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Le associazioni a tutela dei diritti degli utenti e dei consumatori e la legittimazione ad agire in giudizio

Marchio
Marchio

Nel corso delle precedenti brevi rassegne, è stato posto un ampio risalto alla crescente rilevanza delle associazioni non riconosciute all’interno della nostra società.

Più in particolare, è stato sottolineato come, sin dalla loro comparsa, le forme associative abbiano intessuto sempre più significativi rapporti di collaborazione con gli apparati pubblici sino ad assumere,  rispetto a questi ultimi, una funzione di vera e propria supplenza.

Invero, non è revocabile in alcun dubbio come gli enti non profit si siano spesso dimostrati più dinamici ed efficienti rispetto ai soggetti pubblici, specialmente nel fornire servizi sociali e, più in generale, nel sopperire ai bisogni dei singoli e della collettività colmando, da ultimo, quello spazio rimasto aperto a causa della crisi dello stato sociale.

Sono stati poi evidenziati i risultati lusinghieri che tali organizzazioni hanno raggiunto nel corso degli ultimi decenni, anche all’interno del libero mercato, vincendo spesso la concorrenza delle società lucrative rispetto alle quali hanno saputo presentare il volto dell'utilità sociale,  prima face più rassicurante di quello aggressivo del profitto.

Tra gli enti di natura privata, il cui elemento ontologico caratterizzante risiede nel requisito del reimpiego del profitto nelle finalità istituzionali dell'organizzazione stessa, si possono annoverare le associazioni a tutela dei diritti degli utenti e dei consumatori.

Queste ultime si presentano come quelle organizzazioni in grado di operare a tutela, per l'appunto, dei consumatori e degli utenti, definiti alla legge n. 281/98 come «le persone fisiche che acquistano o utilizzano beni o servizi per scopi non riferibili all’attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta».

In effetti le finalità che le associazioni dei consumatori si propongono di offrire a questi ultimi riguardano la tutela, così come esplicitato nei loro statuti costitutivi, del diritto alla salute, alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi, all’informazione ed alla corretta pubblicità, all’educazione, al consumo, alla correttezza dei contratti, all’erogazione di servizi pubblici efficienti etc etc.

Proprio la concreta attuazione del dianzi citato principio di "collaborazione tra associazioni non riconosciute ed apparati pubblici" si è sostanziata nell'istituzione, presso il Ministero dello Sviluppo Economico (con L. 30 luglio 1998, n. 281, confluita nel Codice del consumo, decreto legislativo n. 206/2005) del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU), organo rappresentativo delle associazioni dei consumatori e degli utenti a livello nazionale e nella gestione, da parte del medesimo dicastero, dell’elenco nazionale delle associazioni dei consumatori e degli utenti.

Tale Consiglio, il cui obiettivo è quello di contribuire al miglioramento ed al rafforzamento della posizione del consumatore/utente nel mercato, è composto dalle associazioni dei consumatori riconosciute secondo i criteri stabiliti dall’articolo 137 del Codice del Consumo (Decreto legislativo 206/2005) e da un rappresentante designato dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Nondimeno le Associazioni rappresentate in seno al CNCU acquisiscono il diritto a concorrere all’erogazione di contributi pubblici, sia a livello italiano e sia in ambito europeo.

Il MISE, si legge dal sito internet ministeriale, “ … realizza  e sostiene iniziative di assistenza, informazione e formazione dei consumatori finanziate con l’utilizzo delle risorse provenienti dalle multe pagate dalle imprese a seguito dei comportamenti anticoncorrenziali o scorretti che hanno danneggiato i consumatori …”.

In buona sostanza, le associazioni iscritte al CNCU hanno la possibilità di partecipare a bandi per la realizzazione di progetti a favore dei consumatori, che si traducono in un vero e proprio finanziamento delle associazioni stesse da parte del governo il quale vi destina una parte delle sanzioni irrogate dall’Antitrust mentre, a livello europeo, secondo la fonte de “Il Sole 24 ore”, risulta approvato un programma per gli anni 2014-2020, che consente di confluire una complessiva somma di 188,8 milioni di euro alla tutela dei consumatori.

