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La rilettura di Adam Smith

Primavera
Ph. Riccardo Radi / Primavera

Sta uscendo proprio in questi giorni la ristampa del libro Adam Smith. Morale, jurisprudence, economia politica, una nuova edizione che il professor Adelino Zanini, docente di Storia del pensiero economico all’Università Politecnica delle Marche, ha pubblicato con Liberilibri nel 2014 restituendo ai lettori un volume già edito da Bruno Mondadori nel 1997 che era diventato introvabile.

E lo ha fatto con l’intento dichiarato, non tanto di apportare un contributo critico specialistico, ma piuttosto di introdurre al pensiero e alla lettura di un autore “classico” come Adam Smith (1723-1790), sul quale hanno pesato vari malintesi storiografici come, ad esempio, l’erronea definizione di padre fondatore dell’economia politica.

In Adam Smith morale, storia, diritto, economia politica costituiscono i diversi tasselli di una medesima indagine sulla natura e sulle cause dell’agire umano, non solo econo­mico: è l’ultimo grande autore in cui le tre sfere dell’etico, dell’economico e del politico si coniugano unitariamente.

L’Autore rilegge l’intera opera smithiana sottolineandone la continuità di metodo e di sviluppo tematico, e sottraen­dola agli stereotipi ideologici e agli anacronismi volgarizzanti che ne hanno accom­pa­gnato la pur indiscutibile fortuna.

Zanini, che a Smith ha dedicato numerosi studi e ha curato la prima edizione italiana della Teoria dei sentimenti morali, mette in luce la complessa originalità del “discorso” smithiano attraverso l’analisi del contesto storico scozzese e del clima filosofico illuministico nel quale Smith ha vissuto. Al volume, diviso in cinque capitoli (La Scozia nel ’700: tradizione e innovazione; L’illuminismo scozzese e Smith; Teoria dei sentimenti morali; Lezioni di Glasgow; La Ricchezza delle nazioni), sono state apportate rispetto alla prima edizione modifiche non marginali, che includono anche il sottotitolo e l’aggiornamento bibliografico.

Ecco un estratto dal capitolo primo, in cui si racconta la vita “sicura e senza scosse” di Adam Smith:

Tutte le testimonianze concordano nell’attribuire a Smith ottime capacità di docente, che gli procurarono una fama via via crescente, sebbene egli non avesse il portamento e l’eloquenza di Hutcheson, suo illustre predecessore.

Secondo quanto affermato da John Millar e riportato da Stewart, egli aveva un modo di fare semplice e privo d’affettazione; quando spiegava si mostrava costantemente preso dalla questione, così che l’interesse tra gli uditori non veniva mai meno.

Egli procedeva esaminando di seguito una serie di proposizioni, le quali, quand’erano enunciate in termini generali, non mancavano di apparire a volte paradossali. Se a tratti poteva mostrarsi non sufficientemente convinto di ciò che spiegava, via via, l’esitazione veniva meno, i modi si animavano, l’espressione diveniva fluente.

Per la completezza e varietà delle sue illustrazioni, l’argomentazione lievitava tra le sue mani, sino a raggiungere una forma che, senza nulla concedere al tedio, risultava chiara all’auditorio, che apprendeva con piacere, potendo così apprezzare i diversi aspetti dell’argomentazione, nonché l’armonico procedere speculativo.

Del resto, durante la permanenza a Glasgow, Smith non fu solo un ottimo e apprezzato docente; ebbe anche parte attiva sia nella vita amministrativa dell’università – tutt’altro che semplice –, sia nella vita culturale della città, in particolare aderendo alle attività del Political Economy Club, fondato nel 1743 da Andrew Cochrane.

Tutto questo non comportò, comunque, l’attenuarsi dei legami con Edimburgo, che spesso raggiungeva tra mille difficoltà sulle strade del tempo, per incontrare Hume, Lord Kames, Ferguson. In particolare, da quando il giovane Smith ebbe l’opportunità di leggere il Treatise on Human Nature, il legame col più anziano Hume, che probabilmente incontrò per la prima volta un decennio più tardi, fu costante e profondo.

