non è una femmina, ma una persona di sesso femminile. E l’espressione massima della femminilità è la maternità (da intendersi non solo quella biologica o altrimenti definita), che non è soltanto generare vita ma soprattutto generare amore. Una donna può svolgere vari ruoli all’interno di una famiglia anche senza essere madre, dall’essere zia (pure quella elettiva, uno dei legami più arricchenti per un bambino) al lavorarci come ragazza alla pari. L’affettività è alla base dell’educazione sentimentale e sessuale che bisogna trasmettere in famiglia quale luogo deputato a “scuola della vita” e da non demandare alla scuola.

Lo psichiatra Vittorino Andreoli precisa: “La famiglia è un ensemble musicale dove partecipano tutti gli strumenti, ognuno con la propria voce. Dove essere uniti e nessuno deve sentirsi escluso. Il direttore d’orchestra, poi, sa far entrare in gioco gli strumenti secondo lo spartito. Il direttore d’orchestra è il padre, che spesso non c’è. Lui sa che deve tirare fuori tutto. La madre, dal canto suo, sa amare, sacrificarsi, da lei si va per chiedere. È questo il bello. Il padre, invece, è quello che dice: “Dobbiamo realizzare la sonata”. Dove non c’è il padre, lo fa la madre e viceversa. Ma il direttore d’orchestra non è circolare. È uno solo”. “Concerto” da “concertare”, “gareggiare, discutere, contendere”, quello che fa una famiglia, quello che si fa in famiglia. In un’orchestra ognuno ha il proprio strumento, ruolo e spartito e sono fondamentali il direttore d’orchestra e il primo violino.

La famiglia, in quanto tale, è caratterizzata da unità e unitarietà, cui ogni membro dà il proprio apporto con la propria differenza. Il legislatore ha fissato varie indicazioni, tra cui l’articolo 29 della Costituzione e i tre articoli del codice civile che sono letti nel rito del matrimonio.

Da ricordare in particolare l’indirizzo concordato della vita familiare (articolo 144 codice civile) cui si dà contenuto con ruoli e compiti (termine usato per la prima volta nell’articolo 30 comma 2 Cost.) e la reciprocità degli obblighi coniugali (articolo 143 codice civile) che è un aspetto dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi riconosciuta nell’articolo 29 comma 2 Costituzione. Reciprocità che non significa appiattimento o omologazione dei ruoli nella vita di coppia e in famiglia, ma è lo svolgimento della relazionalità. “Reciproco” è etimologicamente “ciò che ritorna al punto di partenza, ciò che dà e ripiglia”, indica pertanto il ritorno, la reazione, la restituzione secondo che si è ricevuto.

La reciprocità nella coppia è il continuo incontro e confronto, vicendevolezza e rispetto. La filosofa e teologa Lucia Vantini commenta: “È in questa realtà che si incontrano uomini che sentono la fatica di ripensare la propria maschilità in senso non animoso e donne che sentono di avere qualcosa da dire e da dare nello spazio pubblico; è qui che le relazioni tra i sessi domandano di essere riconfigurate senza cadere né nella favola della reciprocità, in cui pare che a lui sia dato ciò che manca a lei (e viceversa), né in quella dell’essenzialismo simmetrico, in cui si sogna che stare l’uno di fronte all’altra significhi già dissolvere ogni ombra. Non si può abitare questo panorama complesso servendosi della logica del «prendere o lasciare»”.

Anche il sociologo Francesco Belletti spiega: «Dal punto di vista antropologico la famiglia è sempre stata il primo e più importante luogo di conciliazione delle differenze radicali dell’umano: ha saputo – e dovuto – tenere insieme maschile e femminile, si è costruita sui legami tra generazioni (genitori e figli, anziani e nuove generazioni…), ha saputo e dovuto regolare incontri e alleanze tra gruppi familiari, che si incontravano (anziché combattersi) nella coppia, in cui si “sposava” anche la famiglia del proprio amato o amata. Questa capacità della famiglia di “pacificare l’incontro delle differenze” è data oggi per scontata, e proprio per questo è sempre più in grave crisi, come confermano le troppe rotture coniugali, o gli abbandoni di anziani, o i troppi genitori che “si arrendono” davanti alla crescita tumultuosa dei propri figli, abdicando alla propria funzione di educatori, nell’illusione che la “libertà” dei propri figli non sia insegnare ed accompagnarli ad amare la verità, la giustizia e la bellezza, ma si realizzi nel lasciarli privi di vincoli, stimoli e guida – e quindi liberi sì, ma di “essere soli”».

La famiglia odierna non è più luogo delle differenze (e non divergenze, quelle che portano al divorzio) e, pertanto, inferenze (processo del pensiero e quindi elaborazione di valori, perché come diceva Hegel “la famiglia è il primo momento dell’eticità, cioè della condivisione oggettiva di valori morali”) ma è diventata oggetto di conferenze, luogo di sofferenze e interferenze e livellamento delle differenze sia endofamiliari sia esofamiliari. Padri e madri con ruoli omologhi, genitori amiconi dei figli (anche nel linguaggio e nell’abbigliamento), nonni che fanno da genitori, figli che si rivelano più maturi dei genitori, famiglie che si adeguano alle abitudini di tutti perché “così fan tutti!”…

La famiglia rischia così di perdere o perde già la sua identità e funzione antropologica e sociogiuridica, come delineata negli atti internazionali (tra cui il Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) e negli articoli 29-31 della Costituzione italiana. I ruoli come punti di riferimento in famiglia sono altresì importanti per la formazione dell’identità e della personalità anche perché, secondo la teoria dell’analisi transazionale, gli stadi dell’io sono “Genitore”, “Adulto” e “Bambino”, stadi che poi si manifestano nelle relazioni, “riconosciuto che il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). L’aggettivo “armonioso” richiama la parola “armonia” che deriva dal mito greco di Armonia, uno dei tanti relativi all’ambito familiare, e che riguarda sia la filosofia (in particolare l’estetica) sia la musica e ciò conferma quanta attenzione occorra per coltivare e conservare l’armonia nella vita di un bambino.  

Mi sono persuaso che nessuno è necessario, ma ognuno è invece frutto di un accidente prodigioso e gratuito, che per prodursi deve escluderne un’infinità di altri, tutti possibili. Ognuno è dono, un’aggiunta non necessaria, che non va a colmare una casella vuota, ma ad arricchire tutti. Vita è questo eccesso di natura, esagerazione strepitosa di un’offerta che non è necessaria, però è insostituibile. Ognuno è un pezzo unico, irripetibile, la cui fine è spreco totale, senza rimpiazzo, riparo, risarcimento. Nessuno può essere sostituito. Il mondo va avanti a forza di doni e dissipazioni, di strepitosi regali e brusche cancellazioni, eccesso e mancanza. Non è un sistema equilibrato dare/avere, non è fornito di partita doppia. Nessuno è necessario, ognuno è indispensabile” (da “Alzaia” di Erri De Luca): così il ruolo di ciascuno in famiglia. In particolare un figlio è da “considerare” (verbo che ha la stessa origine etimologica di “desiderare” dalla parola latina “sidera”, “stelle”) un “accidente prodigioso e gratuito” e non oggetto dei propri desideri o realizzazione dei propri sogni o di contesa in caso di separazione/divorzio.