Ma quali sono i requisiti che le precitate associazioni devono osservare per ottenere l'iscrizione nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti?

Invero, con qualche mese di ritardo rispetto alla previsione della normativa di delega della legge n. 281/98 (articolo5, secondo comma), il 20 febbraio 1999 è stato approvato il D.M. n. 20, contenente il regolamento delle norme per l'iscrizione nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale. (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 1999).

Tale decreto ministeriale si occupa della tenuta dell'elenco, della specificazione dei requisiti e delle modalità di iscrizione, del procedimento per l'inclusione nell'elenco, del controllo del mantenimento dei requisiti e delle conseguenze della loro perdita.

Quanto ai requisiti per l’iscrizione, l'articolo 2, secondo comma, reitera le prescrizioni della legge n. 281/98, richiedendo copia autentica dell'atto costitutivo dell'associazione da cui risulti l'intervenuta costituzione nei tre anni precedenti alla presentazione dell'istanza di iscrizione.

Detto regolamento, pedissequamente alla L. 281/98, prescrive la necessità di uno statuto associativo che sancisca un ordinamento interno “a base democratica”, che preveda lo “scopo esclusivo della tutela dei diritti dei consumatori” e che escluda i “fini di lucro”.

Il legale rappresentante dell’associazione che ambisce all’iscrizione nell’elenco ministeriale, deve rilasciare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà concernente la tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente, con l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari, la regolare tenuta dei libri contabili nonché il numero degli iscritti e la presenza sul territorio. Con riferimento al numero degli iscritti, la circolare specifica il numero complessivo a livello nazionale (non inferiore a 28.389), l'articolazione organizzativa in almeno cinque regioni o province autonome ed il rispetto di livelli minimi per regione, il tutto sulla base della percentuale di cui all'articolo 5 della legge e del censimento ISTAT per il 1991: per citarne alcuni, si va dal minimo dei 58 iscritti della Val D'Aosta, agli 861 del Piemonte, ai 1771 della Lombardia, agli 876 del Veneto, ai 782 dell'Emilia Romagna, ai 706 della Toscana, ai 1028 del Lazio, ai 1126 della Campania, agli 806 della Puglia, ai 996 della Sicilia.

Il legale rappresentante dell’associazione deve altresì presentare  copia autentica del bilancio annuale delle entrate e delle uscite contenente l'indicazione delle quote versate dagli associati; una relazione sull'attività svolta dall'associazione nel triennio precedente ed ogni altra documentazione atta a comprovare la continuità dell'attività ed a fornire notizie sull'articolazione territoriale e sulle sedi operative, con l'indicazione del responsabile della singola sede dell'associazione stessa; la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà resa dai legali rappresentanti dell'associazione attestante che gli stessi non hanno subito alcuna condanna, passata in giudicato, in relazione all'attività dell'associazione medesima e che altresì non rivestono la qualifica di imprenditori o di amministratori di imprese di produzione e servizi in qualsiasi forma costituite, per gli stessi settori in cui opera l'associazione; una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà secondo cui l'associazione non svolge attività di promozione o pubblicità commerciale avente per oggetto beni o servizi prodotti da terzi e non ha connessione di interessi con imprese di produzione o di distribuzione e si impegna a mantenere tali preclusioni.

Tutta la documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti per l'iscrizione nell'elenco dovrà essere conservata dalle associazioni per un periodo di cinque anni al fine di presentarla alla Direzione generale per l'armonizzazione e la tutela del mercato, per gli eventuali controlli.

La perdita anche di uno solo dei requisiti prescritti comporta la cancellazione dell'associazione dall'elenco adottata con decreto ministeriale e notificata alla associazione interessata; il provvedimento di cancellazione dall'elenco è inoltre pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Completano il quadro tutte quelle associazioni, consistenti per lo più in piccole organizzazioni attive a livello locale o specializzate in determinati settori specialistici che, siccome non iscritte ad alcun elenco e quindi non sottoposte a quei controlli previsti, non sono destinatarie dei bandi per i progetti finanziati da Stato e regioni.