L’atmosfera di Glasgow era di certo molto stimolante. Quando Smith vi giunse in qualità di professore, la città già conosceva uno sviluppo significativo, sia in campo commerciale, sia in quello manifatturiero.

Il Navigation Acts aveva assicurato alla città una tranquillità commerciale notevole; ma non era il solo commercio del tabacco a garantirne lo sviluppo; buona era la presenza dell’industria cotoniera e, pur se solo in un secondo momento, dell’industria pesante.

A questi mutamenti strutturali vanno poi aggiunti i mutamenti realizzatisi nell’organizzazione amministrativa, sociale e culturale della città. Sodalizi quali il già menzionato Political Economy Club o la Literary Society avevano proprio la funzione di stabilire dei collegamenti saldi tra il nuovo ceto mercantile e l’intellighenzia moderata.

Così, non appare essere troppo meccanica nemmeno l’affermazione secondo cui “Smith e gli uomini d’affari di Glasgow senza dubbio si garantirono una mutua assistenza nella campagna per il libero commercio”, giacché un mutuo apporto ci fu, si stabilirono legami personali ed intellettuali tra l’intellighenzia moderata e quei mercanti “che erano artefici del decollo di Glasgow verso la sua eminenza economica del diciottesimo secolo. L’attirare l’attenzione di Smith su tali questioni può essere stato uno dei principali apporti che il vivere a Glasgow diede al pensiero di Smith quand’egli là visse e lavorò”.

Viceversa, se Glasgow guardava ormai ai mercati dell’ovest e alle Americhe, la “francese” Edimburgo era rimasta piuttosto proiettata verso l’Europa, il Baltico, il commercio tradizionale. L’Act of Union, tra l’altro, aveva ristretto il tradizionale milieu riservato al ceto politico edimburghese.

È altresì vero che ciò non impedì l’aprirsi di significativi spazi culturali dominati da altre professioni, le emergenti; anzi, Edimburgo divenne il centro indiscusso della cultura extra accademica: si pensi al fiorire dell’editoria e di club quali la Select Society – fondata nel 1754 con l’appoggio di Hume e Smith –, i cui scopi erano appunto di stimolare le arti, le scienze, le manifatture e, contemporaneamente, di promuovere la conoscenza della lingua inglese.

Il fatto che nel 1755 Smith avesse parte attiva nell’avvio della “Edinburgh Review” – sulla quale pubblicò A Dictionary of the English language by Samuel Johnson e A letter to the Authors of the Edinburgh Review –, dev’essere inquadrato in questo movimento di idee, con finalità pratico-educative molto chiare.

Primo frutto compiuto dell’attività di docente da parte di Smith fu la pubblicazione della Tms. Quando nel 1759 a Londra, presso Millar, uscì la prima edizione in due volumi dell’opera, essa non solo procurò a Smith una riguardevole notorietà, ma attirò pure a Glasgow studenti provenienti da molte parti. Hume poté informare l’autore della buona accoglienza e delle attenzioni ricevute dalla nuova opera in una sublime lettera del 12 aprile 1759, nella quale parodiava, con evidente partecipazione, le ragioni del successo presso un pubblico non proprio filosofico: “Millar esulta e si gloria che i due terzi dell’edizione siano già venduti, ed è certo ora del successo. Capite che figlio della terra è costui che giudica i libri soltanto dal profitto che ne ricava”.

In realtà, nella stessa lettera Hume informava Smith di aver provveduto lui stesso, con Wedderburn, a fare avere copia del libro ad alcuni importanti personaggi, tra cui Horace Walpole ed Edmund Burke; inoltre, informava Smith che Charles Townshend era a tal punto conquistato dall’opera da pensare di poter convincere l’autore ad accettare l’incarico di tutor per il giovane Duca di Buccleuch – ciò che accadrà.

Adelino Zanini, Adam Smith. Morale, jurisprudence, economia politica, Liberilibri 2014, collana Oche del Campidoglio, pagg. 314, euro 18.00, ISBN 978-88-98094-12-7-