Ma è proprio in favore della associazioni dei consumatori e degli utenti ricomprese nell’elenco di cui all’articolo 137 del Decreto legislativo. 06/09/2005, n. 206 (Codice del consumo), che il nostro ordinamento giuridico  - per il tramite del seguente articolo 139, inserito nel Titolo II, rubricato accesso alla giustizia -, ha previsto la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti.

In forza di quanto appena sopra, le singole associazioni sono legittimate ad agire dinanzi alla competente Autorità Giudiziaria, nelle ipotesi di violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle materie disciplinate dal codice del consumo, nonché inerenti le disposizioni legislative concernenti:

a) l'esercizio delle attività televisive;

b) la pubblicità dei medicinali per uso umano;

c) l’attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno;

d) la risoluzione delle controversie online per i consumatori;

e) regolamento (UE) 2018/302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 febbraio 2018, recante misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell'ambito del mercato interno.

Nel solco Tra le varie pronunzie giurisdizionali di segno conforme, si riporta la sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. I, del  18/04/2012, n. 3496 in cui è stato statuito che: “ Il Codacons è un' associazione a tutela dei consumatori ed utenti, iscritta nell'elenco di cui all' articolo 137 del Decreto legislativo. n. 206 del 2005 (Codice del consumo) che ha come finalità quella di tutelare, anche con il ricorso allo strumento giudiziario, gli interessi dei consumatori e degli utenti nei confronti dei soggetti pubblici e privati, produttori o erogatori di beni e servizi”.

Per completezza pare appena il caso di osservare come la complessa ed alterna vicenda della tutela in giudizio degli interessi collettivi su ricorso delle associazioni dei consumatori e degli utenti aveva raggiunto un punto fermo soltanto con l'approvazione della legge 30 luglio 1998 n. 281, in materia di disciplina dei diritti dei consumatori.

La predetta disciplina legislativa, infatti, elaborava una definizione generale di «associazione dei consumatori e degli utenti», qualificandola come formazione sociale che abbia quale scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi della propria categoria di riferimento; attribuendo una generale legittimazione ad agire, in ogni sede giurisdizionale (ordinaria e amministrativa), a quelle associazioni che superino la soglia di un predeterminato livello di rappresentatività, documentato dalla ottenuta iscrizione in un «elenco» istituito presso il Ministero dell'Industria. Invero la precedente L. 30/07/1998, n. 281, denominata “Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti” già prevedeva per le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui all'articolo 5, la legittimazione ad agire, a tutela degli interessi collettivi, richiedendo al giudice competente:

a) di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;

b) di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate;

c) di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.

Finanche nel periodo antecedente l’entrata in vigore della legge n. 281 nel 1998, la giurisprudenza aveva già avuto modo di riconoscere la legitimatio ad causam in capo alle associazioni rappresentative degli interessi dei consumatori per la proposizione delle azioni inibitorie e di declaratoria di inefficacia delle clausole contrattuali vessatorie, non subordinandola al possesso dei requisiti necessari per l’iscrizione nell’elenco delle Associazioni dei consumatori e degli utenti istituito presso l’allora Ministero dell’industria (oggi Sviluppo Economico), bensì accertando incidentalmente, di volta in volta, la sussistenza di indici concreti, quali l’oggetto statutario, la partecipazione ad organismi pubblici, precedenti riconoscimenti giurisdizionali (Corte d’Appello di Roma 24 settembre 2002).

A conclusione della presente breve rassegna, giova sollevare un ultimo spunto di riflessione sulla circostanza per cui, dall’affermazione del principio della legittimazione processuale delle precitate associazioni, discende la piena capacità delle medesime di spiegare intervento adesivo nei singoli giudizi in cui i consumatori siano parte, come risulta evidente nella massima che segue: Le associazioni dei consumatori e degli utenti sono legittimate ad intervenire nel giudizio instaurato da un consumatore avanti al giudice di pace per il recupero delle somme versate quale canone per il servizio di depurazione delle acque reflue a causa dell'inesistenza del servizio, giacché la legge 30 luglio 1998, n. 281 all'articolo 3 attribuisce ad esse la legittimazione ad agire, a tutela di interessi collettivi, al fine di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori, senza preclusione delle azioni individuali di costoro, danneggiati dalle medesime violazioni.”